
Soltanto il 12% dei bambini gioca con la mamma, il 17% con il papà e più del 44% esclusivamente da solo. Questo libro aiuta i genitori a comprendere il valore del gioco per lo sviluppo del bambino, per rinforzare le relazioni familiari e favorire quelle sociali.
Il testo affronta gli aspetti teorici legati al gioco e offre consigli pratici. I primi capitoli sono dedicati all’importanza del gioco nella formazione, ai suoi benefici psicologici e pedagogici. Particolare attenzione è dedicata al tema degli spazi di gioco, agli impegni eccessivi a cui sono obbligati i ragazzi e a come ogni relazione con i coetanei venga spinta nella direzione della competizione. I capitoli successivi offrono strumenti e spunti per (ri)cominciare a giocare: dai luoghi (all’aperto, al chiuso, al ristorante, al supermercato, ecc) alle modalità di gioco, passando per i materiali da utilizzare. Infine un capitolo bonus con QR code che rimandano a video e attività pensati in esclusiva per i lettori.
PEPITA ONLUS è una cooperativa sociale creata a Milano da un gruppo di educatori esperti in interventi educativi e sociali, percorsi di formazione e attività di animazione rivolte a scuole, comuni e oratori. In collaborazione con istituzioni universitarie, tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pepita realizza ricerche sociali sugli adolescenti.
Al centro delle riflessioni di Copeland, Dalferth e Orsi c'è la questione del destino della civiltà occidentale moderna e le ragioni per confidare ancora nella sua capacità di rispondere alle sfide epocali che ci attendono dietro l'angolo, prima di tutto quella del cambiamento climatico. I tre testi raccolti hanno il respiro ampio, il senso dell'urgenza, l'ambizione tipica delle grandi orazioni pubbliche, dei bilanci d'epoca.
Depressione, panico, ansia, fatica cronica: si tratta di malattie in diffusione epidemica, o piuttosto dell'epidemia di determinate diagnosi e prescrizioni? Di un fenomeno davvero inedito, o di nuovi nomi dati a sofferenze antiche? L'approccio etnopsichiatrico rende oggi finalmente possibile un esame a tutto campo (storico e geografico) della questione. Coppo percorre le tappe cruciali della depressione in Occidente, dalla figurazione della malinconia nella Grecia antica alla costruzione della moderna nosografia, indugiando su momenti e connessioni interessanti, come la casuale scoperta dei primi farmaci antidepressivi e il loro ruolo nella definizione psichiatrica del disturbo.
Come si può tradurre “psiche” o “psichiatria” in lingue diverse da quelle che in Europa hanno fissato regole e confini della scienza? Cosa può fare di uno psichiatra un etnopsichiatra? Innanzitutto, il confronto con altri che altrove lavorano per comprendere e risolvere manifestazioni di sofferenza. Perché questi incontri diano frutti è però necessaria una riflessione sul preteso valore universale delle discipline della psiche, sulla loro presunzione di aderire a una verità naturale buona per tutti e ovunque. A partire dal percorso dell’autore, il libro parla di incontri e scontri con altri saper-fare e discute alcuni nodi critici della psichiatria e della psicoanalisi. Alla fine, apre a una proposta: un nuovo approccio alla sofferenza umana, che faccia da base comune alla molteplicità di tecniche che i diversi popoli hanno messo a punto.
L'autore
Piero Coppo, medico e neuropsichiatra, svolge attività clinica come psicoterapeuta e di formazione nel campo dell’etnopsichiatria. Ha lavorato in programmi di cooperazione internazionale con l’obiettivo di facilitare un dialogo tra le risorse formali della Sanità e quelle informali delle reti locali di terapeuti tradizionali e nativi. Tra le sue pubblicazioni, Tra psiche e cultura (Torino 2003) e Le ragioni del dolore (Torino 2005).
