
In "Fuoco e furia" Wolff aveva descritto la prima fase dell'amministrazione Trump. Con "Assedio" ha scritto un reportage altrettanto esplosivo su una presidenza sotto attacco su quasi ogni fronte. La cronaca di "Assedio" comincia all'avvio del secondo anno della presidenza Trump e termina con la consegna del rapporto Mueller, rivelando un'amministrazione sempre più sotto il torchio degli inquirenti e un presidente via via più suscettibile, imprevedibile e vulnerabile.
In Democrazia, S.p.A., Sheldon Wolin – l’autore del classico Politica e Visione su cui si è formata una generazione di teorici della politica – prende in considerazione l’impensabile: e se l’America si fosse involontariamente trasformata in uno strano ibrido politico, in cui il potere economico e quello dello Stato si sono fusi in un connubio privo di freni e per questo incline a forme totalizzanti? Può l’America arrestare la propria vocazione totalitaria? Certo, l’America di oggi non è in alcun modo paragonabile a sistemi totalitari come la Germania nazista e infatti l’autore conia un termine ad hoc per questo totalitarismo all’americana: si tratta infatti di un “inverted totalitarism”, ossia il frutto dell’inversione verso l’interno del potere forte della Superpotenza, prima puntato sulla sola politica estera. L’autore evidenzia alcune patologie, il prodotto di una pericolosa affinità tra elitarismo politico e capitalismo, e analizza le costruzioni mitologiche che giustificano la recente politica americana, in particolare l’affermazione di un’economia in continua espansione e l’attrazione perversa per la guerra preventiva e globale. Ma Wolin si spinge oltre e afferma che, a differenza di quel che si pensa, l’America non è neppure mai stata la tanto celebrata culla della democrazia moderna: già la Costituzione dei Padri Fondatori rivelava una forte tendenza elitaria. Analizzando la storia degli Stati Uniti, in particolare dalla guerra fredda all’11 settembre, l’autore documenta come, a parte la parentesi del New Deal, l’America non sia mai stata democratica e ora, lungi dal trovarsi sul ramo discendente della “parabola democratica”, sembra aver imboccato una “spirale totalitaria”. Del resto, già Aristotele e poi Tocqueville ci avevano insegnato che il passo da «una democrazia gestita dall’alto» al totalitarismo è breve. Negli Stati Uniti, non solo è stata abbandonata l’idea della “democrazia partecipativa” in forza della manipolazione del consenso e del «crescente abbandono della divisione dei poteri a favore dell’esecutivo», ma stiamo assistendo all’incessante rafforzamento di un sistema perverso di gestione privata di lobbies del potere. Non quindi una Democrazia che non c’è (Paul Ginsborg), né una Postdemocrazia (Colin Crouch) o una democrazia debole, ma una premeditata vocazione totalitaria mantenuta viva dalla commistione tra politica e affari.
Mussolini è vivo nel ricordo degli italiani, nelle librerie e in molti negozi di souvenir. Ma Mussolini è vivo anche nella memoria collettiva mondiale, che spesso non sa neppure di fare riferimento a lui. Il termine “fascista”, da lui coniato e riferito alla sua persona, è onnipresente e serve a identificare tutto quanto può essere considerato di destra, autoritario e populista. Ma chi è stato Mussolini? Il despota spietato che resse l’Italia dal 1922 al 1945 con il pugno di ferro derubandola del suo futuro? Il modernizzatore che per il suo paese conquistò un impero innalzando l’Italia al rango di grande potenza? L’alleato più importante di Hitler, che lo considerava suo maestro e con lui mise il mondo a ferro e fuoco? Una marionetta, una vittima del Führer? Il dittatore carismatico, colui che ha costruito uno Stato totalitario di tipo nuovo, fondato sul consenso e sul più cupo, lucido terrore, che è servito da modello per molti altri autocrati?
Questa battaglia è cominciata anni fa, quando Joshua Wong era un adolescente. Mentre gli adulti stavano in silenzio, Joshua organizzò la prima protesta studentesca nella storia di Hong Kong per opporsi alla riforma dell'istruzione voluta dal governo filocinese. Da allora, ha guidato la Rivolta degli ombrelli, il movimento di resistenza pacifica al braccio sempre più lungo di Pechino sull'ex colonia britannica. Ha fondato un partito politico, Demosisto, e ha attirato l'attenzione della comunità internazionale sulle proteste contro l'ingerenza della Cina nell'autonomia della città. Più di due milioni di persone sono scese nelle piazze e nelle strade di Hong Kong. Joshua è stato ripetutamente in carcere. Racconta la sua storia, che fa rumore ovunque nel mondo e, soprattutto, è la testimonianza di una battaglia che ci riguarda da vicino. La sua è la lotta della libertà contro la censura e dei valori democratici contro la Cina. Joshua Wong è un ribelle ed è un testimone della sua generazione, perché è ispirato da ideali che portano alla nascita di diritti nuovi. I diritti, infatti, non stanno fermi. La loro area non è definita per sempre. Le trasformazioni della società comportano nuove domande. Ed è proprio questa la trama della democrazia. Una democrazia sempre a rischio, in Oriente come in Occidente. La battaglia di Hong Kong è anche la nostra. Restare in silenzio non è più possibile.
