
Quando Giorgio Rumi utilizzava il paradigma interpretativo che dà il titolo a questo volume, "nomadismo eclettico", la nostra società non aveva ancora sperimentato fino in fondo il senso di spaesamento che era insito nelle sue parole, con la perdita di ogni riferimento identitario, il mutamento ossessivo, il disprezzo per ogni forma di appartenenza, il fastidio per ogni riconoscimento di discendenza e di apertura al futuro. La sua prematura scomparsa ha interrotto una riflessione che avrebbe certamente condotto a nuove piste di ricerca, ad approdi illuminanti. Tuttavia, seppure la società italiana abbia sentito la mancanza del suo pensiero lucido e penetrante, mai è venuto meno, non solo il ricordo personale, per taluni l'affetto amicale, ma anche il tentativo di riprendere la sua lezione, di elaborare le sue intuizioni, i suoi percorsi di ricerca, finanche le sue chiavi interpretative. Pensieri privati e articoli della stampa, relazioni e saggi scientifici compongono un apparato vario e articolato che dal 2006, anno della scomparsa di Giorgio Rumi, giunge fino ai nostri giorni creando, anche attraverso brevi brani dei suoi scritti, un intenso dialogo ideale con lui. «In queste pagine, [...] - scrive il card. Gianfranco Ravasi nella Prefazione - la testimonianza è soprattutto d'affetto e ammirazione per la figura di un maestro che ha lasciato una grande lezione storiografica e civile. I vari testi qui raccolti rivelano una serie di iridescenze differenti, come scopriranno i lettori "ascoltando" appunto le diverse voci. Esse raccolgono i molteplici lineamenti di Rumi e, attraverso i vari capitoli, riescono a comporre il ritratto di una persona che ha lasciato una traccia profonda nella vita sociale, culturale ed ecclesiale della seconda metà del secolo scorso. Si intrecciano, infatti, in questo centinaio di «testimoni», i vari percorsi dello studioso sia a livello biografico, sia nella sua ricerca scientifica, sia nell'impronta da lui lasciata nella pólis italiana, sia nelle esperienze personali di discepolato o di amicizia».
Lettera Apostolica nel IV centenario della morte di San Francesco di Sales
In un saggio complesso e affascinante come Dio Ignoto (Agnostos Theos, 1913) divenuto ormai «classico» per gli studi sulla storia stilistica del discorso religioso, a pieno titolo Eduard Norden si pone come figura di spicco al crocevia tra filologia classica e orientalistica, tra storia culturale antica e teologia. Una copiosissima messe di autori ed opere è abbracciata con straordinaria padronanza critica, ed accanto alla minuta sensibilità per i valori fonici e ritmici del discorso si affianca l'interesse per la religione antica e tardoantica, nelle sue valenze cultuali come anche escatologiche e profetiche. Muovendo dalla struttura e dal significato della predica di Paolo, che sull'Areopago annunzia agli Ateniesi la straordinarietà del «Dio ignoto», l'indagine passa a studiare le forme delle preghiere e di altri generi del discorso religioso antico e cristiano. Senza mai scadere nel dogmatismo e nell'apologetica confessionale, il saggio tradisce costantemente un'anima pervasa da forte sentimento per la religiosità in tutte le sue sfumature, ne segue gli sviluppi di alcune forme espressive - presenti in tutte le popolazioni del bacino mediterraneo - e ricrea, sulle tracce di un ipotetico schema di predicazione missionaria tardo-ellenistica, quel quadro di un mondo smarrito ed alla ricerca del divino, che un altro grande critico, E.R. Doods, avrebbe cinquant'anni più tardi definito con la suggestiva immagine di «epoca d'angoscia».
Creazione o evoluzione? Com'è nata la vita nell'Universo? Esiste l'Aldilà? In queste pagine troverete fatti curiosi e racconti avvincenti. Una ricerca fatta di esperimenti alla portata di tutti: un'autentica indagine a cavallo di quel sottile confine che separa la materia dal soprannaturale. Alla fine, scopriremo che scienza e fede non sono affatto in contrapposizione, ma convivono in modo indissolubilmente intrecciato. "Sorprendersi con Dio" non è solo un libro, ma una raccolta di video interessanti, interviste esclusive, e contenuti multimediali a cui poter accedere attraverso QR-code presenti in ogni capitolo.
