
Amedeo Consonni, tappezziere in pensione, vive in una casa di ringhiera, arredata, grazie alla sua arte, come prezioso boudoir. Si dedica, nel tempo libero, ad un ascetico collezionismo: archiviare notizie su delitti feroci e violenti, provenienti da qualsiasi fonte. E quando dalle cronache rimbomba dappertutto il caso dello strano omicidio "della Sfinge", è immediato per lui occuparsene. Un egittologo dilettante è stato ucciso, il cadavere mutilato ridotto a mimare una statua egizia. Nel frattempo davanti alla sua finestra sul cortile, trascorre la giornata degli altri inquilini. Ci sono Erika e Antonio, nel monolocale vicino. C'è il vecchio De Angelis, che bada solo alla sua Opel. La professoressa Mattioli, cinquantenne affettuosa, attraente anche per l'alone di mistero che la circonda. Si arrabatta la famiglia dei bambini Gianmarco e Margherita: il padre è alcolizzato e la madre cerca di difendere eroicamente il decoro. Su questo mondo, misero ed egoista ma, a guardarlo senza rancore, commovente nelle sue inutili passioni, improvvisamente cala un'atmosfera delittuosa. Negli appartamenti di ringhiera scompare un uomo e appare un cadavere di donna. E questo muove tutto un vento di equivoci e di sospetti che sconvolge gli inquilini. E mentre i delitti del cortile marciano caoticamente verso una loro beffarda rivelazione, confuso, frastornato e travolto dagli eventi, Amedeo, senza volerlo, guida l'indagine alla verità.
Un italiano non più giovanissimo ha esplorato per anni la Spagna mosso dall'ossessione e dalla fede: la fede che il senso iberico della festa, della morte, della comunità gli trasmetteranno, per vie che non conosce, il segreto profondo del suo essere. Non conosce le vie, ma sa che passeranno per "i tori" - questo è il modo in cui in spagnolo si chiama la corrida. Nel suo viaggio lo scortano Hemingway, Garcia Lorca e Bataille, ma anche Platone e i miti greci, e lo bracca il nostro disprezzo verso quelle forme antiche di liturgia, di arte, di allevamento, in cui rispetto materiale e identificazione spirituale si fondono in modi sconosciuti alla nostra sensibilità. In un bar di Cadice, l'italiano si imbatte in Rafael Lazaga Julia, un suo coetaneo ex torero che accetta di iniziarlo, di insegnargli alcune figure del toreo e chissà, di prepararlo un giorno ad affrontare se non un torello - cosa già impensabile per un dilettante - una pur temibile vacca selvaggia. Rafael lo ospita nella propria famiglia, una famiglia pervasa di mistero: una famiglia eterna con al centro l'ineffabile Mariana, sorella cieca e veggente di Rafael, e il suo bambino, Paco. Attraverso questi incontri l'italiano potrà approfondire la conoscenza di un rito che è un'isola di verità e riflessione nel mare accanito e conforme della modernità, potrà penetrare il senso che dà il confronto pieno con la morte, arriverà ad avvertire il segreto equilibrio fra tragedia e commedia, fra fato ed arbitrio.
"Saigon e così sia", dal titolo di un famoso articolo di Oriana Fallaci pubblicato da "L'Europeo" nel maggio 1975, raccoglie per la prima volta in volume i reportage dal Vietnam del Nord e dalla Cambogia (1969-1970), alcune celebri interviste ai protagonisti di quel conflitto e lo straordinario resoconto della caduta di Saigon. Come scrive Ferruccio de Bortoli nella Prefazione, "è l'ideale continuazione di "Niente e così sia", un diario preciso, un racconto fedele. Che comincia con una delusione, cocente. Con la sensazione, dolorosa (quando Oriana sbarca ad Hanoi), che quel Paese avvolto in 'un silenzio disumano' fosse molto diverso dall'immagine eroica e antimperialista che ne aveva gran parte dell'Occidente, e che aveva sedotto anche lei". Quest'opera molto attesa, alla cui preparazione la Fallaci aveva messo mano più volte, ancora nei mesi precedenti la sua scomparsa, completa l'eccezionale testimonianza della guerra nel Sud-Est asiatico. È il governo comunista di Ho Chi Minh a invitare Oriana, nel 1969, dopo i reportage dal Vietnam del Sud pubblicati da "L'Europeo" e tradotti nel mondo intero. La Fallaci incontra il generale Giap, parla con le giovani donne impegnate nella difesa antiaerea, intervista due prigionieri americani. Così come nel Sud aveva condannato la politica estera della Casa Bianca, qui sarà la prima a esprimere posizioni critiche su un regime immobile, cupo, "chiuso a chiave in muraglia ideologica".
