
Prete eremita, che cammina a piedi dal 2013, da quando ha compiuto in solitaria il Cammino di Santiago senza zaino e senza soldi, Johannes Maria Schwarz racconta la sua parabola umana e spirituale, i suoi viaggi e i suoi pellegrinaggi. Una voce molto conosciuta nel mondo cattolico: sul proprio canale YouTube, infatti, l'autore ha 95.000 iscritti e quasi un milione di visualizzazioni. Le sue parole si rivolgono a un pubblico trasversale ed estremamente eterogeneo, interessato alle storie di vita e di fede e ai cammini a piedi.
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, viene brutalmente assassinato il 24 marzo 1980 mentre celebra la messa nella cappella di un ospedale. Ai suoi funerali il teologo gesuita Ignacio Ellacuría, che sarà assassinato a sua volta nove anni dopo, afferma pubblicamente che «con monsignor Romero Dio è passato per El Salvador». In questo libro, nel quale confluiscono i contributi e i ricordi di quattro gesuiti dell'America centrale, si ripercorre la biografia di Romero, segnalando i momenti chiave della sua vita e facendo emergere le svolte più significative del suo percorso interiore. Gli autori si soffermano inoltre sulle caratteristiche e la forza profetica delle sue omelie, note in ampi settori della Chiesa universale ancor prima della beatificazione, e su come, dopo la morte, la sua figura sia divenuta sempre più universale.
Perché un poeta finisce col fondare gruppi di liberazione interiore? Perché un filosofo conduce per anni trasmissioni radiofoniche di dialogo con il pubblico? Come mai un uomo sposato, e padre di tre figli, diventa una guida spirituale? E perché poi si impegna nell'agone politico?
La vita di Marco Guzzi ci aiuta a comprendere gli straordinari sconvolgimenti storici e culturali che stiamo vivendo da almeno cinquant'anni.
Un'intera civiltà, infatti, si sta rigenerando, tutti i ruoli e tutte le identità si stanno riformulando. Perciò la ricerca spirituale, la creatività culturale e l'impegno politico tendono a correlarsi tra loro in modalità del tutto inedite.
E questo passaggio, per così faticoso, ci apre a una fase inaudita di bellezza: ogni vita, ogni storia, personale, nazionale o planetaria, può diventare un'opera d'arte.
La vita e le vicissitudini di Miguel e Zbigniew, le famiglie di origine, gli anni della formazione, le amicizie e le inquietudini nella scelta vocazionale, la morte violenta di due testimoni, ora beati. Miguel Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, francescani conventuali polacchi, erano arrivati sulle Ande peruviane nel 1989. Annunciavano la Buona Notizia di Gesù, una rivoluzione profonda. Non quella auspicata, però, da Sendero Luminoso. Un commando armato, il 9 agosto 1991, condannerà i frati a morte, perché "con l'attività caritativa e con la Bibbia addormentano la coscienza rivoluzionaria del popolo". Miguel non aveva ancora 31 anni, Zbigniew ne aveva 33.
«E sorridi quando mi guardi, perché non vedrai altro che la felicità di vivere. La vita è bella!»
Alessia, una comune adolescente piena di voglia di vivere e di affrontare il mondo con entusiasmo e spensieratezza, viene improvvisamente fermata da una malattia devastante, una terribile esperienza che mai un giovane può mettere in conto nei propri progetti.
La ragazza impara a non lasciarsi sopraffare dall'angoscia, trasformando anzi in energia nuova e positiva la paura e la rassegnazione, e facendo di questo passaggio doloroso della sua breve esistenza terrena un palcoscenico della fede e della speranza: arriva così a comprendere sotto una luce nuova il significato della vita, la sua inestimabile ricchezza, spesso appannata da ciò che è effimero e passeggero, maturando una profonda consapevolezza che ha voluto comunicare a chi le stava intorno e che, anche attraverso questo libro, continua a testimoniare anche dopo la morte
Dalla prefazione del cardinale Tettamanzi
San Carlo Borromeo il 7 dicembre 1567, anniversario dell’ordinazione episcopale sua e del suo “massimo predecessore”, sant’Ambrogio, tenne nella basilica omonima una accorata omelia, ove disse: «Questa è la legge della perfezione pastorale, che il pastore spenda persino la vita, se necessario, per la salvezza del suo gregge, e sembra che più di questo non si possa fare, perché Cristo diceva in un altro passo: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13)».
