
«Se m'avessi detto che dovevi venire stasera, maestro, avrei fatto preparare un pasto degno di te, un festino regale, con molti invitati, come piace a te. E noi ti avremmo ascoltato, sospesi alle tue labbra, abbagliati dalla tua saggezza. Ma tu arrivi così, da solo e senza preavviso. Hai la faccia stanca. Oh, capisco che sei stanco, stanco delle folle, dei discepoli, di tutto!» Attraverso la riproposta drammatizzata della narrazione evangelica, Bellet ci offre la lettura avvincente di un incontro che inquieta e segna in profondità l'uomo Zaccheo, pubblicano, peccatore disprezzato.
La lettera ai Colossesi, così come quella agli Efesini, colpisce il lettore per uno stile che si discosta dalle altre grandi lettere paoline. La ridondanza, i lunghi periodi con frasi relative e proposizioni participiali a cascata, l'abbondanza di complementi a catena con il genitivo, il vocabolario per certi versi ampolloso, l'utilizzo di materiale di origine liturgica o catechetica, differiscono in effetti dallo stile nervoso, ellittico, paradossale e conciso che caratterizza spesso le altre missive di Paolo. Per di più Colossesi non usa esplicitamente le Scritture di Israele. Per contro, i caratteri che contraddistinguono sovente il genere epistolario paolino sono presenti anche in Colossesi: l'indirizzo iniziale, l'azione di grazie per la vita della comunità, il corpo principale della lettera di tenore dottrinale, le esortazioni etiche, le notizie personali e dei suoi collaboratori e i saluti conclusivi. Quindi se lo schema epistolare corrisponde fondamentalmente a quello che conosciamo dalle altre lettere di Paolo, lo stile invece se ne discosta. Questa rilevazione ha, nella storia dell'esegesi, messo in dubbio la paternità paolina della lettera. Occorre però notare che il carattere stesso dello scritto offre il motivo di uno stile particolare. L'esigenza di mettere in luce il mistero di Cristo nella sua sovrabbondanza e efficacia esige uno stile come quello che riscontriamo in Colossesi che è appunto sovrabbondante, ridondante, con frasi ampie e vocabolario che imprime l'idea di pienezza.
SOMMARIO
GIUSEPPE BELLIA - Raffigurare la Parola trasmessa. Una comprensione storico-teologica del canone. p. 5
DANIELE TRIPALDI - Il corpus cristiano dei primi secoli: vino nuovo in otri vecchi? p. 15
DARLO GARRIBBA - Trasmettere la parola. Il giudaismo tra oralità e scrittura p. 37
ROMANO PENNA - Verso la formazione del canone paolino. p. 57
GIANATTILIO BONIFACIO - Le ragioni di Marco. I motivi dell'accoglienza del Vangelo di Marco tra gli scritti canonici. p. 87
MAURIZIO MARCHESELLI - Tracce di autocoscienza di normatività nel Vangelo di Giovanni p. 119
ANDRÉS SAEZ - La trasmissione di tradizioni normative su Gesù da Papia a Giustino p. 149
MAURIZIO GIROLAMI - Il «Vangelo» di Marcione. Criteri non scritti di scelte testuali p. 185
ENRICO NORELLI - Sulla via del canone: la nuova sintesi di Ireneo p. 209
Il contesto umano della comunicazione della Parola di Dio agli uomini rende indispensabile l’apertura dell’esegesi biblica all’apporto della sociologia e dell’antropologia. Nel presente saggio il lettore trova una visione circoscritta e guidata dell’esegesi sociologica e una presentazione sintetica e precisa degli elementi fondamentali che permettono di fare un buon uso della lettura antropologica delle Scritture. La parte teorica è accompagnata da esemplificazioni su libri biblici, dimostrando come volere fare a meno della lettura socio-antropologica per comprendere la Bibbia è una fatua illusione e manifesta nel contempo una mancanza di rispetto per l’umanità storica della Scrittura ispirata.
Destinatari
Studenti, ricercatori, sacerdoti.
