
La manifestazione pubblica della propria nudità torna in almeno tre episodi importanti della vita di san Francesco: a Roma sul sagrato di S. Pietro, ad Assisi davanti alle autorità cittadine, e alla Porziuncola, al momento della morte. La spogliazione costituisce una delle chiavi di lettura più affascinanti e meno studiate della vicenda personale del santo di Assisi. Da questa constatazione è nato questo libro, accolto con interesse e curiosità. Esaurita la prima edizione, ne viene proposta una seconda arricchita da una bibliografia ragionata sul tema e da una postfazione del famoso storico del medioevo André Vauchez.
È il più recente volume del ben noto autore, che costituisce l’esito della ricerca e della visione teologico-spirituale del mondo in cui Egli si muove a suo agio con passione e scienza. Se c’è ambito di attenzione spontanea e dedizione scientifica che cattura il nostro interesse è proprio il campo che siamo noi stessi, ovvero la nostra umanità volta in tante direzioni semplici e complesse, che arriva da lontano ed osa intravedere il futuro. Eccoci davanti al significato essenziale dell’antropologia.
La filosofia del novecento già intuiva e poneva nell’antropologia il polo convergente e ineludibile del pensiero, della coscienza e della responsabilità.
L’autore coglie l’importanza antropologica e ci offre pagine ricche di contenuto scientifico e di prospettive sapienziali dando voce con sincerità a se stesso, a quanto pensa e sente, senza fermarsi alla rassegna pura e semplice di autori, trincerandosi dietro l’apparato delle loro citazioni.
Il disegno della ricerca parte e rispetta i principi della filosofia e della teologia; non si lascia sfuggire nessun dato chiaro o problematico dell’esistenza, facendo spazio alla psicologia, a tratti di letteratura, finanche alle neuroscienze, perché le discipline non si lasciano isolare, ma vivono in correlazione complementare tra di loro.
Riesce ad illuminare e a spiegare l’epistemologia della spiritualità e dell’antropologia, che si distinguono e si completano, senza identificarsi o sovrapporsi. Il discorso reca il pregio della profondità e dell’ampiezza con alcuni aspetti innovanti.
Il presente studio comprende il più ampio commento al mistero del concepimento del corpo di Cristo, con cui si avvia storicamen­te l’incarnazione del Figlio di Dio. Risalta l’impostazione teologica di san Tommaso, fondata sulla connessione tra il mistero dell’Incarnazione e i misteri della vita di Cristo, trascurata dalla riflessione teologica fin quasi ad oggi. Non solo, ma tale connes­sione s’inquadra all’interno della totale con­nexio mysteriorum, centrata sul Mistero dei misteri, quello della Trinità di Dio uno, per­so di vista da un riduttivo cristologismo ra­dicale. Da queste “novità” della teologia di Cristo tommasiana, ancor oggi “insuperata”, al dire di Papa Benedetto XVI, emerge come l’intera storia della salvezza, guidata dal my­sterion eterno della volontà di Dio, sia ordi­nata in senso eucaristico sul corpo vero di Cristo e sul suo corpo mistico che è la Chie­sa. Questa visione “summatica” del tutto di Dio, dell’uomo, del creato e della storia, è tutta fondata sulla Parola di Dio, trasmessa e insegnata dalla Chiesa. Si riscopre, così, un san Tommaso “biblico”, maestro in sacra Scrittura, dal quale dipende il sommo teolo­go, l’ardente mistico, il grande filosofo.
Attorno alla parrhesia - come ha spiegato Michel Foucault - ruotano diversi concetti importanti: il «dire» con le sue implicazioni, la verità, il coraggio, la libertà, il dovere morale, la relazione con l'autorità (politica o religiosa, umana o divina). Per questo la parrhesia può essere indagata da molteplici punti di vista e diversi ambiti disciplinari, senza mai perdere la sua grande portata esistenziale, che scaturisce dallo stretto rapporto con le relazioni fondamentali dell'uomo: con se stesso, con gli altri, con Dio. Parlare di parrhesia è di attualità anche nel panorama ecclesiale e sociale odierno, poiché papa Francesco si è spesso richiamato a questa categoria per promuovere un dialogo e una discussione franca sui temi più rilevanti che la Chiesa affronta in questo tempo.
L'artista, il filosofo antico, il prete cristiano e lo scienziato moderno sono tutti favorevoli all'ascetismo. Ma le stesse parole e le stesse pratiche, per esempio la frugalità e la castità, hanno per tutti lo stesso significato? Bentham vede nell'ascetismo un'aberrazione perché non si può desiderare la sofferenza, ma solo il piacere. Schopenhauer lo considera come il solo mezzo per sfuggire alla sofferenza indotta dalla ricerca del piacere. Nietzsche, invece, individua nell'ascetismo un mezzo inaspettato per trovare il piacere nella sofferenza. In Umano, troppo umano (1878) e un decennio dopo, in modo più elaborato e sistematico, nella Genealogia della morale (1887), il filosofo tedesco pretende di pervenire a una valorizzazione post-cristiana dell'afflizione, a una nuova forma di ascesi il cui fine è cancellare in ss stessi, dolorosamente, ogni traccia di ascetismo cristiano.
