
La Lettera di Yaaqov/Giacomo, compresa nel Nuovo Testamento fra le sette lettere definite "cattoliche" per la loro destinazione ad un pubblico più vasto di quello a cui si rivolgeva l'epistolario paolino, è stata sin dai tempi più antichi oggetto di dispute circa la sua datazione e la sua paternità. Più recenti studi e nuove scoperte rafforzano le tesi volte ad affermare l'antichità e l'attribuzione a colui che viene espressamente indicato come l?Autore.
La Lettera ai Romani, uno degli scritti paolini più importanti del cristianesimo nascente, è molto ampia e ricca di tematiche complesse, con passi di ardua interpretazione. Fin dalle origini è divenuta uno dei capisaldi di quella teologia della sostituzione per la quale l'ebraismo e tutti i suoi valori fondanti erano ritenuti il "vecchio" da cui liberarsi per fare posto al "nuovo", ossia la fede cristiana. Come hanno già fatto per la Didachè (2009), per la Lettera di Giacomo (2011) e per la Lettera agli Ebrei (2013), anche con la Lettera ai Romani i curatori si sono proposti di offrire un contributo per una sua reinterpretazione che ne metta in luce i profondi legami con l'ambiente ebraico d'origine. Secondo questa nuova lettura, Shaul/Paolo appare come colui che ha cercato di raggiungere fuori della Terra d'Israele coloro che sono fuori della Torah, poiché Ha-Shem, il Signore, non è solo il Dio d'Israele ma di tutta l'umanità. È significativo che, quando il Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Nostra Aetate volle ridefinire in modo più positivo i rapporti con l'ebraismo, si sia ispirato proprio alla Lettera ai Romani per riconoscere che «gli Ebrei, in grazia dei Padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento» (Rm 11,28-29).
Shaul/Paolo ha avuto un'importanza tale che alcuni lo hanno addirittura considerato il vero fondatore del Cristianesimo. In questo volume viene proposta un'interpretazione del pensiero e dell'opera dell'Apostolo che è in accordo con la più recente linea di studi paolini, secondo la quale Shaul non è un convertito ma un convertitore. Egli viene chiamato ad essere profeta, vuole raggiungere i popoli fino ai confini del mondo e raccoglierli prima della venuta di Gesù alla fine dei tempi, che ritiene imminente. Indossate le vesti di un nuovo Geremia, Shaul svolge la sua missione per inserire i pagani nella storia della salvezza. Il suo compito è la conversione messianica delle genti nel breve tempo che resta.
Questa nuova traduzione con commento integrale permette di ricostruire nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli i legami di Yeshua ben Yosef (Gesù) con l'ambiente ebraico d'origine, di risalire al contesto culturale e spirituale dell'ebraismo in cui viveva e in cui si è formata la prima Comunità. Nelle Lettere di Shaul/Paolo viene proposta un'interpretazione del pensiero e dell'opera dell'Apostolo in accordo con la più recente linea di studi paolini, secondo la quale Shaul non è un convertito ma un convertitore, la cui missione è inserire i pagani nella storia della salvezza. Esaminate nel quadro del loro contesto storico, profondamente segnato dall'oppressione romana e poi dalla distruzione di Gerusalemme e del Tempio, le Lettere apostoliche costituiscono un prezioso documento sulla vita delle prime Comunità messianiche, quando ancora non esisteva frattura tra ebraismo e cristianesimo. L'Apocalisse, affascinante per la ricchezza del suo simbolismo, ma concretamente ancorata alla drammatica situazione storica, non invita a una fuga dalla realtà o a un compromesso con il potere, ma, al contrario, esorta a restare in attesa della Venuta. Nuovo Testamento. Una lettura ebraica è un'opera scrupolosa che studia con serietà i testi cristiani per comprendere come l'antigiudaismo si sia inserito in scritti originariamente giudaici, è un contributo al futuro del dialogo ebraico-cristiano e al raggiungimento della pace per tutta l'umanità.
Quali sono i legami dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli con l'ambiente ebraico d'origine? È possibile rintracciare, attraverso il greco della koiné, le parole e le espressioni che consentono di risalire al contesto culturale e spirituale dell'ebraismo in cui viveva Yeshua ben Yosef (Gesù)? Yeshua, infatti, non parlava né in greco né in latino, ma in ebraico e in aramaico. Questo libro affronta con estremo rigore la sfida di rispondere a tali interrogativi, permettendoci così di scoprire - grazie a una nuova traduzione dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli - l'universo religioso e culturale in cui si è formato Yeshua. Poiché l'antigiudaismo ha avuto, e continua ad avere, un ruolo rilevante nella storia degli ebrei, abbiamo un motivo essenziale per studiare i testi cristiani: come è possibile che esso tragga origine e si alimenti dell'insegnamento di un giudeo come Yeshua? Piuttosto che declamare solenni e retoriche condanne dell'antisemitismo, i curatori del volume sono convinti che occorra un paziente lavoro di studio dei testi per scoprire le modalità attraverso le quali l'antigiudaismo si è inserito in scritti originariamente giudaici.