Questa nuova traduzione con commento integrale permette di ricostruire nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli i legami di Yeshua ben Yosef (Gesù) con l'ambiente ebraico d'origine, di risalire al contesto culturale e spirituale dell'ebraismo in cui viveva e in cui si è formata la prima Comunità. Nelle Lettere di Shaul/Paolo viene proposta un'interpretazione del pensiero e dell'opera dell'Apostolo in accordo con la più recente linea di studi paolini, secondo la quale Shaul non è un convertito ma un convertitore, la cui missione è inserire i pagani nella storia della salvezza. Esaminate nel quadro del loro contesto storico, profondamente segnato dall'oppressione romana e poi dalla distruzione di Gerusalemme e del Tempio, le Lettere apostoliche costituiscono un prezioso documento sulla vita delle prime Comunità messianiche, quando ancora non esisteva frattura tra ebraismo e cristianesimo. L'Apocalisse, affascinante per la ricchezza del suo simbolismo, ma concretamente ancorata alla drammatica situazione storica, non invita a una fuga dalla realtà o a un compromesso con il potere, ma, al contrario, esorta a restare in attesa della Venuta. Nuovo Testamento. Una lettura ebraica è un'opera scrupolosa che studia con serietà i testi cristiani per comprendere come l'antigiudaismo si sia inserito in scritti originariamente giudaici, è un contributo al futuro del dialogo ebraico-cristiano e al raggiungimento della pace per tutta l'umanità.
Come e perché si è passati dallo stile epistolare di Paolo al genere letterario dell'Apocalisse di Giovanni di Patmos? Come si è passati dalla chiesa di Paolo che accoglie l'ellenismo nel cristianesimo alla posizione audace della chiesa di Giovanni di Patmos che vuole restaurare il giudaismo nel cristianesimo ellenizzato? Come spiegare l'impatto enorme che l'Apocalisse ha avuto nell'impero romano e nelle comunità ecclesiali di allora e nella vita della chiesa di tutti i tempi? Quale contributo antropologico ed ecclesiologico ha dato Ignazio di Antiochia nella leadership pastorale della chiesa? Le risposte si possono intravvedere nel presente volume. L'Apocalisse continua oggi la sua vocazione universale di annunciare il vangelo eterno.
Il volume presenta i risultati del convegno internazionale tenutosi alla Bergische Universität di Wuppertal nel settembre 2019. I contributi raccolti si confrontano con la seconda affermazione contenuta nel dictatus papae di Gregorio VII (Quod solus Romanus pontifex iure dicatur universalis). L'affermazione dell'universalità del papato, già a più riprese indagata dalla storiografia europea, è qui l'oggetto delle ricerche di giovani studiosi e studiose sia da un punto di vista normativo, come nei casi delle elezioni papali, sia nella riflessione teologica di età altomedievale. Questa pubblicazione si inserisce nella linea delle più recenti e affermate tendenze storiografiche della medievistica e dedica particolare attenzione non solo alle norme alla base dell'universalità del papato, ma anche all'applicazione di tali teorie attraverso l'analisi di alcuni vettori dell'interazione tra il papato e le realtà locali. Lo studio di questi attori dell'interazione costituisce la base imprescindibile per la comprensione del papato medievale nelle sue relazioni con le province ecclesiastiche, con l'intento di verificare e approfondire il rapporto esistente tra norma e prassi.
Che ruolo gioca la religione in Medio Oriente? Quanta importanza rivestono le divisioni confessionali nei conflitti mediorientali? Una parte della storiografia, amplificata nelle sue posizioni da una campagna mediatica divenuta sempre più pervasiva dopo l'11 settembre, ritiene che il Medio Oriente sia una regione pre-moderna nella quale la religione costituisce il principale elemento identitario e che l'islam sia la chiave per comprendere le cause di conflitti ritenuti non a caso "atavici". Il presente volume affronta questi temi e ambisce a dimostrare come il Medio Oriente sia una terra decisamente più laica di quanto non si creda. I tre casi di studio di cui il testo si occupa - il conflitto israelo-palestinese, ormai più che centenario; gli scontri in Libano da metà Ottocento a fine Novecento; la rivalità tra Iran e Arabia Saudita, con le sue ricadute nelle guerre civili di Yemen e Siria - mettono in luce come la causa alla base di tali conflitti non sia affatto la religione. Le divisioni confessionali, pur presenti, sono solo una delle fratture esistenti e mai la più rilevante.
Lo scrittore francese Charles Péguy (1873-1914) scrisse, dopo la sua conversione al cattolicesimo, tre grandi composizioni poetiche, i "Misteri" ("Il mistero della carità di Giovanna d'Arco", 1910; "Il portico del mistero della seconda virtù", 1911; "Il mistero dei Santi Innocenti", 1912), che affascinano ancora oggi lettori e critici per la complessità della riflessione, apprezzata da autorevoli teologi del Novecento. Questo saggio non si propone di offrirne un esaustivo commento (i "Misteri" sono come un forziere pieno di ricchezze inesauribili, ogni volta che vi si torna si scoprono cose nuove), si prefigge uno scopo più circoscritto ma non per questo meno difficile: tentare di comprendere i motivi che portano l'autore di questo singolare trittico ad attribuire un ruolo centrale per la comprensione del mistero della storia - del mondo e di ogni singola esistenza umana - alla virtù della speranza, che «vede quello che non è ancora e che sarà / ama quello che non è ancora e che sarà».