
L'Autore presenta senza pregiudizi le idee del nichilismo contemporaneo, riconducendolo giustamente alla perenne tentazione scettica di abbandonare la ricerca della verità.
Risale al 2000 l'espressione "modernità liquida", coniata dal sociologo Bauman, per descrivere la nostra cultura, il panorama attuale risulta infatti indeterminato e indeterminabile, in continuo riassestamento, mentre flessibilità, espansibilità e riadattabilità sembrano essere le note tipiche dei nostri modelli e codici di comportamento. I saggi del presente volume raccolgono un'esigenza di solidità, a partire da quegli interrogativi - dalla bioetica all'economia - che non possono essere evitati da chi intende proporre alle giovani generazioni un'autentica cultura.
L'epoca in cui viviamo, al di là del progresso scientifico, tecnico ed economico, svela sempre più l'assenza di un proprio fondamento. Tutto è divenire e relativo, è opinione, tutto è fragile, debole e provvisorio. È il nichilismo. L'autore del volume indaga questa situazione di profonda e drammatica crisi culturale ed esistenziale, individuandone in Nietzsche un lucido profeta. La sua filosofia rappresenta infatti il culmine e la manifestazione piena del nichilismo, cioè l'evidenziarsi più radicale di dove porti l'affermazione del nulla. Nietzsche stesso tenta di uscire da questa situazione, ma senza successo.
Esiste la libertà? Tanti sono i motivi che spingerebbero al pessimismo. Si può credere che in mezzo agli ostacoli della vita e alle mille costrizioni psicologiche e sociali, possa continuare a vivere la forza dell'essere liberi fino a diventare amore autentico? La sfida di questo libro è questa e desidera proporre un sì convinto e un invito a vivere in una libertà piena e senza paure.
Ognuno di noi è un'individualità irripetibile nel fluire del tempo. Ognuno è un universo in cui "dormono forze ignote come re mai nati". Nella nostra soggettività sono connaturate delle potenzialità che nel corso della nostra vita spesso rimangono nell'ombra: in uno stato oscuro, implicito, latente. "Noi non conosciamo nemmeno noi stessi - osserva Herder - e solo ad istanti, come in sogno, cogliamo qualche tratto della nostra vita profonda". "Ognuno solleva una grande o una piccola onda": la novità di ognuno nella sua unicità, nella sua profondità, nella sua libertà e capacità di scegliere e di decidere, di agire, di conoscere, di creare. "L'uomo è la sua anima". Vivere secondo natura significa "conoscere se stessi" ed "essere se stessi": significa ricercare la vita autentica. In questo orizzonte, definiamo la nostra unicità irripetibile in rapporto ai sentimenti, le intuizioni, le aspirazioni, le passioni, gli interessi, i desideri, le motivazioni, le imperfezioni, i bisogni, gli errori, i pregiudizi, le speranze, le delusioni, le paure, le situazioni-limite e tutto l'insieme delle emozioni umane. Siamo noi stessi, in ogni istante irripetibile della nostra vita, in ogni momento in cui facciamo delle scelte e diamo un senso profondo e autentico alla nostra esistenza nel fluire del tempo.
Roland Barthes, Paul de Man, Michel Foucault, Max Loreau, Jean-Marie Benoist, Louis Althusser, Edmond Jabès, Joseph N. Riddel, Michel Servière, Louis Marin, Sarah Kofman, Gilles Deleuze, Emmanuel Lévinas, Jean-François Lyotard, Gérard Granel, Maurice Blanchot: scrittori, filosofi, professori che Derrida ha incontrato, letto, discusso nel corso della sua vita, ritrovano ognuno la cifra dell'insostituibile unicità che ha caratterizzato il loro percorso intellettuale, ma anche la soglia in cui memoria e lutto, dolore e destino, sigillano una comune avventura del pensiero e della condivisione di passioni, idiosincrasie, gesti che squarciano spesso la cortina del privato per divenire occasioni pubbliche di dibattito, lotta, testimonianza.
