
L'apocalittica: una nebulosa dagli spessori variabili, una matassa ingarbugliata. Verità che distruggono, segreti terribili trasmessi dal mondo degli angeli a quello degli uomini; peccati mostruosi fra cielo e terra; lotta cosmica tra demoni e angeli; coscienza della fragilità dell'uomo e della sua grandezza, del suo posto nel dramma della vita e della storia. Paolo Sacchi, messo da parte ogni tentativo di definizione preliminare dell'apocalittica, ha cercato di penetrare la nebulosa, di afferrare un capo della matassa. Mettendo a frutto scoperte recenti che mostrano come il cosiddetto Libro dei Vigilanti, solitamente considerato apocalittico, sia più antico degli altri scritti del genere, ha cominciato con lo studiare quest'opera trovando che essa sta a monte di una corrente di pensiero di grande importanza in Israele, se suoi elementi divennero comuni a tutto il giudaismo e altri poterono trasfondersi nell'essenismo e nel cristianesimo.
Con questo primo volume si inaugura la nuova edizione interamente rinnovata di un'introduzione sulla quale si sono formate generazioni di studenti e di cultori della Bibbia. Nella nuova versione l'autore della prima parte, riservata all'archeologia e alla geografia (Joaquín González Echegaray) è lo stesso della versione precedente, mentre le altre due parti sono state affidate ad autori nuovi (Francisco Varo si è fatto carico della storia, Ignacio Carbajosa è autore della sezione dedicata al testo e alla critica testuale). La parte che tratta dell'archeologia si arricchisce ora anche di utili carte geografiche; la parte storica espone la storia dell'Israele antico secondo i criteri interamente ripensati nella ricerca dell'ultimo ventennio, mentre la terza e ultima parte è opera di uno specialista del settore che illustra - anche con dovizia di esempi - la problematica e l'utilità dello studio critico dei testi e dei materiali originari per una lettura della Bibbia che miri a una consapevolezza libera da pregiudizi e al piacere del testo antico.
In questo commento discorsivo e scorrevole, Blenkinsopp esplora la storia biblica di Abramo, facendoci dono di un ritratto nuovo e creativo di questo intrigante antesignano per giudaismo, cristianesimo e islam. Mentre decifra i testi di Genesi 11-25, Blenkinsopp si concentra sull'arte letteraria e teologica della narrazione nel suo insieme. Egli discute inoltre una serie di questioni sollevata dalla saga di Abramo, tra cui la conferma delle promesse di Dio, il cosiddetto sacrificio di Isacco (anche in rapporto alla morte di Gesù) e il ruolo dell'altro figlio di Abramo, Ismaele. Ogni capitolo comprende poi una sezione intitolata «Colmare le lacune», che analizza con occhio critico una quantità di commenti ebraici, cristiani e islamici suscitati dal testo-base di Genesi nel corso dei secoli. Abramo ne esce illuminato di una luce nuova. Da storico esperto qual è, Blenkinsopp ci restituisce un riassunto solido ed essenziale del testo, delle sue affermazioni e delle sue ricche risorse per la fede. Concentrandosi infine sul ruolo e la funzione che la tradizione abramitica seguita a svolgere, al lettore e alla lettrice si spiega che cosa può significare il patriarca per i cristiani di oggi.
Dopo la Legge e i Profeti vengono gli Scritti, che le nostre Bibbie chiamano Libri sapienziali. Essi esplorano il modo di vivere la propria fede negli aspetti più quotidiani e banali dell'esistenza umana, così come nelle prove della vita... Partendo dalla domanda:«Dove trovare la sapienza?», gli autori biblici arrivano a chiedersi: «Chi è la Sapienza?». Ora, più la si conosce, più si prende coscienza che essa è seduta accanto a Dio, pur essendo dalla parte degli uomini. Accompagnare il più fedelmente possibile la comprensione di questi libri, come si fa qui, permette di prestare attenzione alla lettera e alla struttura dei testi, che sono sempre finemente costruiti. In questo modo possiamo entrare in un'esperienza di lettura simile a quella della vita e in un movimento che ci conduce alle soglie del Nuovo Testamento. In questa sua introduzione alla lettura dei libri sapienziali, Jean-Marie Carrière alterna oculatamente i classici capitoli dedicati ai singoli libri sapienziali, ricchi di tabelle e di rimandi al testo, con alcuni originali "Interludi" a tema trasversale, focalizzati sull'educazione, il comportamento sociale, la politica, la creazione, il male e la morte e così via. Una introduzione innovativa agli Scritti sapienziali, maturata in anni di lenta meditazione e di confronto con la vita. Una bussola contemporanea: l'autore non si limita all'esegesi, ma illustra la portata dei libri sapienziali per l'azione sociale oggi. La sapienza abita là dove, nel cuore della vita, un'armonia divina si intreccia al tessuto della nostra esistenza.
