
"Il più grande filosofo della scienza mai esistito" (Peter Medawar)
I due saggi che compongono questo libro esprimono il senso profondo che ha animato la battaglia culturale e politica di Popper. Interrogarsi e pronunciarsi sulla validità della nostra conoscenza non significa soltanto affinare la speculazione, ma anche offrire visioni del mondo che possono essere fatte proprie da tutti gli uomini. Popper non ammette fonti privilegiate di verità e giudica deleterio perseguire idolatricamente la certezza e l'oggettività della scienza. La conoscenza è umana e perciò stesso intessuta di pregiudizi, sogni, speranze. Possiamo solo procedere per confutazioni, riconoscendo ed eliminando gli errori, che saremo tanto più sagaci a cercare quanto più consapevoli saremo della nostra imperfezione.
Karl R. Popper (1902-1994) è stato uno dei maggiori filosofi del Novecento. Il Mulino ha pubblicato anche "Congetture e confutazioni" (1972), "Il mito della cornice" (1995), "La conoscenza e il problema corpo-mente" (1996).
Accompagnare nella vita dello Spirito è un'arte che si incide sulla persona fin da quando è stata a sua volta accompagnata. E. Stein "come" venne a scoprire "il linguaggio di Dio nel Cuore della persona"? "Come" a sua volta ne fece dono? L'antropologia evangelica diventa allora personale, inedita, e i volti degli accompagnatori sfilano delineando relazioni personali ricche e trasparenti con grandi "la più grande donna nel cielo dei filosofi tedeschi" approda al Carmelo e Scopre Teresa di Gesù, formatrice di "pietre vive", che vivono la fede e hanno "afferrato e tengono la mano di Dio".
L’Autore delinea il quadro complessivo dei temi della logica, evidenziando i principali nessi teoretici che avvicinano questa materia ad altri ambiti di studio. Dopo una ricostruzione essenziale dell’intero percorso storico (dalle origini aristoteliche e stoiche alle grandi sintesi medievali, fino agli sviluppi più recenti), il testo allarga l’attenzione alle questioni relative al linguaggio e all’argomentazione che appaiono strettamente legate alle tematiche più propriamente logiche. Avviato così allo studio di questa fondamentale disciplina, lo studente, potrà inoltre avvalersi di diversi supporti presenti nel manuale, quali:
• sintesi dei contenuti di ciascuna sezione
Il pregio e l’attualità di questo manuale universitario si colgono nella proposta “forte” di una scienza filosofica della natura.
In un panorama variegato di approcci epistemologici, spesso tra loro contraddittori, l’Autrice privilegia, come via interpretativa ultima, la centralità dell¹uomo-natura nella natura, sulle cui parti e ordinamenti ella concentra, con cura didattica, l¹attenzione del lettore.
Quanto furono presenti le donne sulla scena culturale della prima modernità? E quante di loro con le loro opere hanno dato un significativo contributo alla filosofia? Considerato il numero di autrici di notevole qualità filosofica e l’interesse mostrato per le loro pubblicazioni, suscita molta perplessità la quasi totale assenza di queste intellettuali dalle storie della filosofia scritte negli ultimi anni: nessuna donna è segnalata per aver dato un contributo significativo e originale al pensiero moderno. Il volume illustra la specificità del rapporto tra le donne e la filosofia moderna, rappresentandone i passaggi più significativi dalla umanistica querelles des femmes alla questione dell’educazione, dal principio di uguaglianza alla rivendicazione dei diritti, fino alla proposta di una nuova soggettività umana.
Consegnare la Shoah al puro accadimento naturale, integrandola nel corso della storia come uno dei tanti tragici eventi, significa implicitamente ammettere che il tempo può rimarginare tutto e rimettere ogni peccato. Eppure, proprio nel momento più buio di questa storia alcuni uomini e donne, come Hillesum, Arendt, Jonas, hanno dato una risposta forte esigendo che questo evento sia per sempre custodito per ogni possibile riflessione di natura etica, religiosa e metafisica. Il libro comprende, tra gli altri, contributi di Alberto Melloni, Pier Vincenzo Mengaldo, Umberto Galimberti, Giancarlo Gaeta.
