
"Se Dossetti avesse continuato a fare politica, la DC si sarebbe spezzata". È l'explicit lapidario che Gianni Baget Bozzo appose nel 1977 a una storia iniziata quattro decenni prima e conclusa da tempo. Quando venivano scritte queste parole, Giuseppe Dossetti era ormai un monaco di sessantaquattro anni votato allo studio e alla preghiera. Ma nell'immediato dopoguerra, da laico, fu il protagonista di una stagione di rinnovamento che coinvolse le forze più vive del cattolicesimo politico italiano e il partito in cui cercarono rappresentanza. Sembrava che di quel tentativo si conoscesse ogni singola mossa, ogni retroscena. Non è così. Lo si scopre nel saggio di Fernando Bruno, che ha il merito di guardare all'intera vicenda da un punto di osservazione finora non abbastanza messo a profitto: la rivista "Cronache Sociali" (1947-51), organo politico quindicinale del gruppo dossettiano, ossia della sinistra democristiana nella sua espressione più alta e sognoficativa. Gli articoli di Dossetti, Lazzati, La Pira, Caffè, le grandi inchieste, l'osservatorio interno e internazionale erano modelli di un giornalismo civile, colto e incalzante, dove veniva allo scoperto l'alternativa alla leadership di De Gasperi. Al tatticismo degasperiano risucchiato nella "manovra governativa" e nel "patteggiamento di gabinetto", e sospinto a destra, Dossetti contrappose un'azione "formativa e suscitatrice, in strati sempre più vasti, di uno slancio collettivo vitale".
L'esperienza umana e spirituale di Benedetto XVI, il primo papa emerito nella storia. J. Ratzinger, enfant prodige della teologia e intellettuale europeo, è stato prefetto della Dottrina della fede ed eletto papa nel 2005: papa del pensiero più che del gesto, papa «teologo» più che «di governo». Figura complessa e insieme di autentica semplicità evangelica, difensore della «fede dei semplici», timido ma all'occorrenza deciso, intende rimuovere la «sporcizia dalla Chiesa», si batte contro la marginalizzazione della religione nel mondo contemporaneo e propone la «differenza cristiana»: Dio è amore. Limiti e scandali interni non intaccato la sua profezia ecclesiale.
Intorno alla metà del Settecento, Israel ben Elieser, ii Baal-schem, fondò in Ucraina occidentale un movimento mistico-popolare che diede vita a comunità nelle quali le antiche norme e consuetudini rinascevano a vita nuova grazie alla consapevolezza che qualsiasi azione, anche la più consueta, se fatta con purezza, contribuisce alla santificazione del mondo. Nelle comunità chassidiche - racconterà lo stesso Buber- "non c'è separazione tra fede e opere, fra morale e politica: un solo regno, un solo spirito, una sola realtà". Di questa tradizione Buber si scopre erede e testimone, chiamato a raccogliere un'eredità spirituale fino allora trasmessa per via orale e a darle forma scritta: la fedeltà di Buber al testo originale si fonda su una forte consonanza spirituale col movimento chassidico, consonanza che gli permette di creare un testo nuovo, di riscrivere radicalmente la narrazione tradita. Forte è perciò l'autorialità di questi testi: "le storie che avevo accolto in me dovevo raccontarle traendole da me, così come il vero pittore accoglie in sé le linee del modello e crea la figura autentica traendola dalla memoria formante"; "quanto più cresceva l'autonomia, tanto più profondamente conoscevo la fedeltà".
Storia di un'idea: appunto della storia di un'idea qui si tratta; non dunque della ricostruzione dei precedenti ideologici di una realizzazione storica. L'idea di Sion, che accompagna con la sua ricchezza spirituale e con il suo pathos affettico tutta la tradizione di Israele, è qui presentata nel suo immutato impulso ideale, nella sua forza ispiratrice, che nessun evento storico, nessuna contingenza politica, è in grado di soffocare, nemmeno con l'illusione di una realizzazione ormai compiuta. Certo, chi conosce l'infaticabile lotta di Buber contro l'idealismo sa che l'"idea" di Sion non può essere intesa nel senso di una concezione astratta, "filosofica", ma come un preciso "evento" per Israele, popolo e individui. Si tratta di un'idea "religiosa", dello "spirito di una fede". La fede, per Buber, è un evento, è incontro; farne la storia significa rileggere e rivivere questo incontro e riproporne il significato di domanda per l'uomo, di elezione a una responsabilità. Il rapporto di Israele con la sua Terra non è fondato su un presunto legame naturale di sangue e di razza. Israele ha certo un rapporto essenziale con la sua Terra, ma si tratta di un rapporto etico: la Terra non è madre, ma sposa. Tra Israele e la sua Terra vi è il legame di un patto tra sposo e sposa, il cui significato è incluso nel più fondamentale patto di Allenza tra Dio e Israele. Nella Terra promessa Israele è chiamato a realizzare Sion: la società giusta con la Terra, giusta con gli uomini e perciò giusta con Dio. Questo è il messaggio che Buber vuole affidare con quest'opera al movimento sionista del suo tempo e, in generale, a Israele Nota introduttiva di Andrea Poma
GLI AUTORI
Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è uno dei padri dell'ebraismo contemporaneo. Molto attivo sulla scena intellettuale tedesca, in seguito alla persecuzione antisemita emigrò in Palestina nel 1938. Da lì continuò ad irradiare il suo intenso magistero spirituale, adoperandosi fra l'altro per l'opera di riconciliazione fra arabi ed ebrei.
