
Nel 1965 Paolo VI nominò arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, un patrologo che, negli anni del suo episcopato, volle essere un padre per il gregge affidato alle sue cure. Pellegrino si sforzò di incarnare in profondità il modello pastorale dei padri della chiesa, in una stagione ecclesiale chiamata a tradurre in pratica le indicazioni del Vaticano II, aprendo la chiesa torinese alle istanze di rinnovamento sorte dal dibattito conciliare, in dialogo con la società e la realtà contemporanea, soprattutto nelle sue componenti più deboli (lavoratori, immigrati, poveri, drogati, prostitute, carcerati, malati, esclusi). La profezia di Pellegrino viene dal nostro passato, ma vorrebbe restare voce gravida di futuro, lasciando intravedere ciò che sarà, nel dono, nella comunione e nella speranza.
Lutero nutriva un odio feroce per il «papa, questo porco del diavolo». I teologi romani, dal canto loro, non capivano cos'altro volesse quel monaco rozzo e immensamente vanitoso se non distruggere il Papato. E i devoti principi tedeschi avevano le loro buone ragioni per sostenere il facondo predicatore d'odio. Così, fin da subito, indipendentemente dalle dispute teologiche che già allora pochi comprendevano, si tracciò la strada verso lo scisma nella Chiesa. Volker Reinhardt, utilizzando documenti vaticani finora trascurati, mostra come le radici dello scisma non affondino nelle questioni religiose. L'autore ricostruisce per la prima volta i grandi incontri tra Lutero e il Papato, idealizzati e mitizzati dai protestanti, dal punto di vista romano, e rivela il motivo per cui spesso i papi non presero sul serio le grida che arrivavano dalla lontana Germania.
In questo volume è delineato in forma narrativa, ma sulla base di autorevoli testimonianze e fonti di archivio anche inedite, il profilo di Pietro Barbieri (1893-1963), sacerdote lombardo, protagonista della vita culturale, politica ed ecclesiale italiana dai primi anni del Novecento sino agli anni Sessanta. Nella diocesi di Vigevano (PV) scrive le prime pagine del suo ministero sacerdotale. Poi in Francia, negli Stati Uniti e in Inghilterra si dilatano i suoi orizzonti: si dedica alla cura degli emigrati italiani. A Roma sperimenta l’universalità della Chiesa con il servizio nella curia romana e raffina la sua missione mostrandosi un grande italiano: in piena occupazione tedesca, rischia per salvare ebrei e perseguitati politici, diventa l’anima del CLN. Negli anni del dopoguerra non c’è governo alla cui formazione non abbia discretamente contribuito, favorendo l’unità tra le forze politiche. Infine, a Pieve del Cairo si consuma, nella vivida fantasia della carità, l’avventura di questo zelante sacerdote, vissuto tra i rovi e i conflitti del tempo, ma sempre vicino al popolo.
Il premio Motta della bontà, assegnato a Marcello Candia nel 1970 per la sua azione missionaria, lo aveva definito: Uomo dal cuore d'oro. Il libro ripercorre la vita (1916-1983) del ricco industriale di Milano, che ha dato tutto ciò che aveva per i poveri dell'Amazzonia. Nel 1965, dopo aver liquidato l'attività, si trasferisce a Macapà, in Brasile, dove costruisce un ospedale poi donato ai Camilliani per garantirne la continuità dopo la sua morte. Successivamente si trasferisce a Marituba, dove si dedica alla cura dei lebbrosi. Nel 1982 istituisce la Fondazione Dottor Marcello Candia, tuttora operante. Nel 1983 rientra malato dal Brasile e muore a Milano il 31 agosto. Il libro, con uno stile agile e profondo, mette in rilievo le sue innumerevoli attività e soprattutto la sua «statura» umana e spirituale.
Nel XVI esplose il contrasto tra una raffinata civiltà rinascimentale e l'estrema efferatezza di roghi, torture e violenze perpetrate in nome della fede. Similmente a quanto accade ai nostri giorni, l'intolleranza religiosa, come una lebbra che attacca gli Stati, aveva trascinato la Francia in una serie di lotte fratricide, seminando migliaia di morti in nome del Cattolicesimo o della Riforma. In un panorama così cruento tre donne, nate dalla stirpe dei Valois, spinte da profonde convinzioni, mostrarono una tenace volontà verso la Riforma, certe che essa potesse ricondurre alla sincerità del vero credo iniziale. Legate fra loro da vincoli di parentela, non furono tacite spettatrici, ma esponenti di un femminismo ante litteram. Determinate, pur con differenti modi di esprimere i loro ideali, misero una tenace volontà per raggiungere quei fini che sentivano come una missione.
L'autore, che ha avuto la grazia di conoscere personalmente il Servo di Dio, mostra la luce di Santità di Albino Luciani e il suo impegno nella ricerca della sostanza del Vangelo come unica ed ininterrotta verità. Il suo breve pontificato fu incentrato sulla base delle tre virtù teologali - fede, speranza e carità - e, come ricorda il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin nella Prefazione non è stato il passaggio di una meteora che si spegne dopo un lungo tragitto ma è «tutt'ora segno ed esempio luminoso di quella continuità di speranze che vengono da lontano e che affondano le radici nel mai dimenticato tesoro di una Chiesa, vicina all'insegnamento dei grandi Padri» (p. 12).
