
La perenne novità di Paolo di Tarso si radica nell’incessante novità del messaggio di cui si è fatto latore, conferendo ad esso quell’apertura universale che l’ha reso accessibile a tanti uomini ben al di là delle barriere di spazio e tempo. Una chiara conferma viene dalla presente pubblicazione in tre volumi che raccoglie 114 studi tra quelli presentati dal 1993 al 2009 nei Simposi tenuti a Tarso e Antiochia ed organizzati dall’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum. Si è voluto così mettere a disposizione degli studiosi di Paolo il frutto di tante ricerche di settore che confermano quanto gli studi paolini costituiscano un cantiere di lavoro mai chiuso. I tre volumi sono articolati secondo una quadruplice prospettiva (archeologia dei siti paolini e contesto storico/culturale, esegesi, teologia e recezione). Gli autori di questo imponente lavoro scientifico, appartenenti a diversi centri universitari europei, proprio sulla base della loro competenza nell’ambito degli studi paolini o di altri affini, offrono la migliore garanzia circa la serietà e l’importanza di questa pubblicazione, unica nel suo genere anche per la vastità degli argomenti trattati.
L’autore sottopone il testo di Luca alla verifica di una metodologia particolare, l’analisi retorica, la quale parte dal presupposto che le pericopi evangeliche non siano semplicemente giustapposte, ma organizzate. Potrebbe darsi infatti che i testi biblici aderiscano a una logica diversa da quella dei lettori moderni e che anomalie, incoerenze, rotture nel collegamento normale dei pensieri, siano da ricondursi a un modo di esprimersi e di comporre diverso dal nostro. Rispetto alle precedenti edizioni, il commento è rimasto “sempre in cantiere”: miglioramenti significativi riguardano alcune analisi testuali e parecchie interpretazioni.
Note sull'autore
Roland Meynet, nato nel 1939 a Thonon-les-Bains (Francia), è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1959. Ha conseguito le licenze in lettere, linguistica, teologia, scienze bibliche; la laurea in lingua e letteratura araba; il dottorato di terzo ciclo e il dottorato di ricerca in linguistica. Ha lavorato quattordici anni all’Università San Giuseppe dei gesuiti a Beirut dove è stato direttore del Centro di ricerche e di studi arabi e ha fondato il Centro di studi delle lingue moderne e la Scuola di traduttori e interpreti. Ordinario di teologia biblica, titolare dei sinottici, alla Facoltà di teologia dell’Università Gregoriana, è stato anche per parecchi anni professore invitato all’Università degli studi di Torino e alla Facoltà di teologia del Centre Sèvres di Parigi. Dirige inoltre, con Pietro Bovati, le collane «Rhétorique biblique» alle Editions du Cerf e «Retorica biblica» alle EDB. Ha pubblicato per le EDB Nuova introduzione ai Vangeli sinottici (2002), La Pasqua del Signore (2002), Morto e risorto secondo le Scritture (2003).
Per ritornare a gustare la freschezza dell'esegesi patristica in una moderna traduzione dei testi originali dei Padri. il volume si riferisce a testi veterotestamentari per quali è dubbia la canonicità, si tratta di scritti che appartengono all'Antico Testamento nelle edizioni cattolica e in quella bizantina ortodossa, ma sono assenti dalla Bibbia ebraica e protestante. Per questo mentre per i Protestanti tali testi sono definiti "Apocrifi" per i Cattolici sono chiamati "Deuterocanonici". Si tratta dei libri: Tobia, Sapienza di Salomone, Ecclesiastico, Baruch, Lettera di Geremia, Preghiera di Azaria, Susanna, Bel e il Drago. Da Ambrogio a Eusebio di Cesarea, da Agostino, Atanasio, Gregorio Magno, Origene, il commento dei Padri mette in luce la straordinaria ricchezza spirituale di questi testi. Introduzione di Angelo Di Berardino.
