
Mary cura gli ammalati con le erbe del bosco. È questo il suo unico potere, e frate Matthew lo sa. Ecco perché tenta invano di salvarla durante il processo per stregoneria, anche se questo significa rischiare una dolorosa punizione, l'esilio. Costretto ad abbandonare il suo quieto monastero inglese, il frate intraprende un viaggio pericoloso attraverso la Francia, diretto al luogo dove dovrà scontare la pena. Ma presto scopre che il destino ha in serbo per lui qualcosa di diverso, ed è proprio lo spirito di Mary a indicargli la strada verso Felik, un villaggio sperduto fra le Alpi. Qui un atroce castigo divino sta per abbattersi sugli abitanti, che sembrano aver inaridito il proprio cuore. E un giorno, inaspettatamente, su Felik inizia a cadere una fitta neve tinta di rosso. Un grande affresco medievale che intreccia amore, avventura e mistero.
In questo romanzo Niccolò Ammaniti va al cuore della sua narrativa, con una storia tesa e dal ritmo serrato, un congegno a orologeria che si carica fino a una conclusione sorprendente: e mette in scena la paura stessa. Michele Amitrano, nove anni, si trova di colpo a fare i conti con un segreto cosi grande e terribile da non poterlo nemmeno raccontare. E per affrontarlo dovrà trovare la forza proprio nelle sue fantasie di bambino, mentre il lettore assiste a una doppia storia: quella vista con gli occhi di Michele e quella, tragica, che coinvolge i grandi di Acqua Traverse, misera frazione dispersa tra i campi di grano. Il risultato è un racconto potente e di assoluta felicità narrativa, dove si respirano atmosfere che vanno da Clive Barker alle Avventure di Tom Sawyer, alle Fiabe italiane di Calvino. La storia è ambientata nell'estate torrida del 1978 nella campagna di un Sud dell'Italia non identificato, ma evocato con rara forza descrittiva. In questo paesaggio dominato dal contrasto tra la luce abbagliante del sole e il buio della notte, Ammaniti alterna, a colpi di scena sapienti, la commedia, il mondo dei rapporti infantili, la lingua e la buffa saggezza dei bambini, la loro tenacia, la forza dell'amicizia e il dramma del tradimento.
La caccia che viene narrata da Rigoni Stern in questi quattordici racconti non è un hobby o uno sport, è una passione. È una lotta contro se stessi, contro la fame, la stanchezza, il sonno, il freddo, sapendo che bisogna essere giusti al momento giusto, perché alla base c'è un rapporto non tanto con l'animale, quanto con il selvatico, la preda. Eppure queste storie, attraverso un linguaggio lirico e allo stesso tempo semplice, non ci parlano solo di uomini in attesa e animali braccati, ma anche di silenzi più importanti delle parole, di verità che scottano come il fuoco, di valori incontestabili e solenni. Sono storie a volte commoventi a volte un po' barbare, ma la violenza non è mai gratuita, è inesorabilmente regolata dai meccanismi della natura. Perché il male, sembra ricordarci Rigoni Stern, è solo dell'uomo, quando dimentica o disprezza o distrugge gli equilibri della montagna e del bosco.
Il 17 marzo 2011 sono stati celebrati i 150 anni della nascita dello stato italiano, ma è sufficiente questo per ricordare gli splendori della storia italica? Sicuramente questa è una bella occasione per celebrare, conoscere e rinnovare gli onori, la cultura, il coraggio, la fede, l’umanità, la bellezza, l’ardore e le tante virtù del popolo italiano che, ben prima della formazione dello Stato, hanno scritto una storia gloriosa della nostra amata Italia. Grandi benefici ha portato l’Unità d’Italia, ma la nostra identità non può limitarsi a riconoscere le ragioni dello stato unitario, è il cuore che ci dice che il sentimento di Patria è qualcosa di più profondo e che è strettamente legato alla testimonianza e alle virtù peculiari che nella storia hanno alimentato la nascita e la morte di tanti eroi e santi. Il primo tra gli autori che hanno colpito la nostra immaginazione e che fornì un contributo decisivo al Risorgimento e alla formazione degli italiani è stato sicuramente Silvio Pellico. Si tratta di un personaggio che una certa pubblicistica ha cercato di nascondere, ma che al suo tempo era ai primi posti per qualità letteraria, patriottismo, virtù morali, passione. Ecco che si fa quindi necessaria la ripubblicazione, a distanza di molti anni, del breve libro morale Dei doveri degli uomini, scritto da un testimone vero, che cercò in ogni modo di conciliare il desiderio d’unità con l’identità cattolica degli italiani.
