
Sullo sfondo di un'Atene viva e pettegola, fitta di personaggi, storie, intrighi, Pietro Emanuele racconta la vita del padre di tutti i filosofi, fornendo un ritratto inedito di Socrate, ma anche di Platone, Aristofane, Crizia e tutti gli altri. Una rilettura delle biografie socratiche, che propone una versione dissacrante del "mito" del filosofo, in una galoppata sulle strade maestre e nei vicoli oscuri del pensiero occidentale, tra i personaggi più famosi della Grecia classica. Un libro per filosofi, studenti, studiosi, dilettanti, professori, curiosi, scettici.
Mai come oggi la nozione di persona costituisce il riferimento imprescindibile di tutti i discorsi - filosofici, etici, politici - volti a rivendicare il valore della vita umana in quanto tale. È cosi nell'ambito della bioetica, dove cattolici e laici, pur in contrasto sulla sua genesi e la sua definizione, convergono sulla valenza decisiva dell'elemento personale: solo in base ad esso, la vita umana è considerata intangibile. Ed è cosi sul piano giuridico, lungo un percorso che lega sempre più strettamente il godimento dei diritti soggettivi alla qualifica di persona: questa appare l'unica in grado di riempire lo scarto tra uomo e cittadino, diritto e vita, anima e corpo, aperto fin dalle origini della nostra tradizione. La tesi radicale e inquietante di questo saggio è che la nozione di persona non sia in grado di ricomporre tale scarto perché è proprio essa a produrlo. Più che un semplice concetto, quello di persona è un dispositivo di lunghissimo periodo il cui effetto primario è la separazione, all'interno del genere umano e anche del singolo uomo, tra una zona razionale e volontaria fornita di particolare valore e un'altra, immediatamente biologica, spinta dalla prima verso la dimensione inferiore dell'animale o della cosa.
Blaise Pascal - matematico e scienziato, moralista e pensatore che si addentra negli abissi dell'animo umano - è un autore che per la sua poliedricità sfugge a univoche definizioni: tanto difformi sono i giudizi su di lui dopo la morte quanto uniforme è la presenza della sua opera nelle riflessioni posteriori. Tre secoli di storia successiva parlano di lui: Pierre Nicole, Filleau de la Chaise, Pierre Bayle, Jean-Baptiste du Bos per il Seicento; Claude-Frangois Houtteville, Voltaire, Jean-Jeacques Rousseau, D'Alambert, Condorcet per il Settecento; Chateaubriand, Maine De Biran, Cousin, Ollé-Laprune, Lachelier per l'Ottocento. Non è solo storia della ricezione, ma qualcosa di più: le interpretazioni della opera pascaliana gettano nuova luce sui temi della modernità, a partire da quella "scommessa" su Dio che fa dell'uomo una "canna pensante", fragile e al tempo stesso sporgente sull'universo e sul nulla; l'uomo ha inscritto in sé il contrappunto, diviso com'è tra finito e infinito, esprit de geometrie ed esprit de finesse, argomentazione cartesiana e capacità di cogliere le sfumature che si sottraggono alle idee chiare e distinte. Una scommessa che, sondando gli enigmi dell'umano e il mistero del divino, fa di Pascal un prisma in cui si rifrange la sfida stessa della modernità, nelle sue molteplici e dissonanti voci.
Queste "lezioni", che Adorno tenne all'Università di Francoforte tra il 1962 e il 1963, si propongono in primo luogo di offrire un esame storico e tematico di alcuni concetti fondamentali della filosofia (universale e particolare, soggetto e oggetto, dialettica, essere, coscienza ecc.), poiché, come scrive lo stesso Adorno, "alla filosofia il suo linguaggio è essenziale, e i problemi filosofici sono in larga misura problemi di linguaggio". Questa introduzione alla terminologia diventa dunque una vera e propria introduzione alla filosofia, condotta al di fuori dei tradizionali schemi manualistici e sistematici, con un linguaggio accessibile che nulla sacrifica al rigore critico, e senza false semplificazioni. Adorno concentra la sua riflessione attorno a certi punti focali, nei modi storico-dialettici che gli sono propri. Procedendo per grandi "tagli", egli affronta i principali movimenti della storia del pensiero (idealismo e realismo, empirismo e razionalismo, spiritualismo e materialismo), dandoci una sorta di panorama della filosofia, in particolare di quella moderna, per temi e problemi, ricco di aperture, di spunti e di suggestioni.
"Oggi, Il concetto di mente è un testo molto più ricco di quando Ryle lo scrisse alla metà del secolo scorso. Di certo vi trovo molte più cose ora di quando lo lessi da studente universitario nel 1960. In effetti, di recente sono stato colpito dal fatto che molti dei temi che stanno riemergendo come le linee di ricerca più gettonate nella scienza cognitiva all'avanguardia presentano una sorprendente somiglianza con temi ryleani ignorati da tempo: la cognizione incarnata e 'situata', l'idea che la mente non si collochi nel cervello, che le abilità non vengano rappresentate, che si possa avere intelligenza in assenza di rappresentazione, per menzionare solo i temi più noti." Dalla Prefazione di Daniel C. Dennett
Chi è e cosa fa un consulente filosofico? È una persona che ha studiato filosofia che aiuta a capire qualcosa di Platone o di Sartre, oppure è un esperto di visioni del mondo che prova a far comprendere il senso dei problemi dell'individuo? Cosa lo distingue da uno psicologo o da uno psicanalista? Chi gli ha insegnato il "mestiere"? E ancora, che professione è la consulenza filosofica? Domande legittime, visto che dalle pagine dei giornali il filosofo che fa il consulente esce ora come un guru, ora come un guaritore, ora come un professionista alla moda (in stile preferibilmente "americano"). Tutte immagini fuorvianti, dice Neri Pollastri, uno dei pochi filosofi in Italia che possano vantare un'esperienza di parecchi anni nel campo della consulenza personale. E qui, con qualche non celata punta polemica, ce la racconta, rispondendo a queste e a molte altre domande, narrando alcune sue esperienze di consulenza con individui, gruppi e aziende. Alla fine, ci sono situazioni in cui rivolgersi al consulente filosofico è la cosa migliore che si può fare.