Il 9 marzo 1941, nella Amsterdam oppressa dall'occupazione nazista, una studentessa ebrea olandese di 27 anni comincia a scrivere un diario destinato a diventare uno dei più notevoli documenti emersi dall'Olocausto. Mentre l'incubo della persecuzione e della guerra assume toni sempre più cupi, Etty Hillesum imbocca un percorso che la porta ad assumere consapevolmente il ruolo di testimone e cronista della terribile realtà a lei contemporanea e a diventare un punto di riferimento per le persone di cui condivide le sofferenze nel campo di smistamento di Westerbork e insieme alle quali parte, per non tornare più, sul treno diretto ad Auschwitz. Attraverso il suo diario e le sue lettere, questa giovane donna approfondisce la sua ricerca di sé e di Dio, interrogandosi sui sentimenti di odio così diffusi fra la gente e sulla vera natura dei carnefici, e maturando una interiorità e una spiritualità così ricche da alimentare, nel periodo più buio del XX secolo, una fortissima speranza nella bontà e nel senso dell'esistenza. La lettura che Woodhouse ha compiuto della sua vita e dei suoi scritti ha, tra gli altri, il pregio di mettere in luce l'attualità di una personalità, la cui sensibilità umana e religiosa è molto vicina a quella delle generazioni del dopoguerra. La storia e il pensiero della Hillesum costituiscono un'importante fonte di ispirazione e riflessione sul vivere, sull'uomo, sulla responsabilità e su Dio.
Il volume presenta un sintetico ritratto del regno di Filippo II (1527-1598), individuando gli ambiti essenziali nei quali l'azione di questo imperatore si esercitò. Dopo aver passato in rassegna le condizioni dei diversi possedimenti, dai regni spagnoli all'Italia, dalla Francia-Contea alle Fiandre, e le strutture amministrative e di governo di questo impero enorme, il volume si concentra sul problema delle finanze e dell'economia, sulla religione cattolica di cui Filippo fu difensore fanatico, da ultimo sulla politica estera e sulle rivolte interne che egli si trovò a fronteggiare.
Quinta edizione di un libro alla base della tecnica di psicoterapia della persona e delle relazioni. Aggiornata nella bibliografia e nell'elenco delle Associazioni di Analisi Transazionale in Italia. Il volume, un vero e proprio manuale di Analisi Transazionale, (AT), comprende una descrizione completa delle diverse scuole e orientamenti di A.T. E un'accurata descrizione, sia tecnica che pratica, dei diversi momenti di un processo terapeutico: analisi della struttura della personalita, delle transazioni, dei giochi psicologici, dei sentimenti parassiti" e del copione di vita. L'Analisi Transazionale e stata elaborata con l'intenzione di rendere trasparente il funzionamento intrapsichico e interpersonale anche a chi non sia dotato dello strumento fornito dalla psicologia accademica. Si serve di un solo linguaggio che riduce i tecnicismi al minimo, privilegiando invece le locuzioni della vita quotidiana. "
A trentadue anni, dei quali gli ultimi dieci passati a nascondersi dalla verità, Emma Woolf ha finalmente deciso che era tempo di affrontare la sfida più importante della propria vita. Per la prima volta ha ammesso di soffrire di una patologia subdola e feroce: l'anoressia "funzionale". Emma infatti si era costruita con volontà ferrea una carriera di successo e conduceva un'esistenza apparentemente normale, ma era intimamente tormentata da un controllo ossessivo sul cibo, dall'esercizio fisico esasperato e da un rapporto morboso con la fame. Dopo aver finalmente incontrato l'uomo giusto, e desiderando un futuro e un figlio con lui, ha deciso di affrontare i suoi demoni, di smettere di accanirsi sul suo corpo, gettare i vestiti taglia XXS e riscoprire la sua femminilità. In sostanza, ha deciso di liberarsi dalla trappola mortale dell'anoressia e di ricominciare a vivere pienamente. Come se non fosse abbastanza, Emma ha preso l'impegno di tenere un diario di questa sua lotta estenuante su una colonna settimanale del Times. Presto la sua rubrica è diventata uno degli appuntamenti più seguiti dai lettori: il numero di email, commenti e messaggi ha superato ogni aspettativa, e le ha dato nuova forza per andare avanti. Da questa esperienza è nato "Alla fine di un lungo inverno". Coraggioso e lucido nella sua sincerità, questo libro è una testimonianza a tratti scioccante, un messaggio di speranza e una emozionante storia d'amore.
