
"La fiaba di Peter Pan può essere ri-raccontata. Mantiene così il suo nocciolo duro, la sua struttura profonda, ma viene caricata di significati che risentono del cambiamento dei tempi, soprattutto se contestualizzata nella società accelerata a noi contemporanea." Tra i più grandi successi letterari del Novecento, Peter Pan è il più delicato e fantasioso romanzo mai scritto sulla difficoltà di abbandonare la magia dell'infanzia. Raccontare da capo la storia del bambino che non voleva crescere è un compito delicato e sottile, che Vittorino Andreoli affronta unendo alla sua consapevolezza di psichiatra la passione del narratore, al rigore dello studioso la creatività del nonno che ama giocare con i cinque nipoti. Confrontandosi con il capolavoro di Barrie, Andreoli dà vita a una riscrittura inedita e originale, che riscopre i significati nascosti di una favola indimenticabile facendone emergere tutta la magia e la modernità. Pagina dopo pagina Peter Pan, Wendy, Capitan Uncino, i bambini perduti e gli altri personaggi che conosciamo da sempre acquistano ai nostri occhi una nuova freschezza, permettendoci di riscoprire un capolavoro della fantasia che ancora oggi continua a far sognare i lettori di ogni età.
«La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno». Lo slogan, che ha tenuto banco all’inizio del 2009, è il pezzo forte di una campagna pubblicitaria in favore dell’ateismo, annunciata e poi sospesa tra mille polemiche.
L’idea all’origine di questo volume è quella di affrontare a viso aperto la questione chiave che sottende quel controverso slogan messo in campo con una buona mossa di marketing.
Davvero non abbiamo “bisogno” di Dio? Se dalla preistoria ai giorni nostri tutte le civiltà sono state caratterizzate da espressioni religiose, da dove sgorga nell’uomo la “necessità” di Dio e del sacro? E la religione, come aveva sostenuto Marx nell’Ottocento, è davvero «il singhiozzo di una creatura oppressa», «il sentimento di un mondo senza cuore», «l’oppio del popolo»?
In una sorta di “forum virtuale” quattro nomi autorevoli della psicologia e della psichiatria italiana – Vittorino Andreoli, Paolo Crepet, David Meghnagi e Maria Rita Parsi – riflettono sul delicato rapporto fra psiche e religione affrontando un ampio spettro di questioni che riguardano la vita di tutti e che non possono lasciare insensibili.
Collana
In una società che ci vuole sempre perfetti, diventa ogni giorno più importante tornare a comprendere la valenza di uno sbaglio e la sua portata all'interno del cammino di formazione di ciascun individuo. Vittorino Andreoli e Giancarlo Provasi si confrontano sul significato psicologico e sociale dell'errore: le motivazioni da cui scaturisce, gli effetti che produce, la percezione che se ne ha, il contesto sociale in cui si verifica, la ragione e la volontà implicate. Come si valuta uno sbaglio e quali sono quelli più gravi? Di una scelta errata si devono giudicare anche le intenzioni o semplicemente gli effetti? E cosa ha più peso, le conseguenze immediate o quelle a lungo termine? Due voci e due approcci differenti che insieme tracciano un ritratto a tutto tondo dell'essere umano colto nel suo agire quotidiano, nella dimensione privata così come in quella sociale. Un dialogo stimolante costruttivo, un'intensa riflessione sulla vera natura dell'uomo e sulla sua irripetibile fragilità.
Il dolore accompagna l'uomo in ogni fase di eta', e di volta in volta assume il volto della solitudine, dell'abbandono, della colpa, del limite, della morte. L'autore ci aiuta a guardarlo negli occhi, ad accettarlo, a riconoscerlo in chi ci circonda.
In questo libro l'Autore ripropone i primi passi della sua avventura scientifica, 'La terza via della psichiatria' e 'La norma e la scelta', corredandoli di un nuovo e affascinante saggio che ne ripercorre la storia e ne sottolinea la straordinaria attualità.
Al centro della riflessione dell'autore in questo libro c'e' la fragilita', intesa non come debolezza da nascondere o da sconfiggere, ma come risorsa da utilizzare, da parte di genitori, figli, insegnanti.
Un libro di sconcertante attualita' per chi vuole capire fino in fondo i meccanismi d'azione, gli effetti fisici e psicologici, i metodi piu' efficaci di cura e prevenzione delle tossicodipendenze.
Una raccolta delle lettere con cui Vittorino Andreoli si rivolge ai ragazzi, ai loro genitori, ai loro educatori per ascoltarli, per guidarli, per imparare a crescere insieme.
Non buttare via ciò che hai di più prezioso: la tua identità.
E ricordati che non c’è gioia nella droga.
“Io mi occupo di sentimenti e so che basta un momento di abbandono, un lutto, una ferita che abbia distrutto la propria autostima per perdersi nella droga e non tornare più indietro.” Negli ultimi anni se si escludono le notizie di cronaca nera, è calato il sipario sulla diffusione della droga, sul come affrontare i drammi che coinvolgono intere famiglie, come fosse semplicemente una questione privata, o addirittura normale. Un silenzio che Vittorino Andreoli non accetta e che ha deciso di rompere presentandoci il suo punto di vista con grande semplicità. A partire dalla sua lunga esperienza nel mondo delle realtà più difficili, Andreoli prende per mano il lettore e lo accompagna in un’esemplare ricognizione nei luoghi dell’anima, rivolgendosi non solo a chi la droga la tiene dentro la testa, ma anche a chi la tiene in tasca e potrebbe usarla, a chi teme che i propri figli ne siano già parte.