L'autore Giuseppe Bellia, presbitero della Chiesa di Catania, insegna Teologia biblica e Archeologia biblica presso la Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo. Dal 2007 coordina il Comitato promotore di Studi Neotestamentari e Anticocristiani dell’ABI. Dirige dal 1996, per la Facoltà Teologica di Sicilia, la collana Studi dell’editore Sciascia e per Città Nuova Studia biblica.Tra i suoi scritti, si annoverano saggi e volumi sul pentateuco sapienziale, sulla storiografia protocristiana oltre a pubblicazioni di carattere specialistico e pastorale sui ministeri e la vita spirituale. Di recente, con A. Passaro ha curato per la De Gruyter, The Wisdom of Ben Sira. Studies on Tradition, Redaction, and Theology (DCL.St 1), Berlin NewYork 2008.
La decadenza della figura paterna è un fenomeno ricorrente nelle epoche di transizione. In Israele, la dissoluzione politica e religiosa della nazione aveva indirizzato gli esuli ad affidare alla centralità di un rinnovato ruolo paterno il compito di garantire l'affidabilità delle promesse divine e la continuità delle stesse istituzioni. L'elaborazione letteraria della seconda età esilica racconta le gesta di fascinose eroine mentre nella storia di Tobit si descrive il clima di accorata nostalgia e di sofferta attesa per una paternità malata da guarire. In Ben Sira, nella Gerusalemme del Secondo Tempio, la funzione paterna sembra invece ricomporsi nel solco di una tradizione ristabilita dall'egemonia sacerdotale nel suo compito morale e istituzionale. Due prospettive diverse e dialetticamente correlate che trovano ancoraggio solo nella novità cristiana che, ponendo al centro la relazione filiale di Gesù con il Padre, prospetta nella coppia, nella famiglia, nella fraternità donata, in cammino verso l'eskhaton, la conoscenza della provvida e misteriosa volontà divina.
tradizione, redazione, teologia
"Il Figlio di Dio ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato"(Concilio Vaticano II).
L'Autore immagina di essere presente passo dopo passo, come un testimone dei fatti, agli eventi che si sono succeduti nei trent'anni della vita "privata" di Gesù e dei suoi familiari, iniziando dalla famiglia di Nazareth, fino a quando Gesù salutò la madre e lasciò Nazareth per andare sulle rive del fiume Giordano e cominciare con il battesimo ricevuto da Giovanni Battista il suo ministero. L'intento di questo libro non è quello di dare una risposta alle nostre curiosità e a tutti i nostri perché, ma solo di mettere in evidenza, nella misura in cui è stato possibile, il mio silenzioso, ma concreto di Gesù di vivere la "sua" vita umana, in tutto simile alla nostra.
DESCRIZIONE: Il Cantico dei Cantici di Salomone è forse il libro più bello della Bibbia, il Canto per eccellenza. È il canto dell’amore, ma quale amore? Amore terreno o amore tra uomo e Dio? Sul crinale di tale ambiguità si è acceso il dibattito ermeneutico. Se da una parte l’interpretazione del canto come amore di Dio e verso Dio ha alimentato la tradizione allegorica – la quale, leggendo il testo oltre la lettera, ne intende svelare un senso trascendente –, dall’altro, la comprensione alla lettera, riaffiorata e prevalsa nella modernità, riscatta il valore dell’amore umano e profano delle creature: corpi e desideri, delineando la fisionomia naturale degli uomini in quanto creature sessuate, non sarebbero più allusioni ad altro, ma espressioni di poesia. La traduzione di Giovanna Bemporad porta alla luce il Cantico come fu scritto, fedele alla naturalità del contenuto profano: il sentimento dell’amore, nel suo apparire fisico, è qui difeso e cantato dalla sensibilità di una poetessa che ne custodisce senso, segreto e musicalità.
Per i cristiani il Messia, nato miracolosamente a Natale e risorto a Pasqua, per gli ebrei un fratello che ha interiorizzato la Legge e un esempio di vita per una condotta morale migliore: seppure in modi molto diversi, l’importanza religiosa di Gesù di Nazareth è riconosciuta. Ben-Chorin ricostruisce la figura di Gesù da un punto di vista ebraico, senza farne un trattato storico di carattere scientifico ma testimoniando la propria esperienza di credente, che considera la storia umana di Gesù – vissuto e morto tragicamente proprio in un mondo ebraico – riletta attraverso le pagine del Vangelo. La figura del Nazareno non è quindi luogo di scontro, ma di possibile dialogo fra ebrei e cristiani e con il diverso: un punto di incontro nella comune storia della salvezza. Come dice Paolo De Benedetti, questo di Ben-Chorin è «un libro imprescindibile, classico».
