
Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori "una specie protetta che speri si estingua definitivamente". Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno.
Leo sente in sé la forza di un leone, ma c'è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l'assenza, tutto ciò che nella sua vita riguarda la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l'ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia è la sua realtà affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.
Bianca come il latte, rossa come il sangue non è solo un romanzo di formazione, non è solo il racconto di un anno di scuola, è un testo coraggioso che, attraverso il monologo di Leo - ora scanzonato e brillante, ora più intimo e tormentato -, racconta cosa succede nel momento in cui nella vita di un adolescente fanno irruzione la sofferenza e lo sgomento, e il mondo degli adulti sembra non aver nulla da dire.
Contando su un recupero moderno e vitale della grande tradizione classica, il D'Avenia romanziere esordiente si allea con il giovane professore di liceo, questa la professione dell'autore, per offrire con energia al lettore più e meno giovane qualche risposta che, come ogni risposta vera, non aspira a essere definitiva, ma neppure esitante e rassegnata.
Sedici anni di vita in Giappone. La storia d'amore tra una donna occidentale e un paese inconoscibile e affascinante, così radicalmente straniero.
È il racconto di uno smarrimento e di una seduzione. Per quadri, ritratti, storie intime, Antonietta Pastore ci porta con sé nel suo lungo viaggio di avvicinamento, rendendoci partecipi della bellezza e del mistero.
Per arrossire con lei nello scoprire, dopo molti anni e molti raffreddori, che soffiarsi il naso in pubblico è maleducazione. Per accorgersi che «dietro i volti serafici dei giapponesi, levigati come maschere del teatro no, si affollano le stesse emozioni che agitano l'animo umano sotto ogni cielo».
Il cricket può essere uno sport molto complicato, soprattutto se non ne conosci le regole. I cinque giorni in cui tutto il paese tiene il fiato sospeso davanti a un'interminabile partita tra India e Inghilterra possono essere il momento peggiore per far precipitare una crisi matrimoniale, cercare un sedicenne scappato di casa, o assecondare i desideri di un misterioso amante. Eppure è quello che deve fare la protagonista: tentando, nel frattempo, di imparare le regole. Se non del cricket, almeno della vita.
Autentico caso letterario in Inghilterra, 24 per 3 è stato accolto come una gemma di raffinata intelligenza, ironia e sottile erotismo.
È al calar della sera che la paura si addensa. Ed è urgente il bisogno di controllare più e più volte se si è chiusa bene la porta. Se tutte le imposte sono sigillate. Se nessuna ombra spunta dagli angoli. Sai che la tua è una famiglia "normale", che non hai nemici, che vivi in un quartiere tranquillo. O almeno è quello che credi. Come lo credevano i tuoi vicini, prima di essere sterminati. Uno alla volta, tra le mura domestiche. Una sera come tante.
La notte di luglio in cui i Langley - padre, madre, figlio adolescente - vengono uccisi, non si registra nulla di insolito nella zona, a parte il caldo asfissiante. E i vicini, i Cutter - padre, madre, figlio adolescente - non ricordano di aver sentito alcun rumore. Ma la scoperta, il giorno dopo, è scioccante. Se i Langley, anche loro così "normali", hanno potuto essere vittime di un atto di tale efferatezza, allora nessuno può dirsi al sicuro.
A meno che gli assassini non abbiano sbagliato casa, mancando di poco il vero bersaglio. È questo il dubbio atroce che si insinua nella mente di Jim Cutter. Un'ipotesi folle. O forse no. Del resto, di fronte alla totale assenza di movente, nulla è da escludere. Persino che tra i Cutter si celino segreti tali da giustificare una simile vendetta, a loro in realtà indirizzata. Segreti di cui lo stesso Jim sarebbe all'oscuro.
Pur di scoprirli, sarà disposto a mettere in discussione la fiducia verso la sua famiglia e intraprendere una scomoda e pericolosa indagine personale.
