
Proprio come l'Idra, il mostro mitologico le cui teste, mozzate da Ercole, avevano il potere di rinascere raddoppiandosi, il capitalismo, un tempo solo occidentale oggi planetario, ricompare sulla scena del mondo riproponendo nuove e più sofisticate forme di schiavitù. Ma se è vero che dai grandi conflitti del '900 il capitalismo è uscito vincitore trionfando su ogni rivoluzione, è altrettanto vero che «l'uguaglianza è una necessità che si ripresenta continuamente, come la fame». Nella trama della storia qual è il posto di questo anelito, proprio delle religioni di salvezza e del comunismo moderno?
Quella del commentatore e teologo bizantino Eustrazio di Nicea (ca. 1050-1120) è una figura affascinante e misteriosa al tempo stesso. Assai apprezzato nel Medioevo latino per i suoi commenti all'Etica Nicomachea di Aristotele, Eustrazio è un autore ancora poco noto ai bizantinisti e in generale ai medievisti in virtù di una biografia a tratti oscura e per l'assenza di studi specifici sulla vita e sulla sua opera. Questo volume intende colmare tale lacuna ricostruendo in maniera precisa e dettagliata i dati relativi alla vita di Eustrazio e analizzandone per la prima volta l'opera filosofica nel suo complesso. Il ritratto che emerge da questo studio è quello di un appassionato lettore dell'opera del neoplatonico Proclo. Tuttavia, in Eustrazio i testi di Proclo si trovano ad essere riletti in maniera intrigante attraverso il filtro della letteratura monastica bizantina. Eustrazio ci impone dunque di rivedere le griglie tradizionali con cui si è soliti leggere la storia della cultura e della società bizantina di questo periodo. Da un lato, i toni ascetici nell'opera del metropolita di Nicea lo allontanano non di poco dal modello di intellettuale delineato da Michele Psello nel secolo XI; dall'altro, l'incontenibile predilezione per il neoplatonico Proclo che emerge nei commenti filosofici di questo autore lo rende assai particolare, se non unico, nel panorama degli autori ecclesiastici di questo stesso periodo.
"Vent'anni fa Jean-François Six e l'associazione Diritti dell'uomo e della solidarietà hanno cominciato a praticare la mediazione, che ha preso ben presto la forma di un Centro nazionale della mediazione. Oggi, la mediazione è di moda: basti pensare ad esempio che il Consiglio economico e sociale realizza, su richiesta del Primo Ministro, un rapporto sulla mediazione, descritta secondo un concetto vago, e che il Ministro delegato alla Famiglia e all'Infanzia richiede un rapporto sulla mediazione familiare, che non dà nessuna definizione del concetto di mediazione in generale o della mediazione familiare in particolare. Un seminario a cura di quarantadue esperti europei, organizzato dalla delegazione interministeriale alla Città, nell'ambito della presidenza francese dell'Unione Europea (settembre 2000), propone la seguente definizione: La mediazione sociale è definita come un processo di creazione e di riparazione del legame sociale e di regolamento dei conflitti della vita quotidiana, nel quale un terzo imparziale e indipendente tenta, attraverso l'organizzazione di scambi tra persone o istituzioni, di aiutare a migliorare una relazione o a regolare un conflitto che li oppone. Si potrebbero trovare numerose altre definizioni. La parola «mediazione» è, infatti, usata in modo superficiale e vago e soffre di un «sovraccarico semantico». La sua significazione si è moltiplicata in seguito alla proliferazione dei mediatori. È per questa ragione che Jean-François Six e Véronique Mussaud intendono «decriptare» la parola." (dalla prefazione)
Il pensiero credente, o comunque aperto all'universo delle fedi religiose, avverte il carattere tendenzialmente negativo e del mondo della natura, e del mondo della cultura e della civiltà, in quanto commisura i risultati di ogni possibile ricognizione su "come vanno le cose" con l'idea secondo cui il mondo, in generale, è governato, o perlomeno guardato con benevolenza, da una divinità alla quale vengono riconosciuti i caratteri dell'assolutezza e della bontà. Le stesse incrinature tragiche degli ottimismi sociali, esistenziali e religiosi debbono allora commisurarsi con quell'appello alla fedeltà, di cui l'assoluto in quanto tale si qualifica portatore.