Dionisio rappresenta il tiranno per antonomasia: crudele e pauroso, circondato da adulatori e incapace di mantenere relazioni positive con familiari, amici e collaboratori. Il cosiddetto Orecchio di Dionisio - l'ingresso alla celebre cava di pietre di Siracusa - deve il suo nome alla paranoica volontà di controllo attribuita al signore di Siracusa. L'aneddoto più celebre che lo riguarda è quello della spada di Damocle, che ci fa intuire i mortali pericoli insiti nel potere che gestiva. Ma questa rappresentazione negativa del sovrano è viziata dalla tradizione a lui ostile, che prevalse sulla storiografia più favorevole, pervenutaci solo in parte: grazie a quest'ultima possiamo intravedere capacità politiche e militari fuori dall'ordinario. La gestione della continua conflittualità contro i Cartaginesi gli spianò la strada per il controllo di Si-racusa. La città divenne un punto di riferimento per grandezza e bellezza, e soprattutto per le grandiose opere di fortificazione. Il modo in cui Dionisio prese il potere e lo gestì rimase decisamente paradigmatico, e il suo carisma politico non sfuggì neppure ad Alessandro Magno e a Scipione l'Africano che videro in lui modello. Le guerre contro i Greci d'Italia e le pericolose alleanze con i barbari logorarono via via la sua immagine, specialmente presso gli Ateniesi. Ma la sua corte divenne un polo di attrazione per letterati e filosofi, anche perché lo stesso Dionisio amava comporre versi tragici, con una certa sopravvalutazione delle proprie capacità. Drammi familiari e difficili relazioni personali condizionarono in parte il suo agire, ma Dionisio resse il potere a lungo e in sicurezza fino alla morte, che lo colse nel suo letto.
Un reportage dal fronte, tra le fortezze espugnate a quella mafia che ha fatto la storia, e che ancora soffoca il Paese. La villa di Tano Badalamenti a Cinisi.la reggia di "Sandokan" Schiavone a Casal di Principe, l'enclave dei Casamonica nella periferia romana, perfino una residenza principesca a Beverly Hills, proprietà di Michele Zaza, 'o Pazzo, re del contrabbando. E poi cascine di 'ndrangheta in Piemonte, tenute in Toscana, castelli, alberghi, discoteche, campi di calcio, maneggi. Trincee di ieri e di oggi. Questo libro racconta cos'erano e cosa sono diventate. Un patrimonio che vale una Finanziaria. Un'occasione che rischiamo di perdere. Scuole e uffici pubblici pagano l'affitto mentre migliaia di immobili restano abbandonati.Tra ostacoli di ogni tipo, terreni occupati, edifici distrutti, una legislazione carente, amministratori pavidi, funzionari di banca che concedono mutui ai clan per aiutarli a "salvare" il patrimonio: un terzo delle case sottratte ai mafiosi e non assegnate è gravato da ipoteche, inutilizzabile. Per non parlare delle aziende, quasi tutte, che nel passaggio dalla criminalità organizzata allo Stato falliscono. C'è un'Agenzia nazionale che gestisce e destina i beni sequestrati e confiscati: trenta dipendenti in tutto, zero risorse, rischia lo stallo. Tra le pieghe di un clamoroso insuccesso, questo libro racconta le vicende di tante persone che con intelligenza e straordinaria determinazione hanno tentato di far rinascere la vita là dove prima si predicava solo morte.
Nel cuore dell'America ci sono città sull'orlo della dissoluzione. Assomigliano, sempre di più, a campagne post-urbane. Un nuovo paesaggio che nella cintura di ruggine - la cosiddetta Rustbelt, che si estende dal Midwest fino a parte del Nordest del paese - è diventato molto comune. Con le fabbriche e i negozi del suburbio abbandonati, distrutte dagli incendi e dalle rivolte razziali degli anni Sessanta e Settanta, da queste città è fuggita più della metà degli abitanti. Lasciandosi alle spalle macerie e popolazioni immiserite, che ogni giorno lottano per la sopravvivenza in un ambiente sempre più ostile. Dalle praterie urbane di Youngstown, dove l'amministrazione comunale si è ormai ridotta a pianificare con zelo l'autodistruzione della città, all'industria del riciclo e della decostruzione di Buffalo, dove attivisti visionari smontano con dovizia e con amore ciò che resta della città; dai deserti alimentari di Detroit e Philadelphia, dove sono scomparsi negozi e supermercati e gli abitanti si organizzano con geniali intraprese agricole, fino alle città come New York che puntano sull'agricoltura urbana, per costruire città più sostenibili grazie a un perfetto metabolismo naturale. Questo è il racconto di territori e popolazioni che non fanno parte delle rappresentazioni consolidate a cui siamo abituati, storie di persone che inventano nuovi modi di vita in ambienti in cui a essersi dissolta - forse per sempre - è la società contemporanea per come la conosciamo.
