
Giovanni Scoto, detto l'Eriugena (sec. IX), è senza dubbio uno dei pensatori più profondi e audaci dell'Alto Medioevo, capace di unire fides e ratio, tradizione latina e tradizione greca, Bibbia e arti liberali, in un'unica e armonica costruzione filosofico-teologica. In essa l'interpretazione della Scrittura gioca un ruolo centrale e costituisce il più difficile e importante campo d'azione della ragione umana. I significati del testo biblico sono infiniti, come innumerevoli sono le sfumature di colore che si ammirano in una sola penna di pavone, perché infinita è la ricchezza di Colui che nella Scrittura si rivela nascondendosi. Il volume introduce il lettore all'ermeneutica biblica di Giovanni Scoto, presentandone il contesto culturale, la dottrina e la pratica.
Il Trattato dei miracoli colleziona un grande numero di episodi miracolosi relativi alla figura di Francesco d'Assisi, che l'autore raccoglie da testimoni o riporta di prima mano. Partendo dal grande miracolo avvenuto al culmine della vita - l'impressione delle stimmate - che illumina il percorso di santità lungo l'intera esistenza di Francesco, Tommaso da Celano narra poi una lunga serie di prodigi avvenuti post-mortem, apparentemente meno importanti (soprattutto guarigioni), che permettono, tuttavia, di mostrare il volto di un santo attento e prossimo ai bisogni della gente umile capace di affidarsi a lui. In uno schema classico dell'agiografia medievale, l'autore riesce così a inscrivere un ritratto vitale del santo di Assisi, rimarcandone l'eccezionalità della figura.
Meister Eckhart (1260-1328) porta a compimento quella sintesi tra filosofia greca ed esperienza evangelica che costituisce forse l'espressione più alta della spiritualità cristiana. I Sermoni, con i quali ha inizio la lingua letteraria tedesca, contengono l'essenziale del suo insegnamento. L'opera raccoglie 104 sermoni, costituendosi come fonte di approfondimento spirituale e, al contempo, di conoscenza filosofica. Come infatti viene precisato nell'ampia introduzione di Marco Vannini, uno dei massimi esperti di Eckhart in Italia, non si può nettamente distinguere nell'insegnamento del religioso tedesco tra mistica e filosofia: l'inizio della fede è qui anche l'inizio della sapienza.
Già noto al grande pubblico, Lourdes. Cronaca di un mistero, pietra miliare nella letteratura sugli eventi di Lourdes, viene riofferto in una nuova edizione. È un prezioso racconto che con minuzia e maestria letteraria ricostruisce le diciotto apparizioni avvenute nella grotta di Massabielle e fornisce al lettore una preziosa riflessione sul loro significato. Pirenei, 11 febbraio 1858: Bernadette Soubirous, esile ragazzina di quattordici anni, racconta di aver incontrato una figura radiosa e gentile, la «Signora dagli occhi azzurri». Da quel giorno, fino al 16 luglio, Bernadette rivive la stessa scena per altre diciassette volte. Queste pagine sono una lettura affascinante in cui le cadenze romanzate del racconto si intrecciano felicemente al rigore scientifico della ricerca.
Il mito dell'Albero Sacro posto al centro dell'Eden risale ai primordi dell'umanità: è la suggestiva ipotesi di Mircea Eliade, tra i più grandi studiosi di storia delle religioni del XX secolo. L'Albero Sacro consentiva all'uomo di ascendere al cielo, stabilire un colloquio diretto con Dio, arrivare alla comprensione metafisica della realtà. Poi, con la perdita dell'innocenza, venne il giorno dell'esilio dall'Eden. Le grandi mitologie del passato hanno una radice comune: la nostalgia per il paradiso primordiale, sede della felicità e dell'immortalità. Ma qual è oggi la funzione del mito? Con la desacralizzazione della vita e del creato, l'uomo contemporaneo ha "rimosso" il simbolo nelle zone oscure della psiche, cioè nel sogno, nelle fantasie, nelle memorie ancestrali. Mircea Eliade procede in questo studio a un raffronto tra il variegato, trasparente e interpersonale spazio delle religioni e l'opaca e limitativa sfera dell'inconscio individuale. In questo ormai classico studio, l'autore interpreta in modo nuovo e anticonvenzionale i riti della madre terra, i sacrifici umani, i misteri orfici, i poteri degli sciamani, la mistica indiana, le pratiche dei monaci buddhisti, i valori delle Scritture ebraiche e cristiane, per approdare alle odierne dinamiche dell'immaginario. Mimetizzato sotto varie forme, il mito vive ancora, la nostalgia del paradiso è sempre presente e molte idee apparentemente nuove non sono che un prolungamento del pensiero arcaico.