Se il pensiero di Cornelio Fabro gode di ampia notorietà per i fondamentali contributi sul problema dell'essere e della conoscenza, sulla libertà e sull'ateismo, nonché per gli studi su Tommaso e su Kierkegaard, non altrettanto si può dire per i temi giuridico-politici. Nondimeno sotto questo versante la ricerca vede emergere una messe di testi di notevole interesse. Vi si palesa un itinerario sensibile alla proiezione civile della filosofia ed attento alle questioni di più viva attualità, dove si prolunga la consapevolezza dell'indagine filosofica come questione del fondamento e del compimento. Questo libro, mediante un'analisi che attraversa l'intero arco degli scritti fabriani, ne pone a tema organicamente gli sviluppi filosofici in campo giuridico-politico. Vi emerge un impegno teoretico autenticamente libero, tale da offrire sollecitazioni intellettuali senza confini. Come questione della razionalità della responsabilità e della responsabilità della razionalità.
Individuo e comunità, pluralità dei valori, loro conflitto e possibile conciliazione: sono alcuni dei temi decisivi della filosofia politica contemporanea. Temi che qui trovano un loro distillato nel dialogo tra Isaiah Berlin e Charles Taylor: due prospettive differenti nel declinare questi termini, pur all'interno del comune orizzonte di un liberalismo che non dimentica i suoi limiti.
L'influenza del pensiero di Platone nella filosofia nella cultura occidentale dal II al XVI secolo. La filosofia di Platone, più di ogni altra, ha plasmato l'intera riflessione filosofica occidentale, configurandosi per molti aspetti come il modello ideale del "fare filosofia". Ripercorrere pertanto le molteplici vie della ricezione del messaggio platonico significa osservare il vivo operare di questo messaggio all'interno del pensiero metafisico-teologico nel corso dei secoli. I saggi contenuti nel volume ricostruiscono l'incidenza del pensiero e della stessa figura di Platone nella riflessione filosoficae nel contesto culturale tra tarda antichità e Rinascimento, consentendo di indagare, anche nei suoi aspetti meno noti, il formarsi di quella "tradizione platonica" che costituisce uno dei momenti fondativi della stessa identità spirituale dell'Occidente.
Bloch ha definito la musica il sognato castello, il brivido interiore, il razionale dell'irrazionale, le ardenti braccia del desiderarsi a casa, l'humanum utopico del mondo, quell'appello lanciato verso ciò che manca. L'originalità del suo pensiero è nell'aver individuato il profondo legame tra musica, filosofia e speranza, all'unisono con quanto affermato da Nietzsche, Cioran, Marcel, García Morente e Claudel.
L’opera Ermeneutica e verità, in questa terza edizione riveduta e corretta, e bibliograficamente aggiornata, si presenta come una completa storia dell’ermeneutica filosofica. Nessun autore e nessuna “forma storica” dell’ermeneutica vengono dimenticati, in un progetto che si propone di valorizzare pienamente anche ciò che sovente viene dimenticato, come l’ermeneutica patristica, l’ermeneutica medievale e in genere il contributo del pensiero cristiano alla questione ermeneutica. Attraverso un percorso storico che evidenzia sia la componente gnoseologica che quella teologica della questione ermeneutica, viene dato ampio risalto ai problemi relativi al fondamento veritativo dell’“interpretazione”. La presentazione delle principali “forme storiche” dell’ermeneutica si propone di adempiere ad un compito non semplicemente storiografico quanto principalmente teoretico: quello di poter discriminare, nella filosofia contemporanea, le forme del “nichilismo ermeneutico”, che esalta la hybris interpretativa a scapito della “verità dell’interpretazione”, dalle forme dell’“ermeneutica veritativa” al cui interno è possibile recuperare istanze autenticamente metafisiche, riannodando il dialogo tra ermeneutica e metafisica, e offrendo il contributo dell’ermeneutica al rapporto tra filosofia e teologia. Quest’opera inaugura la serie dei 4 volumi degli Scripta Hermeneutica, e si presenta arricchita dal resoconto del colloquio personale dell’Autore con Hans-Georg Gadamer: Ermeneutica e verità in Hans-Georg Gadamer. Incontro con un Maestro, dalla Presentazione di Francesca Brezzi e dall’Introduzione di Claudio Guerrieri.
