
Rendere accessibile a chiunque tutto ciò che è scritto, parlato, ritratto, filmato. Decretare la validità delle conoscenze con un voto di maggioranza. Scegliere le cure in base alla popolarità. Ritornare con l’intero pianeta alla condizione arcaica del villaggio, dove i comportamenti di ognuno erano sotto gli occhi di tutti. Questo è il futuro che ci annunciano Google, Wikipedia, YouTube, Facebook & Co. Forse.
È un’idea molto diffusa oggi che la tecnologia sia il motore e anche la guida dello sviluppo, che progredisca secondo i suoi disegni e determini con le sue ricadute gran parte delle nostre vite. Nulla è più lontano dalla realtà. Innanzitutto perché molte volte il puro e semplice caso gioca in questi processi un ruolo determinante: quasi mai le innovazioni più importanti – dal treno, alla radio, a Internet – sono state generate per lo scopo per il quale hanno poi avuto fortuna. Spesso gli stessi protagonisti non sanno quello che stanno facendo, come nel caso di Google, responsabile simultaneamente del più grande successo e del più grande insuccesso degli ultimi dieci anni. E infine a volte sono proprio le cosiddette ricadute a costituire l’innovazione, come mostra lo straordinario fenomeno del social networking. In queste condizioni conviene, allora, raccontare storie, storie vere, piuttosto che cercare di teorizzare: si capisce di più e meglio. È quanto fa questo libro con Google, Netflix, YouTube, Wikipedia e altro ancora.
Indice
Prologo – 1. In fila con Yelp – 2. Vere (e false) innovazioni tecnologiche – 3. Netflix – 4. Google – 5. YouTube – 6. Piccola riflessione sull’innovazione – 7. Entusiasti, incazzati e prime donne – 8. Il mito dell’accesso – 9. Attendibile o verificabile? – 10. Su cosa votiamo – 11. Venezia, Las Vegas - Epilogo
Chi l'ha detto che in cucina si elaborano solo ricette? Nelle storie raccontate in questo libro la cucina è al centro di un gioco di cultura e di potere. Maestro Martino, Bartolomeo Scappi, François Vatel: tre cuochi - dell'Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco - capaci di fare la storia del loro tempo, e non solo per la squisita sapienza delle loro preparazioni... Maestro Martino è cuoco al servizio del cardinale e condottiero Ludovico Trevisan. Vive in prima persona la grande rivoluzione culturale dell'Umanesimo e, involontariamente, ne diventa uno dei protagonisti. Il suo libro di ricette, tradotto in latino ed edito dall'umanista Platina, diventa la base della rivalutazione del buon cibo e della buona cucina, dopo secoli di condanna al girone della golosità. Bartolomeo Scappi è il secondo maestro. Cuoco di tre cardinali e di due papi, dovrà vedersela col furore ascetico e controriformatore del suo ultimo datore di lavoro, il papa santo Pio V, che abolirà il carnevale e introdurrà a Roma leggi feroci contro le prostitute, gli adulteri e il lusso. All'apice della carriera dovrà rinunciare a cucinare dato che il suo padrone è un austero digiunatore, ma avrà così il tempo di scrivere il più importante libro di cucina della sua epoca. François Vatel è il terzo celebre cuoco, nonché l'interprete - tragico - della nouvelle cuisine di Luigi XIV. Per Luigi II di Borbone, l'Alessandro Magno di Francia, vincitore a 22 anni delle invincibili armate spagnole, organizza un grande ricevimento al castello di Chantilly - ospite d'eccezione Luigi XIV - di cui però non vedrà la fine. Muore suicida, apparentemente per un'assurda mancanza di... pesce. Percorrendo le vite di questi tre celebri cuochi attraverso Umanesimo, Rinascimento e Barocco, scopriamo la cucina, il gusto, le ricette del tempo, ma anche i raffinati giochi di potere che presero vita, come accade ancora oggi, sulle tavole di allora.
Il volume raccoglie i contri­buti apparsi sull’inserto de L’Osservatore Romano dedi­cato all’Europa in vista del­le elezioni di maggio 2019. È stato realizzato con la col­laborazione di Dario Antiseri, professore ordinario emerito di Metodologia delle scienze sociali (Luiss), Enzo Di Nuo­scio, professore ordinario di Filosofia della scienza (Uni­versità del Molise), Flavio Felice, professore ordinario di Storia delle dottrine politi­che (Università del Molise) e Dario Velo, professore ordi­nario di economia (Universi­tà di Pavia). L’Introduzione di Fausta Speranza, curatrice dell’intera serie dello “Speciale Europa” apparsa ogni domenica sul quotidiano, regala un focus sull’obiettivo della rubrica “Europa Ieri Oggi Domani”: «Spalancare il cielo sull’Europa, ritrovare i tesori del passato, affacciarsi da protagonisti sul futuro» (pag. 7) riproponendo alcuni dei principali contributi intellettuali e statisti presenti alla base del progetto comunitario europeo. La postfazione è a firma di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano e approfondisce il significato delle riflessioni presenti da cui «emerge con evidenza la radice cristiana dei valori principali – pace e solidarietà – che hanno sostenuto l’impegno di tenere in unità i popoli europei rispettandone le diversità» (pag. 142). Completa il volume una appendice contenente i discorsi dei pontefici Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco indirizzati ai membri del Parlamento Europeo.
Una raccolta di saggi che affrontano il tema delle radici cristiane d'Europa. Cristianesimo ed Europa sono legati da una storia bimillenaria che rappresenta il nostro presente, il nostro passato e il nostro futuro. La fede è alla base dell'identità dell'Europa Cristiana e papa Francesco sin dall'inizio del suo pontificato ha posto il suo sguardo sul concetto di persona e di dignità alla luce delle politiche odierne incentrate sulla "cultura dello scarto".
