
Marco ci conduce a rispondere, insieme a Pietro, alla domanda "Chi è Gesù di Nazaret?". Gesù è il Cristo, cioè l'atteso di Israele e, si potrebbe aggiungere, l'atteso di ogni uomo che custodisce nel cuore una speranza. Ma poi, nella seconda parte del Vangelo, Marco ci aiuta ad andare oltre le nostre attese. Gesù, infatti, si presenta come colui che supera e spezza nello stesso tempo tutti gli schemi umani; è il messia, ma il messia sofferente; ha un rapporto unico con Dio ma questo rapporto si rivela pienamente solo nel momento della sua passione e morte.
«Accade talvolta che il cristianesimo venga assimilato ai miti e considerato un relitto del passato, destinato a scomparire con il tempo; è parso allora bene a me, povero cristiano, di esporre per ordine il racconto della fede: la memoria, la promessa, la legge con cui la fede dà forma all' esperienza dell'uomo. Spero di testimoniare così che il vangelo di Cristo è uno stimolo a vivere umanamente, non un impedimento; che provoca ad aprirsi agli altri con fiducia, non a chiudersi nella torre d'avorio delle proprie convinzioni; che sollecita ad amare e non odiare, a perdonare e non a vendicarsi, ad accettare lealmente la verità così come s'impone alla ragione e non a deformarla per paura o per interesse».
Fede, speranza, amore, comunità, croce: le parole chiave di un nuovo umanesimo capace di rispondere alle sfide di oggi, nel segno di Gesù Cristo. In un cammino che dalle parole della vita quotidiana porta alla Parola della Bibbia.
Lo scopo del presente volume e di guidare a una prima lettura del libro di Ezechiele.
Il testo rappresenta un commento ed un'analisi esegetica della prima lettera di San Giovanni. Le frasi e le spiegazioni, costruite sulla Parola di Dio, aprono orizzonti infiniti e profondissimi. Il testo è stato completato da un ampio indice delle citazioni bibliche, l'autore inoltre ha voluto che i titoli delle singole parti del commento fossero gli stessi riportati dalla Bibbia di Gerusalemme.
L’Apocalisse dovrebbe regalarci una specie di patrimonio di fantasia, di immaginazione che vi permetta di ritrovare la presenza del Signore e il suo mistero in persone, avvenimenti, cose, immagini: insomma, una trasfigurazione della realtà e questo è un cammino prezioso anche perché dovrebbe aiutarci a purificare l’immaginazione.
Questa purificazione è uno dei grandi campi del cammino dell’ascetica. L’unico modo per purificare tutte quelle immagini che ci portiamo dentro al cuore e che sono fondamentalmente egoistiche, è quello di sostituirle con altre che vengono dal Signore e che ci riconducono istintivamente, facilmente a Lui.
È il cammino che hanno tentato di fare i padri del deserto attraverso l’abbandono della vita delle città, del mondo, per trovarsi soli con il Signore. Essi desideravano purificare anche i sentimenti profondi istintivi che non sono peccato, perché non dipendono ancora dalla volontà, ma che bloccano il cammino dell’uomo nella fede e nella carità e che hanno quindi bisogno di essere rigenerati, purificati, cristianizzati. Questo l’Apocalisse lo può fare molto bene.
Queste dunque le due premesse. State attaccati al testo e cercate di interiorizzare le immagini e le parole che il testo vi regala.
(dall’introduzione dell’autore)
Ecco che la debolezza diventa un elemento utile e prezioso. L'applicazione alla vita pastorale è da inventare, secondo quello che il Signore e lo Spirito ci suggerirà. Però questo ci aiuta a non lasciarsi prendere sempre dall'avvilimento quando ci si rende conto che le forze fisiche, economiche, di riconoscimento sociale... sono scarse. Quando comprendiamo che tutte queste cose sono a un livello basso, non deve venir meno la fiducia e la confidenza nel valore del Vangelo che, anzi, può e deve diventare ancora più grande. Questo libro è una riflessione sulla Seconda lettera ai Corinzi, nella quale Paolo è costretto a difendere il proprio apostolato da critiche che gli sono state rivolte e, pertanto, è costretto a riflettere sulla sua esperienza di apostolo. Tale riflessione paolina può diventare ricchissima dal punto di vista della comprensione della nostra vocazione e del significato della pastorale che viviamo oggi.
Un profeta che ha parlato 2700 anni fa in un piccolo santuario ha ancora qualcosa da dire a noi, uomini del terzo millennio? I temi della giustizia, della povertà e della ricchezza, del poter e degli abusi del potere sono antichi ma non hanno perso di attualità. soprattutto non ha perso attualità la motivazione che sta sotto le accuse di Amos.