
Scritti in occasione del quinto centenario del Principe, questi nuovi saggi di Gennaro Sasso affrontano i principali aspetti del pensiero di Machiavelli, a partire dal rapporto tra politica e storia, che si stringe nei nodi della decadenza e del conflitto: il modello della storia romana si condensa nell'ossessione machiavelliana per la decadenza e per la capacità della costituzione di non spegnere i conflitti ma di farne materia viva di accrescimento. Riprendendo i motivi della sua interpretazione, elaborata in oltre cinquant'anni di studi, l'autore si sofferma sul Principe e sui Discorsi, proponendo una forte rivalutazione delle Istorie fiorentine, un autentico capolavoro, dove il confronto tra la storia fiorentina e quella romana perviene a una drammatica meditazione sul passato italiano. I diversi saggi affrontano i temi dell'eternità del mondo, della presenza di Lucrezio e Dante in Machiavelli, nonché le interpretazioni di Francesco De Sanctis e Benedetto Croce. Per i diversi fili di un'indagine sorretta da competenza filologica e storiografica, emerge un'immagine attuale della grande figura del Segretario fiorentino.
Un'introduzione italiana alla vita e al pensiero di uno degli psicoanalisti più brillanti e controversi del secolo scorso, "Sua maestà Masud Khan" è un libro rivolto allo studioso di psicologia e psicoanalisi e a chiunque sia interessato allo studio della mente umana. Si racconta l'infanzia pakistana di Khan, l'ascesa nella società psicoanalitica e nel jet-set londinese, e poi il declino, segnato dall'alcolismo e dalla follia. Nella seconda parte del volume sono illustrati i concetti e le ipotesi cliniche più originali, dalla personalità schizoide al trauma cumulativo, dalla "tecnica dell'intimità" dei perversi alla teoria della pornografia.
Ministre sexy, telefoni bollenti e debitamente intercettati, immondizia programmatica, ciarpame elettorale. Dal compleanno della vergine di Casoria ai massaggi del Salaria Sport Village è come se un ridicolo e osceno diavolaccio avesse piantato i suoi artigli sull’agenda d’Italia. Maiali e farfalline, coca e complotti, tatuaggi, prostata, carne fresca e chirurgia estetica. Non c’è scandalo, ormai, che non se ne trascini dietro un altro peggiore. Addio paese tollerante e disincantato. Tra le macerie della politica e i relitti del buonsenso, il casting nazionale mette in fila aspiranti imperatori della decadenza, cortigiani velenosi, teledivi capricciosi, e poi lolite, paparazzi, papponi, carabinieri marci e trans dell’altro mondo. Due anni appena e in sconsiderata allegria il Palazzo trasloca alla Suburra, destinazione malfamata per eccellenza. E qui Veronica rompe, Zappadu scatta, Gianpi procura, D’Addario registra, “Repubblica” domanda, Feltri spara, Boffo cade, in Vaticano giocano a moscacieca, Marrazzo s’inoltra nella notte infernale, Brenda va a morire ammazzata, Bologna è indecorosamente espugnata dal Cinziagate e tra un appalto e l’altro la Cricca codifica il tariffario della tangente sessuale.
Con ironico sgomento Filippo Ceccarelli, un veterano di queste faccende, delinea i moduli della pornocrazia senza alzare il ditino del moralista; si diverte piuttosto a interpretarne segni, presagi e risonanze con l’ausilio trepido e meticoloso di oroscopi, pitture, mitologia, videogiochi, canzoni, frammenti di diario e di poesia, da Esiodo a “Novella 2000”.
Aleppo, città millenaria fondata dagli Ittiti e perla dell'Impero romano, la città dove hanno convissuto per secoli arabi, armeni, curdi e circassi non esiste più. Anni di guerra hanno spazzato via i 2.000.000 di abitanti, lasciando soltanto macerie. Che cosa rimane oggi di Aleppo? Che cosa ne è di quel luogo di pace in cui gli uomini pregavano Dio chiamandolo con nomi diversi? Per raccontarlo ci vorrebbero le apocalissi di Dürer o la furia lugubre del Greco con i suoi cieli di agonia. Ad Aleppo sembra che a muovere la guerra sia la Natura, non più gli uomini. Si sente la presenza delle forze del Male che scivolano lungo i muri. Non perdonano né le rovine di interi quartieri né le isole intatte. Domenico Quirico ripercorre in queste pagine gli anni della guerra civile con la forza di una testimonianza vissuta drammaticamente. Dalle prime manifestazioni contro il regime, sulla scia delle speranze della primavera araba, alle battaglie nelle vie dei vecchi quartieri ormai abbandonati. Dallo scontro tra Armata siriana libera, esercito di Bashar e milizie dello Stato islamico, alla fine della rivoluzione. Un affresco corale che racconta di assassini e di angeli, di bambini e di contrabbandieri, di forza e di paura.