Questo è un libro che parla del pensiero delle cose, della riflessione sulle cose e del pensiero che alle cose appartiene. Francesca Rigotti valorizza tutti quei piccoli oggetti della vita quotidiana, insegna a pensare alle cose, a dare loro un significato mostrando come siano degne non solo di attenzione ma anche di una trattazione filosofica. Un pendolo, una sedia, una scarpa, una finestra, una pentola, uno specchio, una piega e una scala sono veramente oggetti privi di interesse? Facendo qualche esercizio filosofico su queste cose ordinarie scopriamo che la loro realtà è diversa da come siamo abituati a pensare. Cosa possiamo concludere? Certo che non dobbiamo ingigantire queste cose fino a considerarle elefanti ma non è forse vero che sono qualcosa di più che singole, piccole mosche?
Attraverso un appassionato scambio di idee tra Monsignor Scola e Giovanni Reale, il libro analizza e commenta la situazione attuale della società e dell'uomo. Con un intervento di Armando Torno.
Tra le opere minori giunte sotto il nome di Aristotele (e oggi di discussa autenticità), la "Fisiognomica" tratta della corrispondenza tra i caratteri degli uomini e gli attributi somatici esterni del viso e del corpo; per esempio, gli occhi grandi e sporgenti indicano un carattere intemperante, lo sguardo denota sempre una disposizione d'animo, o più in generale i temperamenti interni corrispondono al rossore, al pallore, alla scurezza o all'ittero del viso. Nella prima parte, lo scritto si concentra sulla fisiognomica umana, mentre nella seconda l'analisi è estesa anche agli animali. A partire da questo scritto e nel corso della sua lunga storia, la fisiognomica come disciplina è stata sempre connotata da un'ambivalenza teorica essenziale: quella di essere una "quasi scienza", a metà tra divinazione e razionalità, tra mantica e medicina, una disciplina che da un lato affonda le sue radici nel sapere di tutti e nella superstizione, e dall'altro si propone un rigore scientifico-metodologico e si fonda su postulati precisi, quali il rapporto di interdipendenza tra caratteristiche fisiche e psichiche e la corrispondenza biunivoca tra segno sensibile e relativa affezione interna. La traduzione, con introduzione, note e apparati è a cura di Maria Fernanda Ferrini, docente di Letteratura greca all'Università di Macerata. Il testo greco a fronte è quello di 1. Bekker (Berolini 1831), di cui viene conservata la numerazione delle pagine e delle linee.
Centinaia di nuove brillanti idee nascono ogni giorno nel mondo del business. Ma quali sono quelle che davvero hanno saputo e sapranno guidare i manager? "Il grande libro delle idee" offre in un'unica raccolta le 59 idee di business più importanti e influenti di tutti i tempi, fornendo un importante strumento per la formazione e la riflessione a manager con sempre meno tempo e sempre maggiori esigenze di aggiornamento professionale. Dall'action learning alla balanced scorecard, dall'e-commerce all'intelligenza emotiva, dall'outsourcing al marketing relazionale, ciascun concetto, consolidato e ampiamente utilizzato, viene illustrato in una scheda, efficace e di rapida consultazione, che ne chiarisce: l'origine; gli aspetti qualificanti; i difetti; le modalità con cui è stato applicato e sviluppato nella pratica. In ogni scheda, inoltre, pratici box di approfondimento, con casi di studio su grandi aziende e grandi manager, illustrano come sia possibile tradurre le idee in azioni efficaci e produttive. Corredato dall'indicazione delle letture necessarie per chi voglia approfondire i diversi argomenti e da un'appendice che amplia la raccolta dei concetti presenti nel volume, il libro rappresenta una guida indispensabile per avere un quadro completo sul panorama delle idee del moderno management.
Quando nel 1981, Alasdair MacIntyre presentò sulla scena filosofica internazionale After Virtue, fu subito chiaro che si trattava di un libro importante, che avrebbe caratterizzato il dibattito filosofico della fine del secolo; appena tre anni dopo, si rese necessaria una seconda edizione, per rispondere alle critiche sollevate dall'intero ambiente filosofico e per sviluppare alcuni punti che avevano bisogno di essere chiariti. Se oggi, per l'insistenza di molti, viene pubblicata una seconda edizione italiana, in corrispondenza alla terza inglese e a molteplici traduzioni in altre lingue, non si può che vedere una conferma della sensazione iniziale. A più di venticinque anni di distanza, "Dopo la virtù" è la conclusione della più che ventennale ricerca che ha riportato Aristotele prima e poi San Tommaso, al centro del main-stream filosofico, aprendo allo stesso tempo un progetto di ricerca originale che dura ancora oggi e che si è approfondito nell'opera del suo autore. Si tratta di una storia della filosofia morale, scritta secondo criteri corrispondenti alla sintassi della postmodernità. Allo stesso tempo, è una seria riflessione e proposta di etica e di filosofia politica. Contiene al suo interno un metodo epistemologico realistico, che punta alla scoperta dei primi principi, senza rinunciare all'apporto della storia e della teoria sociale, e al progresso delle scienze umane.