
Come ragione e fede debbono convivere nell'esperienza religiosa del cristiano? Come possono cooperare in quell'essenziale compito che consiste nell'incarnazione della Parola entro la vicenda storica, che è costituita non solo dai grandi eventi, ma anche dalla quotidianità, dai gesti, dalle decisioni, dalla testimonianza di ogni giorno? Come può attuarsi oggi la fatica della mediazione tra fede e storia di fronte alle questioni scottanti della crisi della democrazia, della globalizzazione, della convivenza di culture e fedi diverse nell'ambito di una società che è stata definita "multiculturale"? Quali lo spazio e quali i limiti della tolleranza, quale il rapporto tra Stato e mercato in una dinamica dell'economia che non può più essere contenuta nell'ambito dei confini nazionali? Quale significato è attualmente possibile conferire a termini come "vocazione", "responsabilità", "testimonianza"?
Sono questi alcuni degli interrogativi che questo libro affronta, invitando alla riflessione e al confronto tra quanti sono intenzionati a ricercare una forma giusta di coabitazione, sia nel nostro Paese, sia in quel
complesso e pluralistico luogo che è diventato il mondo.
Una conseguenza dell'invenzione della scrittura fu che alcuni non si limitarono a leggere quanto era stato scritto in precedenza, ma si accinsero a loro volta a scrivere sugli scritti di altri. E' attraverso questa dinamica costante che un certo numero di opere si è guadagnato lo statuto di "classici". Ma quali sono le ragioni che hanno indotto schiere di autori a occuparsi di interpretare, confutare o rafforzare i classici? E soprattutto: che senso ha oggi avvicinarsi alla lettura di testi filosofici che possono avere origine in un passato culturalmente e cronologicamente anche molto lontano? Il volume ripercorre alcuni momenti centrali del dibattito svoltosi fra Otto e Novecento sui classici e sul processo della loro mediazione. Dopo aver sottoposto a una serrata critica gli argomenti pro e contro ciascun uso possibile dei testi canonici della tradizione, l'autore individua proprio nella loro "alterità" culturale il contributo più efficace che essi sono tuttora in grado di fornire in termini di ricchezza e libertà della conoscenza.
Giuseppe Cambiano insegna Storia della filosofia antica nella Scuola Normale Superiore di Pisa. Fra i suoi libri: "Polis. Un modello per la cultura europea" (Laterza, 2000), "Figure, macchine, sogni. Studi sulla scienza antica" (Ed. di Storia e Letteratura, 2006). E' anche autore del fortunato manuale "Storia della filosofia antica" (Laterza, nuova ed. 2009).
E' un flusso potente di energia, che può esplodere per un'ingiustizia subita, un amore ferito, una speranza delusa o un sentimento di vergogna; è una passione forte che può sconvolgere la vita del singolo o il corso della storia, e che spesso si incrocia con l'odio, il risentimento e la superbia, accompagnandosi al desiderio di vendetta o di riscatto. Molteplici strategie sono state attivate per inibire, canalizzare o sublimare il suo impeto spesso selvaggio. Lo sguardo del filosofo, cogliendone il senso e offrendone una spiegazione teorica, getta luce anche sulle infinite manifestazioni di questo nodo dell'anima, sulle sue origini naturali e culturali, sulle sue declinazioni storiche, politiche e sociali, essendo l'ira in grado di mobilitare sette, partiti, folle o interi popoli. Una forza dirompente, non sempre negativa, che può essere elaborata e riportata a proporzioni adeguate alle circostanze e a criteri di giustizia.
Remo Bodei, professore di Filosofia nella University of California, Los Angeles, ha insegnato a lungo alla Scuola Normale Superiore e all'Università di Pisa. Tra le sue numerose pubblicazioni: "Geometria delle passioni" (Feltrinelli, VII ed. 1991), "Destini personali" (Feltrinelli, III ed. 2002), "Paesaggi sublimi" (Bompiani, 2008), "La vita delle cose" (Laterza, IV ed. 2009); con il Mulino "Le forme del bello" (II ed. 2005), "Ordo amoris" (III ed. 2005) e "Piramidi di tempo" (2006).
Il sofisma economicistico e I due significati di «economico», brevi scritti di Karl Polanyi pubblicati qui parzialmente in una versione ripresa dalla rivista francese MAUSS, rappresentano un mirabile esempio di sintesi critica e insieme di profondità di analisi, un’analisi che approda alla convinzione, centrale nel pensiero di Polanyi, del disastro antropologico e sociale causato non solo dal liberismo, ma ancor di più dalla fallacia di un intero sistema di pensiero, la scienza economica, che cerca di giustificarlo e di sorreggerlo.
A supporto delle interessanti pagine di Polanyi, utili sia ai frequentatori abituali del suo pensiero sia ai neofiti, il presente volume ha il pregio di proporre due contributi, rispettivamente di Alain Caillé con Jean-Louis Laville e di Jérôme Maucourant, che, oltre a presentare rapidamente la biografia intellettuale del filosofo ungherese, chiariscono l’estrema attualità della sua critica al capitalismo e alla società dei mercati.