Qual è il modo migliore di vivere? Di cosa è fatta l'eccellenza umana? Sono domande che gli uomini si pongono da sempre. Nell'antichità la ricerca di un significato della vita trovava una risposta grazie alla capacità di essere ricettivi a forze divine che ci trascinavano dando ai momenti ordinari della vita un tocco di meraviglia e di gratitudine. Da quando la civiltà occidentale ha cominciato ad affidarsi al potere della volontà indipendente, è andata perduta la facoltà di collegarsi con il sacro. Con la secolarizzazione è tramontato un sistema di valori chiaro e indiscutibile, ma non è detto sia venuta meno la necessità di trovare una risposta, un senso più grande che trascenda il limite dell'esistenza individuale. Prendendo in esame alcune delle opere più importanti del canone occidentale, dall'Odissea a Moby Dick, da Agostino a Cartesio a Kant, da Dante a David Foster Wallace, i due filosofi americani ci spiegano in che modo abbiamo perduto il coinvolgimento entusiastico con l'essenza fondamentale della nostra vita e ci dimostrano che, rileggendo da capo i classici, possiamo ritrovare un'aderenza appassionata all'intimo splendore e alla bellezza del mondo. Magari per accorgerci di poter fare più facilmente esperienza dell'universale dentro uno stadio sportivo che non in una cattedrale. Un libro ricco di spunti che illumina di una luce diversa la cultura, la storia, le pratiche del sacro e noi stessi. Prefazione di Gianni Vattimo.
In questo libro si parla di un filosofo non del filosofo. Alla ricerca di uno spazio perduto, la conoscenza filosofica. Sino a sfiorare un paradosso, una meta-fisica della contingenza. E poi un tentare di esplorare il discorso pubblico, l'oggetto tecnico, la memoria, lo scegliere, la filosofia "di moda" e altre cose. Sono relazioni che tendono a sfuggire al "colpo d'occhio" o all'abitudine intellettuale. La chiarezza può essere un aiuto all'esistenza e per questo, in tempi invasi dal rumore, forse una piccola virtù.
Questo volume di Figal costituisce uno dei più significativi contributi dati negli ultimi anni allo sviluppo della tradizione filosofica ermenutico-fenomenologica.
DESCRIZIONE: Uscita postuma nel 1981 a cura di Fulvio Tessitore, quest’opera s’è imposta subito come il capolavoro di Piovani. Un testo dove confluiscono i suoi pluridecennali e innovativi scandagli su storicismo, esistenzialismo e filosofia morale nel pensiero contemporaneo, ed assumono un profilo teoretico spesso nascosto nelle opere precedenti. Qui è la categoria di «assenza» – deesse – ad assumere una funzione centrale: nell’uomo v’è una costitutiva «difettività» che pungola a costruire possibili orizzonti di senso, pur nella consapevolezza della loro fragilità. L’«assenza» è quindi il paradossale fondamento di un’etica della finitudine: «gli esistenti sono in quanto si fanno, il loro farsi è un produrre effettività, essi non possono essere in quanto sono, ma in quanto divengono e il loro divenire è un continuo difendersi dall’inesistenza, una continua assunzione di coscienza della precarietà combattuta». Sono pagine dove il dialogo con Pascal, Kant, Heidegger, Nietzsche delinea uno «storicismo esistenziale», un modello tragico della vita e una teoria pluralistica dei valori. Una prospettiva che – memore della teologia negativa – riconosce nella responsabilità dell’agire morale la religiosità dell’esistenza.
COMMENTO: Un classico della filosofia morale italiana contemporanea in una nuova edizione curata da uno dei suoi allievi. I temi trattati: l'uomo, la finitezza, la morte, l'agire morale...
PIETRO PIOVANI (1922-1980), tra i maggiori filosofi italiani della seconda metà del Novecento, ha insegnato a lungo all’Università di Napoli. Tra le sue opere ricordiamo: Filosofia e storia delle idee, Conoscenza storica e coscienza morale; Giusnaturalismo ed etica moderna; Principi di una filosofia morale. Presso la Morcelliana: La teodicea sociale di Rosmini.
Profezia e utopia, due categorie fondanti dello sviluppo dell’Occidente moderno. La tensione dialettica che le ha caratterizzate nel corso dei secoli e il dualismo istituzionale che si è creato tra potere religioso e potere politico hanno permesso all’Occidente la conquista delle sue libertà, dallo stato di diritto alla stessa democrazia. Oggi, sbiadito ormai ogni progetto utopico, il declino dell’Europa non può essere letto solo come corruzione delle regole e delle istituzioni, ma come conseguenza di una crisi di civiltà.
L'Occidente è oggi diviso. Ma all'origine di questa divisione non è il terrorismo, bensì una politica americana che ignora la legalità internazionale, relega in secondo piano l'Onu, determina la rottura con i tradizionali alleati europei. La frattura si prolunga anche all'interno degli stessi Stati Uniti e di molti paesi europei, dove sembra venir meno perfino l'accordo sui principi giuridici fondamentali. All'unilateralismo di Bush, sostiene però Habermas, si deve contrapporre un nuovo progetto cosmopolitico, che riattualizzi l'idea kantiana di "pace perpetua" e presti la dovuta attenzione al tema cruciale dei diritti umani.