Numerosi i suoi scritti, dedicati a temi molteplici, quali il chassidismo e la mistica giudaica, la filosofia dialogica, la Bibbia, di cui, insieme a Franz Rosenzweig, ha curato un'originale traduzione tedesca.
Presso Marietti sono state tradotte le seguenti opere: La fede dei profeti (1985), Sion. Storia di un'idea (1987), La regalità di Dio (1989).
Pubblicato nel 1947 con il titolo ebraico Netivot be-utopia questo libro è un classico delle utopie del Novecento. Attraverso una rilettura dela tradizione socialista, anarchica e marxista, Buber propone una alternativa radicale fra lo stato, accentrato, burocratico, totalitario per vocazione, e la comunità, dialogica, decentrata, in sé già sovversiva. "Fare il possibile e desiderare l'impossibile": si condensa in queste celebri parole di Gustav Landauer il nesso tra messianismo ebraico e anarchia libertaria che Buber riprende per delineare l'utopia del domani, quella nostalgia per ciò che è giusto, da sempre promessa nella Torah. Dinanzi al pericolo di un illimitato potere planetario, una sorta di stato mondiale, viene indicato nel kibbutz, nella comune ebraica, il sentiero impervio di un socialismo anarchico e federalista che esplori e inventi gli infiniti modi in cui comunità autonome e autogestite possano dar luogo a una "comunità di comunità".
Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è uno dei padri dell'ebraismo contemporaneo. Molto attivo sulla scena intellettuale tedesca, in seguito alla persecuzione antisemita emigrò in Palestina nel 1938. Da lì continuò ad irradiare il suo intenso magistero spirituale, adoperandosi fra l'altro per l'opera di riconciliazione fra arabi ed ebrei.
Numerosi i suoi scritti, dedicati a temi molteplici, quali il chassidismo e la mistica giudaica, la filosofia dialogica, la Bibbia, di cui, insieme a Franz Rosenzweig, ha curato un'originale traduzione tedesca.
Presso Marietti sono state tradotte le seguenti opere: La fede dei profeti (1985), Sion. Storia di un'idea (1987), La regalità di Dio (1989).
Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è uno dei padri dell'ebraismo contemporaneo. Molto attivo sulla scena intellettuale tedesca, in seguito alla persecuzione antisemita emigrò in Palestina nel 1938. Da lì continuò ad irradiare il suo intenso magistero spirituale, adoperandosi fra l'altro per l'opera di riconciliazione fra arabi ed ebrei.
Numerosi i suoi scritti, dedicati a temi molteplici, quali il chassidismo e la mistica giudaica, la filosofia dialogica, la Bibbia, di cui, insieme a Franz Rosenzweig, ha curato un'originale traduzione tedesca.
Presso Marietti sono state tradotte le seguenti opere: La fede dei profeti (1985), Sion. Storia di un'idea (1987), La regalità di Dio (1989).
Il libro, pubblicato a Tel Aviv in ebraico neI 1943, riproduce il primo corso di "filosofia della società" tenuto da Martin Buber nel 1938 presso l'Università ebraica di Gerusalemme. Buber vi espose, attraverso il serrato confronto con le idee sull'uomo affermate nel passato da alcuni filosofi, la sua antropologia filosofica: l'uomo è un ente che può costruite la propria identità solo attraverso il contatto con ciò che ha la forma di un "tu", ovvero di un altro o diverso non trasformabile in cosa od oggetto, in ciò che è utilizzato o dominato; in ogni incontro con il "tu" si profila il "Tu" eterno. Il libro costituisce sia una sintetica rassegna delle varie posizioni filosofiche sull'uomo, sia un'introduzione alla filosofia buberiana.
Il dialogo non è semplicemente una forma di comunicazione; è una messa in gioco dell’umanità della donna e dell’uomo, dentro quella presenza che è l’umano, nel mondo e di fronte al divino.
Martin Buber conduce il lettore dentro una riflessione modernissima sull’arte della parola che attraversa le distanze tra l’io e il tu, alla ricerca di quella tensione unica (ma non univoca), unitaria (ma che salvaguarda la dualità), che appartiene a ciascuno di noi.
E che svela noi a noi stessi, proprio mentre incontriamo l’altro.
L'autore
Martin Buber (1878-1965) è stato un filosofo e teologo ebreo nato a Vienna ed emigrato a Gerusalemme nel 1938. Ha insegnato filosofia della religione ebraica all’Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno e antropologia e sociologia all’Università Ebraica di Gerusalemme. Presso le Edizioni San Paolo: Due tipi di fede. Fede ebraica e fede cristiana (19992)
e Il principio dialogico e altri saggi (a cura di Andrea Poma, 2011).
Martin Buber (1878-1965) fu uno dei maestri della svolta dialogica del pensiero filosofico del Novecento. Nell'assegnare il primato alla "relazione" rispetto al "soggetto" della tradizione e della modernità occidentali, egli interpreta la crisi dell'Occidente prospettandone la rigenerazione grazie al pensiero "dialogico". Il volume, oltre a ricostruire nell'introduzione il percorso speculativo di Buber, ne documenta le tappe attraverso passi antologici tratti dalle sue opere più significative (dai Discorsi sull'Ebraismo a Il problema dell'uomo, da L'Io e il Tu a Sentieri in utopia ai Discorsi sull'educazione). Il lettore vi troverà spunti di riflessione particolarmente attuali per fronteggiare le sfide del mondo contemporaneo, che sempre più spesso invoca il dialogo fra gli uomini come condizione della sua stessa sopravvivenza.