È il 1981, Ciccio lavora a Foggia in un negozio di dischi e vuole fare il deejey. Tonio è un genio dell'elettronica, intrappolato nell'officina del padre. Giovanni, bello come Alain Delon, è l'ala destra dell'Aquilana calcio, la grande promessa del calcio italiano. Teresa, la sua fidanzata, ha deciso, partirà, finirà gli studi e diventerà un medico. E poi Lorenzo, il prete che ama Jimi Hendrix, e irrompe in paese all'alba su una vecchia citroen. Tre ragazzi, una ragazza e un prete. Un luogo inghiottito nella valle, dove tutto sembra immobile e i segreti germogliano sotto i sassi. Un giorno Ciccio ha un'idea: fare una radio, dare una scossa a quella vita fatta di niente. In un paese dove il mondo arriva in ritardo, la musica si lancerà nell'etere per scorticare il silenzio. E la voce di Lupo Solitario, il mitico dj, si materializzerà in una notte di tregenda.
Estate 1975. Nello scenario di una Puglia misteriosa, tra la campagna e il mare, quattro ragazzi vivono un'esperienza che segnerà per sempre le loro esistenze. Matteo Leoni, un tredicenne timido e riservato con la passione per la scrittura e la cugina Valentina, sua coetanea bella e intelligente, gli altri amici. L'estate scivola tra escursioni avventurose, corse in bicicletta, presenze inquietanti, bagni notturni, rocambolesche vicende familiari, amori sotterranei, risse e scoperte stupefacenti. Sullo sfondo la traccia misteriosa della foresta, compatta e scura, disegnata a rilievo sulla campagna. Come un cane nero, che corre. Poi arriva settembre, e segnerà la linea di confine, imprevedibile, che dividerà le loro vite.
Fu una vita senza regole, quella di Chet Baker: il genio bellissimo e maledetto del jazz, l'uomo capace tanto di distruggere il proprio corpo con la schiavitù dall'eroina, quanto di far salire fino al cielo le note della sua tromba. E fu una vita tragica quella di Chet, conclusa il 13 maggio del 1988 con un volo da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam. Quasi vent'anni dopo, una mattina del 2006, il protagonista di questo romanzo riceve una telefonata che riapre il mistero su uno dei miti più controversi del Novecento: Chet non è morto, ma vive, come un eremita, nel cuore del Salento. E qualcuno giura di aver sentito la sua tromba suonare ancora. Sulle note di My Funny Valentine comincia un viaggio che spinge il protagonista a cercare di scoprire se quell'uomo è davvero Chet. Ad affiancarlo in questa ricerca, le donne che in gioventù conobbero il lato più imprevedibile e ribelle di quel "James Dean del jazz" e che oggi vegliano sul suo segreto. E sarà proprio grazie a Nathalie, americana trapiantata a Parigi, che potrà svelarsi il mistero di un artista straordinario che rappresentò il dolore di un'epoca e che negli ultimi anni della sua vita "ufficiale" si avvicinò agli insegnamenti di un mistico e filosofo armeno, Georges Ivanovic Gurdjieff, che sconvolse la vita di tutti coloro che lo conobbero. L'incontro con Gurdjeff segnò per il musicista e l'uomo Chet Baker l'inizio di un percorso di "resurrezione" dagli esiti sconcertanti e radicali.
Sebastiano Schiappacasse, giornalista sportivo di un grande quotidiano milanese, vive i propri cinquant'anni tra affetti inconsistenti e "marchette", come vengono chiamate in gergo le collaborazioni con altri giornali. Una grigia domenica di gennaio, allo stadio per la solita partita di campionato, gli squilla il cellulare: è una convocazione del vicedirettore. Sebastiano deve partire per il Western Australia, subito. Laggiù, in una cittadina sconosciuta, è ricomparso Michele Monari: sì, proprio lui, la star della televisione, l'autore di un famoso bestseller, l'uomo scomparso da dieci anni senza lasciare traccia... Ma soprattutto il migliore amico di Sebastiano, con cui ha diviso la giovinezza. Sebastiano non vuole partire: non solo perché il vicedirettore gli chiede di costruire uno scoop sulla vita dell'amico che ora giace in un letto d'ospedale all'altro capo del mondo, ma soprattutto perché intuisce che l'incontro con Michele rischierebbe di compromettere un equilibrio raggiunto con estrema fatica. Ancora non sa che in Australia un incontro felice e un mistero inatteso lo costringeranno a rimettersi in gioco, trascinandolo in un'avventura che richiede coraggio, la forza di guardare indietro e ripercorrere la propria vita come alla moviola, di fare i conti con il passato per affrontare il futuro. Non sa, Sebastiano, che l'amico di una vita sarà in grado di stupirlo ancora una volta, insegnandogli che l'amicizia e l'amore sono nascosti proprio dove non li si aspetta.