SCHALOM BEN-CHORIN (1913-1999), saggista, scrittore e teologo tedesco, è stato uno dei grandi pionieri del dialogo ebraico- cristiano. Per Morcelliana ricordiamo Quale consolazione dopo la Shoà? (2022 2ed.).
Questo volume è un estratto di due capitoli da Israele e l'umanità e spiega l'essenza e il significato del "noachismo". Un biblista di grande spessore ci commenta le vicende che precedettero e seguirono il diluvio, analizzando il grande dialogo fra Dio e Noè. «L’uomo sarebbe stato cancellato, e con lui anche gli animali, anche loro colpevoli, se Noè non avesse trovato grazia agli occhi del Signore (Gn 6,7-8). Egli era giusto e integro, e camminava con il Signore (Gn 6,9). Allora Dio disse a Noè di costruirsi una tevàh, un’arca. [...] dopo il mabùl, quando uscirà all’aperto e vedrà le immense rovine, Noè piangerà amaramente e dirà: "Signore del mondo, perché non hai avuto misericordia delle tue creature, Tu che sei chiamato il Misericordioso?" Il Signore lo rimprovererà per non averlo implorato prima: "Così ti ho parlato e ti ho detto quanto sarebbe accaduto, affinché tu potessi chiedere pietà per la terra; ma tu, appena hai udito che avresti trovato scampo sull’arca, non ti sei curato della rovina che stava per colpire la terra e hai pensato soltanto a costruire l’arca sulla quale ti sei salvato. Ora che la terra è devastata apri bocca per supplicare e pregare"» Dall'introduzione di Marco Morselli
GLI AUTORI
Elia Benamozegh (Livorno 1823-1900), biblista, talmudista, cabbalista, filosofo della religione, è stato il più importante rabbino italiano dell'Ottocento. Nato da una famiglia originaria di Fez (Marocco), trascorse per intero la sua vita a Livorno, esercitando l’ufficio di rabbino. Gran parte della sua opera, scritta in ebraico, italiano e francese, è ancora inedita e forse, almeno in parte, è andata smarrita. Marietti ha già pubblicato: Israele e l’umanità (1990), Morale ebraica e morale cristiana (1997), L'origine dei dogmi cristiani (2002), e Il Noachismo (2006).
Prima della scoperta dei rotoli del Mar Morto (1947) conoscevamo gli esseni solo grazie alle fonti antiche. Sapevamo che essi conducevano una vita filosofica: ripudiavano i piaceri e disprezzavano la ricchezza, vivevano in ammirevole vita comunitaria, non temevano la morte e credevano nella resurrezione dei corpi. La loro giornata vedeva l’alternarsi di lavoro e preghiera, immersioni nelle acque vive e partecipazione alla seudah, l’anticipazione del banchetto messianico.
Negli esseni, questi antichi hassidim, Benamozegh vedeva i predecessori della Qabbalah e nella loro storia una fonte ricchissima di elementi atti a spiegare l’origine del cristianesimo.
Che gli esseni non potessero essere definitivamente scomparsi dalla storia, Benamozegh lo sapeva: come un fiume che scorre sotterraneo per molte miglia, per poi riprendere a scorrere alla luce del sole, così anche gli esseni sono di nuovo tra noi, nostri contemporanei.
A cura di Marco Morselli
GLI AUTORI
Elia Benamozegh (Livorno 1823-1900), biblista, talmudista, cabbalista, filosofo della religione, è stato il più importante rabbino italiano dell'Ottocento. Nato da una famiglia originaria di Fez (Marocco), trascorse per intero la sua vita a Livorno, esercitando l’ufficio di rabbino. Gran parte della sua opera, scritta in ebraico, italiano e francese, è ancora inedita e forse, almeno in parte, è andata smarrita. Marietti ha già pubblicato: Israele e l’umanità (1990), Morale ebraica e morale cristiana (1997), L'origine dei dogmi cristiani (2002), e Il Noachismo (2006).
Generazioni di studiosi sono stati affascinati dagli esseni e sorpresi dalle affinità con il cristianesimo di questi "cristiani prima di cristo", il cui stile di vita è stato documentato solo dopo la scoperta dei rotoli del Mar Morto. Elia Benamozegh, importante rabbino italiano dell'Ottocento, vede negli esseni i predecessori della Quabbalah, la mistica ebraica, e nella loro storia una fonte ricchissima di elementi utili per spiegare l'origine del cristianesimo e la comunanza con l'ebraismo.