
felici voi atei! volentieri sarei uno di voi
eppure eppure: non posso
Kurt Marti
sanguina da ogni ferita
viene violentata ancora e ancora
è tradita calpestata frantumata decapitata
torturata squartata disintegrata
membra perdute sono state
sostituite da protesi mostruose
è alienata da se stessa da noi e da tutto
è schizo e neuro e psico
trapassata di nuovo e di nuovo da aghi con i quali
sono state iniettate sostanze aliene
agonizza senza fine
è forse già morta o non ancora o
tuttora discute il consilium dei medici
e DUNQUE divenne la parola DIO
l'ultima delle parole
il più depredato di tutti i concetti
la più svuotata metafora
la proletaria del linguaggio
Il volume si distingue dagli altri apparsi nella stessa Collana in quanto è una raccolta di poesie e racconti attraverso i quali ci si accosta a uno dei mondi della mobilità attualmente più discriminato: quello dei Rom. "Dalla lettura dei versi e dei racconti di Agim Saiti, - si legge nella Prefazione emerge la storia di una comunità etnica viva, ricca e complessa, che ha vissuto, nella sua storia anche recente, momenti difficili di ghettizzazione ed estraneazione. Come cartoline, le immagini descritte dal poeta - rom kosovaro - si susseguono davanti agli occhi del lettore che tocca con mano il profondo senso religioso, la fede, ma anche le tante istantanee sul cammino: il partire, il viaggiare per terre sconosciute, la Provvidenza che tutto può, il senso di smarrimento. E ancora: l'amore per la propria lingua, da ascoltare alla radio, da scrivere in versi o per mezzo di racconti e da insegnare ai bambini, numerosi nelle famiglie rom, e alle nuove generazioni".
Un poema dedicato a Gerusalemme, Città Santa per eccellenza, essendo tale per le tre principali religioni monoteistiche: Cristianesimo, Ebraismo, ed Islam. Ma Gerusalemme è anche la città martoriata, simbolo del tragico conflitto arabo-israeliano, un conflitto che sembra accompagnarci negli anni senza che mai davvero si profili una reale possibilità di soluzione. Con versi di straordinaria e drammatica intensità, Adonis ci svela il volto di questa splendida, enigmatica città, i suoi miti e la sua storia, la sua pesante eredità ma anche il suo tesoro per l'avvenire.
Si tratta di un'antologia che raccoglie un'ampia selezione di tutta l'opera poetica di Marco Guzzi (pubblicata in cinque volumi dal 1988 al 2005), ma organizza i testi in modo del tutto originale, così da offrire ai lettori un percorso che li aiuti a sperimentare il processo di trasformazione e di liberazione interiori che ognuno di noi è chiamato ad attraversare in questa fase decisiva della storia. Dieci le sezioni lungo le quali si snoda questo percorso iniziatico: cercare, gridare, soffrire, morire, ascoltare, vedere, parlare, guarire, nascere, amare.
"Come ci si prepara a morire?". La domanda frontale che ha segnato ogni poeta, dalle inquietudini di Gilgamesh alle folgorazioni di Ungaretti, stigmatizza anche questo poema di Roberto Gabellini, dedicato all'"ultima marcia" del tenente Charles Péguy, fulminato alla testa dei suoi soldati il 5 settembre 1914. Il ritmo incalzante, la felicità delle immagini, la nitidezza della scrittura, fanno rivivere gli snodi esistenziali e artistici dell'autore del Mistero della carità di Giovanna d'Arco, nonché la sua vocazione da "irregolare" e la sua fede "ritrovata". Ma dalle arcate dei versi di Gabellini riemerge anche "il mondo di ieri": l'invasione della Francia, le tradotte dei soldati, quei sogni di gloria presto affondati nei fanghi delle trincee e della "terra di nessuno". "L'ultima marcia del tenente Péguy" è senz'altro un'opera coraggiosa, uno scavo sul senso della vita e sul mistero del dolore, che può essere capovolto d'improvviso dalla forza spiazzante della Grazia. Il testo, frutto anche di un lavoro di ricerca su fonti francesi mai tradotte in italiano, viene a colmare la lacuna, nella bibliografia italiana, sulla partecipazione di Charles Péguy alla prima guerra mondiale e sulla sua morte.
"Con il Porta comincia, nella poesia italiana, quella linea lombarda, potentemente realistico-narrativa e, per così dire, antipetrarchesca, che si ritrova anche all'interno della poesia del Novecento e che è l'unica della quale io aspiri a far parte, nonostante i molti debiti che so di avere nei confronti di altri poeti, da Baudelaire (che considero il più grande poeta moderno) a Pound (che considero il più grande inventore di possibilità poetiche del nostro secolo), - e poi, per venire a nomi più vicini o addirittura vicinissimi, quasi fraterni, a Rebora, a Montale, a Saba, a Sereni. (...) Parlando dei temi portanti del mio lavoro di poeta, ho finora ricordato l'importanza e il fascino per me del racconto evangelico, ho ricordato le storie familiari, ho ricordato il rapporto con gli scomparsi persone care, amici -, ho ricordato l'irruzione a un certo punto del tema amoroso. Non ho parlato di quello che molti ritengono abbastanza importante nella mia esperienza poetica, cioè il cosiddetto tema civile. Alcuni critici l'hanno messo addirittura al primo posto fra i temi della mia poesia. Di solito, quando mi chiedono cosa penso di questo aspetto del mio lavoro, dico che, sì, le poesie civili sono forse le più private che io abbia mai scritto, nel senso che non ho mai voluto essere un poeta civile. Non lo dico per polemica, ma insomma c'è stato più d'un poeta, per esempio Pasolini, che ha voluto essere poeta civile..." (da Giovanni Raboni, 'Autoritratto' 1977, 2003)
Gli appassionati lettori di Rainer Maria Rilke ben sanno quanto il tema dell'infanzia sia presente nelle opere del grande poeta praghese, forse anche a causa della sua stessa infanzia infelice, con i genitori ben presto separati, e poi con il precoce quanto detestato ingresso nell'accademia militare. In effetti, gli scritti di Rilke sono pieni di riferimenti all'infanzia: ci sono persino opere, come le famosissime "Storie del buon Dio", pensate appositamente per i bambini. L'infanzia per Rilke resta un luogo di sogni e insieme un luogo sognato, il momento magico in cui l'uomo vive per intero l'esperienza del mondo che gli sta intorno, un mondo che si apre a possibilità che paiono infinite. La presente antologia, a cura di Paolo Colombo, propone una scelta delle più belle poesie dedicate all'infanzia - la maggior parte delle quali vengono qui tradotte per la prima volta -, accompagnata da uno studio che precisa e sviluppa l'importanza di questo tema nel mondo rilkiano.