In questi scritti, la frequentazione dei territori dell’arte, nell’ottica della coscienza religiosa, è concepita come un’avventura creativa dell’immaginazione teologica stessa: la teologia non “commenta” l’opera d’arte, cerca “l’illuminazione” che essa proietta su ciò che nella Parola resiste al commento che ­fissa il concetto. La pratica ermeneutica conseguente prende perciò distanza dalla riduzione dell’interesse teologico per l’opera d’arte a didascalia dell’idea religiosa (l’impostazione più diffusa nella teologia odierna). La restituzione teologica dell’atto estetico, ossia dell’invenzione creativa che, in esso, si sottrae alla pura intenzione utilitaria e strumentale, porta in campo un modo attivo e un valore aggiunto: diventa parte integrante della storia estetica dei suoi effetti. Nel cristianesimo, in particolare, quella restituzione riconsegna il mondo della creatura materiale, sensibile, figurale, agli affetti della fede: risplende così la bellezza e la verità del gesto anti-gnostico che ispira la rivelazione biblica (il mondo è un atto d’amore, non un effetto di corruzione). La creazione artistica è soglia e gradino dello spirito, non la sua ostruzione e il suo degrado.
Biografia dell'autore
Pierangelo Sequeri, teologo, musicologo, scrittore, è Consultore del Ponti­ficio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, della Segreteria del Sinodo dei Vescovi, della Ponti­ficia Accademia per la Vita. Già membro della Commissione Teologica Internazionale, è stato docente e preside nella Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e nel Ponti­ficio Istituto teologico Giovanni Paolo II di Roma, dove attualmente dirige la Cattedra «Gaudium et Spes». Tra i fondatori del «Centro Esagramma» di Milano, ha dato vita a una speciale metodologia di inclusione attraverso la condivisione della pratica musicale orchestrale. Le sue indagini nell’ambito della teologia fondamentale e dell’antropologia­ filoso­fica, dell’estetica teorica e della cultura musicale hanno fornito nuove piste di ricerca all’intelligenza credente e al pensiero contemporaneo, richiamando l’attenzione sui nodi di intersezione del sapere e della fede che de­finiscono al tempo stesso le criticità e le potenzialità della nuova epoca. Tra i suoi contributi di rilievo sistematico: Il Dio af­fidabile (Brescia 1996), L’umano alla prova (Milano 2002), Il sensibile e l’inatteso (Brescia 2016), Deontologia del fondamento (Torino 2016), L’iniziazione (Milano 2022), Iscrizione e rivelazione (Brescia 2022), Il grembo di Dio (Roma 2023).
Nel 787 d.C., nel pieno dello scontro dottrinario sull'iconoclastia, l'imperatrice d'Oriente Irene convoca il secondo Concilio di Nicea. L'intento è dirimere la dibattuta questione del culto delle immagini sacre. Esaminando le ragioni avanzate da iconofili e iconoclasti il Concilio definirà un elemento importante nell'esperienza di fede del Popolo: l'arte è capace di portare con efficacia davanti agli occhi la storia della pagina Sacra. L'icona diviene così strumento utile alla vita nuova donata nel Battesimo. L'arte sacra è viva e, in quest'ottica d'intercomunicazione, è formulata una nuova ipotesi in un passaggio definito "dal teologico al teologale". L'arte entra nella vita del credente e al tempo stesso la vita e le esperienze del credente, attraverso l'arte, possono esprimersi nel linguaggio teologico. È proprio a livello teologale - quello dove avviene l'incontro con Cristo, dove la teologia si salda con la vita - che l'uomo può trovare la sua massima espressione. Il volume segue la trama argomentativa degli atti del Concilio ed espone i principali argomenti esposti contro la fazione iconoclasta, fornendo uno sguardo completo sulle vicende e tratteggiandone i successivi sviluppi dogmatici.