Silvio Pellico nacque a Saluzzo il 25 giugno 1789. Dopo aver studiato a Pinerolo e a Torino, andò a Lione per fare pratica nel settore commerciale; rientrato in Italia nel 1809, si stabilì a Milano. Qui conobbe il Monti ed il Foscolo e qui cominciò a scrivere opere teatrali e divenne direttore del “Conciliatore”. Nel 1820 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu commutata in quindici anni di carcere da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore si ritirò completamente dalla vita politica. Nella sua opera memorialistica più famosa, Le mie prigioni, del 1832, si narrano l'arresto, la vita nel carcere e la liberazione dello stesso Pellico, che volle però porre l'accento sul percorso spirituale legato alla vicenda, i cui effetti furono la riscoperta della fede e una rassegnata indulgenza verso l’esistenza e verso gli esseri umani. Morì a Torino il 31 gennaio 1854.
L'autore si sentiva vicino a Dante, come francescano e per antica consuetudine personale: circolava infatti la voce che sapesse tutta la Divina Commedia a memoria. «Mai si era trattato per lui di un vezzo intellettuale o di una superficiale ricreazione: padre Allegra sentiva Dante calzante a proposito delle domande che la sua vita poneva, ancora di più in Cina, dove era a diffondere la Parola di Dio, in una parola umana che non l'aveva conosciuta, ma che pure aveva altissima dignità» (dall'Introduzione).
Padre Allegra sente Dante rispondente alle domande del proprio cuore e adatto al bisogno spirituale dei popoli che incontra, da missionario. E trova in Dante il tema centrale del mistero della conversione dei pagani. La Roma antica come la Cina: i due grandi imperi che nella storia non erano mai entrati in contatto diventano nei due Diari danteschi, scritti da p. Allegra nel 1965 e nel 1967, l'uno lo specchio dell'altro.
Il volume raccoglie una riflessione quotidiana, per lo più di ordine spirituale, partendo da versi della Divina Commedia.
Sommario
Prefazione. Introduzione. Cronologia essenziale della vita di padre Gabriele M. Allegra. Nota ai testi. Bibliografia e sigle utilizzate. I. IL VII CENTENARIO DELLA NASCITA DI DANTE, 1965. II. SCINTILLE DANTESCHE, 1967. Appendice. Gabriele M. Allegra: Universalità e attualità del messaggio di Dante. Indice delle citazioni. Indice dei nomi.
Note sull'autore
GABRIELE MARIA ALLEGRA (San Giovanni la Punta [CT] 1907 - Coloane [Macau] 1976), al secolo Giovanni, nel 1923 entra nel convento dei frati minori francescani a San Vito di Bronte (CT). Nel 1931 giunge come missionario in Cina per dirigere il seminario minore di Heng Yang. Nel 1945 inaugura a Hong Kong l'Istituto biblico, di cui sarà prefetto e vice-prefetto. Apre l'Istituto sociologico a Singapore, che dirige dal 1961 al 1963, anno in cui fonda la Società dei buoni scrittori. Tra le sue opere ricordiamo la traduzione della Bibbia (1968) e il Dizionario biblico (1975), entrambe in cinese, oltre a due trattati di dottrina sociale (De doctrina sociali christiana e Tractatus de Ecclesia et de Statu). Dopo l'avvio della sua causa di beatificazione, nel 2002 Giovanni Paolo II decreta il suo primo miracolo.
Anno Mille. Un monaco deforme fa parlare di sé come della "perla di Reichenau". Incontrarlo cambia per sempre la vita di chi lo avvicina. Quell'uomo oltraggiato nel corpo fa scoprire le ferite nascoste della propria anima e, insieme, fa sentire che la vita può ricominciare. A dispetto delle apparenze, egli non ha paura di desiderare la felicità, dimostrando che a nessuno, in nessun momento, può essere impedito di alzare gli occhi verso il cielo".