Di dizionari filosofici ne sono stati scritti tanti, ma il più delle volte trattano di questioni come Dio, la sostanza, il destino, la libertà, e qualche volta persino con un tono oracolare, o quantomeno professorale. Invece, in questa «filosofia per dame» – che significa, illuministicamente, «filosofia per tutti», non solo per chierici o addetti ai lavori –, si tratta anche di temi non canonicamente metafisici, come il lasciarsi, lo stress, il marito pantofolaio, i corteggiatori forse molesti, le vacanze e i suoceri, fino alle più moderne e postmoderne gaffes sul web o amicizie di Facebook.
Temi classicissimi, in realtà, e spesso importanti, gravi quando non addirittura funesti, ma classicamente reputati poco filosofici, e ai quali questo dizionario cerca di dare delle risposte, il più possibile pratiche e attuabili, sfatando il mito secondo cui la filosofia dovrebbe soprattutto porre domande. L’ordine delle voci è ovviamente alfabetico, ma si gioca con i rimandi, che creano nessi psicoanalitici e spiazzamenti liberatori. Il vantaggio, in veste di filosofi, è che nel dare risposte «non si è costretti a essere ottimisti o confortanti. Al massimo si possono suggerire piccoli stratagemmi, giacché, come scriveva Gracián, la vita è milizia contro la malizia umana». E se poi la milizia non dovesse aver la meglio sulla malizia, resterebbe pur sempre l’estrema risorsa di Scarlett O’Hara: dirsi che domani è un altro giorno, e prenderla con filosofia.
L’ultimo Marx, confrontandosi con i populisti russi e la questione agraria, propone di leggere la storia non secondo la consueta visione unilineare e a stadi, ma secondo l’immagine delle stratificazioni geologiche. Questo libro riprende l’intuizione marxiana per decostruire la filosofia della storia con la quale viene abitualmente identificato il ‘materialismo storico’. Tale termine, mai impiegato da Marx, che utilizza invece le espressioni «materialista pratico» e «materialista comunista», non costituisce un passepartout per la comprensione della storia, ma è piuttosto una modalità pratica di intervento nella storia.
Nelle due sezioni di questo libro viene mostrato come la riflessione sulla storia sia strettamente intrecciata attorno a due nodi: comprensione della crisi e intervento politico. Solo quando l’ipotesi della crisi come anticamera del crollo viene abbandonata, Marx inizia a riflettere sulla connessione tra ‘centro’ e ‘periferia’, tra produzione ad alta tecnologia e forme di lavoro ad alto sfruttamento assoluto. Proprio questa riflessione, iniziata da Marx a partire dagli anni Sessanta, si rivela particolarmente fruttuosa oggi per comprendere fino a che punto, nel mercato globalizzato, Silicon Valley si combina con vecchie e nuove forme di lavoro schiavistico nelle più disparate parti del mondo. Ma questo intreccio può essere colto solo in forza di una diversa concezione della storia, che accantoni la consueta immagine storicistica della locomotiva del progresso che si lascia alle spalle forme arretrate o residuali.
Le due appendici, sul 18 brumaio e sull’accumulazione capitalistica, costituiscono due tentativi di confronto con la storiografia marxiana. Viene qui mostrata la potenzialità di una lettura della pluralità dei tempi storici, dei loro attriti e delle possibilità di riattivare un’alternativa al corso della modernizzazione capitalistica.