Il volume completa la pubblicazione della Bibbia Commentata dai Padri. Fin dagli inizi, l'interpretazione del Vangelo di Giovanni e della sua concezione della divinità di Cristo è stata al centro delle accese controversie teologico-dottrinali che scossero la Chiesa antica. Nel fiorire di studi e commenti dedicati all'opera giovannea ben si inserisce il volume, che raccoglie il meglio della riflessione patristica. Scopo del lavoro è offrire un campione rappresentativo delle tendenze esegetiche dei Padri su ogni singolo passo evangelico. Alla solida base offerta dai commenti di Origene, Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia, Cirillo di Alessandria, Agostino, si unisce un'ampia gamma di generi, opere e autori, che rende questo volume uno dei più ricchi della serie La Bibbia Commentata dai Padri. Anche l'approfondimento filologico (un'accurata descrizione dei problemi testuali e delle varianti presentate dai Padri) rappresenta una sostanziale novità per questa serie, nonché un'aggiunta rispetto all'edizione americana.
Da uno degli autori più fecondi dei primi secoli cristiani, un'opera di grande originalità, ricchezza e complessità. Secondo di quattro volumi.
Il volume è il primo dei due dedicati alle Omelie sul Levitico di Origene, 16 discorsi pronunciati dal Maestro alessandrino a Cesarea di Palestina dopo il 245 e a noi giunti nella traduzione di Rufino del 400-404. Il corpus omiletico viene presentato in maniera complessiva nell'introduzione generale, che parte dalla contestualizzazione storica della predicazione origeniana e della traduzione rufiniana e dei rispettivi destinatari; individua i principi ermeneutici e le tradizioni esegetiche su cui si fonda l'interpretazione, talvolta complessa, di un libro biblico che poteva apparire come un elenco di inutili precetti; indaga i grandi temi che percorrono l'intera raccolta, ovvero sacrificio, sacerdozio e purità. Seguono traduzione e puntuale commento storico-filologico delle prime 7 omelie, mentre le restanti si potranno leggere nel secondo volume, la cui pubblicazione è prevista a brevissima distanza dal primo. Ciascuna delle 16 omelie viene, inoltre, spiegata dal punto di vista della struttura e dei contenuti in una breve introduzione mirante a inquadrarla.
DESCRIZIONE: Gli Atti degli Apostoli, la seconda grande narrazione neotestamentaria di cui siamo debitori a Luca, il "caro medico", sta godendo ai nostri giorni di una rinnovata attenzione per gli incitamenti ad affrontare, quale comunità del Salvatore risorto, l’incontro con una temperie sociale analoga, nell’abissale lontananza bimillenaria, a quella della koine ellenistico-romana. È un testo tuttavia che per la ricerca esegetica fino a oggi suscita domande sul suo valore storico: ad esempio, il problema dei rapporti cronologici tra eventi riportati negli Atti e riferiti o accennati nelle Lettere di Paolo. Non vi è da stupirsene, se è vero che Luca, secondo una concezione ancora prevalente, è considerato "il primo storico cristiano" (M. Dibelius): il problema si ridimensiona quando si comprenda che gli Atti, proprio come il Vangelo dello stesso autore, intendono esporre la Storia della salvezza. Quindi l’opera ha inequivocabilmente un orientamento teologico, è annuncio e predicazione in forma di racconto storico: tale aspetto è messo in risalto in questo commento. Di conseguenza l’impostazione d’esso, secondo la concezione del Regensburger Neues Testament, si articola in tre passi ormai collaudati: I. Analisi (letteraria della storia della tradizione e della redazione); II. Esegesi (versetto per versetto); III. Evidenziazione degli aspetti importanti teologici e parenetici, anche in vista dell’omelia o dell’approfondimento del messaggio biblico nel nostro tempo. Sono poi importanti gli excursus (per esempio, sull’ascensione di Gesù, sull’apostolato e le testimonianze, sul battesimo cristiano, sulle origini e la gioventù di Saulo-Paolo, sulla morte di Stefano, sulla Chiesa-comunità, sul ministero e i suoi titolari...).