Biografia
Gaspare Mura è Professore Ordinario Emerito di filosofia della Pontificia Università Urbaniana, dove ha ricoperto le cattedre di Storia della filosofia antica, Filosofia della religione, Ermeneutica filosofica, ed è stato Direttore dell’Istituto Superiore per lo Studio dell’Ateismo, dell’Urbaniana University Press e della rivista di Filosofia e Teologia “Euntes Docete”. È stato docente di Ermeneutica filosofica presso le Pontificie Università Lateranense e della S. Croce e dal 1993 al 2013 Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura. Ha al suo attivo oltre 100 pubblicazioni dedicate alla filosofia ermeneutica, alla filosofia della religione ed allo studio del fenomeno religioso. I 4 volumi degli Scripta Hermeneutica, ordinati per tematiche: ermeneutica veritativa, filosofia pratica, religione e teologia, interpretazioni storiche, si articoleranno in modo da comporre un quadro organico del pensiero dell’Autore, suggerendo le ricche potenzialità dell’«ermeneutica veritativa».
Francesca Brezzi è Prof.ssa Ordinaria di Filosofia Morale presso l’Università di Roma Tre, già Direttrice del Dipartimento di Filosofia della Facoltà di Lettere (1998-2006), Vice Presidente della Società Italiana di Filosofia.
Claudio Guerrieri è docente di Storia e Filosofia presso i licei, e dal 1987 al 2000 è stato titolare della cattedra di Antropologia filosofica presso l’Istituto Superiore “E.Caymari” di Roma.
Negli ultimi 2500 anni i filosofi hanno di volta in volta incarnato il ruolo del Saggio, del Curioso, dell'Asceta, del Polemico, del Mandarino e del Cortigiano. A cosa somiglierebbe dunque la storia della filosofia se fosse raccontata non come una storia di idee, bensí descrivendo tutte queste trasformazioni della figura del filosofo? Sarebbe certo qualcosa di molto diverso da quello che siamo abituati a pensare. In questo saggio arguto e stimolante, Justin Smith ridefinisce cos'è, e cosa non è, la filosofia, muovendosi liberamente tra Oriente e Occidente, dall'Europa di Aristotele, Leibniz e Nietzsche all'Arabia di al-Sidyaq, l'India di Siromani o l'America della tribú Mohawk.
Justin Smith individua sei personaggi tipo che hanno svolto il ruolo del filosofo in società molto diverse di tutto il mondo nel corso dei millenni: il Curioso, il Saggio, il Polemico, l'Asceta, il Mandarino, il Cortigiano. Il risultato è allo stesso tempo un'introduzione non convenzionale alla storia della filosofia e un'esplorazione originale di ciò che la filosofia è stata, e forse potrebbe diventare nuovamente. Attraverso casi di studi storici, inserti autobiografici e divagazioni paranarrative, l'autore individua e analizza aspetti del lavoro filosofico dimenticati o trascurati, per dimostrare quanto la filosofia sia un'attività universale, molto piú ampia e inclusiva, di quanto in genere oggi si pensi.
«Il filosofo di Justin Smith è un saggio sapiente, incisivo, scritto benissimo e spesso spassoso; una disamina indomita ed entusiasmante delle ambizioni dei filosofi di capire la vita, condotta da cosí tanti punti di vista che nemmeno Nietzsche avrebbe osato. Smith è sempre piacevole e intelligente, che prenda in esame sia il Leibniz studioso di teologia cinese, sia Laurence Sterne, T. S. Eliot o J. M. Coetzee. Se vi piace la filosofia, questo libro vi farà felici».
Clancy Martin
Una riflessione appassionata sulla relazione intima, ma non trasparente, tra il desiderio fin troppo umano di essere consolati e l'aspirazione a una giustizia universale. Passione per la giustizia, senso di fratellanza, gusto per la disputa intellettuale, doni inestimabili della tradizione, apertura al mistero, concentrazione nella preghiera, forza evocativa del rito, speranza. Tutto ciò non basta forse per spiegare la conversione all'ebraismo di Martha Nussbaum, ma costituisce uno sfondo essenziale per apprezzare integralmente il discorso da lei pronunciato in occasione del suo tardivo bat mitzvah - qui proposto per la prima volta in italiano - che è allo stesso tempo una testimonianza personale toccante e un esempio eloquente delle trasformazioni della sensibilità religiosa nel crepuscolo dell'età secolare. Sviluppando spunti teorici presenti sia nel testo biblico sia nell'opera di maestri del pensiero come Maimonide, Moses Mendelssohn e Rousseau, Nussbaum difende l'idea secondo cui «possiamo avere una consolazione autentica del sé, solo se ci impegniamo a favore di una vita dedita alla giustizia universale».