Il Sud si sta svuotando di anime, culture e popolazione, tra emigrati e denatalità. Marcelle Veneziani non parte dal Nord e si ferma a Eboli, come Levi col suo Cristo, ma parte dal Sud più estremo e profondo e arriva a Eboli. Risultato del suo viaggio è un rapporto letterario e civile sul Meridione presente e passato che si dipana tra rifiuti e ricordi, tradizioni e degrado, cafonerie e cavallerie rusticane, ragioni e sentimenti, passando per contrade reali e allegoriche. Le località toccate diventano location per ambientare temi e personaggi, scorci e denunce, colore e cultura, malavita e folclore. Rabbiose critiche si alternano ad appassionate difese, partorite entrambe dall'amore per quelle terre. Nelle sue storie e storielle, Veneziani capovolge l'idea crociana di un paradiso abitato da diavoli, e teme invece che il Mezzogiorno stia diventando un inferno abitato da angeli in fuga per salvarsi da soli e non dannarsi insieme. Il suo resoconto assume una varietà di registri narrativi: dalle denunce giornalistiche alle nostalgie, dai ritratti parodistici al saggio storico, fino a lambire un sobrio «matriotti-smo» terrone e comporre una specie di manifesto sudista.
"I centocinquanta anni di Unità d'Italia sono anche centocinquanta anni di 'questione meridionale'. Ci rassegneremo a tenercela per sempre, questa questione, considerandola una specie di caratteristica nazionale ineliminabile? Oppure vogliamo provare finalmente a invertire la rotta?". Renato Brunetta - economista e ministro - analizza i motivi delle difficoltà e dei fallimenti antichi e recenti, e prova a stilare un'agenda per il Sud: alzare il tasso di certezze ed efficienze, di legalità e fiducia; far funzionare finalmente lo Stato, per i compiti che gli sono davvero propri, in modo da garantire la competizione e il mercato; coniugare il federalismo con una vera ed efficace regia nazionale; aprire il Mezzogiorno agli scenari di una nuova prospettiva europea. L'Europa, soprattutto nell'attuale situazione di crisi mondiale, è interessata a un processo strategico di integrazione di un'area mediterranea "allargata" che abbracci i paesi mediterranei in senso stretto, quelli del Mar Nero, fino al Golfo Persico. In un quadro di equilibri europei riassestati a favore dell'area economica in espansione del Mediterraneo e non sbilanciati verso il Baltico, il Mezzogiorno assumerebbe un ruolo cruciale di cerniera, calamitando interessi, risorse e investimenti. È in questo quadro che la questione meridionale si presenta in una nuova luce, per la prima volta come un'opportunità non solo per se stessa ma anche e soprattutto per il Nord e per l'Europa.
Il Sud delle tecnologie aerospaziali, del fermento culturale, del turismo che cresce, della ricerca scientifica, dei (pochi) casi di rigenerazione urbana, della mobilità sostenibile. Sì, perché il Sud è una riserva di intelligenza e di opportunità cui agganciare i grandi modelli di sviluppo e da promuovere internazionalmente con la realizzazione di semplici interventi: dalla creazione di 'zone economiche speciali' al lancio di incentivi di sostegno mirati e sostenuti nel tempo. Ricette semplici, praticabili: dal credito di imposta accelerato per chi investe nel Sud alle politiche innovative nel campo della logistica, a quelle del potenziamento degli incubatori, sino al rilancio demografico.