Una lettura nuova e spiazzante di alcune pagine della Bibbia sul giudizio di Dio. Alcune pagine della Bibbia non incontrano lo stesso favore di altre, eppure godono della stessa dignità: sono parola di Dio ispirata. In particolare, quelle che parlano dell'ira di Dio e del suo giudizio sono guardate con sospetto o più semplicemente ignorate. Per sottrarle a questa cultura dello scarto si è voluto passarle in rassegna, scoprendovi una gradita sorpresa: Dio che si arrabbia con l'uomo e lo sottopone al suo giudizio, in realtà, sta mostrando paradossalmente un amore appassionato ed estremo.
Nel percorso esistenziale di Sergio Quinzio, la riflessione ha sempre accompagnato il vissuto, lo ha assunto e dispiegato senza attenuazioni, spingendosi a indagare l'abisso scandaloso della sofferenza. In questa lunga intervista, realizzata nel 1991 dall'amico e "allievo" Leo Lestingi, il teologo ripercorre per la prima e ultima volta le tappe fondamentali della propria vita, rievoca le vicende, gli affetti, gli incontri che più l'hanno segnata. E lo fa con la precisione, il pudore e la profondità che gli sono propri. Il dialogo prende così la forma di un testamento spirituale, che testimonia l'ampiezza della sua ricerca, la continua messa alla prova del pensiero e la disperazione di fronte alla Storia coesistente alla speranza inestinguibile nella Salvezza. Una salvezza "povera", che darebbe finalmente senso a tutto il male del mondo, attesa nella fede in un Dio sensibile alla sofferenza e alla morte. Non onnipotente, ma tenero.
Bisognerebbe sgomberare il campo dal rumore di fondo di tutto quel che già si sa e si è scritto di cesare Angelini e Paolo De Benedetti, rispettivamente il "quasi evangelista" e il "quasi talmudista" di questo carteggio, per coglierne appieno i tratti. Due personalità di spicco del Novecento letterario e teologico che - missiva dopo missiva, in un lasso di tempo che va dal 1949 al 1975 - si addentrano l'uno nell'altro e si delineano nella reciproca relazione: lo sguardo di Angelini restituisce epistolarmente ritratti di De Benedetti, e viceversa.
Lettere nelle quali si respira aria di cultura - letteratura, teologia, poesia - in una cornice di "ironica letizia".
L’ambito d’interesse e la tesi di questo saggio sono indicati nel titolo: il lavoro di Richard Horsley e Tom Thatcher è una lettura innovativa del vangelo di Giovanni come racconto della missione di Gesù nel contesto storico della Palestina romana. Intento degli autori è di illustrare la rilevanza del vangelo giovanneo per la problematica del Gesù storico, mostrando in particolare come scopo di Giovanni sia di raccontare di un Gesù impegnato nel rinnovamento del popolo d’Israele contro coloro che lo governano, le autorità di Gerusalemme e i romani che le hanno insediate, e come «Io sono la risurrezione e la vita» trasferisca la speranza del rinnovamento da un futuro lontano al presente.
Sabina Baral e Alberto Corsani – in dialogo con Massimo Recalcati, Bruno Forte, Bruna Peyrot, Stefano Levi Della Torre, Eraldo Affinati, Vivian Lamarque, Michel Kocher, Elisabetta Ribet e Gianni Genre – raccontano di una fede che, oggi, mostra una certa esitazione a palesarsi, aggrappandosi a dettagli e piccole cose, per tentare egualmente il salto verso il «progetto più grande che Dio ha per noi».
«Perché balbettiamo quando si tratta di spiegare al nostro vicino di casa in cosa consiste la nostra fede? Perché ci sentiamo orgogliosi della nostra chiesa e del suo agire sociale, ma al contempo siamo titubanti nel dire che a muoverci è l’Evangelo? Nella Bibbia leggiamo che la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono: ma come dire, oggi, che quanto non si vede ha per noi credenti un significato? La bellezza della fede è che non dà risposte immediate, fornisce però un senso alla nostra vita. Oggi la ritroviamo nei dettagli, negli interstizi, nelle lacune, negli spiragli. Con l’aiuto di alcuni interlocutori, in queste pagine abbiamo cercato lo slancio per ripartire da qui senza rassegnazione e guardare al di là di un presente ripiegato su se stesso».
Sabina Baral, Alberto Corsani
Rivista dell'Istituto Superiore di scienze religiose «Beato Gregorio X» di Arezzo.
Due avvenimenti che hanno caratterizzato l’anno 2018 sono stati al centro della Giornata di Studio dell’Istituto francescano di spiritualità. Il primo riguarda direttamente il mondo francescano, il centesimo anniversario delle stimmate di padre Pio e il cinquantesimo anniversario della sua morte; il secondo è la pubblicazione dell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate di papa Francesco, che ha orientato la riflessione sul tema della santità.
Le relazioni principali hanno affrontato il tema della bellezza della santità nella Chiesa di oggi, le caratteristiche della santità francescana nelle più recenti canonizzazioni e alcune figure di santi francescani: padre Pio, Agnese di Praga, Junipero Serra e Massimiliano Kolbe.
Contemplare la ricchezza della tradizione di santità della famiglia francescana non ha uno scopo puramente archeologico. Come evidenzia il sottotitolo della giornata – Quale messaggio per il mondo di oggi? – l’interrogativo che i francescani si pongono è comprendere il loro ruolo nella Chiesa per rispondere alle attese degli uomini e delle donne di oggi.