COMMENTO: Un limpido commento agli Atti degli Apostoli scritto da uno dei maggiori specialisti. Un libro di riflessione, esegesi, e attualizzazione del testo evangelico.
«Dopo Eichrodt e von Rad, la Teologia dell'Antico Testamento del biblista nordamericano Walter Brueggemann è destinata a diventare una pietra miliare nel campo della Teologia dell'Antico Testamento». Rolf Rendtorff (professore emerito di Antico Testamento, Università di Heidelberg)
Dalla quarta di copertina:
In questo libro straordinario, Walter Brueggemann porta la discussione di teologia dell'Antico Testamento oltre i modelli dominanti delle precedenti generazioni. Il biblista nordamericano mette a fuoco la metafora e l'immagine del processo giudiziario per osservare la sostanza teologica dell'Antico Testamento come una serie di affermazioni sostenute da Jahweh, il Dio d'Israele. Questo offre un contesto che presta attenzione al pluralismo di ogni dimensione del processo interpretativo e suggerisce collegamenti alla pluralità di voci del nostro tempo. L’interesse per il processo e l'interazione spiega i tre termini del sottotitolo:
- Testimonianza: il carattere di denuncia teologica dell'Antico Testamento deve farsi strada nel contraddittorio;
- Dibattimento: ci sono offerte concorrenti di verità, come in ogni caso legale;
- Perorazione: il ruolo della testimonianza è perorare una rappresentazione della verità che è fortemente in contrasto con altre versioni della realtà.
Brueggemann mette a fuoco il processo di asserzione teologica, l'enunciazione piuttosto che le questioni storiche, e cerca di vedere l'interpretazione ebraica e cristiana come operazioni parallele. Egli considera seriamente la “deludente" testimonianza resa a Dio, come pure le positive affermazioni di Israele a favore di Dio.
Recensioni:
Scrivere un libro dedicato alla teologia dell’AT richiede indubbiamente coraggio, data la quantità di elementi che vanno tenuti in considerazione e la mole bibliografica che occorre padroneggiare. L’A. richiama all’inizio le opere «classiche» di W. Eichrodt e di G. von Rad, ritenendo che non si possa oggi semplicemente ripetere quei modelli, che pure hanno svolto un ruolo fondamentale. Di fatto il contesto attuale è caratterizzato, a tutti i livelli, dal pluralismo, che ha evidenti ripercussioni anche sul modo di pensare la teologia biblica. Consapevole di questa realtà, l’A. dichiara che la teologia biblica, per essere fedele all’attuale contesto interpretativo attento al pluralismo, «deve mettere a fuoco non questioni contenutistiche o tematiche, ma i processi, le procedure e il potenziale interattivo della comunità contemporanea al testo» (p. 6).
Prima di procedere però nell’analisi, egli premette una lunga ricostruzione del cammino percorso dalla teologia biblica dalle origini a oggi. Tale ricostruzione è divisa in due parti: dalle origini alla fine di un periodo generatore e la situazione contemporanea. La fine del primo periodo si può individuare nel 1970, anno in cui viene pubblicato l’ultimo grande libro di von Rad (La sapienza in Israele), nonché un testo di B. Childs (Biblical Theology in Crisis) nel quale l’A. richiamò l’attenzione su una mutata situazione nella teologia dell’AT. In ogni caso, il periodo compreso tra il 1970 e il 1990 presentò due sviluppi importanti nello studio dell’AT. Il primo fu il rifiuto del modo di fare teologia dell’AT di von Rad e un ritorno al lavoro storico-critico con la sua tipica sospensione di ogni interpretazione teologica (p. 66). In secondo luogo, in quegli anni sono sorti vari metodi che hanno influenzato la successiva fase del lavoro scientifico. Tra questi metodi l’A. richiama l’attenzione soprattutto sull’analisi sociologica (N. Gottwald) e sulla critica retorica.
