
Antonio Cassese non era un lettore qualunque di Kafka, ma un giudice che aveva esperienza del male e che continuava a credere nella legge e nel diritto, pur guardando "con angoscia le forze che si oppongono all'esercizio della giustizia e soprattutto l'istinto di sopraffazione sempre latente e pronto a esplodere in qualsiasi momento della vita e della storia". In questo libro egli apre ai lettori il suo "retrobottega", quel luogo e quel tempo di riposo mentale dalle fatiche quotidiane condiviso con le letture preferite. Da queste letture e dal confronto, continuo e sempre rinnovato, con lo scrittore praghese, costruisce tanti piccoli saggi, riflessioni sulla vita e sulla letteratura, sui mali dell'umanità, da lui così conosciuti per professione, accompagnandoci nei suoi incontri con personaggi veri o ideali. L'uomo e il giudice, lo studioso e il lettore si confondono in queste pagine in cui emerge una vita intera spesa a comprendere l'umanità, nel tentativo di aiutarla a uscire dai suoi mali oscuri. Un percorso intenso e intimo che si chiude con due racconti, "L'isola dei Bianconi" e "Getsemani", con cui Cassese affronta e spiega la sua ultima battaglia, quella con la malattia.
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra: i conflitti esplosi dalla prima pubblicazione di questo libro, nel 2011, confermano ogni giorno questa amara constatazione di Antonio Cassese. Una dolorosa ammissione, da cui muove una antieroica, indimenticabile e irrinunciabile conversazione sull'«esperienza del male». Come scrive Micaela Frulli nella postfazione, Antonio Cassese ha dedicato la propria vita all'affermazione del diritto, ma in questa ultima conversazione non ha temuto di mettere a nudo le debolezze del proprio credo. Da questo paesaggio umano dolente, da questa indagine sui fondali oscuri della nostra convivenza civile, emerge però con forza una luce: il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale, quella che l'autore intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, la sua esperienza di giudice internazionale.
Massimo Severo Giannini (1915-2000) è stato uno dei più grandi giuristi europei del '900, uno dei padri della Costituzione, ministro per la funzione pubblica, collaboratore di molti giornali. Ha contribuito all'allargamento dei confini del diritto con contributi di grande importanza per la storia e per la sociologia: "Studioso prestato alla politica, è stato progettista di molte nuove leggi, consulente ascoltato, legislatore, e ha aperto una nuova stagione di riforme amministrative. Fu maestro ineguagliato nell'arte propria dei giuristi di distinguere, classificare, ordinare, nonché in quella di problematizzare. Guardando sempre con occhi nuovi una materia, era capace di farne vedere aspetti finallora sconosciuti". Questo volume raccoglie gli scritti di Giannini di maggior interesse per la teoria giuridica e per la storia e, quindi, di maggiore interesse per un pubblico vasto, anche di non giuristi. Il materiale è stato raccolto in cinque sezioni: gli ordinamenti giuridici, lo Stato e la sua storia, l'amministrazione e i diritti, centro e periferia, la scienza del diritto amministrativo. In ciascuna sezione sono pubblicati gli scritti più originali e significativi di Giannini, editi in un lungo arco di tempo (1939-1994).
A settant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione, ecco un'opera che fa il punto sulle figure dei tredici presidenti della nostra Repubblica e sulle funzioni presidenziali nella storia italiana, dalle settimane della presidenza provvisoria di Alcide De Gasperi fino al giuramento di Sergio Mattarella. Il volume si compone di due parti simmetriche: la prima parte offre un profilo biografico di ciascun presidente e una disamina del suo mandato presidenziale e delle caratteristiche che lo hanno contraddistinto. La seconda parte è invece centrata sui grandi snodi storico-politici legati alla funzione e all'analisi del funzionamento della presidenza, settennato per settennato. Rigoroso nei contenuti storici di prima mano e accessibile nel linguaggio, il volume intende mettere a disposizione dei lettori utili strumenti per comprendere la storia e il funzionamento dell'istituzione che sta al vertice della nostra democrazia.