Quando a vent'anni sentii don Giussani raccontare la vita di questo santo, mi invase una certezza che non mi ha più abbandonato: il cristianesimo è questo avvenimento che prende un uomo deforme e ne fa un uomo così, curioso di tutto, assetato di bellezza, intenso nell'affezione. Mentre la voce di don Giussani ripercorreva la vita di Ermanno, sentivo che finalmente avevo incontrato ciò che il cuore aveva sempre atteso: la possibilità di un'esistenza lieta, in cui niente sarebbe più stato contro di me, neanche me stessa, i miei limiti fisici e morali.
Anche Laura Vallieri ha avuto la vita investita da questa commozione e la restituisce in questo romanzo di cui è protagonista il grande monaco di Reichenau, la cui statura umana si riflette nei personaggi che gli gravitano intorno.
Mariella Carlotti
Laura Vallieri è nata a Milano. Insegna Lettere nelle scuole secondarie di primo grado. Il cielo è vicino è il suo romanzo d'esordio.
"Il commissario Montalbano si tiene costantemente d'occhio. È frastornato dai trasognamenti. Qualcuno gioca ingegnosamente con lui. Misura i passi del commissario. Li indirizza. Li spinge là dove è inutile che vadano: lungo piste che, se sono giuste, si rendono irriconoscibili, si cancellano, o si labirintizzano. Montalbano ha una sua cultura cinematografica. E gli viene in mente il vecchio film 'La signora di Shanghai' di Orson Welles: il torbido noir, con tutti i suoi scombussolamenti, e tutti i suoi illusionismi barocchi. Montalbano entra nel film. E vede se stesso disorientato, dentro la scena finale, nella sala degli specchi di un padiglione del Luna Park. Il prodigio degli specchi altera lo spazio visibile. Si spara. Ma non si capisce se i bersagli sono reali o esito di un gioco di specchi. Un villino, un giro di macchine, una storia d'amore un po' scespiriana, due esplosioni apparentemente insensate, un proiettile senza tracciabile direzione, una coppia di cadaveri, bruciato uno, bestialmente violentato l'altro, entrano nella trama del romanzo. La narrazione si concede focali corte, inquadrature insolite, avanzamenti lentissimi alternati a piani-sequenza vertiginosi. Scorre come un film. Turba e sconvolge, ma non si nega qualche respiro ludico, utile anch'esso alla soluzione del giallo. Persino Catarella ha il suo momento di gloria, alla fine." Salvatore Silvano Nigro
Nel 1567 l’Abbazia Lateranense delle isole Tremiti subì un furioso attacco da un’imponente flotta del Sultano Selim Secondo. Uno dei badiali ricorda la sua vocazione, il suo arrivo nella comunità, l’impegno sacerdotale e la strenua difesa contro i turchi per salvare un faro della presenza cristiana nel mare Adriatico. La luce sul mare è la gloriosa abbazia nel suo ruolo di evangelizzatrice nei secoli. Il mare, ponte fra le terre, è l’altro protagonista di questa vibrante narrazione, paesaggio naturale e metafora dello spirito contemplativo.
“In mezzo al mare, il silenzio può anche essere un impercettibile sciacquio, un’onda ovattata o tremenda, una delicata carezza sugli scogli, o un fragore come di tuono lontano. È il passaggio di un gabbiano stridulo. In mezzo al mare il silenzio è solo apparente immaginazione. Il silenzio del mare è un compagno vociferante della solitudine. In quella prima notte a Sant’Agata il silenzio era la perfetta assenza delle cose, l’assenza del vento, di un uccello, di un fruscio casuale, di un latrato. Appoggiavo la testa al cuscino e ascoltavo il battito del cuore nelle tempie e un debole ronzio nelle orecchie. Ma appena mi alzavo, e quella notte fu insonne, tutto taceva. Il mio cuore sembrava scomparso, inghiottito nella quiete più assoluta”.
