Nella vita quotidiana, siamo costantemente alla ricerca di un senso, che sembra oggi più importante della stessa felicità. Questa ricerca, però, può diventare pericolosa, portando alla creazione di idoli. Secondo Chabot, il significato si costruisce continuamente attraverso ciò che sentiamo, comprendiamo e desideriamo, ed è simile all'amore. Tuttavia, l'onnipresenza del digitale ha alterato il nostro rapporto con il senso, causando fenomeni come burn-out, eco-ansia e rivalità con l'intelligenza artificiale. I cambiamenti tecnologici ci lasciano smarriti e senza orizzonti. L'autore propone una filosofia concreta per rispondere a come possiamo coltivare questa ricerca di senso in un mondo in rapido cambiamento, orientandola verso l'essenziale come terapia della civiltà.
Verso il monopolio del sapere. I prossimi capitoli della scienza saranno scritti a porte chiuse? Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica, motore del progresso tecnologico, ha vissuto cambiamenti straordinari. Uno, tanto fondamentale quanto spesso trascurato o sottovalutato, riguarda gli attori coinvolti. Se in passato protagoniste erano le istituzioni pubbliche con la loro ricerca volta al bene comune, oggi sono comparse le Big Tech, che grazie a profitti ingenti investono in modo aggressivo nella ricerca, con obiettivi ambiziosi: computer quantistico, interfacce cervello-macchina, esplorazione spaziale, salute e, ovviamente, intelligenza artificiale. Se si considera, inoltre, il contributo della ricerca militare, segreta per definizione, emergono due volti assai diversi della scienza contemporanea: da un lato quella pubblica, aperta e trasparente; dall'altro, quella privata, riservata, inaccessibile. Possiamo ancora fidarci della scienza?
Nicola Labanca ripercorre le vicende politiche e militari che portarono gli italiani a stabilirsi in Eritrea, in Somalia, in Libia e poi in Etiopia. Ma l'espansione coloniale non fu, anche nel caso italiano, solo politica e guerra. Il volume smonta quindi i messaggi della propaganda colonialista che affascinarono generazioni di italiani al suono di "Tripoli bel suol d'amore" e mostra i pochi reali vantaggi economici che l'Italia trasse dai suoi domini africani. Inoltre descrive la società coloniale d'oltremare, i suoi tratti razzisti, la sua composizione sociale e demografica, le sue istituzioni.
«Al dibattito odierno a noi sembra mancare il filo, la trama, il contesto che legano il passato all'avvenire. Soprattutto quando si riforma, bisogna trasmettere lo spirito della Costituzione». Dopo un lungo silenzio, le riforme costituzionali sono tornate sulla scena della politica. Accade perché è un dibattito ineludibile, cominciato subito dopo la Costituente. Questa volta, però, il contesto è inedito, sia sul piano interno che internazionale. Data la delicatezza del momento, gli autori si collocano volutamente al di fuori dallo scontro ideologico e cercano di fornire le basi fondamentali a una discussione che deve essere ben posta: attenta ai bisogni di riforma che emergono dai mutamenti in atto, ma senza mai trascurare la perdurante vitalità della nostra Carta e la sua ispirazione originaria.
La nostra specie è solo l'ultimo ramoscello di un albero intricato di forme che si sono succedute e hanno convissuto negli ultimi sei milioni di anni. Ma quaranta millenni fa sulla Terra ancora coabitavano almeno cinque specie umane differenti, e con almeno due di queste Homo sapiens ha interagito e si è ibridato. Ma perché tutte queste specie umane in circolazione? Ciascuna era la discendente di una delle tante migrazioni di forme del genere Homo fuori dall'Africa. E va ricordato che tra 900 e 800.000 anni fa abbiamo rischiato anche di estinguerci quando un drammatico cambiamento climatico ridusse le popolazioni umane di più del 98%. Perché siamo rimasti, allora, l'unica specie umana sul pianeta? Due tra i migliori scrittori di scienza italiani, un evoluzionista e un medico, fanno il punto sulle scoperte che negli ultimi anni hanno profondamente cambiato quello che pensavamo di conoscere su di noi e raccontano la storia accidentata e imprevedibile di una specie cosciente e invadente che, forse per prima, si è interrogata sul senso del mondo. Capire l'unicità di Homo (non la sua superiorità) ci aiuta a leggere meglio anche le tendenze evolutive in atto, le sfide della salute e dell'ambiente, gli scenari futuri.
Un approccio sperimentale
Molti credono che i diritti siano assodati, ma si sbagliano. La secolare lotta per la libertà non è finita anzi, si trova di fronte a inaspettate sfide. Strumenti come l'intelligenza artificiale e i big data possono essere usati per la sorveglianza, la manipolazione e la censura. In molti paesi autoritari, i governi utilizzano le tecnologie per colpire e silenziare i dissidenti. Nelle democrazie, invece, esiste il pericolo che agenzie governative e compagnie digitali creino insieme un "grande fratello" senza che i cittadini se ne accorgano. Un grande problema del nostro tempo è che è estremamente difficile garantire, contemporaneamente, la libertà dei cittadini, un potere statale solido e una crescita imponente delle aziende digitali. Questo è quello che viene definito il "trilemma della libertà digitale". Trovare un equilibrio tra le necessità e gli obiettivi dei tre protagonisti è una delle maggiori sfide che le nostre società devono affrontare. Promuovere la libertà dei cittadini e, al contempo, garantire uno Stato capace di proteggere pienamente i loro diritti consentirebbe di sfruttare al massimo il potenziale delle tecnologie per il benessere collettivo. Tuttavia, ciò richiederebbe di imporre regole più stringenti alle compagnie digitali, limitando il superpotere che attualmente detengono. Ma è percorribile dal punto di vista geopolitico? E, soprattutto, saremo in grado di superare l'illusione, che domina lo spirito del nostro tempo, secondo cui l'innovazione tecnica è onnipotente e può risolvere qualsiasi problema?
