
Uno dei teologi più importanti e innovativi affronta i nodi cruciali che, dopo le guerre di religione e la nascita della modernità, hanno dato origine a conflitti ancora irrisolti. Due i nuclei tematici al centro della sua riflessione: lo scavo del senso della Parola biblica e l’ascolto e il confronto critico con la modernità, abbattendo i muri della reciproca diffidenza e aprendo prospettive di dialogo e rispetto.
L’ermeneutica rizziana scardina modelli di pensiero e di azione all’apparenza incontrovertibili e naturali e propone piste alternative inedite, non per cedere alle mode della contemporaneità ma per la fedeltà all’oggi della Parola e all’oggi dell’uomo, al quale la Parola si rivolge come dono e come compito.
«Per capire chi è Dio e chi è l’uomo nella Bibbia, e coglierne la differenza sostanziale dal pensiero greco, devo impegnarmi a pensare dentro la Bibbia: pensare, ma “dentro la Bibbia”; dentro la Bibbia, ma “pensare”. È una questione fondamentale di metodo da cui dipende l’adeguata ricerca del contenuto».
Chi ha letto un solo rigo della teologia rizziana e quanti si confronteranno con questo o altri suoi testi non tarderanno a scoprire che sono proprio questi i temi che, come note musicali, risuonano continuamente in ogni sua pagina.
Nel corso del secolo che sta per concludersi l'interpretazione della Bibbia nel mondo occidentale ha come oscillato fra alcuni estremi: a una lettura scientifico-razionalista si è spesso contrapposta una sensibilità esasperatamente misticheggiante, e accanto a queste si sono fatte largo interpretazioni ideologiche o "selvagge" della Scrittura, del tutto estranee alle tradizioni ermeneutiche giudaica e cristiana.
Le antiche versioni della Bibbia traduzioni, tradizioni e interpretazioni
di Giovanni Rizzi.
L’intento è far conoscere meglio le antiche versioni della Scrittura a noi note: mostrarne le caratteristiche, indagare le tradizioni che stanno alla base delle scelte compiute dai traduttori. Ci si sofferma in modo particolare sull’antica versione latina della Vulgata, che ha esercitato un ampio influsso sulla liturgia e sulla teologia della Chiesa d’Occidente. La Scrittura non solo ha dato vita a traduzioni, ma anche a tradizioni interpretative: il lettore può scoprire così l’intreccio esistente tra Scrittura e traduzioni, tra tradizioni e interpretazioni.
Il volume offre un percorso agile, con informazioni storiche essenziali ed esemplificazioni mirate, per orientarsi nel mondo delle antiche versioni della Bibbia, strumenti di approfondimento e una breve bibliografia che indica le principali edizioni delle versioni studiate.
destinatari
Sacerdoti e laici, studenti, membri di gruppi biblici
autore
Giovanni Rizzi appartiene all’Ordine dei Padri Barnabiti. Ha compiuto i suoi studi di specializzazione in Sacra Scrittura presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. È professore straordinario di Antico Testamento nella facoltà di teologia della Pontificia Università Urbaniana a Roma. Ha dedicato diversi studi alle versioni antiche e moderne della Bibbia, pubblicando, insieme a S.P. Carbone, sei volumi sulle versioni aramaica e greca dei Profeti minori, confrontate con il testo ebraico masoretico (Dehoniane, Bologna 1992-2001). Ha inoltre pubblicato uno studio in tre volumi sulle edizioni della Bibbia presso la Biblioteca della Pontificia Università Urbaniana (Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, Urbaniana University Press, Roma 2006).
Affermare che per tradurre occorre interpretare non è una provocazione, ma una constatazione ricavabile da un’indagine attenta di una tradizione ormai bimillenaria nel giudaismo e nel cristianesimo. L’interpretazione di un testo emerge già dalla sua stessa traduzione. La campionatura di esempi inseriti nel libro e tratti dalle più importanti traduzioni della Bibbia in italiano, ne è la prova più evidente.
Uno strumento agile ma completo per conoscere le versioni italiane della Bibbia che hanno avuto Grande importanza nella nostra tradizione culturale e religiosa.
Destinatari
Studenti, sacerdoti e membri di gruppi biblici.
L’autore Giovanni rizzi (1950) appartiene all’Ordine dei Padri Barnabiti. Ha compiuto i suoi studi di specializzazione in Sacra Scrittura presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. È professore straordinario di Antico Testamento nella facoltà di teologia della Pontificia Università Urbaniana a Roma. Ha dedicato diversi studi alle versioni antiche e moderne della Bibbia, pubblicando, insieme a S.P. Carbone, sei volumi sulle versioni aramaica e greca dei Profeti minori, confrontate con il testo ebraico masoretico (Dehoniane, Bologna 1992-2001). Ha inoltre pubblicato uno studio in tre volumi sulle edizioni della Bibbia presso la Biblioteca della Pontificia Università Urbaniana (Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, Urbaniana University Press, Roma 2006) e, in questa collana, Le antiche versioni della Bibbia. Traduzioni, tradizioni e interpretazioni (Cinisello Balsamo 2009).