Queste parole di san Carlo mi sono venute alla mente ripensando alla vita di Padre Clemente Vismara, che per il ministero e la benevolenza del Papa è “Beato” della Chiesa ambrosiana dal 26 giugno 2011.
Questa beatificazione, che avviene insieme a quelle di un altro figlio e di un’altra figlia di questa stessa Chiesa ambrosiana – don Serafino Morazzone, curaro di Chiuso (Lecco) e suor Enrichetta Alfieri, delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret – avviene a coronamento di questo anno pastorale, nel quale ci ha accompagnato la celebrazione del quarto centenario della canonizzazione di san Carlo
Borromeo, avvenuta a Roma il 1° novembre 1610.
La connessione delle date tra quella canonizzazione e queste tre beatificazioni non può lasciarci indifferenti: è il segno che la santità è ancora viva, è sempre viva nella Chiesa e ne scandisce il suo cammino bimillenario. Un cammino, quello della santità, sempre affascinante, anche perché assai variegato: i santi sono così diversi tra loro, eppure così simili l’uno all’altro!
San Carlo è ben diverso da padre Clemente Vismara, come questi è ben diverso dal parroco di Chiuso, don Serafino Morazzone, «tanto umile – disse di lui Alessandro Manzoni – da non sapere di esserlo». Ben diverso anche da suor Enrichetta Alfieri, che per trent’anni nel Carcere di San Vittore fu – così la chiamavano i detenuti – “Angelo” e “Mamma”.
Anche Padre Vismara fu “padre”, padre di mille e mille orfani, che raccolse nei suoi sessantacinque anni di permanenza in Birmania, come attestano le migliaia di lettere e le centinaia di articoli, ben sunteggiati in questa biografia di don Ennio Apeciti.
Struggente il grido di quel bimbo, agitato dalla febbre malarica, che dice a padre Clemente: «Guariscimi, tu sei mio padre, tu sei mia madre!», perché non aveva altri che lui, che quel missionario, che gli volesse bene. D’altra parte, padre Vismara ripeteva: «I ragazzi sono il tesoro del missionario, il missionario è il tesoro, la vita dei ragazzi».
E per essi ha amato dare tutta la sua vita, senza mai rimpianto o nostalgia o delusione, anzi sempre perennemente giovane, a dimostrarci che la giovinezza non dipende dagli anni, ma dal cuore. Si è giovani non perché si è agili nelle membra, ma perché si vibra sempre nel cuore; si vibra
vedendo un fratello che soffre, una sorella che piange, un amico – perché noi cristiani siamo chiamati ad essere non solo fratelli, ma “amici” – che gioisce.
Padre Vismara credette che la sua gioia riposava nella gioia dei ragazzi, dei poveri, dei lebbrosi che aveva scelto di amare e di servire. Ma – così facendo – padre Clemente ci richiama, ci ricorda che sono vere le parole di Gesù, quelle che san Paolo rivolgeva con commozione agli Anziani di Efeso: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (Atti 20, 35).
Era – per certi versi – quello che dicevo nel discorso di ingresso nella diocesi ambrosiana come arcivescovo il 29 settembre 2002:
«Sì, carissimi fratelli e sorelle, il cristianesimo – come diceva Paolo VI – è difficile, ma è felice! È felice perché ha come suo programma ed emblema le beatitudini, che Gesù ha proclamato e vissuto per primo (cfr. Matteo 5,1- 12). Questa nostra santità, che è la vera novità evangelica, alimenta la santità della Chiesa intera e dà la forza di operare il cambiamento della stessa società. Ed è nella prospettiva della santità che deve realizzarsi tutto il nostro cammino pastorale (cfr. Novo millennio ineunte, n. 30).
Questa, infatti, per ciascuno di noi e per tutti noi, è la volontà di Dio: la nostra santificazione (cfr. 1 Tessalonicesi 4,3). Resi santi nel Battesimo non possiamo accontentarci di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale, ma dobbiamo vivere da santi, secondo questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria (cfr. Novo millennio ineunte, n. 31)».