"Da qualche parte ho letto che la muta è la fase più delicata della vita di un insetto, il momento in cui è maggiormente esposto ai predatori e alle cadute". Bianca guarda accadere le cose, le osserva nei dettagli, come un'entomologa ragazzina. Solo che il mondo è troppo grande, mobile e complicato, scappa continuamente da tutte le parti. Soprattutto la sua famiglia. Un padre sempre circondato da donne-mantidi. Una madre operosa con gli occhi di Jane Birkin, posati ormai solo sui figli. Un fratello adolescente che la sua forza se l'è tatuata come monito sul braccio. Ma lo sguardo di Bianca è implacabile, perché la felicità della sua famiglia è solo una superficie luccicante. Per questo la rabbia che le si è infilata dentro, quella specie di scheggia tra le pieghe più morbide, Bianca vorrebbe spingerla su, arrotolarla sulla lingua e sprigionarla come un veleno. Se "crescere è abbandonare" - così dice sua madre -, allora forse occorre imparare a fidarsi di nuovo, con quel misto di adrenalina e timore che si prova quando ci si tuffa da uno strapiombo.
Gigi e Filippo. Due veri amici. Ciò che li unisce è ciò che non hanno: donne, avventure, occasioni. Ma in due, si sa, i pesi si sopportano meglio. Ed è per questo che uscire il sabato sera, passando il tempo a guardare il divertimento e le donne degli altri, non è poi così doloroso. Anzi, per Gigi e Filippo "odiare il sabato" è una forma di resistenza. Poi un giorno Gigi conosce una ragazza. Se ne innamora. Lei ricambia. Diventano una coppia. Il tacito patto tra i due amici salta e la bilancia della fortuna pende all'improvviso verso Gigi. Filippo resta a guardare, ma "odiare il sabato" da solo è impossibile. Così si ritrova a sperare nel fallimento sentimentale dell'amico. Finché un giorno Gigi lo chiama. Ma per comunicargli che si sposa. Per Filippo è il baratro. Allora parte, se ne va lontano, e finalmente qualcosa succede: conosce Marlén, una ballerina straniera e bellissima, e la convince a tornare in Italia con lui. Sembrerebbe l'inizio di una nuova vita, eppure il destino ha in serbo un'altra prova. La più terribile, la più dura. Filippo continua a chiedersi perché, e fino all'ultima verità. Una verità che trasforma vittime in carnefici. Una verità dove i buoni non vincono mai.
L'antefatto di questa storia l'hanno scritto e raccontato in tanti - un meteorite si schianta sulla Terra, il genere umano si estingue - ma in pochi hanno descritto ciò che avviene dopo. Il dopo, secondo Paolo Villaggio, assomiglia molto a un tribunale. Ci sono i giudici - Dio, Gesù, Buddha, Maometto, le divinità indiane e diversi intrusi -, c'è un segretario - la Colomba - e ci sono i "chiamati in giudizio" - l'umanità intera. All'inizio, certo, c'è confusione, parecchia confusione. Ogni divinità vuole prevalere, avere la prima - o l'ultima - parola, stabilire la supremazia in base alla conta dei fedeli. Ben presto, però, il Giudizio comincia, non c'è tempo da perdere. In rigoroso ordine alfabetico, uomini e donne vengono invitati a esporre la bontà o meno del loro operato terreno. Come un cronista appassionato e curioso, Paolo Villaggio assiste alla "chiamata" e alle "testimonianze", concentrandosi sui personaggi più noti della Storia. Da Maria Antonietta a Hitler, da Leonardo da Vinci a Cristoforo Colombo, da papa Wojtyla a Zinédine Zidane. Paolo Villaggio compone alla sua maniera un rocambolesco ritratto di famiglia dell'Umanità. E sullo sfondo, tra i Grandi, un piccolo ragioniere spintona per farsi largo, perché anche lui ha qualcosa da dire.
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di "scintille d'anime" prodotte dalla loro frantumazione. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d'Europa e la Guerra d'indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Un'indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi. Una storia sospesa tra biografia e reportage.