La democrazia appare fragile e vulnerabile. Dopo aver sanato le ferite delle guerre e dei totalitarismi del XX secolo, i suoi valori e suoi principi fondamentali sembrano perdere forza e significato: ne sono prova le difficoltà crescenti dell'integrazione europea, il dilagare dei populismi, la contestazione delle élite, la Brexit, la sorprendente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma come funziona la democrazia? Come opera concretamente nella vita dello Stato, in relazione alle altre componenti dei poteri pubblici, in conflitto con la giustizia, l'autorità, l'efficienza, nella teoria e nella pratica del governo? Sono queste alcune delle domande a cui risponde Sabino Cassese, uno dei più noti giuristi italiani, in "La democrazia e i suoi limiti", al centro del quale sta l'interazione tra l'elemento democratico dei sistemi politici contemporanei e gli altri elementi che compongono lo Stato, nonché tra la democrazia nazionale e gli ordini giuridici sovranazionali. L'accento è sui limiti perché, se la democrazia è un limite del potere, è a sua volta limitata, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'azione di altre forze. Accanto al tema tradizionale della democrazia come limite del potere, tuttavia, vi sono altri temi emergenti, che rispondono a problemi contemporanei. In primo luogo quello della partecipazione attiva dei cittadini alla vita dello Stato e delle sue istituzioni. Se nei Paesi occidentali un quarto della popolazione si astiene dal voto, se sempre più spesso sono le minoranze a decidere i destini politici di una nazione, se milioni di persone assumono atteggiamenti di protesta, occorre verificare il funzionamento della democrazia, i compiti dei partiti, le vie per far sentire nello Stato la voce dei cittadini, e contemporaneamente le procedure di selezione delle classi dirigenti e i modi di operare degli apparati pubblici.
Dopo aver sanato le ferite delle guerre e dei totalitarismi del XX secolo, la democrazia appare oggi fragile e vulnerabile mentre i suoi valori sembrano perdere forza e significato: ne sono prova le difficoltà crescenti dell'integrazione europea, il dilagare dei populismi, la contestazione delle élite, la Brexit, la sorprendente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma come funziona la democrazia? Come opera concretamente nella vita dello Stato, in relazione alle altre componenti dei poteri pubblici, in conflitto con la giustizia, l'autorità, l'efficienza, nella teoria e nella pratica del governo? Sono queste alcune delle domande a cui risponde Sabino Cassese, analizzando l'interazione tra l'elemento democratico dei sistemi politici contemporanei e gli altri elementi che compongono lo Stato, nonché tra la democrazia nazionale e gli ordini giuridici sovranazionali.
Come è possibile, si chiedeva Paul Klee a proposito degli italiani, che una «marmaglia miserabile» sia stata l'artefice del Rinascimento? Ancora oggi l'Italia è piena di paradossi. Le regioni del Nord hanno un grado di sviluppo paragonabile a quello delle nazioni europee più avanzate, mentre il Mezzogiorno non riesce a stare al passo. Gli italiani, malgrado un'allarmante disaffezione nei confronti della politica, garantiscono sempre un'alta percentuale di votanti a ogni elezione. Pur vivendo una sostanziale «pace sociale», l'Italia è percorsa dalla paura. Contraddizioni che affondano le radici nella storia, e che nella perdurante crisi delle istituzioni sembrano trovare la linfa per perpetuarsi. Sabino Cassese scrive che sono proprio le istituzioni a dettare le regole del gioco, ed è dal loro stato di salute che dipende la corretta gestione della Repubblica, vale a dire il buongoverno. Il nostro attuale assetto istituzionale soffre di alcuni difetti - l'indebolimento dei partiti come organizzazioni sociali, il deperimento del Parlamento, il corto respiro della politica - che hanno rimodellato non solo l'architettura dello Stato, la sua amministrazione e la sua burocrazia, ma anche la politica, l'economia, il costume e la morale pubblica. Il Paese è attraversato da correnti populistiche e da pulsioni autoritarie, insofferente nei confronti delle élite, illuso dalla democrazia digitale, vittima di paure imposte più dalla narrazione dei fatti che dai fatti stessi, rancoroso e scoraggiato, intimorito dalla globalizzazione. Eppure - ricorda Cassese - alle ombre si accompagnano le luci: l'essere parte dell'Unione europea, il civismo e il volontariato sempre più diffusi, le innumerevoli iniziative sociali, la sensibilità nei riguardi delle comunità, l'attenzione - sia pure passiva - per la politica, la Costituzione con la sua ricchezza ancora inespressa. Contraddizioni di un Paese attraversato da un profondo malessere, ma che nei momenti più difficili ha trovato l'energia e la vitalità necessarie per aprirsi alla speranza.
L'Italia è piena di paradossi: il divario socio-economico tra Nord e Sud, la disaffezione dalla politica che contrasta con l'alto numero di votanti, una situazione di «pace sociale» percorsa da fremiti e paure... Contraddizioni che affondano le radici nella storia, e che nella perdurante crisi delle istituzioni sembrano trovare la linfa per perpetuarsi. Accanto alle ombre, però, ricorda Cassese, ci sono le luci, e il nostro Paese ha dimostrato di saper trovare la vitalità per aprirsi alla speranza.