Il 28 marzo 1941 Virginia Woolf appoggia il suo bastone da passeggio sull'argine dell'Ouse e poi si getta ielle acque del fiume. La depressione che la tormenta da anni con crisi acute che durano mesi, l'ha inghiottita nell'abisso di una disperazione assoluta. Nella lettera con cui si congeda dal suo caro Léonard scrive: "Sono certa che sto per impazzire di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non mi riprenderò". Quelli che Léonard Woolf - storico, politico, editore, saggista - racconta in questo capitolo della sua autobiografia sono gli ultimi mesi di vita di Virginia. E sono anche i mesi iniziali del secondo conflitto mondiale: prima la "strana guerra", a partire dal settembre 1939, con la lancinante tensione dell'attesa mentre sul continente i tedeschi avanzano inesorabilmente in un Paese dopo l'altro; e poi la guerra vera con i bombardamenti su Londra, lo sfollamento, i morti. Léonard Woolf descrive e analizza gli eventi, racconta la loro vita di tutti i giorni, il suo lavoro alla Hogarth Press e per il Partito Laburista, i libri di Virginia, e i loro amici (Vita Sackville-West, Morgan Forster, Adrian Stephen e altri). E soprattutto cerca di ricostruire la discesa nell'abisso della sua amata moglie, incrociando i suoi ricordi con i brani del diario di Virginia (alcuni del tutto inediti), nella vana ricerca di una consolazione e di un sollievo dal rovello di una sofferenza profonda e di un vuoto incolmabile.
Virginia Woolf non fu solo la grande romanziera che tutti conosciamo, ma anche una raffinata saggista, una critica acutissima, un'instancabile pubblicista. Lettrice onnivora e anarchica, cercò nei libri "una forma per il caos", vi trovò universi abitati da creature umane, con cui intrecciare ininterrotte conversazioni. Fin dalle prime recensioni lavorò senza pregiudizi: che si trattasse di epistolari, memorie o biografie, saggi critici o romanzi, autori celebri o emeriti sconosciuti, lo studio preparatorio era accurato, il giudizio schietto. La curiosità la guidava senza alcun preconcetto, alimentava i suoi piaceri più intensi, leggere e scrivere, due atti annodati fra loro, due oscure potenze che, fino alla fine, si definirono e si alimentarono reciprocamente. Le qualità della sua penna erano forza, grazia e trasparenza. La sua lingua, ironica e originale, ha attraversato il tempo e lo spazio con una immediatezza folgorante. Femminista, nel senso proprio della consapevolezza di essere una donna, dalla sua scrittura non traspare mai una lagna, nessuna recriminazione, con lei vediamo al lavoro un occhio lucido e spietato, che non perdona, ma spesso sorride e fa ridere. "Pensare le cose come sono" e "dire la verità" le bussole di sempre. In una parola, integrità: "Seguire il proprio istinto, usare il proprio cervello, trarre le conclusioni da soli".
Scritto tra il 1928 e il 1929 in seguito a una serie di conferenze sul tema "donne e romanzo", questo testo costituisce uno dei più eloquenti trattati femministi del Novecento: partendo da un tema apparentemente secondario e cioè che una donna, per scrivere, debba avere del denaro e "una stanza tutta per sé", Virginia Woolf porta alla luce le restrizioni imposte nel corso dei secoli alla creatività femminile dalla società, dalle leggi e dalle convenzioni. Attraverso riflessioni arricchite da sentimenti e storie personali, la Woolf dà vita a una forma ibrida tra saggio e racconto che come descritto nella chiara introduzione di Egle Costantino - le permette di universalizzare le esperienze narrate in un testo lucido e stimolante, divenuto un punto di riferimento imprescindibile per approfondire e comprendere la questione femminile.
Neandertal è un viaggio straordinario. Che è iniziato con una fascinazione d'infanzia verso il passato; ha guadagnato slancio con la scoperta della ricchezza del Pleistocene; ed è infine diventato una carriera accademica spesa alla scoperta dell'archeologia dei Neandertal. In questo stesso viaggio, Rebecca Wragg Sykes accompagna anche noi: scavando siti antichi, tenendo in mano gli eleganti manufatti che i Neandertal hanno lasciato, ma anche provando a esplorare - grazie a un amore di lunga data per la letteratura e la poesia come strumenti per evocare luoghi, tempi e sentimenti - connessioni emotive più profonde, attivate dai dettagli sorprendenti che possiamo ricostruire sulle loro vite. Dalla loro scoperta - avvenuta più di 160 anni fa - i Neandertal si sono trasformati, da perdenti dell'albero genealogico umano, in ominini di serie A. Rebecca Wragg Sykes usa la sua esperienza all'avanguardia nella ricerca paleolitica per condividere la nuova comprensione che abbiamo di loro, mettendo da parte il cliché dei bruti vestiti di stracci in una terra desolata e gelida. Ci rivela invece che erano curiosi, intelligenti conoscitori del loro mondo, tecnologicamente inventivi ed ecologicamente adattabili. Soprattutto, sono sopravvissuti con successo per più di 300.000 anni, durante tempi di massicci sconvolgimenti climatici. Pianificazione, cooperazione, altruismo, artigianato, senso estetico, immaginazione, forse anche un desiderio di trascendenza che guarda oltre la mortalità: molto di ciò che ci definisce era anche dei Neandertal, e il loro DNA è ancora dentro di noi. Questo libro fa per i Neandertal quello che Sapiens di Harari ha fatto per noi. Rivelando una storia più profonda e sfumata, dove l'umanità stessa cessa di essere nostra esclusiva prerogativa. E si rivela invece una comune, antichissima eredità condivisa.