Sono ancora ben convinto di queste parole e questo beato, padre Clemente, “il prete che sorrideva sempre” – come lo ricordavano – me ne dà conferma.
La santità porta gioia e felicità non solo a chi la vive, ma anche a chi la incontra: l’incontro con un santo è sempre esperienza di gioia, perché dilata l’orizzonte della vita, fa comprendere che ogni essere umano è destinato a qualcosa di ben più grande che questa sola vita che viviamo nel tempo. La nostra vita è eterna, sorpassa il tempo e lo spazio, perché è vita “divina”: c’è Dio che ci attende al termine di questo cammino. Per questo padre Clemente salutò gli amici del Gruppo Missionario di Agrate nella sua ultima lettera, scrivendo: «Vi auguro ogni bene. Ci rivedremo in Paradiso. Con affetto».
Occorre, però, che ci sia sempre qualcuno che annunci agli uomini le grandi opere di Dio, il Suo immenso amore per l’essere umano. Occorre che l’uomo lo sappia e, dunque, occorre chi Lo annunci, chi accolga l’anelito di cammino, sempre pronti a rinnovarsi, a ricominciare nel modo dell’annunciare e nel modo di servire, perché è la carità la via maestra della Chiesa, sulla quale essa incontra sempre l’uomo, che è stata chiamata a servire e ad amare nel nome e nel modo che Gesù stesso le ha insegnato.
«L’amore, in definitiva – così scrivevo nella Lettera Santi per vocazione sull’esempio di san Carlo Borromeo –, è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano».
I santi ci hanno creduto. San Carlo ci ha creduto e ha segnato per secoli la sua Chiesa e il nostro mondo. Padre Vismara ci ha creduto ed ora i nostri fratelli del Myanmar lo sentono loro “Patriarca”, colonna della loro giovane Chiesa entusiasta.
I santi ci spronano con il loro esempio. Come san Carlo che il 16 giugno 1583 per stimolare la gente di Cannobio diceva: «Cristiano, se l’amore è incentivo all’amore, se l’amore è il prezzo dell’amore, se l’amore richiede amore, quale amore ti ha mostrato Cristo! […] Come è soave la vita
spirituale di coloro che la cercano! Chi non prova lo ignora».
Padre Vismara ci è d’esempio; ci stimola con le parole, che scelgo tra molte, scritte alla nipote Stella il 2 dicembre 1947: «La vita è bella, bellissima e ti invita a vivere, nella mia mente dire vivere è sinonimo di compiere il bene. Fatelo anche voi. Te lo assicuro, vi troverete bene»
Lui ci ha creduto. Lui ci è riuscito. Ora tocca a noi provare, e scoprire che è vero: chi dona con gioia, sperimenta la gioia.
Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano
Una storia unica, una vita forse irripetibile... Gli incontri segreti con Papa Pio XII... Il dogma dell'Assunzione di Maria... Una delle più straordinarie esperienze soprannaturali dei nostri tempi. Le precise parole della Vergine della Rivelazione colme di forza spirituale, cariche di insegnamenti ma soprattutto di enorme portata profetica. Messaggi grazie guarigioni e segni di rilevanza fondamentale per il terzo millennio, di riflesso vissuti da Bruno Cornacchiola con un'incredibile vita al servizio della S. Trinità nel segno della Vergine Maria.
Il volume è la biografia completa di un grande maestro spirituale del nostro tempo: padre Maria Eugenio di Gesù Bambino (1894-1967), carmelitano beatificato il 19 novembre 2016. Egli ha vissuto più vite in una stessa esistenza: seminarista aveironese travolto da cinque anni di guerra su diversi fronti, ordinato prete ed entrato dai Carmelitani (1922) è chiamato alle più alte responsabilità del suo Ordine. Creatore delle Federazioni dei Carmeli francesi, fondatore dell'Istituto secolare internazionale Nostra Signora della Vita, scrittore, formatore, missionario nel mondo è anche profeta mistico, realista e discepolo del Concilio Vaticano II. Innamorato di Dio, «amico dello Spirito Santo», questo contemplativo nell'azione è diffusore della dottrina dei Santi del Carmelo e allo stesso livello nella storia della Chiesa del XX secolo.