La pubblica amministrazione è il più grande erogatore di servizi e il maggiore datore di lavoro italiano: da essa dipendono circa tre milioni e trecentomila addetti. È un organismo che si è andato costruendo lentamente, essendo il frutto della storia e dei principi che lo hanno plasmato. Per dimensioni e poteri svolge inoltre un ruolo fondamentale nel sistema politico, condizionando la democrazia. Si comprende, quindi, come dalla sua buona organizzazione e dal suo funzionamento dipendano il benessere dei cittadini e il successo dello Stato. L'amministrazione è al centro di una duplice tensione. È indispensabile, perché non c'è politica pubblica che non faccia capo a essa, e tuttavia viene ritenuta il regno del bizantinismo, delle complicazioni, della corruzione, e criticata perché non funzionale al processo economico. Alle sue difficoltà strutturali si aggiungono l'«esondazione» del Parlamento, diventato co-amministratore, e la debolezza dei governi (il suo organo di guida), per la loro breve durata. I governi tuttavia non sono gli unici responsabili della sua gestione, poiché interi campi dell'azione pubblica sono ora nel dominio di forze politiche multinazionali, come organismi sovranazionali e Big Tech, di cui è importante tenere conto. Alla luce di questi presupposti, l'autore analizza i fattori di crisi dell'amministrazione pubblica e ne indica i possibili rimedi. Propone di iniziare dai prodotti, per poi passare ai processi produttivi, ai modelli organizzativi e procedurali, al personale e alle sue motivazioni, al contesto, ai saperi e alla cultura amministrativa. Perché la pubblica amministrazione sia in grado di gestire i grandi interessi collettivi, è bene partire dall'aspetto più importante: ciò di cui ha bisogno il Paese.
Varcare le frontiere è la testimonianza di uno tra gli intellettuali più lucidi e vivaci del nostro tempo, e al contempo, un viaggio attraverso la migliore storia del nostro Paese dal dopoguerra a oggi, nelle cui pieghe si riconosce un'Italia laboriosa, mossa da princìpi saldi nel presente, fiduciosa sull’avvenire.
Interrogare la memoria è un esercizio difficile, una sfida, a volte un azzardo. Senz'altro è un'occasione per trarre insegnamenti preziosi, come dimostrano queste pagine nelle quali Sabino Cassese, uno fra i più noti giuristi italiani, ripercorre la sua lunga carriera di studioso, anzi di "savant". Non una ricerca del tempo perduto, quanto un'autobiografia intellettuale, un ritorno su se stessi, per riannodare i fili del passato e ricomporre l'affresco delle idee, dei dibattiti, dei protagonisti che hanno animato non solo le scienze del diritto, ma la vita accademica, culturale e politica del nostro Paese. Vi si leggono le esperienze di una vita spesa con umiltà e curiosità. Dalla giovinezza durante il fascismo ai ricordi familiari, dagli studi alla Scuola normale superiore di Pisa agli anni all’Ufficio studi dell’Eni di Enrico Mattei, dagli incarichi presso le più prestigiose università italiane e straniere agli impegni nei settori bancario e giudiziario, Cassese dipinge una tela fatta di interessi e passioni, di viaggi e di incontri in primo luogo quelli con i grandi autori del passato, grazie ai libri più amati, studiati e meditati, di riflessioni e di analisi. E poi la politica ai vertici delle istituzioni, le ricerche di respiro internazionale, la collaborazione con giornali, riviste e case editrici come forma di impegno civile, l'etica del lavoro, la partecipazione informata e responsabile al dibattito pubblico nelle vesti di osservatore attento dei fatti sociali. Ne emerge, da ultimo, un accorto esame dell'Italia di oggi e un giudizio sullo stato della nostra Repubblica.
Gli Stati sono ancora i protagonisti della scena mondiale? Oppure sono ormai sostituiti dalle migliaia di organizzazioni internazionali nate negli ultimi anni? Se gli Stati si indeboliscono, cosa accade alla democrazia che in essi si è sviluppata? Qual è la sorte del diritto, che siamo abituati a ricondurre all'idea di Stato-nazione? L'autore cerca, per queste domande, risposte che tengano conto dell'odierna fase di passaggio, in cui l'erosione della sovranità si accompagna con il controllo degli Stati sui regimi regolatori ultrastatali, l'affermazione di standard globali con il potere ultimo di applicarli rimasto nelle mani dei governi nazionali, lo sviluppo di norme e procedure internazionali con il crescente ruolo delle amministrazioni statali e del loro diritto.
Siamo tutti scontenti dello Stato italiano. Governi e opinioni pubbliche delle altre nazioni europee, stupiti dalla mancanza di solidità e compattezza delle istituzioni e dalla loro difficoltà a governarci. I governanti nazionali, le cui politiche rimangono parzialmente inattuate. I governati, che lamentano costi e inefficienze dei poteri pubblici. I burocrati, frustrati e impotenti, per di più accusati del malfunzionamento dell'amministrazione. L'alta dirigenza, identificata come una casta. Le ragioni di questa situazione sono state ampiamente ricercate dagli storici. Mancava però una ricostruzione dall'interno della macchina statale italiana e un esame degli eventi esterni che ne hanno condizionato lo sviluppo nel secolo e mezzo di storia unitaria.