È più solidale una società dove si divide in parti diseguali la ricchezza in un mondo di collaborazione e di pace, o si è più solidali laddove si divide in maniera comunque diseguale la miseria in un mondo di oppressione e di terrore, dove vige il principio per il quale "chi non ubbidisce non mangia"? Se il mercato è il meccanismo che, esigendo la pace e fondando la libertà politica, genera il maggiore e più diffuso benessere, è allora errato vederlo come uno dei mezzi che, per quanto imperfettamente, contribuisce a realizzare il comando evangelico dell'amore? Per tutto ciò, possono ancora i cattolici pensare al profitto come a un furto? L'autore nel testo propone risposte a queste a altre domande che ossessionano le coscienze di molti cattolici.
Senza parità economica, la parità giuridica tra scuole statali e scuole private è solo un ulteriore inganno carico di nefaste conseguenze. Ma questa, purtroppo, è la situazione in cui versa il nostro sistema formativo, privo di quella "macchina di scoperta del nuovo, da cui scegliere il meglio" che consiste nella competizione tra scuola e scuola. Conseguentemente, la proposta del buono-scuola non rappresenta forse la giusta terapia per le difficoltà che attanagliano sia la scuola statale che quella paritaria? E poi: non è giusto e soprattutto non è libero un Paese dove una famiglia che iscrive un figlio ad una scuola paritaria debba pagare per questa sua scelta di libertà. Insomma: uno Stato che costringe a comprare pezzi di libertà può dirsi ancora Stato di diritto? Ebbene, a queste domande e ad altri interrogativi con esse interconnessi si cerca di rispondere con le considerazioni di questo breve saggio, la cui tesi di fondo è che la scuola statale è un bene grande e prezioso e che, per questo, va protetto e salvato: salvato dallo statalismo.
«Dovremmo tentare di occuparci di politica - afferma Popper - al di fuori della polarizzazione sinistra-destra». Ma, allora, che fare? «È un fatto, neppure molto strano - fa egli presente -, che non è particolarmente difficile mettersi d'accordo in una discussione sui mali più intollerabili della società e sulle riforme sociali più urgenti. Un tale accordo si può raggiungere molto più facilmente che non su particolari forme ideali di vita sociale. Quei mali, infatti, ci stanno di fronte qui ed ora. Si può averne esperienza, e li esperimentano ogni giorno molte persone immiserite e umiliate dalla povertà, dalla disoccupazione, dalle persecuzioni, dalla guerra e dalle malattie [...]. Possiamo imparare dando ascolto alle esigenze concrete, cercando pazientemente di valutarle nel modo più imparziale e considerando i modi per soddisfarle senza creare mali peggiori». Di conseguenza: «Non mirare a realizzare la felicità con mezzi politici. Tendi piuttosto ad eliminare le miserie concrete. O, in termini più pratici, lotta per l'eliminazione della povertà con mezzi diretti, assicurando che ciascuno abbia un reddito minimo. Oppure lotta contro le epidemie e le malattie erigendo ospedali e scuole di medicina. Combatti l'ignoranza al pari della criminalità [...]. Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora». Introdurre "ragione" e "ragionevolezza" nella teoria e nella pratica della politica: in questo è consistito l'impegno di Popper - impegno raramente compreso, e da più parti, come anche dimostra la recezione del suo pensiero in Italia: tra marxisti ostili, crociani diffidenti e cattolici indifferenti.
Esistono davvero i problemi filosofici? Nonostante l'opinione che reputa i problemi filosofici dei nonsensi o li scambia per perplessità linguistiche, una prova della loro esistenza è data, secondo l'autore, dal fatto che esistono le teorie filosofiche a spiegarli e risolverli. Ogni uomo ha infatti una teoria sul suo destino suo e su quello dell'umanità.
John Stuart Mill: «Le obiezioni che vengono giustamente mosse all’educazione di Stato, non si applicano alla proposta che lo Stato renda obbligatoria l’istruzione, ma che si prenda carico di dirigerla; che è una questione del tutto diversa».
Antonio Rosmini: «I padri di famiglia hanno dalla natura e non dalla legge civile il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone, nelle quali ripongono un maggior confidenza».
Gaetano Salvemini: «Io non credo che la scuola pubblica avrebbe molto da guadagnare dalla scomparsa della scuola privata. Questa può essere un utile campo di esperimenti pedagogici, rappresentare sempre un pungiglione ai fianchi della scuola pubblica, e obbligarla a perfezionarsi, senza tregua, se non vuole essere vinta e sopraffatta».
Antonio Gramsci: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato».
Don Luigi Sturzo: «Si parla tanto di libertà e di difesa della libertà; ma si è addirittura soffocati dallo spirito vincolistico di ogni attività associata dove mette mano lo Stato; dalla economia che precipita nel dirigi¬smo, alla politica che marcia verso la partitocrazia, alla scuola che è monopolizzata dallo Stato e di conseguenza burocratizzata».
Luigi Einaudi: «Senza concorrenza fra istituti statali e istituti privati, non v’ha sicurezza che l’insegnamento sia l’ottimo […]. Il monopolio statale dell’istruzione, con danno palese per la cosa pubblica, non dissimile dal danno recato da ogni altra specie di monopolio».
Don Lorenzo Milani: «Né preti né laici potranno mai fare nulla di perfettamente puro e sarà dunque meglio lasciare che si perfezionino quanto possono gli uni e gli altri possibilmente senza difficoltà economiche in libera e realmente pari concorrenza».