I quattro vangeli sono veri e propri capolavori di tecnica narrativa. Luigi Santucci -- che sin dalla prefazione dichiara di aver scelto di accostarsi al «Messia quasi da testimone fisico» -- traduce con vigore poetico il testo evangelico, guardando ai personaggi da angolazioni diverse: ora con suggestivi squarci d'anima, ora con icastica pittura dei fatti, ora con espedienti di genere autobiografico, ora infine con originalissime interpretazioni. Una vita di Cristo viene qui riproposto con un'illuminante premessa di Gianfranco Ravasi sulla teologia narrativa.
Un prezioso invito a riflettere sui significati autentici del Natale, secondo la prospettiva e la sensibilità di tre autori molto diversi fra loro.
Metz individua nel Natale una memoria liberatrice. Il rischio oggi è quello di una grave mistificazione del Natale: perdere il suo vero contenuto, la sua proposta sovversiva. Il ricordo critico interviene invece a sostenere le lotte per la libertà, la giustizia e la pace.
Il filo rosso della riflessione di Boros sul Natale è il desiderio di silenzio: il Dio che svela se stesso nell’uomo Gesù richiama a non disperdersi sulla superficie delle cose. Solo dal silenzio, esteriore e interiore, può scaturire la nostalgia del Mistero.
Infine Santucci piange su un Natale divenuto ostaggio dei bottegai, degli uffici turistici, degli allevatori di tacchini. E raccomanda di scorgervi, piuttosto, l’utopia della gioia: celebrando la gioia, esorcizzando i nostri Erode, il Natale del Verbo di Dio si svela allora come nascita dell’uomo.
In questi racconti Luigi Santucci fa riaffiorare dallo sguardo curioso dell'infanzia episodi buffi e fantasie, per esempio l'impresa di stipare in un'auto tutte le persone care per sfuggire a un cataclisma. Attraverso un filtro che sa tenere viva la prospettiva dell'infanzia si possono raccontare persino le imprese del primo veterinario della storia o, in una vivace messa in scena, ideata per la radio, il mondo dal punto di vista degli animali... Introduzione di Tabanelli Giorgio.
Il velocifero era, negli ultimi anni dell'Ottocento, la diligenza per i viaggi celeri. Nel cortile del Cascinone, dove è ambientato in parte questo romanzo, se ne conserva un esemplare, ormai in disuso. La malridotta carrozza, luogo di giochi spensierati, diventa emblema di una saga familiare tra Ottocento e Grande Guerra, tra la Milano belle epoque e il contado, raccontata con gli occhi di due bambini, i fratelli Renzo e Silvia Bellaviti, che trasformano la loro pittoresca famiglia in una sorta di arca di Noè carica di parenti e animali. Un'arca, tuttavia, destinata a naufragare tra gelosie, debiti, le celle di un convento e le trincee del Carso. Introduzione di Alessandro Zaccuri.
La parabola artistica di Luigi Santucci (1918-1999) attraversa tutto il Novecento, segnandolo con una ricerca singolare e controcorrente rispetto ai percorsi più battuti. Autore prolifico, che ha spaziato dalla letteratura per l’infanzia al romanzo, dal teatro alla poesia e alla saggistica, Santucci ha confidato in varie occasioni che all’origine della sua vocazione letteraria si trova la particolare fascinazione ricevuta dalla Scrittura: “E’ stata la Parola il mio primo amore”. Nato e cresciuto nella vivacissima Milano, studente del Liceo classico dei padri gesuiti della sua città, quello di Santucci è, a tutti gli effetti, lo sguardo di un fanciullo: “Penso che la mia vocazione di scrittore nasca dal bisogno di lodare, nel senso in cui ci ammaestrò Francesco d’Assisi. Scrivo per lodare le cose che amo: luoghi, animali, stagioni del tempo e dell’uomo. Scrivo infine ‘per riconoscenza’, quasi per sdebitarmi e anche per innamorarmi ancora di più”.