Le Lettere cattoliche, la Didachè, la Lettera agli Ebrei e l'Apocalisse vengono qui lette nel quadro del loro contesto storico, profondamente segnato dall'oppressione roana e poi dalla distruzione di Gerusalemme e del Tempio. Le Lettere costituiscono un prezioso documento della vita delle prime Comunità messianiche, quando ancora non esisteva frattura tra ebraismo e cristianesimo. Nella stessa linea si interpreta anche l'Apocalisse, affasciante per la ricchezza del suo simbolismo, ma anche ancorata molto concretamente alla drammatica situazione storica, un'opera che non invita a una fuga dalla realtà o a un compromesso con il potere, ma, al contrario, esorta a restare in attesa della Venuta.
Da quasi due millenni Giuda è l'emblema stesso del tradimento e della perfidia. Ai tratti negativi disseminati nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli si sono assommate nel corso dei secoli caratteristiche altrettanto infelici tramite i commenti e le rappresentazioni artistiche. In una chiave ermeneutica segnata da una crescente demonizzazione, Giuda è stato identificato come il rappresentante per eccellenza del popolo ebraico, il popolo "deicida". D'altra parte nei testi più antichi - le Lettere apostoliche, le lettere di Shaul/Paolo, l'Apocalisse - non compare nessun riferimento all'apostolo che avrebbe svolto un ruolo così decisivo nella storia della Redenzione. A partire dalla constatazione che il verbo greco paradídomi non significa 'tradire' ma 'consegnare', gli autori propongono una nuova interpretazione della figura di Giuda e dei motivi che lo avrebbero indotto a consegnare Yeshua/Gesù alle autorità templari.
Il libro rilegge l'intera storia di Giobbe alla luce del timore di Dio. Il testo biblico, infatti, presenta un lessico della paura e del terrore particolarmente sviluppato e si avvale di quasi tutte le radici dei verba timendi dell'ebraico biblico. Timorato di Dio, Giobbe esprime rispetto reverenziale, amore e terrore. Il testo gioca sull'ambiguità semantica del verbo «temere» per creare un cortocircuito nell'idea tradizionale del timore del Signore, secondo cui chi lo teme vive felicemente, mentre gli empi sono afflitti da prove e dolori. Gli amici del protagonista rappresentano bene la sapienza tradizionale, ancorata in modo intransigente alla giustizia retributiva. L'opera non intende annullare tale giustizia - in tal senso l'epilogo è molto eloquente - ma certamente contrasta il bieco meccanicismo con cui gli amici la concepiscono.
I primi undici capitoli della Genesi sono da millenni al centro dell'attenzione di esegeti e teologi e costituiscono per molti aspetti un vero e proprio codice della cultura occidentale all'interno delle Sacre Scritture di Israele e della Bibbia cristiana. L'interpretazione delle note vicende di Adamo ed Eva, di Caino e Abele, del Diluvio, della Torre di Babele esige una costante attenzione al testo biblico e alla sua corretta esegesi. La crisi della teoria documentaria, accolta una tempo come spiegazione completa ed esauriente circa la formazione dell'attuale racconto biblico, ha decretato nell'ambito degli studi biblici degli ultimi cinquant'anni un'attenzione prevalente all'arte narrativa e ad una lettura canonica di quegli scritti. Questo volume propone una rilettura esegetica attenta che non rigetta il valore di oltre due secoli di critica letteraria e anzi ne mette in risalto il contributo per una feconda interpretazione del testo, proponendo tuttavia una diversa relazione tra le fonti letterarie rispetto alla classica teoria documentaria. Tutto ciò senza rinunciare alla fecondità dell'approccio narrativo al testo come racconto così come si presenta nella forma definitiva della Bibbia.
Come fanno i giovani universitari, già pieni di impegni e di libri da studiare, a trovare il tempo e il desiderio per infilare nelle loro giornate anche la Lectio divina? Non suonerà piuttosto old fashion una proposta del genere? Certo, non è per tutti. Occorrono alcuni ingredienti non sempre facili da trovare nella medesima persona: un minimo di fede cristiana, alcuni minuti al giorno e il coraggio di provarci, fidandosi di chi assicura che ci saranno dei vantaggi. La vita universitaria è infatti ricca di stimoli, non solo intellettuali ma anche affettivi e spirituali. L'approccio critico alla realtà, in tutte le sue sfumature, pone domande che non possono girare attorno alla fede, ma devono interrogarla. Non è possibile che la fede rimanga bambina, quando la ragione diventa adulta. La fede non è un soprammobile donato una volta per sempre, che richiede al massimo qualche spolveratina; è un organismo vivo, si rafforza o si attenua con noi, può crescere ma può anche diminuire o spegnersi.
Il volume raccoglie otto riflessioni che formano un affresco sorprendente su come l'evangelizzazione (la "buona notizia" dell'interesse di Dio per l'uomo) è "narrata" e concretizzata dai più diversi - e forse insospettati - protagonisti dell'intera Bibbia; e su come l'evangelizzazione influisca sulle culture e ne sia influenzata, su come le formi e ne sia a sua volta formata.
Una raccolta di riflessioni, frutto dell'ascolto dei brani evangelici di Matteo, in occasione dell'Anno Liturgico del Ciclo A, suddivise secondo i tempi di: Avvento, Natale, Quaresima, Pasquale, Ordinario. L'Autore, con uno stile sobrio e di grande impatto, esplora i meandri della coscienza, a confronto con la parola di Gesù. L'obiettivo è certamente quello di rendersi consapevoli, perché l'intimo divenga familiare. Ogni meditazione si conclude con una preghiera, perchè l'accettazione della propria povertà e la riconciliazione offerta dal Pietoso, divenga occasione di pace, di riconoscenza e di gratitudine.