Giudici, originariamente indipendente dal libro di Giosuè, un’esperienza «storica» conclusa senza necessità di un «prolungamento» in 1Sam 1-8, fu poi inserito nel blocco dei «profeti anteriori», dopo Giosuè, così da formare anche la «grande storia», dalla creazione del mondo all’esilio babilonese (Genesi-2Re). Questo libro biblico è una rivisitazione di alcune tradizioni tribali soprattutto quelle del Nord rielaborate alla luce di un monoteismo yahwista esclusivo e universale, che conserva anche la memoria di tratti più antichi e problematici. Per l’Israele di Dio, Giudici disegnava lo spirito da vivere al ritorno nella terra dei padri (sradicamento dei culti idolatrici; pulizia etnica delle popolazioni pagane; divieto dei matrimoni di mista etnia e di mista religione).
La violenza senza compromessi comandata da Dio stesso, quella decisa dagli uomini e quella condannata dal Signore e dal redattore, non impressionò le tradizioni ermeneutiche nel giudaismo. La versione dei LXX, in parte, vi lesse la decisione divina di abbandonare Israele al suo destino. Il Targum ne sottolineò l’interpretazione escatologica e Giuseppe Flavio ne volle esaltare le virtù amate nel mondo romano. Altri ne trassero elementi per una riscossa d’Israele in epoca romana. Il NT volle illuminare il senso letterale della violenza facendovi irrompere la luce di Giovanni «il battezzatore», di Gesù e di Maria. Le antiche versioni cristiane di Giudici, come i commentatori di lingua greca, latina e siriaca si misurarono con il senso letterale, nel limite del possibile, tenendo conto in ultima istanza dei valori indicati nel NT.
Punti Forti
• La traduzione spesso letterale del testo ebraico ha permesso un proficuo confronto con le antiche versioni.
• L’interpretazione si misura con il senso letterale del testo ebraico e con le antiche interpretazioni giudaiche, il NT e le interpretazioni cristiane antiche.
• La violenza, che campeggia nel libro biblico Giudici, è guardata con realismo senza giustificazioni di sorta.
Autore
Giovanni Rizzi è sacerdote religioso dell’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo, noti come Barnabiti. Ha conseguito i titoli accademici in S. Scrittura a Gerusalemme (1980) e attualmente insegna come professore stabile di Antico Testamento nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Urbaniana. Fra le varie pubblicazioni, si possono segnalare: Le Scritture ai tempi di Gesù. Introduzione alla LXX e alle antiche versioni aramaiche (in collaborazione con S.P. Carbone 1992); Le antiche versioni della Bibbia. Traduzioni, tradizioni e interpretazioni (2009). Esse hanno attinenza con l’attuale volume su Giudici pubblicato con Paoline: Giudici. Nuova versione, introduzione e commento (2012).
Dopo un lungo lavoro vede finalmente la luce lo studio che ha impegnato l'autore nella ricerca e nella ricostruzione del patrimonio biblico documentato presso la Biblioteca della Pontifica Università Urbaniana e costituito da edizioni critiche della Bibbia, per l'AT (Ebraico, Greco, Latino), per il NT (Greco e Latino) e per parti distinte sia dell'AT come del NT; a questo genere di edizioni vanno aggiunte alcune della Bibbia Poliglotta e altre specifiche dei targumim aramaici, sia nei testi originali, come in traduzioni scientifiche. Numerose anche le varie edizioni delle Scritture nelle antiche versioni in Greco, Samaritano, Armeno, Siriaca, in Copto, Etiopico, Slavonico o Slavo antico, in Farsi, in Arabo. Dal quadro complessivo dell'opera, unica nella concezione anche se distinta in tre volumi, emerge un importante contributo filologico che implica la considerazione riservata alla storia linguistica, e nello stesso tempo teologica e culturale, delle versioni della Bibbia; in molti casi queste versioni emergono all'inizio della storia di molte Chiese e quindi ne giustificano una trattazione previa nelle rispettive aree geografiche di appartenenza.
L'edizione quadriforme del libro dell'Esodo, utile per recepire il testo biblico in lingua originale e affrontare le difficoltà delle lingue antiche, propone: ? il testo ebraico masoretico (TM) della Biblia Hebraica Stuttgartensia, basata prevalentemente sul Codex Leningradensis B19A, datato circa 1008;? il testo greco nella versione dei Settanta (LXX) di Rahlfs, basata prevalentemente sul Codex Vaticanus (B) risalente al IV secolo dopo Cristo;? il testo latino della Nova Vulgata, redatta nel post-concilio e normativa per la liturgia cattolica;? il testo della Bibbia CEI 2008, normativa per la liturgia italiana, con paralleli essenziali a margine e segnalazione dei termini difformi dall'ebraico;? la traduzione interlineare italiana di ebraico e greco, eseguita a calco e orientata a privilegiare gli aspetti morfologico-sintattici del testo originale.
La prova delle persecuzioni
L'attesa serena della venuta di Cristo
L'assenza di segni premonitori della sua venuta imminente
Beverly Roberts Gaventa illustra con precisione le marcate somiglianze, di struttura e linguaggio, e le considerevoli differenze, di tono e contenuti, di I e II Tessalonicesi, identificando in ciascuna epistola alla comunità fondata da Paolo nella capitale della provincia romana di Macedonia gli elementi che oggi le rendono importanti per la vita della chiesa.
Roberts Gaventa si colloca tra gli studiosi che, considerando indubbiamente paolina la prima lettera, ritengono viceversa pseudoepigrafica II Tessalonicesi.
La diversa attribuzione delle due epistole spiega così il contrasto tra le visioni teologiche dei due testi, in particolare riguardo al tema escatologico della parusia, il ritorno di Gesù.