Nel secondo capitolo dedicato alla retrospettiva storica, prendendo m considerazione la situazione contemporanea, bisogna di nuovo prendere atto del pluralismo che domina l’esegesi attuale. Ciò significa che diverse interpretazioni entrano in conflitto e si scontrano. L’A. indica quattro interpreti contemporanei di teologia dell’AT, che adottano le più visibili opzioni metodologiche presenti oggi, B. Childs, J. D. Levenson, J. Barr e R. Rendtorff, sintetizzando brevemente le rispettive posizioni. Al termine di questa panoramica, alcune questioni emergono come centrali: innanzitutto, la critica storica va ridimensionata, perché il suo orizzonte ermeneutico appare troppo pesantemente condizionato da pregiudizi di natura ideologica. In secondo luogo, è necessario studiare l’AT, per quanto possibile, nella sua autonomia dalla teologia dogmatica o dalla chiesa. La teologia sistematica non tollera il carattere polifonico del testo biblico, mentre è necessario mantenere l’interpretazione aperta alla poliedricità del testo biblico. «È il lavoro di un serio interprete teologico della Bibbia quello di prestare rigorosa e accurata attenzione a ciò che è nel testo, senza riguardo a come è coerente con la consuetudine teologica della chiesa» (p. 149). Va inoltre mantenuta la giudaicità del testo biblico, scoprendo anche quale contributo l’AT può offrire al modo di trattare alcune questioni oggi cruciali (l’etica, la dimensione morale del potere ecc.).
Nelle parti che seguono, l’A. elabora la sua proposta teologica centrata sul modello della testimonianza. L’oggetto primario di una teologia dell’AT è Dio e, di conseguenza, molto importante è il modo in cui si parla di Dio. Tutte le questioni relative alla storicità del testo vengono ad essere messe tra parentesi. Infatti la domanda che guida la ricerca è: «Che cosa è detto?», non: «Che cosa è accaduto?». La categoria più ampia sotto la quale si può considerare il parlare di Israele su Dio è quella della testimonianza che viene resa, idealmente, in un tribunale, a fronte di alcuni che contestano l’assunto al quale si rende testimonianza. Tale testimonianza è presentata partendo dall’analisi di verbi, titoli di Dio, metafore applicate a Lui ecc., ricavando cioè a partire dai testi una sorta di grammatica della fede. La fede di Israele non si basa su una generica nozione di Dio, ma sulla testimonianza di ciò che Israele ha visto e ricevuto da Lui.
Nella seconda parte del volume si prende in esame la controtestimonianza d’Israele. La testimonianza propone un Dio che ordina il mondo e gli da vita, ma l’esperienza vissuta sembra contestare questo assunto. E ciò è oggetto di studio in questa seconda parte che sviluppa i temi del nascondimento, dell’ambiguità e della negatività di Dio. Nella terza parte, a nostro giudizio, il discorso non progredisce dal punto di vista teorico, ma viene arricchito quanto già presentato nella prima parte relativa alla testimonianza d’Israele. Il titolo di questa terza parte, infatti, è «La testimonianza spontanea d’Israele». Anche la quarta parte non ci sembra così integrata nello sviluppo del discorso, perché di fatto si allontana dalla metafora dominante delle prime due parti, sulla quale l’A. ha giustamente richiamato l’attenzione. Ora lo studio si concentra su «La testimonianza concreta di Israele» analizzando alcuni luoghi emblematici, come la Torah, il re, il profeta, il culto, il saggio, forme tutte di mediazione della relazione con Dio. Infine, la quinta e ultima parte è dedicata a una sintesi teologica di quanto emerso dall’analisi precedente, con una certa attenzione anche all’attualità.
In conclusione, si tratta di un volume ampio, ricco e impegnativo, a tutti i livelli.
D. Scaiola, in La civiltà cattolica 155 (2/2004) 99-100