
Il titolo, suggerito dalla metafora della «goccia d’acqua» spesso usata dall’autore, intende comunicare il senso del libro, che desidera non tanto ripercorrere gli avvenimenti della vita di Panikkar ma illustrare il cammino che lo ha portato a scoprirsi «acqua». Come egli scrive nei suoi diari (8 novembre 2000): «Sono consapevole dei miei difetti, ma non posso negare la mia esperienza della Resurrezione. Essa comporta la mia coscienza di vivere ora la vita eterna – di essere acqua e non goccia, mentre ancora sono goccia». Alcune note biografiche si trovano nella Postfazione. Anche questa tuttavia è intesa soprattutto a evidenziare, per quanto possibile, la vera identità dell’autore. Siamo convinti, come dice Panikkar, che «un libro è una goccia nell’oceano dell’opinione pubblica, una vera preghiera è un bicchiere d’acqua, ma un libro frutto della contemplazione può essere una pioggia benefica» (18 febbraio 1996).
"Le pagine di questo libro, scavano nel profondo la figura di Giuda e la sua vicenda personale tragicamente emblematica. L’Autore cerca infatti di entrare nelle pieghe più riposte della personalità dell’apostolo traditore e ne ricostruisce la contorta biografia interiore ripercorrendo i passi della Sacra Scrittura che lo descrivono: agli inizi la voce di Cristo che lo chiama al discepolato, ma poi la rottura di questa vocazione; la tentazione del denaro; la serpe dell’invidia che rode mente e cuore; il mistero della compresenza nella storia e nel cuore di ogni uomo del grano buono insieme alla zizzania, del bene e del male; fino ad arrivare alla decisione di abbandonare e tradire Cristo. Una figura controversa considerata positivamente dalla Chiesa ortodossa, dalla Chiesa cattolica è considerata il traditore del Figlio di Dio."
L’esperienza di un uomo che si professa come convertito alla fede cattolica dopo cinquant’anni di deserto spirituale, che sostiene di essere stato convocato direttamente da colei che ama chiamare con il nome di “Mamma dolce Maria”; un uomo che, dal momento della sua conversione, afferma di ricevere dei messaggi espliciti da parte di Gesù, di vivere delle sofferenze correlate alla sua Passione, addirittura di operare, non per propria capacità, bensì per grazia divina per l’intercessione della Madonna alla quale intensamente si affida, delle guarigioni sulle persone malate o sofferenti.
Presentazione di Vittorio Possenti. Postfazione di Gennaro Giuseppe Curcio. A un anno dalla morte, il presente studio desidera essere un doveroso ricordo e un omaggio a Piero Viotto (1924-2017), il quale ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca scientifica, trovando in Jacques Maritain (1882-1973) un punto di riferimento fondamentale e divenendo, a sua volta, egli stesso punto di riferimento per coloro che vogliono accostarsi alla vasta opera del filosofo francese, che - sul solco tracciato da san Tommaso - ha contemplato e trasmesso la Verità. Il volume si sofferma innanzi tutto sulla figura di Jacques Maritain in quanto filosofo cristiano così come tracciata da Viotto, il quale ne restituisce il pensiero metafisico in modo organico e completo mediante le sue numerose pubblicazioni. Se Umanesimo integrale è attentamente analizzato in diversi contributi da Viotto, di inestimabile valore sono le sue riletture di Maritain quale filosofo dell'educazione. L'opera si sofferma poi sugli ultimi scritti (2012-2016), quasi un testamento in cui sono riportati i capisaldi dell'interpretazione del pensiero maritainiano.
Fin dai tempi dei primi discepoli del nazareno il nome Giuda evoca il tradimento, l’avidità, l’ingratitudine.
E se, invece, questo personaggio, come altri protagonisti della Bibbia, avesse un volto nascosto, che solo interrogando in profondità i testi riusciamo a cogliere?
Di Giuda Iscariota sappiamo che fu uno dei dodici e che per motivi misteriosi decise di consegnare il proprio Maestro alle guardie del T empio.
Ma cosa nasconde il suo gesto? Siamo sicuri che Giuda non abbia agito in vista della salvezza e dell’avvento dell’era messianica?
Ripercorriamo insieme quella lontana notte della Pasqua ebraica alla ricerca di una possibile nuova interpretazione del tradimento più famoso della storia.
"Chi può essere più felice di me? Io debbo ringraziare la vita". Espressioni che colpiscono se si pensa che a scriverle su un diario è una ragazza malata di cancro. Lorena non è sempre così serena: arriva a pensare anche al suicidio. Ma ogni volta che le sue annotazioni tradiscono la tristezza più profonda, lei riesce sempre a capovolgere la prospettiva e a dare alla speranza l'ultima parola. Il suo diario si legge d'un fiato, scorrendo i giorni di un'adolescente, tra gioie intense e piccole, grandi delusioni. Una sola volta, quasi per obbligo di cronaca, parla della sua malattia. Più spesso guarda al mondo e alle sue ingiustizie, chiedendosi quale goccia gettare in questo oceano: "Io potrò aiutare il mondo - risponde - se agisco con amore... a colpi d'amore". Pagina dopo pagina Lorena spinge ad amare la vita; alla solitudine e alla disperazione di molti giovani (e non solo!) offre una luce specialissima che porta a dire, con le sue stesse parole, "le cose intorno a me cantano".
Un giovane brillante e intelligente, un cristiano coerente dalla fede limpida, la cui testimonianza rimane, a oltre 70 anni dalla morte, attualissima e profetica. La vicenda di Teresio Olivelli non fu, naturalmente, esente da fatiche, dubbi, probabilmente errori: eppure questo giovane ha sempre saputo ripartire di slancio, modulando il cammino di ogni giorno sulle pagine del Vangelo, accompagnando sia la ferialità che i decisivi tornanti della propria vita con la preghiera, i sacramenti, il riferimento agli insegnamenti della Chiesa.