"La poesia di Péguy è mistica e popolare. Lo si vede anche in queste pagine apparentemente 'minori' e invece capaci di accensioni di brio, di sperdutezza. Voce che parla di qualcosa che riguarda tutti...". (Dalla prefazione di Davide Rondoni)
In occasione del VI centenario della nascita di Pio II (2005), sono state evidenziate numerose prospettive tese a sottolineare i molteplici aspetti ecclesiali, politici, sociali e culturali che sono sorti attorno alla figura di Enea Silvio Piccolomini. In concomitanza con i 550 anni della morte (2014) altre iniziative culturali contribuiscono a sottolineare la figura di Pio II che ha saputo incoraggiare persone valide come Giovanni Pietro Arrivabene. La presente pubblicazione è una primizia, in quanto per la prima volta il testo è affidato alla stampa; inoltre l'edizione offre un contributo per comprendere meglio quella pagina di letteratura umanistica che caratterizza il sec. XV e che permane anche per l'oggi un punto di riferimento. È il periodo in cui la cultura continua ad essere affidata ad un'espressione latina secondo uno stile per alcuni aspetti ridondante, ma per altri ancorato al bisogno di rifarsi a quella classicità che cerca di permeare le menti più sensibili. Il rapporto di cittadinanza che intercorre tra l'Arrivabene e Virgilio, ambedue di Mantova, permette di cogliere una sintonia che traspare in modo variegato attraverso il ritmo della poesia.
Una giovane donna alle prese con la poesia. Giovane solo d'età, perché "solo" una liceale, ma matura quanto a capacità di mettere a fuoco le proprie emozioni e condensarle in brevi versi. Giulia Mattioli colpisce il lettore per la sua immediatezza; in lei, la trasgressione equivale a non lasciarsi intimorire da parole come felicità, amore, gratitudine... Parole che tornano di continuo nelle sue poesie e che Giulia affronta senza angoscia, connotandole a volte con colori e profumi intensi, altre con toni delicati e lievi ma sempre iridescenti. Mai banale o scontata, emerge di lei un animo forte e deciso, lontano dal pessimismo e da quei momenti di buio che spesso si ritrovano in quella fase della giovinezza. Anche quando è tormentata dai dubbi e sembra vacillare, la speranza dà senso alla sua esistenza riportandola a casa, tra le confortevoli cose di ogni giorno, a quegli affetti solidi che si è costruita nel tempo e che vive quotidianamente.
Un percorso ricco di sentimento ed emozione, che si articola tra narrazione, aforismi, immagini e poesie, che offrono al lettore spunti di riflessione per riuscire a vivere in maniera diversa, con Sguardi Diversi appunto, le realtà che ci circondano. Si affondano le radici in argomenti importanti ed attuali della nostra quotidianità, facendo del libro un vero e proprio inno alla Vita, quella da vivere in ogni tempo e soprattutto con ogni tempo! Il tema centrale è l'amore in tutte le sue forme, passando per le difficoltà di espressione dei propri sentimenti e dell'essere se stessi, al valore dell'amicizia e l'importanza della fiducia verso gli altri ma non prima di aver scoperto la propria. Così pure il tempo che passa ed il suo prezioso messaggio, la sofferenza ed il dolore, che non possono essere fermati ma vissuti con il coraggio della speranza, che tutti hanno celata in fondo al proprio cuore.
"Se si segue lo spirito di Blake nelle varie fasi del suo sviluppo poetico è impossibile considerarlo un naif, un selvaggio, il selvaggio prediletto degli ipercolti. Svaporata la stranezza, la sua peculiarità si dimostra quella di tutta la grande poesia: qualcosa che si trova (non sempre) in Omero, in Eschilo, in Dante e in Villon, e profondo e nascosto nell'opera di Shakespeare; e anche, sotto forma diversa, in Montaigne e in Spinoza. Si tratta, semplicemente, di una peculiare onestà, un'onestà che, in un mondo troppo timoroso di essere onesto, risulta particolarmente terrificante. È un'onestà contro cui cospira tutto il mondo, perché è sgradevole. La poesia di Blake ha la sgradevolezza della grande poesia. Niente che si possa dire morboso o anormale o perverso, niente di tutto ciò che testimonia la malattia di un'epoca o una moda, ha queste qualità; la possiedono solo quelle cose che, dopo uno straordinario travaglio di semplificazione, rivelano l'essenziale debolezza o la forza essenziale dell'animo umano." (Thomas Stearns Eliot)