Nel 1960, accompagnando l'ascesa alla Presidenza del primo cattolico, John Kennedy, sospetto in vasti settori dell'opinione pubblica protestante perché la Chiesa cattolica sembrava limitarne l'autonomia, il padre gesuita John Courtney Murray pubblicò We Hold These Truths - Catholic Reflections on the American Proposition, la raccolta dei propri scritti. In essa, a partire dal diritto costituzionale americano, proponeva di assumere pienamente la libertà religiosa come principio da valorizzare e non come male da tollerare. Kennedy si ispirò a Murray anche in un celebre discorso a Houston di quello stesso anno che ebbe particolare risonanza politica ed ecclesiale, anche ad anni di distanza. La prima apparizione italiana del testo (Morcelliana, 1965) intendeva accompagnare i lavori del Concilio Vaticano II ed in effetti ebbe un'influenza decisiva sulla Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae anche grazie ai rapporti di lunga data dell'autore con Paolo VI. Oggi, in concomitanza con l'ascesa alla Presidenza di Joe Biden, secondo cattolico dopo Kennedy, vede la luce questa nuova edizione, con una premessa e una nota biografica e bibliografica di Stefano Ceccanti, nella convinzione che alcune intuizioni di fondo del testo e della Dichiarazione possano avere ancora un significato.
Il Dio vivente è a un tempo fonte di ispirazione e anelito della ricerca filosofica di Schelling e di Pareyson, due dei maggiori esponenti dell'idealismo tedesco e dell'ermeneutica contemporanea. L'autore indaga le loro riflessioni sulla libertà e il male, sull'Inizio e la Trinità, in un confronto continuo della filosofia con i propri limiti e con i significati della religione. L'esperienza dello stupore della ragione è il punto di contatto attraverso il quale una conoscenza rigorosamente razionale, consapevole della propria finitezza ma anche delle proprie potenzialità, diviene capace di ascoltare il pulsare di una realtà ancora più grande. In forma simbolica, secondo una rappresentazione tragica della libertà, i problemi del bene e del male, del pluralismo e dell'interpretazione, del dialogo e della verità, della morte e dell'escatologia possono essere affrontati con illuminante passione.
Una raccolta di testi pubblicati dal sacerdote gesuita ceco Adolf Kajpr (1902-1959), pensatore acuto e dal talento straordinario, coraggioso predicatore e articolista, morto a seguito degli stenti patiti nei campi di concentramento nazisti e nelle carceri comuniste. È considerato testimone di un cristianesimo assoluto ed è accompagnato da fama di martirio. Nel 2019 è stato iniziato il suo processo di beatificazione, che dal 2021 è entrato nella fase romana. Kajpr era costantemente impegnato nell'intensa ricerca di Dio in tutte le cose e, con ciò, anche di modalità per diffondere la fede in Gesù Cristo tra i propri contemporanei, specialmente tra quelli dalla fede tiepida. Proprio per questo, con eccezionale capacità di discernimento, mostrò la luce che il cristianesimo gettava sulle vicende del tempo nella vita sociale e quale atteggiamento adottare verso di esse. I suoi testi erano espressione di interesse per le questioni pubbliche e per il bene materiale, così come per la salvezza eterna di tutte le persone.Ciò lo portò appunto a criticare le tendenze totalitaristiche della sua epoca, cosa di cui dovette pagare le conseguenze con le sue sofferenze e la sua morte. Le sue qualità fanno di lui un rappresentante del rinnovamento cattolico preconciliare.
L’ambito d’interesse e la tesi di questo saggio sono indicati nel titolo: il lavoro di Richard Horsley e Tom Thatcher è una lettura innovativa del vangelo di Giovanni come racconto della missione di Gesù nel contesto storico della Palestina romana. Intento degli autori è di illustrare la rilevanza del vangelo giovanneo per la problematica del Gesù storico, mostrando in particolare come scopo di Giovanni sia di raccontare di un Gesù impegnato nel rinnovamento del popolo d’Israele contro coloro che lo governano, le autorità di Gerusalemme e i romani che le hanno insediate, e come «Io sono la risurrezione e la vita» trasferisca la speranza del rinnovamento da un futuro lontano al presente.