«Nel 1997, con il titolo Sudafrica. Storia politica, usciva in italiano una nuova edizione, rielaborata e aggiornata in modo sostanziale, del mio volume pubblicato per la prima volta nel 1952 a Città del Capo con il titolo 300 Years. A history of South Africa. Quanto scrivevo nella Conclusione del 1997 è stato confermato dagli eventi che si sono susseguiti fi no al 2010, quando il Sudafrica ospita il Campionato del mondo di calcio. L’euforia successiva alle elezioni del 1994, che furono incoronate dalla presidenza di Nelson Mandela, iniziò già a trasformarsi in una diffusa delusione quando il presidente portò l’ANC in un’instabile coalizione con il National Party di Frederick de Klerk, espressione del mondo dei coloni bianchi. Ma nei primi tre anni del "nuovo" Sudafrica, mentre le grandi compagnie straniere e quelle dei coloni, che si muovevano all’interno e nell’orbita della Chamber of Mines, i reali padroni del Sudafrica, esportavano capitali e profi tti, il cambio del rand rispetto al dollaro americano cadde del 30%. Il "potere nero" stava già perdendo la sua gara con il "capitale aureo". Quando il prezzo dell’oro crebbe oltre il valore del suo punto critico di equilibro, 330 dollari l’oncia, fi no a schizzare alle stelle oltre i 1.300 dollari l’oncia nel 2010, all’aumento si accompagnarono tanto la disillusione quanto le aspettative e le ottimistiche speranze espresse anche dal terzo presidente, Jacob Zuma, che gode ancora di diffusa popolarità. Nello stesso tempo il fl usso migratorio nei ghetti urbani crebbe di sette milioni di persone e parallelamente centinaia di migliaia di "bianchi" si trasferirono all’estero oppure nei nuovi quartieri suburbani di lusso. Come l’oro, anche il razzismo sta vincendo la gara con il Sudafrica "non razzista".
Al centro di questo grave deterioramento delle condizioni di vita di 45 dei 50 milioni di sudafricani, ci sono due realtà organicamente connesse e i problemi che esse pongono: il monopolio quasi esclusivo della terra e del lavoro africano a basso costo nelle mani di quel gigante capitalista e coloniale che è la "Chamber of Mines" e l’enorme e innaturale esodo di popolazione e povertà dalle campag"Pass laws", le leggi che, per tutelare l’apartheid, limitavano la libera circolazione all’interno del paese.
Il volume Sudafrica. Storia politica ripropone il compito urgente e terribile di far fronte a questo problema negli anni a venire». (dalla prefazione dell’autore)
L’India è una miniera inesauribile e stratificata: di religioni, di miti e fiabe, di costumi, di arte. Ha sempre attirato l’Occidente, per qualcosa di inconfondibile e prezioso: l’intensità delle sensazioni, il legame diretto con il divino, il moto perpetuo della vita associato all’immobilità della contemplazione. Giuliano Boccali racconta i tanti volti di un Paese sospeso sul filo dei millenni.
L’India è l’unico luogo al mondo dove si può assistere ancora oggi a un rito seguendone con precisione il cerimoniale su un testo scritto oltre 2500 anni or sono. È il luogo dove l’ininterrotta continuità della tradizione – una tradizione che supera i tre millenni – fa sì che il presente e l’attuale si intreccino al passato in un groviglio inestricabile, generato dalla narrazione inesausta delle meraviglie su cui poggia l’universo, e noi con esso. Questo libro è il viaggio in un mondo fantasmagorico e contraddittorio di cui Giuliano Boccali rivela le molte sorprese, in netto contrasto con gli stereotipi che lo identificano tradizionalmente: dalle religioni alla teoria politica, dai poemi epici immensi, come il Mahabharata e il Ramayana, alle raffinate strofe classiche, dalle coppie di amanti divini che affollano le pareti dei templi agli asceti coperti di cenere immersi nella meditazione, fino alle incredibili storie dei film di Bollywood.
"Se cercassi di mostrare che questo libro ha una fisionomia unitaria ed e stato pensato come un discorso omogeneo, cercherei di arrampicarmi su quegli specchi a cui esso, per pura sineddoche, si intitola." "Sugli specchi e altri saggi" è, infatti, una raccolta di scritti occasionati, tra il 1972 e il 1985, da convegni, dibattiti, prefazioni, in cui vengono affrontati temi quali il segno, la rappresentazione, l'illusione, l'immagine. Si passa così dalla "rappresentazione" nelle sue varie forme - gli specchi, il teatro, la scrittura, il sogno - al problema della serialità nelle arti, alle congetture sui mondi della fantascienza o sui mondi immaginari della narrativa e della poesia, alle questioni di metodo nelle scienze umane, nella filosofia del gioco, nella teoria della comunicazione, "...non tento - scrive Eco nella nota introduttiva - di presentare questi testi come capitoli, strettamente coordinati, di un discorso filato. Penso però che possono essere affrontati come una galassia di osservazioni non del tutto sconnesse, tra cui chi legge potrà tracciare i raccordi che gli parranno opportuni."