Polanyi emerge così come economista dalle solide basi storiche e antropologiche che, con la sua opera, ha saputo smontare l’edificio apparentemente saldo dell’economia classica per svelarne l’essenza ingannevole: quella di un vasto apparato teorico che attribuisce validità universali a una precisa contingenza storica, il laissez-faire liberista dell’Europa ottocentesca. Eppure con questa insistita proiezione dei meccanismi propri dell’economia borghese su uno sfondo di regolarità assolute, il sofisma economicistico ha saputo incantare il mondo definendo una disciplina vincente nella gerarchia dei saperi occidentali, incidendo concretamente nella realtà storica delle economie europee e poi globali, in breve giocando un ruolo determinante nell’affermazione su scala planetaria del modo di produzione capitalistico. È dunque urgente - e a questo compito la presente pubblicazione intende offrire un contributo agile - riscoprire e attualizzare la figura di Karl Polanyi, atipica ma centrale nel panorama intellettuale del XX secolo.
Ricordate il mito della caverna, l'uomo che si libera dalle catene del conformismo, oppure la metafora dell'auriga, del cavallo nero e del cavallo bianco, utilizzata per spiegare la tripartizione dell'anima; o ancora l'importanza del filosofo in una società perfetta o le prime riflessioni sull'eguaglianza tra gli uomini e sul comunismo? "Repubblica" è l'opera di Platone che più ha influenzato la politologia e il pensiero moderno, che più ha infiammato studiosi e statisti di ogni epoca. Una sorta di summa nella quale il filosofo, deluso dalla politica ateniese del tempo, si rifugia in un'analisi sullo Stato ideale e sui valori che muovono la società, sulle gerarchie che dovrebbero guidarla e sul rapporto tra le esigenze del singolo e il bene comune. "Repubblica" resta un'opera indispensabile per chiunque voglia conoscere le radici dei concetti di democrazia, oligarchia e tirannia, la genesi dello Stato come forma collettiva di organizzazione e, sfidando la natura transitoria dell'essere umano, comprendere le ragioni più profonde del suo essere. Presentazione di Luciano De Crescenzo; con un saggio di Francesco Adorno.
"L'idea a cui si è ispirato il libro è stata quella di contribuire a quell'esame di coscienza che Carlo Antoni riteneva necessario da parte di questa nostra civiltà, ancora più oggi coinvolta in una grande crisi spirituale e culturale. Convinto che lo storicismo italiano possa offrire un indirizzo di ricerca che altre sue forme, genericamente assimilate sotto lo stesso nome, non hanno avuto la possibilità di dare, ho in particolare fatto riferimento, commentando e talvolta dissentendo, alla originale interpretazione del pensiero crociano che Antoni ci ha lasciato. Con la sua teoria della persona, Antoni ha mostrato con chiara evidenza che lo storicismo può dare vita ad un nuovo umanesimo, offrire la possibilità di risvegliare energie dormienti, capace di dare a questo nuove vesti ed un nuovo viatico." (Lanfranco Di Mario).
Nuova edizione interamente rielaborata della 'Filosofia del senso comune'.
L'uomo d'oggi non ha alcun anelito d'infinità - o per lo meno ne ha molto poco. Per lo più si accontenta del finito. Tutte le sue esigenze intellettuali sono soddisfatte dalla cultura di massa che fluisce, che è immediatamente comunicabile e che si diffonde al di là degli archivi. Rispetto a questo flusso mediale, però, l'osservatore nutre un sospetto: che ci sia sempre qualcosa dietro ciò che vede. A partire da questo sospetto, nell'osservatore nasce il desiderio di venire a sapere che cosa si nasconde "in verità" dietro la superficie mediatica costituita dai segni - un desiderio mediologico, ontologico, metafisico.
Le scoperte degli ultimi dieci anni delle cosiddette "nuove scienze", neuroscienze, neurobiologia, neuropsicologia, neurosociologia, etologia cognitiva, hanno dato nuova vita alle teorie scientifiche darwiniane, innescando decisive e inimmaginabili implicazioni filosofiche e culturali. Di fronte all'esplodere di una miriade di darwinismi derivati dalle "nuove scienze", la domanda cruciale alla quale questo libro risponde è: di quale darwinismo abbiamo bisogno per comprendere la coscienza e la coscienza morale? Grazie ad una trattazione sistematica e rigorosa, e a un linguaggio chiaro e comprensibile, "Darwinismo morale" si pone come un completo e aggiornato testo riguardante le implicazioni morali derivanti dalle neuroscienze e dalle teorie di Charles Darwin.
Cosa accende nell'uomo il desiderio di conoscere? Come giocano nel cammino della conoscenza i fatti, avvenimenti, circostanze? Come incide la conoscenza sulla vita e sul lavoro di ciascuno, dal filosofo allo scienziato, dal medico al poeta, dall'ingegnere al grande giornalista?
Il volume raccoglie una serie di conversazioni tenute durante l'Anno Accademico 2009-2010 nei Collegi della Fondazione C.E.U.R., network Camplus, con alcuni studenti universitari, all'interno del ciclo di incontri culturali dal titolo: "La conoscenza è sempre un avvenimento".
Partendo da situazioni concrete e personali i relatori approfondiscono diversi aspetti legati alla dinamica del conoscere, riconducendo il tema a un'esperienza spesso dimenticata: la conoscenza del reale parte dall'incontro con qualcosa che accade, che sorprende, che abbraccia e supera la capacità di previsione della ragione. La conoscenza come avvenimento è la descrizione di un cammino avventuroso che, facendosi assaporare il gusto di cose nuove, cambia il nostro sguardo sul mondo, la nostra stessa vita.
Interventi di: Arturo Alberti, Vittorino Andreoli, Giancarlo Anselmino, Tommaso Bellini, Giuseppe Di Fazio, Carmine di Martino, Ettore Fiorini, Walter Gatti, Gianni Riotta, Carlo Romeo, Davide Rondoni, Vittorio Ruggeri e Giorgio Vittadini.
A cura di Nicola Sabatini