Il volume, scritto in occasione del centenario della nascita di Madre Maria Teresa Tosi, fondatrice delle Piccole Sorelle di Maria, Madre della Chiesa, è nell’intenzione dell’autrice, suor Eliana Pasini, attuale Madre delle Piccole Sorelle di Maria e responsabile dell’Eremo della Trasfigurazione di Collepino, un riandare tra storia, carisma e profezia alla vita della fondatrice dell’Opera, nata nella primavera del Concilio Vaticano II, una tra le più peculiari e innovative forme di vita contemplativa postconciliari.
Il racconto è un intreccio tra la storia dell’Opera – documentata da importanti documenti anche eccezionali e inediti –, la vita di Madre Maria Teresa, la presentazione del carisma suscitato da Dio per mezzo suo: una vita integralmente contemplativa vicina ai fratelli che si fa sia condivisione dei valori contemplativi sia accoglienza delle solitudini e dei drammi del mondo e dei singoli, rimanendo al tempo stesso presenti e immerse in Dio nella fedeltà alla vita contemplativa.
Sono pagine nate nel silenzio pieno e vivo di Dio dell’eremo, che hanno la fragranza semplice e austera delle veglie notturne o la freschezza delle prime ore del mattino, emergenti dalla preghiera e dal colloquio interiore, mai interrotto, dell’autrice con la Madre fondatrice, la cui figura e il cui messaggio di stringente attualità per la vita consacrata e della Chiesa tutta e per il mondo degli uomini ad oggi rimangono ancora in gran parte da scoprire, accogliere e diffondere.
"'Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina' (Agostino d'Ippona). Questo concetto di vita intesa come 'viaggio culturale' si addice in pieno alla persona di padre Pietro Kaswalder, il quale viaggiava e insegnava a viaggiare con la coscienza che il cammino da percorrere fosse studio e impegno; per dirla con John Steinbeck: 'Non sono le persone che fanno i viaggi, ma sono i viaggi che fanno le persone!'. Mi è parso opportuno produrre questo volume che vorrei fosse, allo stesso tempo, un ricordo di quanto fatto ma anche un progetto su quanto resta da fare e, almeno in parte, si farà. Con questo lavoro vogliamo ricordare la persona più che lo studioso e intendiamo fissare la sua immagine nella nostra memoria" (dall'Introduzione di Massimo Pazzini ofm). Padre Pietro A. Kaswalder (Roverè della Luna, Trento, 22 giugno 1952-Gerusalemme 18 giugno 2014) è stato professore di Esegesi dell'Antico Testamento e Geografia biblica presso lo Studium Biblicum Franciscanum (Gerusalemme) e per anni guida alle Escursioni bibliche organizzate dallo stesso Ateneo. A un anno di distanza, questo libro vuole essere un omaggio alla sua figura di uomo, di francescano e di studioso attraverso i suoi scritti (pubblicati e inediti), i messaggi di cordoglio di amici, confratelli e conoscenti, il ricordo di chi lo ha conosciuto e ha condiviso con lui l'amore per la Terra di Gesù.
Don Domenico Cassandro, giovane parroco di Moiano, diocesi di Sorrento Castellammare, è stato un testimone della vita bella del Vangelo. Morto in odore di santità nel 2012 a soli 33 anni a causa di un tumore che lo ha colpito in due riprese - la prima volta a soli 24 anni e poi nel 2010 -, ha lasciato un segno indelebile nella comunità parrocchiale che gli era stata affidata. I suoi scritti, le lettere e le omelie, che in queste pagine sono presentati, delineano il cammino spirituale di un'anima innamorata profondamente di Dio. Don Domenico è stato un pastore che ha amato il suo gregge, ha offerto davvero tutto per la conversione dei cuori a lui affidati e si è ancorato alla Croce nel momento più difficile della sua vita. Una vita resa breve dal cancro, ma vissuta con una intensità che ancora ci raggiunge a distanza di tanti anni.