Le città sono diventate inaccessibili per la famiglia media italiana. Le due forme più diffuse di accesso alla casa, la locazione e il mutuo, non funzionano più. O meglio: non funzionano più per chi ha bisogno di una casa da abitare. Il progressivo slittamento della casa da bene d'uso a investimento finanziario è alla radice dell'attuale crisi abitativa, che non riguarda soltanto la parte più povera della popolazione ma coinvolge direttamente i ceti medi. L'aumento del divario tra i salari e i costi abitativi e l'abbandono delle politiche abitative, in un contesto di precarizzazione del lavoro, di crescita del peso delle rendite immobiliari e di finanziarizzazione dell'economia, hanno fatto della casa uno strumento di accumulazione di benefici e svantaggi. Ma gli effetti della questione abitativa travalicano le biografie personali, perché le dinamiche del mercato immobiliare influenzano le scelte localizzative di famiglie, lavoratori e imprese, la mobilità sociale e territoriale, la crescita dell'economia urbana e nazionale, oggi assorbita dalla rendita immobiliare. Se la città stessa diventa una merce, il suolo e il patrimonio residenziale pubblico moneta di scambio, oggi è necessario cambiare traiettoria, demercificando la casa. Le soluzioni per tornare ad abitare case e città esistono e sono anche a portata di mano.
Questo libro racconta una storia vera e dimenticata. Una storia in cui si respira l'odore acre del Novecento e che potrebbe uscire dalle pagine di Graham Greene. Siamo nel 1938, Ilio Barontini, comunista livornese, ha combattuto nella guerra di Spagna tanto da diventare l'eroe della battaglia di Guadalajara. A Parigi viene scelto dai servizi segreti francesi e britannici per una missione rischiosissima: organizzare le forze partigiane abissine che devono resistere alla conquista fascista. Infatti, Mussolini aveva conquistato con l'uso dell'iprite i villaggi e le città più importanti, la ferrovia Addis Abeba-Gibuti e le principali vie di comunicazione, ma una parte considerevole del territorio era ancora in mano agli arbegnuoc, i patrioti etiopi. Barontini - assieme ad Anton Ukmar, ex ferroviere sloveno di Gorizia conosciuto in Spagna, e a Bruno Rolla, comunista spezzino - formò un esercito di oltre 250 mila uomini composto da piccole formazioni mobili e venne nominato dal Negus viceimperatore di Abissinia. Dotato dello scettro imperiale, il comunista di Livorno tenne a bada i vari ras, portò a termine missioni importanti e pubblicò un giornale bilingue, "La voce degli Abissini", tanto da diventare una leggenda. La missione terminò nel giugno 1940, quando i tre antifascisti italiani intrapresero la via del ritorno tra malattie e assalti di predoni. Si ritrovarono miracolosamente vivi a Khartum dove scattarono l'unica fotografia che li ritrae insieme.
1000 donne. Questo è il numero delle militanti che scelsero la lotta armata negli anni '70 nelle varie formazioni della sinistra extraparlamentare. Una presenza numerosa e molto significativa: quasi il 30% degli effettivi nei 15 anni che vanno dal 1970, anno di nascita delle Brigate rosse, al 1985, anno in cui venne arrestata Barbara Balzerani. Quale fu il loro retroterra sociale e la loro formazione culturale? Perché scelsero la clandestinità e con quali motivazioni? Quale fu il loro ruolo? Si distinsero per il loro protagonismo o ebbero un ruolo ancillare? Dopo la fine della lotta armata, fu più difficile il loro percorso di riabilitazione? In questo libro, basato su interviste, testimonianze e autobiografie, ne leggiamo le parole, le riflessioni a posteriori su quegli anni, la rielaborazione del loro vissuto. Scopriamo così la complessità di un periodo non lontano della storia italiana, spesso liquidato con la suggestiva espressione di 'anni di piombo'.
Nel 70 d.C. il Tempio di Gerusalemme cadeva sotto i colpi delle fameliche legioni romane al comando dell'imperatore Tito, 'delizia del genere umano'. Tre anni di guerra e di assedio che costarono oltre un milione di morti, la fine dei sogni d'indipendenza della Giudea e l'inizio della grande diaspora ebraica. Questo libro ne racconta la storia partendo da un secolo prima, il 63 a.C., quando le truppe di un altro generale 'santissimo', Gneo Pompeo Magno, si accorsero che proprio nel Tempio era raccolto il tesoro dello Stato. «Finché sarà in piedi il Tempio, si ribelleranno.» Profezia di un capo militare romano all'assedio di Gerusalemme nel 70 d.C.
«Sono pensieri brevi, trasmessi con umiltà e leggerezza, che don Carlo Seno ha raccolto in questo libro e che sono via via emersi, negli ultimi anni, dall'attento ascolto della Parola di Dio e dal continuo riferimento allo scorrere dell'anno liturgico nei suoi tempi forti e in quelli "ordinari" della vita della Chiesa. Pensieri brevi, mai banali, agili ma non freddi o distaccati, sempre pervasi da quella letizia interiore e da quella bonomia che contraddistinguono l'uomo e il sacerdote». (dalla Prefazione di Francesco Moraglia, patriarca di Venezia)