L'Autore
Angelo Maurizio Mapelli è docente in un liceo di Bergamo. Ha al suo attivo conferenze, collaborazioni con giornali e riviste anche a tiratura nazionale ed esperienze di conduzione televisiva e radiofonica. Per anni, alle Isole Tremiti, ha collaborato con un’importante società di viaggi e vacanze in qualità di responsabile delle escursioni. Dall’assidua frequentazione di quei luoghi nasce questo appassionato romanzo, omaggio a una terra amatissima. Mapelli ha recentemente pubblicato Diomede di Argo, Sestante Editore, 2006, Il viaggio dei Magi, Il Cerchio, Rimini, 2007. Ha curato due antologie di giovani autori: Banchi di fantasia, Sestante, 2008 e Giovani in cammino, Mariano Spina Editore, 2011 (a cura di A. M. Mapelli/O. Talarico). Ha nel cassetto molte pagine che attendono la luce.
Il più importante romanzo di Papini, scritto nel 1912, prima della conversione al cristianesimo. Si tratta di un romanzo autobiografico, riguardante soprattutto i successivi entusiasmi e delusioni che il giovane intellettuale fiorentino provava per le mode filosofiche del suo tempo. L'edizione presente aggiunge al testo originale alcune pagine inedite, scritte da Papini in quegli stessi anni e sui medesimi argomenti. Una ricca documentazione filologica e una introduzione critica dell'italianista della Sorbona, François Livi, arricchiscono l'edizione.
Vanja è bellissima. Alta come una modella, lo sguardo di ghiaccio e i lunghi capelli completamente bianchi... il suo fascino enigmatico spicca nella sala semivuota dove è in corso una conferenza sulla leggendaria isola di Atlantide. Ovvio che la noti uno scrittore di romanzi gialli, tanto sembra fuori posto in quel luogo. Come è insolito il mestiere che si è scelta in Italia: la dama di compagnia. E le sorprese sono appena cominciate: poche ore dopo l'incontro alla conferenza, muore in circostanze sospette l'anziana signora che Vanja assisteva, una donna che è stata un tempo una famosa veggente, e che porta con sé il segreto delle sue visioni. Tra cui forse proprio la chiave che apre la porta dell'isola perduta. Affascinato dalla giovane slava, il protagonista inizia una personale indagine. Ma presto viene travolto da un turbine di indizi e prove che assumono una luce ancor più sinistra in presenza di nuovi omicidi. Una trama in cui nulla sembra avere senso, e in cui compaiono via via fatti e personaggi sempre più strani. Nulla, se non appunto le tracce appena visibili di quella antica terra, Atlantide, e del mistero della sua scomparsa. Perché è da quella remota tragedia che tutto ha avuto origine. Lo crede disperatamente Vanja, custode di un segreto inconfessabile che si è portata dentro dalla nascita. E comincerà a crederlo anche il protagonista, sempre più sconcertato da quello che va scoprendo: Atlantide è davvero esistita, le sue rovine attendono qualcuno che le riporti alla luce con il loro segreto.
Sotto i cieli azzurri di Bahia, tra le pianure bruciate dal sole e dai pesticidi chimici lungo il fiume Sào Francisco e nei grattacieli delle potenti multinazionali di un Brasile inedito, si sta giocando una partita che può segnare il futuro dell'umanità. La lotta per il potere di una delle più ricche e spregiudicate famiglie brasiliane, i Johannsen, si intreccia con gli interessi di uno dei più temibili uomini d'affari dei nostri giorni, il Drago. Un uomo dal passato misterioso che ha costruito il suo impero economico sulla più grande ricchezza del pianeta: l'acqua. E che per tutta la vita è stato tormentato dal sogno proibito di possedere non solo la fonte, il luogo fisico da cui sgorga, ma possedere lei. Tutto rimane nascosto dietro a un velo finché un giovane scienziato di talento, Matheus Braga, e una caparbia attivista di nome Sarah Clarice si trovano di fronte a una serie di fotografie sconvolgenti di corpi che l'acqua ha deformato e reso irriconoscibili. Da quel momento restano intrappolati in un'indagine che li catapulterà nel cuore nero della politica di un paese in vertiginosa ascesa.