Quando due genitori litigano i figli sono le prime vittime. Ciascun genitore è così coinvolto nel conflitto con l'altro che non si rende conto degli effetti sui propri figli. Anche quando sono apparentemente "tenuti fuori", i figli condividono sempre la "relazione sofferente" dei propri genitori. La reazione di un bambino davanti a due genitori che urlano è altra cosa rispetto a quella di un adolescente. Questo agile volume rappresenta un'utile guida offerta ai genitori affinché acquisiscano consapevolezza degli effetti dei loro conflitti sui propri figli. Queste pagine riconducono gli adulti alla loro unica, vera sfida educativa: testimoniare che i conflitti si possono gestire in modo non distruttivo.
"Quello che vi accingete a leggere è un libro che può essere apprezzato da genitori, educatori e studiosi, ricco com'è di riflessioni ed esemplificazioni esposte in un linguaggio semplice e scorrevole."
(dalla Prefazione di Fulvio Scaparro)
Può un padre esprimere la propria vulnerabilità affettiva e la ricchezza delle sue tensioni emotive senza perdere la sua identità o rinunciare alla possibilità di proporre percorsi di vita per il figlio?
E' il problema di fondo che emerge nelle nuove generazioni di padri, che sta portando con forza alla luce la questione "paternità", spesso oscurata dalla pratica e dalla retorica del ruolo paterno distinto, anzi opposto a quello materno. Un numero sempre maggiore di padri si è trovato a lottare per essere riconosciuto come genitore presente fin dal concepimento nella vita dei figli e in grado di assolvere anche ai compiti, doveri e responsabilità a torto creduti non tradizionali.
Il maschio normativo sta scoprendo di avere caratteristiche affettive che erano, e purtroppo lo sono ancora, considerate un'esclusività femminile: dolcezza, rispetto, amore.
E' lungo, molto lungo, il cammino che uomini e donne dovranno compiere per accettare le loro diversità e finalmente riconoscersi uguali almeno in questo: tutti noi vogliamo vivere come essere umani, cioè come cercatori e produttori di senso, come individui fertili. Ma non basta proclamarlo; occorre praticarlo in casa, a scuola, nel lavoro, ovunque. Una grande responsabilità educativa perchè i figli osservano e imparano dai rapporti tra padri e madri, tra uomini e donne.
Le statistiche dicono che è sempre più difficile fare famiglia e sempre più facile separarsi anche in età matura. Ci vuole molto poco perché le cose, a un certo punto di una storia, non vadano più bene. A volte l'illusione di una felicità coniugale si sgretola giorno dopo giorno, rovesciandosi in una realtà cupa e oppressiva. Quella che un tempo era l'anima gemella", appare come il mostro da evitare o sconfiggere. A complicare le cose, spesso di mezzo c'è un bambino. Di fronte alla separazione dei genitori il bambino rimane disorientato, confuso, depresso, rischia di essere segnato da un dolore difficilmente domabile. Spesso, una buona separazione può rappresentare per tutto il nucleo familiare una "chance creativa", quando un eccessivo impoverimento sentimentale e comportamentale, nella relazione marito-moglie, rischia di produrre anche nei figli una pericolosa sterilità esistenziale. Coniugi che riescono a separarsi in tranquillità, rimanendo uniti e collaborativi come genitori, possono individualmente ritrovare la vitalità che un tempo possedevano, rinforzata, semmai, anche da nuovi legami sentimentali. Per riuscirci può essere necessario servirsi di una persona qualificata che aiuti i futuri coniugi o conviventi ad affrontare la vita a due con più consapevolezza. La proposta di queste pagine è innovativa: anticipare l'intervento mediativo prima possibile. Ossia, spingere i mediatori familiari verso una funzione "preventiva" rispetto ai conflitti coniugali.