In quesro saggio l'autore analizza i molti enigmi connessi a Mosè, nella storia, nel culto e nella nostra psiche.
Molte volte l'indagine esegetica ha affrontato la relazione tra il Deutero-Zaccaria e i vangeli della passione. Ha senso affrontare il tema ancora una volta? Certamente no, se questo significa precisare nuovamente la dipendenza genetica dagli oracoli profetici delle tradizioni o delle redazioni evangeliche. Ma se l'obiettivo è invece quello di analizzare il senso e la funzione di questa relazione, allora il campo di lavoro è aperto e affascinante. Il presente studio si concentra cosi sui testi di Zc 9-14 riconosciuti come intertesti di Mt 21-27, per ascoltane le risonanze di significato dentro la comunicazione portata avanti dal primo vangelo. È anche mediante questa relazione intertestuale, infatti, che viene costruito il lettore modello di Matteo. In considerazione di ciò, l'approccio metodologico utilizzato nell'analisi è decisamente innovativo. Esso infatti si muove nell'ambito dell'intertestualità, intendendo quest'ultima però come un preciso strumento pragmatico provveduto dall'autore modello. L'analisi è funzionale ad una sintesi che rilegge complessivamente la strategia intertestuale nella sua funzione comunicativa; essa inserisce in particolare alla comprensione della dinamica teologica del "compimento", nonché ad una ridefinizione che il lettore modello è chiamato ad operare circa il volto del Messia e i tratti caratteristici della comunità radunata intorno a lui.
Lo stile di Isaia indulge spesso al paradosso, all'ironia, all'ambiguità. È uno stile oscuro, che può condannare il destinatario antico e moderno all'incomprensione e all'indurimento (cf. Is 6,10 e 29,9-12). Integrando attenzioni sincroniche e diacroniche, il presente studio indaga tale aspetto sinuoso della lingua isaiana, esplorandone le concrete forme espressive, nonché l'impatto che esse ebbero sulla tradizione posteriore, cristallizzata nel deposito scritturistico. Pur non ignorando le molteplici sfumature di oscurità rinvenibili nel corpus di riferimento (Is 1-39), la ricerca si concentra su un segmento preferenziale dello stesso, il c. 29. Il testo, infatti, è frequentemente chiamato in causa per il suo carattere enigmatico, contradditorio, ambiguo. Nel suo insieme, Is 29 è anzi paradigmatico dell'oscurità isaiana: dei fattori che la produssero, dei coefficienti espressivi in cui essa si declinò, degli strascichi che essa lasciò nella tradizione posteriore e, infine, dello straniamento che essa continua a produrre sul lettore. Dall'indagine emerge una recezione controversa dell'espressività poetica del profeta, bilanciata tra accoglienza e superamento dei paradossi di siffatta comunicazione. Al contempo, l'indagine offre un quadro complessivo dell'oscurità isaiana, evidenziando, in particolare, la funzione poetica dell'ambiguità, dell'ironia e di un uso straniante della metafora.
L’evangelo, in quanto "biografia" di Gesù, è racconto e insieme commento. Punto di partenza della lettura dell’opera matteana proposta dall’autore è la convinzione che sia da considerare come un midrash - una riscrittura creativa - dell’Evangelo secondo Marco. Un midrash che produce due effetti: da un lato, una notevole espansione delle parti discorsive, dall’altro, una certa semplificazione del tessuto narrativo. Tutto ciò viene messo al servizio di una rilettura teologica dell’esistenza di Gesù, operata sullo sfondo della distruzione di Gerusalemme. Il Gesù di Matteo acquista così i tratti della divina Presenza che ormai non dimora più nel tempio ma è "con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
I contributi raccolti in questa silloge intendono offrire un punto di vista privilegiato sul fertile rapporto tra il logos filosofico e il logos rivelato nel cruciale torno cronologico della metà del VI secolo. Il volume mette al centro dell'attenzione un'opera poco studiata ma fecondissima di spunti storico-esegetici qual è il De opificio mundi di Giovanni Filopono, figura assolutamente eccezionale di aristotelico cristiano, parimenti versato qual era sia nell'indagine filosofica sia nell'àmbito teologico e che, con la sua opera, mette pienamente in evidenza l'intreccio tra la tradizione aristotelica e la rivelazione biblica nella temperie tardoantica.