«Aveva fabbricato tutte le finestre, le lanterne, le vetrate, i candelabri e le croci di tutte le chiese». Per questo, scrisse Tiziano Terzani, il missionario fratel Felice Tantardini era «conosciuto da tutti», in Birmania, come «fabbro di Dio». Quanto al nome Felice, egli stesso lo aveva assunto a ideale della sua vita: «Sforzarmi di essere felice, sempre e a ogni costo, intento a far felici anche gli altri». Pronto a spostarsi, a piedi, da una missione all'altra perché tutti lo volevano, in missione è rimasto settant'anni. Le sue memorie autobiografiche lo mostrano instancabile, tenace, fedele nel quotidiano, al servizio di chi aveva bisogno. Un santo, secondo la fama che tuttora lo accompagna e che spinge tanti a implorarne l'intercessione. Sempre armato di un «sorriso sereno», come di chi - disse il confratello padre Clemente Vismara, oggi beato - «è amico di Dio, amico degli uomini e nemico di nessuno».
«Hai fatto un bel discorso, don Bosco, per ricordare il tuo maestro». «No, mio giovane amico: è il mio maestro che ha vissuto una vita talmente bella, da non potersi raccontare altrimenti. Perché i Santi non sono una bella storia: i Santi sono pagine di Bellezza». Rimase attonito a guardarmi e, anche se non aveva capito il gioco di parole, ora sapeva che vita voleva vivere.
Dei Templari s'è scritto e detto molto, e non sempre con la dovuta serietà e prudenza dello storico professionista, che "si muove" solo con quella documentazione di cui abbia potuto verificare la consistenza. In questo libretto tre storici hanno scelto una prospettiva inusuale: invece di indagare sui Poveri Cavalieri Templari (Poveri Compagni d'Arme di Cristo e del Tempio di Salomone, come recita il loro nome completo), si è scelto da un lato la figura di uno dei persecutori dell'Ordine, il papa Clemente V, sia nella sua posizione giuridica e politica, sia a un livello meno "concreto", ovvero sul destino del suo nome (pomeri est omeri, dicevano i Latini), così come sulle profezie correlate proprio all'evento capitale dell'estinzione dell'ordine: il rogo del Gran Maestro Jacques de Molay e del Precettore di Normandia, Geoffrey de Charnay, il 18 marzo 1314 a Parigi. Completa il volumetto l'appendice di un poeta, sul "senso" del cavallo nella storia della cavalleria, in cui i Templari si collocano. Non mancano le sorprese.
Suor Apolline Andriveau, suora dell’ordine delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, fu oggetto di apparizioni di Nostro Signore che le ispirarono la devozione dello Scapolare della Passione e dei Sacri Cuori di Gesù e Maria.
11 febbraio 2013, Benedetto XVI annuncia la sua decisione di dimettersi. Un momento storico per la Chiesa e per il mondo. Ma anche l’occasione per guardare finalmente con occhi nuovi a un Pontefice che i media hanno spesso presentato con vecchi stereotipi. È questa l’operazione compiuta da Mimmo Muolo, nel presentarci uno Joseph Ratzinger diverso da quello percepito. Un Papa del coraggio, a partire proprio dal suo gesto più coraggioso: la rinuncia.
Sette anni, dieci mesi e nove giorni. È la durata del pontificato di Benedetto XVI, che questo libro – pubblicato in prossimità dei 90 anni del Papa emerito, 16 aprile 2017 – esplora nelle sue coordinate fondamentali. Da un lato il confronto con il mondo laico, al quale il Pontefice ha rivolto un pressante appello ad allargare la razionalità e a vivere «come se Dio ci fosse». Dall’altro la questione della fede, posta con forza all’interno della Chiesa come strumento indispensabile per quel confronto e per un nuovo annuncio del Vangelo. Prendendo le mosse dalla sorprendente rinuncia, l’Autore delinea un ritratto originale di Joseph Ratzinger, mostrando la grande distanza tra il «Papa reale» e quello «percepito». Un Papa dalle scelte coraggiose, il cui insegnamento non va dimenticato.
A quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa don Lorenzo Milani, prete degli ultimi e straordinario italiano, tante volte rievocato ma spesso frainteso, non smette di interrogarci. Eraldo Affinati ne ha raccolto la sfida esistenziale, ancora aperta e drammaticamente incompiuta, ripercorrendo le strade della sua avventura breve e fulminante: Firenze, dove nacque da una ricca e colta famiglia con madre di origine ebraica, frequentò il seminario e morì fra le braccia dei suoi scolari; Milano, luogo della formazione e della fallita vocazione pittorica; Montespertoli, sullo sfondo della Gigliola, la prestigiosa villa padronale; Castiglioncello, sede delle mitiche vacanze estive; San Donato di Calenzano, che vide il giovane viceparroco in azione nella prima scuola popolare da lui fondata; Barbiana, "penitenziario ecclesiastico", in uno sperduto borgo dell'Appennino toscano, incredibile teatro della sua rivoluzione. Ma in questo libro, frutto di indagini e perlustrazioni appassionate, tese a legittimare la scrittura che ne consegue, non troveremo soltanto la storia dell'uomo con le testimonianze di chi lo frequentò. Affinati ha cercato l'eredità spirituale di don Lorenzo nelle contrade del pianeta dove alcuni educatori isolati, insieme ai loro alunni, senza sapere chi egli fosse, lo trasfigurano ogni giorno: dai maestri di villaggio, che pongono argini allo sfacelo dell'istruzione africana, ai teppisti berlinesi, frantumi della storia europea.