Leo ha sette anni e tanti piccoli desideri: leggere "Topolino", ascoltare la canzone de "La storia infinita" e avere dei genitori come quelli dei suoi compagni di classe, che sgridano, danno castighi, guardano la partita o spettegolano al telefono con le amiche. Ma la sua famiglia è diversa: la domenica si scende tutti in piazza a manifestare contro la guerra, qualche volta si rimane dai nonni perché papà e mamma sono in giro per l'Italia con una mostra itinerante sui prigionieri politici; e poi ci sono quei maledetti adesivi che ritraggono sei uomini di spalle e che lei ritrova appiccicati ovunque, anche in camera sua. Quelle sagome ossessioneranno la sua infanzia, fino a quando, a vent'anni, Leo deciderà di capire chi erano veramente quelle persone, i sei di Sharpeville, e volerà in Sudafrica. Qui avrà la possibilità di conoscerli di persona: cinque uomini e una donna, accusati ingiustamente di omicidio dopo aver partecipato a una manifestazione in cui un console aveva perso la vita. Grazie a quell'incontro Leo farà una grande scoperta: gli eroi raccontati da suo padre non esistono, ci sono solo persone che fanno delle scelte e che sanno essere coraggiose, persone che se potessero tornare indietro forse quel giorno sarebbero rimaste a casa. Non ci saranno verità universali con cui tornare dai suoi, solo una storia dolorosa di soprusi e violenze nel Sudafrica dell'apartheid.
Saad, l'eroe di questo romanzo, è l'Ulisse dei nostri giorni, l'uomo che attraversa le frontiere e racconta i pericoli che attendono chi cerca una propria casa, un luogo dove vivere un'esistenza serena.
Leonardo, scrittore e professore universitario, dopo lo scandalo che ha distrutto la sua vita familiare e la sua carriera letteraria, si è ritirato nel piccolo paese natale dove conduce un'esistenza ritirata e solitaria. I tempi in cui era un padre felice, le sue lezioni affollate e le sue letture che riempivano i teatri, sono lontani: Leonardo da sette anni non scrive e non ha notizie della moglie e della figlia. Ma non è solo la sua vita ad aver subito un tracollo. Nel paese dilaga la barbarie. Rapine, sopraffazioni, omicidi, bande. L'esercito che tutti pensavano impegnato a bloccare l'invasione degli "esterni" è allo sbando. La gente ha paura e si arma: nascono ronde e corpi armati per difendere le frontiere, le città, le case. I telefoni smettono di funzionare, la televisione di fornire notizie, le banche di erogare denaro. L'ondata di violenza giunge anche fra le colline dove Leonardo ha cercato rifugio, costringendolo a fare i conti con il nuovo mondo e la sua spietatezza. Unica via di scampo sembra essere la fuga a occidente. Inizia così un viaggio pieno di insidie, avventure, drammi che porterà il protagonista a sperimentare sulla sua pelle l'evoluzione dell'odio, del coraggio e del male. Davide Longo, tra le voci più importanti della nuova narrativa, scrive un romanzo sul nostro paese senza mai nominarlo, un luogo dove l'odio comanda, unisce e divide gli uomini ridotti a distruggersi e umiliarsi per sopravvivere.
IL LIBRO
Connie Goodwin, giovane e brillante dottoranda all’Università di Harvard, è impegnata in una ricerca sui processi di Salem, nel New England, che alla fine del diciassettesimo secolo videro più di centocinquanta persone accusate di stregoneria. Ma durante l’estate è costretta a trasferirsi fuori città per sistemare e vendere la vecchia casa di famiglia. All’inizio contrariata, Connie scopre che l’antica dimora contiene strani e preziosi tesori: non ultima, una Bibbia da cui cade una chiave dal fusto cavo, al cui interno è nascosto un pezzetto di carta ingiallita con su scritto Deliverance Dane.
Un nome legato non solo ai processi su cui Connie sta indagando, ma anche alla sua famiglia, a un segreto custodito da generazioni di donne e tramandato attraverso un libro proibito: un Libro delle Ombre, depositario di un sapere arcano e sovrannaturale, ormai perduto. Ma un filo rosso lega quel passato oscuro e terribile al presente: e mentre Connie, tormentata dalle visioni, cerca disperatamente di risolvere il mistero, qualcun altro è in cerca del libro perduto, e per ottenerlo è disposto a tutto, anche a ricorrere a una maledizione da cui non c’è scampo...