L’Ideologia tedesca è l’opera più misteriosa di Marx ed Engels. Composta tra il 1845 e il 1846 ai fini di una «autochiarificazione» e subito abbandonata alla «critica roditrice dei topi» delle cantine in cui rimase sepolta fino all’anno della pubblicazione (1932), essa rappresenta il luogo della «rottura epistemologica» (Althusser) tra il «primo Marx», umanista e filosofo hegeliano, e il «secondo Marx», scienziato dei modi di produzione. Nell’Ideologia tedesca si colloca, nelle intenzioni dei suoi autori, la «resa dei conti» con la filosofia tradizionale, liquidata impietosamente come santificazione contemplativa dell’esistente, e l’abbozzo di una nuova scienza rivoluzionaria, la «concezione materialistica della storia». In un perenne oscillare tra l’al di qua e l’al di là della filosofia, viene prendendo forma una scienza che, contro ogni tentazione ideologica, non muove dalle illusioni che gli uomini elaborano intorno alla propria esistenza. Al contrario, essa prende le mosse dagli uomini empirici realmente operanti all’interno della produzione materiale e delle costellazioni di potere e di dominio economico e, per questa via, rende anche conto degli echi ideologici del processo di esistenza e di produzione. Di qui, appunto, la necessità di sostituire la critica del «cielo» delle idee filosofiche con la critica della «terra» delle condizioni materiali di esistenza e di produzione. Ne scaturisce una forma di sapere ambigua, enigmaticamente sospesa tra il trascendimento della filosofia e, in maniera del tutto contraddittoria, il permanere saldamente nel quadro di una scienza filosofica in senso hegeliano. Sul piano politico, un simile rovesciamento materialistico di prospettiva implica l’abbandono di ogni conservatorismo conciliante e l’approdo a una visione rivoluzionaria, sporgente sull’avvenire e in perenne contrasto con l’ordine esistente.
Come possono i cittadini intervenire nel dibattito etico intorno a questioni di biomedicina, seguendo l'autorità del pulpito, unendosi al caos della piazza o decidendo diversamente? La democrazia deliberativa offre una risposta. Ma che cos'è?
Con molti esempi relativi a dibattiti su problemi bioetici, l'autore delinea le basi costitutive della deliberazione, che così sintetizza: “Non si ammetta ai dibattiti deliberativi chi non sa nulla su ciò che si delibera né su come si delibera; solo a tale condizione è possibile avere una buona democrazia deliberativa, evitando demagogia e ipocrisia”.
Giovanni Boniolo insegna Logica e Filosofia della scienza nella facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Milano e collabora con l'Istituto Firc di oncologia molecolare (IFOM) di Milano. Nella collana Scienza e idee ha pubblicato Il limite e il ribelle (2003).
"Il cuore ha sempre ragione, libera le tue emozioni". È spesso questo il motto dell'uomo contemporaneo, che non di rado è un homo sentiens che cerca di vivere delle emozioni continue e sempre più intense. Perciò le virtù sono oggetto di un pesante discredito: la persona virtuosa - si dice - è remissiva, è spenta, vive in modo rigidamente ascetico, e la virtù è ritenuta un freno alle passioni. Perché mai riparlare di virtù come fa il presente testo? Il punto è che (come argomenta l'autore) l'homo sentiens non è felice. Inoltre l'etica moderna ha palesato diverse lacune ed insufficienze, che hanno sospinto diversi autori, soprattutto dell'anglofona Virtue Ethics, a rilanciare i temi del carattere e della virtù. Questo testo argomenta, per esempio, le seguenti tesi: l'uomo ha bisogno di un fine per poter dare senso alle norme; ha bisogno di essere amato e la moralità consiste in un qualche esercizio dell'amore, in un ordo amoris; ha bisogno di virtù e di coltivare delle emozioni appropriate. In particolare, questo lavoro tematizza le emozioni e promuove non già la loro repressione, bensì l'assunzione della loro energia, investigandone la natura ed illustrando alcune attività che consentono di gestirle e di non essere da loro dominati. L'autore mostra come le emozioni possano diventare alleate della ragione e costitutive della virtù, come possano darci slancio e supportare positivamente la ragione. È vero che a volte possono fuorviarci, tuttavia non bisogna contrapporle alla ragione...