Pagina dopo pagina, Carissimo amico. Lettera sulla droga non offre uno sguardo accusatore, ma quello lucido di un uomo vicino al dolore dei suoi simili e che difende “il diritto a non drogarsi” perché non c’è libertà nella dipendenza. Un libro che finalmente dice che cosa succede nella relazione tra un giovane e le droghe, e che dà voce al dolore di chi è costretto a convivere con questa terribile realtà.
Elegante, musicale, armoniosa, dolce, piacevole, seducente: per chi ci guarda da fuori, la nostra è la lingua più bella del mondo, tanto da farne la quarta più studiata tra le lingue straniere.
Gli italiani, invece, tendono a darla per scontata, ignorando forse che le parole che ancor oggi utilizziamo hanno una storia antica e nobile. È un gran privilegio parlare d'amore, sognare e persino imprecare con le stesse parole di Dante e degli altri grandi della nostra letteratura. Dovremmo emozionarci sapendo di poter passare con facilità da un sonetto di Petrarca a una poesia di Alda Merini, da Ariosto al Fantozzi di Paolo Villaggio, dai poeti siciliani ai testi di Vasco Rossi. Le altre lingue europee non offrono questa opportunità.
Avere come strumento per esprimersi l'idioma che ha segnato nel mondo la musica, le arti, la scienza, il canto dovrebbe riempirci di ammirazione e orgoglio, e darci la misura delle nostre potenzialità.
Da un'italianista appassionata, una dichiarazione d'amore in otto passeggiate tra i tesori della nostra lingua, da Boccaccio alla "supercazzola" di Amici miei, da Galileo a Benigni, per innamorarsi, o reinnamorarsi, della "lingua degli angeli", nella definizione di Thomas Mann. L'italiano ricambierà, regalando godimento, fascino, sicurezza in sé stessi e nelle proprie idee. E tutte le parole per le cose più belle della vita.
Il libro si occupa della traduzione dal latino mettendo al centro dell'indagine la 'decodifica' o 'comprensione' del testo, ovvero la prima fase della traduzione, che ha sempre goduto di scarsa, per non dire nulla, attenzione nei testi di didattica dedicati all'argomento, ma che rappresenta invece per lo studente il momento più delicato. Il docente di latino troverà nel volume un valido strumento per farsi guida dei discenti alle prime armi nell'individuazione della gerarchia degli elementi sia nella frase singola che nella multipla composta e complessa. Il percorso di decodifica viene presentato in modo dettagliato e con particolare attenzione alle informazioni che lo studente deve acquisire da un uso corretto del vocabolario nella sezione 'Laboratorio di decodifica', il cui esito trova utile sintesi nella rappresentazione grafica. Basato sul modello di descrizione della lingua di matrice funziona-lista, applicato al latino da Emanuela Andreoni Fontecedro e da lei riformulato come tecnica di traduzione, il libro contiene una proposta organica di didattica della traduzione, compatibile con qualunque manuale di morfosintassi, e con ricca esemplificazione - fornita rigorosamente con frasi d'autore - illustra il meccanismo per cui gli stessi elementi nominali presenti in una frase singola arrivano ad "ampliarsi" fino a generare a loro volta una frase multipla. Completa il volume una sezione dedicata alla seconda fase della traduzione, con riflessioni che richiamano l'attenzione sulla competenza linguistica e culturale necessaria per la 'ricodifica'.
Questo libro è una scatolina che raccoglie le pillole più colorate e sottili dell'universo mentale di Giulio Andreotti. Sono istantanee dell' Italia papalina, democristiana, moderata, figlia della guerra fredda: il distillato della cultura e dell'esperienza di un professionista della politica. Ma chi le ha prescritte era convinto di regalare un vademecum della sopravvivenza a uso di tutti. Per questo sono pastiglie scritte che vanno «ingerite » con qualche precauzione: con le controindicazioni che accompagnano certe medicine leggere e innocue solo in apparenza, perché in realtà contengono impercettibili dosi di veleno.
D'altronde, Andreotti è sempre stato un teorico della «modica quantità» come garanzia della longevità. Non è stato solo un uomo di potere ma il più efficace divulgatore della cultura del potere che l'Italia abbia avuto nell'ultimo secolo.
Per decenni ha dispensato una sorta di «saggezza del cinismo» non confinata ai principi dell'arte di governo. Nell'ottica di questo «ministro a vita», prima che senatore a vita, ciò che valeva nei rapporti duri, spesso spietati della politica tendeva a impregnare la vita in generale. Per Andreotti, la separazione netta fra società civile e sacerdozio del potere sfumava quando dettava i suoi «comandamenti» esistenziali.
Le battute e gli aforismi scelti per questo volumetto ci consegnano un'Italia di «medi peccatori »; di potenti per i quali «il potere logora chi non ce l'ha»; di un'umanità per la quale «se non vuoi far sapere una cosa non devi dirla neanche a te stesso». Per Andreotti non esistono bugie ma solo «verità parziali», perché mentire, spiega nel suo pessimismo cosmico, non è solo una necessità di chi comanda ma di chi vive. È la filosofia di un personaggio che dalla fine della DC e della Prima Repubblica teorizzava: «Io sono postumo di me stesso». Ma riflette una mentalità che, senza rendersene conto fino in fondo, l'Italia - o almeno un'Italia - si tramanda da generazioni.
Forse da secoli.