UN BRANO
"«I processi di Salem sono stati spiegati in molti modi» disse Connie. «Ma io li vedo come l’ultimo sussulto di religiosità calvinista. Furono anche l’ultima esplosione rilevante di isteria da streghe in tutto il Nord America. Il panico di Salem segnò la fine di un’era che aveva le sue radici nel Medioevo».
«Un’analisi molto approfondita» commentò il professor Chilton, sempre nel suo tono divertito e impertinente. «Ma non ha mai preso in considerazione la possibilità che le accusate fossero semplicemente colpevoli di stregoneria?"
L'AUTORE
Katherine Howe, laureata in Storia a Harvard, è effettivamente la discendente di Elizabeth Howe ed Elizabeth Proctor, due donne che subirono il processo per stregoneria a Salem alla fine del diciassettesimo secolo. Le figlie del libro perduto ha ricevuto grandissimi consensi di pubblico e di critica, consigliato dai librai indipendenti americani e recensito entusiasticamente da centinaia di lettori.
Un ricordo
mi attraversa la mente
e scompare , fulmineo.
Era la mia vita, quella.
E adesso la voglio
indietro.
Chi è, da dove viene e da che cosa è fuggita Sally, la bella ragazza che di notte lavora come guardarobiera al l’Irish Coffee, un locale trendy al la periferia di Roma, e di giorno si “seppellisce” in uno sperduto monolocale poco distante? A sei anni dall’assunzione neppure i proprietari Anna e Alberto Vasile, i suoi soli amici, sono riusciti a penetrare il muro che Sally ha eretto tra sé, il passato e la vita stessa. Sarà Oliviero Belli, un ricco industriale della moda, attratto e incuriosito da lei, ad aprire la prima breccia: non è il principe azzurro che le dischiude la favola, ma un trentacinquenne divorziato da una donna distruttiva e alle prese con un figlio adolescente che lo respinge, lo detesta e lo provoca sino a rischiare la morte per overdose. Il drammatico segreto di Sally comincia a emergere lentamente, come in un thriller, via via che il rapporto con Oliviero si consolida diventando un amore appassionato e profondo. Discendendo nell’inferno di lui, per aiutarlo a ricostruire un mondo di serenità e di affetti, la nostra protagonista ritrova non soltanto se stessa, ma anche la forza per riallacciare il f ilo con il passato. Stavolta sarà Oliviero a discendere nell’inferno di lei e a lottare perché possa riavere quanto le era stato crudelmente tolto dalla sorte avversa e dall’ingiustizia umana. La vita senza me è una storia di grandi sentimenti che affronta i temi oggi più sentiti, quali la maternità precoce, il disagio giovanile, l’utopia delle famiglie allargate, i divorzi rissosi e tutti gli incidenti di percorso che possono distruggere una coppia se non riesce a seguire l’esemplare percorso dei nostri protagonisti.
“Un capolavoro... Un testo al tempo stesso picaresco e grave, divertente
e tragico, attraversato dalla commedia del secolo non meno che dalla
sua parte di infamia.”
Bernard-Henri Lévy
“Per parlare della morte come fa Lanzmann, per realizzare Shoah,
per scrivere La lepre della Patagonia, bisogna amare la vita.
Appassionatamente.”
Le Monde
Claude Lanzmann ha vissuto ben più di una vita. Partigiano contro il nazismo a diciassette anni, docente nella Berlino del dopoguerra, negli anni Cinquanta si trova al centro dell’élite intellettuale parigina conquistando l’amicizia di Sartre. Poi la direzione di “Les Temps Modernes”, l’impegno anticolonialista, i viaggi e i reportage, la battaglia per Israele, la svolta cinematografi ca di sceneggiatore e regista. Una storia personale che è lo specchio di un secolo di rivoluzioni si snoda in queste pagine con passo romanzesco, tra metamorfosi personali e collettive, assecondando il flusso delle emozioni e rincorrendo le assonanze impreviste di una memoria tumultuosa e appassionata. E nel mosaico di ritratti e aneddoti – ilari, commoventi, entusiasmanti, erotici, angosciosi, intensi – spicca il filo rosso che è la missione di una vita: la testimonianza dell’Olocausto, perseguita negli undici anni dedicati al capolavoro cinematografi co Shoah; e il segno lasciato dall’angoscia di non poter dare voce a ciò che non è rappresentabile.