Scrittori e uomini, letteratura e amicizia: sono questi i temi che si rincorrono negli scritti di Luigi Santucci raccolti in questo volume e che costituiscono un'ampia selezione dei suoi articoli, saggi e racconti comparsi sul mensile "Il Ragguaglio librario" nell'arco di poco più di quarant'anni. Scritti nei quali, come scrive Ermanno Paccagnini nell'introduzione, è "il calore dell'amicizia e dell'affetto a riverberarsi sulla scrittura: è il vivere con pienezza il proprio essere uomini, persone, che dà pienezza alla parola". Articoli che, siano essi suggeriti da un testo da recensire, dal ricordo di un amico o un maestro appena scomparso, dal richiamo di un anniversario, di una recensione o altro ancora, portano tutti il segno del binomio "scrittore uomo": ne emergono alcuni commoventi ritratti di figure di altissimo spessore artistico e morale, da Primo Mazzolari a David Maria Turoldo, da Mario Apollonio a Nazareno Fabbretti. Così come la sentita rievocazione di quella stagione letteraria e spirituale a cavallo del concilio Vaticano II (1962-1965) caratterizzata da vivacissimi fermenti e altrettanto singolari contraddizioni. Una stagione in cui l'esperienza artistica e umana di Santucci spicca, a un tempo, per la sua coerenza e la sua libertà interiore.
I quattro vangeli sono veri e propri capolavori di tecnica narrativa. Luigi Santucci traduce con vigore poetico il testo evangelico, guardando ai personaggi da angolazioni diverse: ora con suggestivi squarci d'anima, ora con icastica pittura dei fatti, ora con espedienti di genere autobiografico, ora con originali interpretazioni. "Una vita di Cristo" viene oggi riproposto con una prefazione di Gianfranco Ravasi sulla teologia narrativa.
Questo secondo volume dell'opera omnia di Luigi Santucci segue quello degli scritti inediti pubblicato col titolo "I nidi delle cicogne" e raccoglie romanzi, racconti e saggi della sua prima stagione produttiva fino alla maturità stilistica degli anni Sessanta. Nella prima parte viene riproposto "In Australia con mio nonno" (1947), uno spassoso romanzo di viaggi e avventure paradossali che imbocca la strada della satira imparentata con certa narrativa settecentesco-volterriana. Segue "Lo zio prete" del 1951, una raccolta di racconti in cui l'umorismo di Santucci offre la sua prova migliore e che porta l'autore alla decisiva ribalta della notorietà. Il Santucci narratore si cimenta anche con la produzione saggistica qui rappresentata da "L'imperfetta letizia" del 1954. In queste pagine la gioia è affrontata fuori da schemi dolciastri e retorici e si propone come una piccola e ammiccante "lezione di vita". Nella seconda parte troviamo "Il velocifero", grande romanzo storico pubblicato nel 1963. Considerato da molti critici un capolavoro, va inserito, secondo Mario Apollonio, nella tradizione lombarda "che da Manzoni o Porta discende, attraverso la Scapigliatura, fino a Fogazzaro". Chiude questa raccolta "Il prossimo tuo" del 1966: una collana di piccole meditazioni, ariose e conversate, sulla problematica dei sentimenti e degli scambi tra noi e il nostro "prossimo", parola che qui si libera da ogni retorica predicatoria. Introduzione di Claudio Magris.
Orfeo in paradiso si apre sul parapetto delle guglie del Duomo di Milano, dove Orfeo, che ha perduto l’amatissima madre, accarezza l’idea del suicidio. L’improvvisa apparizione di un misterioso personaggio stravolge la vicenda: lo sconosciuto gli offre la possibilità di un viaggio indietro nel tempo, attraverso la giovinezza della madre, ripercorrendo la storia della sua vita. Orfeo, accettando, non sa o non comprende pienamente quale sia la posta in gioco del patto faustiano, che a poco a poco rivela la sua insidia demoniaca… Romanzo struggente e perfetto, costruito intorno all'ossessione della perdita e ll'incanto del possibile ritrovamento nell'amore, Orfeo in paradiso vinse il Premio Campiello nel 1967, consacrando Luigi Santucci come uno dei maestri della narratriva contemporanea.
GLI AUTORI
Luigi Santucci, 1918-1999, è ritenuto dalla critica il principale narratore milanese della seconda metà del Novecento. Frequenta da ragazzo il Collegio dei Gesuiti di Milano, l’Istituto Leone XIII, si laurea in lettere; antifascista convinto, si rifugia durante la Seconda guerra mondiale in Svizzera. Al rientro in Italia insegna lettere in un liceo di Gorizia e in seguito all'Università Cattolica di Milano. Rientra nella tradizione degli scrittori cattolici e lombardi, infatti Carlo Bo lo definì lo scrittore cattolico più importante dei suoi tempi