Così questo “ribelle per amore” diviene interprete e modello di una fede coraggiosa, di una passione umana senza calcoli, di una speranza contagiosa che non s’arresta dinanzi alla durezza e alle fatiche, grandi e piccole, della vita.
L'Autobiografia di s. Ignazio di Loyola, nota anche come Il racconto del pellegrino, è un testo fondamentale della spiritualità ignaziana, e una risorsa indispensabile per conoscere la personalità del fondatore della Compagnia di Gesù. S. Ignazio era un uomo umile e riservato, che non amava parlare di se stesso. Se raccontò la storia della sua esperienza personale, fu solo perché la richiesta insistente di alcuni giovani confratelli gli fece comprendere che gli ascoltatori e i futuri lettori, intuendo il significato universale di quanto era a lui accaduto, avrebbero potuto trovare aiuto e orientamento per il loro cammino umano e spirituale.
Uno dei personaggi più affascinanti del vecchio testamento, il pastore destinato a regnare su Israele: dal momento in cui il giovane Davide viene unto dal profeta Samuele per volere di Dio, che aveva riconosciuto in lui il nuovo re, la sua vita è ricca di episodi eccezionali. De Wohl racconta questa storia grandiosa con un respiro narrativo da romanzo d'avventura: dagli anni di servizio e persecuzioni sotto re Saul al destino che lega Davide alla principessa Mikal, figlia di Saul, dall'amore per Betsabea agli intrighi per uccidere il marito di lei, Uria, fino al tradimento di uno dei suoi figli, Assalonne, l'autore ci riconsegna tutta la complessità di un personaggio sfaccettato e moderno, capace al contempo di terribile spietatezza e di sconfinata generosità.
Stereotipi e pregiudizi storiografici hanno delineato un modello di cattolicesimo napoletano permeato di cultura antirisorgimentale, imbevuto di legittimismo borbonico e intransigenza filopapale. La vicenda biografica di Ludovico da Casoria (primo santo napoletano del pontificato di Papa Francesco) e della rivista da lui tenacemente voluta, La Carità, è emblematica di una questione cattolica napoletana molto più complessa e articolata. In un contesto ancora esacerbato dalle polemiche tra Stato e Chiesa negli anni immediatamente postunitari e dalla perdita di Napoli del ruolo di capitale, il periodico diventa ben presto l’espressione più qualificata di una cultura cattolica sempre più influenzata dagli stimoli dell’incontro tra liberalismo non anticlericale e cattolicesimo non antinazionale (la rivista ospita articoli di A. Capecelatro, P. Campello della Spina, C. Cantù, E. Cenni, A. Conti, F. Dupanloup, F. Persico) e sempre più attenta e sensibile quindi ai cenacoli e alla stampa italiana che privilegiano la coraggiosa scelta di una progressiva conciliazione tra liberali e cattolici, favorendo la maturazione di un movimento cattolico che anche a Napoli si avvia speditamente nel percorso dell’impegno sociale e politico. L’avvento del pontificato di Leone XIII e la sconfitta irreversibile della corrente intransigente con l’enciclica Immortale Dei, valorizzano ancor più le sensibilità culturali del periodico che ormai è diventato la voce più autorevole a Napoli di un cattolicesimo autenticamente nazionale, il quale con l’enciclica Aeterni Patris si impegna attivamente nella lotta anti-hegeliana ed anti-positivista, per la costruzione di una filosofia compiutamente cristiana attraverso l’evoluzione di un tomismo non più reazionario e chiuso agli influssi e al confronto con la modernità.
Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco, Michele Rua, Giovanni Cagliero, ma anche Giovanni Bisio, Luigi Piscetta, Pietro Enria, Giovanni Villa e molti altri. Ragazzi noti e ragazzi meno conosciuti, santi e monelli. Sono solo alcuni fra le centinaia di giovani che hanno incontrato Don Bosco e sono rimasti con lui all’:Oratorio di Valdocco. Questo libro racconta il loro primo incontro con il ":santo dei giovani":, le loro prime impressioni, ciò: che li ha affascinati di questo prete, l’:entusiasmo di essere ":i ragazzi di Don Bosco":, la loro storia prima di incontrarlo, il cammino fatto per diventare ":buoni cristiani e onesti cittadini":. Al termine di ogni racconto, il testo propone alcune domande per la rifl essione personale e una proposta concreta per ":passare all’:azione":, perché: Don Bosco non rimanga solo un bel ricordo ma, attraverso noi, sia ancora vivo per accogliere i giovani d'oggi.
Luigi Sturzo non è stato un “costituzionalista di professione” bensì un uomo politico con vasti interessi culturali che ha avuto la ventura di vivere in una posizione pubblica preminente non solo come Segretario nazionale del Partito Popolare negli anni della crisi dello Stato liberale, ma anche, come senatore a vita, nella stagione della affermazione della democrazia costituzionale. La ricognizione critica delle sue posizioni sulla Costituzione repubblicana è stata affrontata da Nicola Antonetti richiamando la profonda concezione sturziana dei nessi tra etica e politica e le ragioni specifiche della lunga polemica contro la «partitocrazia», riprendendo, infine, le sue prospettive per le riforme costituzionali da quella del sistema bicamerale a quella per lo sviluppo di un modello politico degli assetti regionali. Diviene possibile, rivisitando tali posizioni, risalire al costituzionalismo di Sturzo e comprendere l’innovazione apportata alla tradizione del cattolicesimo politico anche attraverso la ripresa di modelli istituzionali propri della cultura anglo-americana.

