
Una cella di due metri per lato. Una fragile porta di legno sconnessa. Una tavola, con sopra tre pezze di lana e lino, e un tavolino con un calamaio e una vecchia lampada con lo stoppino logoro e la fiamma danzante. A Ipa, il monaco egiziano, non serve altro per vivere nel monastero sulla vecchia strada che collega Aleppo e Antiochia, due città la cui storia ha inizio nella notte dei tempi.
È il V secolo, un momento decisivo nella storia della Cristianità. Sono anni di violenza religiosa, di lotte e contrasti feroci, e la fede nel Cristo vuol dire scegliere una fazione, abbattere i propri nemici, e così decidere del proprio stesso destino.
Nestorio, l'abba che ha preso Ipa sotto la sua protezione, il venerabile padre con cui a Gerusalemme e Antiochia il monaco ha discusso liberamente dei libri proibiti di Plotino, Ario e degli gnostici, è nella tempesta. Nel 428 d.C. è stato ordinato Vescovo di Costantinopoli e ora, due anni dopo, è accusato di apostasia, la più terribile delle accuse, l'abbandono e il tradimento della fede nel Cristo. Il Patriarca Cirillo, l'Arcivescovo di Alessandria, ha scritto dodici anatemi contro l'«apostata», colpevole ai suoi occhi di non riconoscere che «il Cristo è Dio nella sostanza e che la Vergine è Madre di Dio».
Che Chiesa è mai quella che scomunica un saggio dal volto radioso, un uomo santo e illuminato che ha il solo torto di ritenere assurdo che «Dio sia stato generato da una donna»? Che Chiesa è quella rappresentata dal Patriarca Cirillo, capo di una diocesi dove i cristiani al grido di «Gloria a Gesù Cristo, morte ai nemici del Signore!» hanno scorticata la pelle e lacerate le membra della filosofa Ipazia, «la maestra di tutti i tempi»?
È un tempo infausto per il monaco Ipa, poiché a tremare non sono soltanto i pilastri della religione, ma anche quelli del suo cuore. Da quando il sole cocente della bella Marta è spuntato per lui ad Aleppo, Ipa ha conosciuto i sussulti dell'angoscia e i fremiti della passione. E gli orrori si sono impadroniti a tal punto della sua anima che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona.
Affascinante racconto delle peripezie umane, sentimentali e religiose di un monaco, sullo sfondo degli appassionanti conflitti dottrinali tra i Padri della Chiesa e dello scontro tra i nuovi credenti e i tradizionali sostenitori del paganesimo, Azazel è una di quelle rare opere letterarie capaci di gettare uno sguardo profondo e originale sulla Cristianità e l'Occidente, e di raccontare un'epoca in cui le pagine della storia avrebbero potuto essere scritte diversamente.
Nell’estate 2009 Alain de Botton riceve una proposta a cui non si può dire di no: diventare il primo «scrittore residente» di uno degli aeroporti più importanti del mondo. Il direttore generale della BAA, azienda che gestisce lo scalo londinese di Heathrow, vuole che vi si trasferisca per una settimana, che raccolga impressioni e testimonianze e che le rielabori in un libro. Il tutto da una scrivania piazzata in mezzo all’atrio delle partenze, tra la zona D e la zona E. Autorizzato a curiosare anche negli angoli più inaccessibili e a scrivere tutto, ma proprio tutto, quello che vede, per sette lunghi giorni De Botton gironzola tra terminal, piste di atterraggio e cucine, chiacchierando con chiunque, dagli addetti alla sicurezza al sacerdote dell’aeroporto, dai colletti bianchi a Dudley il lustrascarpe.
Finito quasi per caso in un crocevia di storie e di emozioni – amanti che si separano, comitati di accoglienza per parenti ancora sconosciuti, desolati uomini d’affari, immigrati respinti dalle autorità doganali, studenti ghanesi in cerca di un futuro migliore – lo scrittore trasforma i suoi bloc-notes in racconti e in sorprendenti riflessioni sui meandri della psiche umana, sulle affascinanti contraddizioni del mondo moderno e sul viaggio come possibilità di «apportare cambiamenti duraturi nelle nostre esistenze».
Considerato l'archetipo del romanzo gotico, "I misteri di Udolpho" fu pubblicato nel 1794, anno dell'ascesa e della caduta di Robespierre. Sull'apparente struttura del racconto di formazione femminile, Ann Radcliffe modella un percorso attraverso gli spazi sublimi del terrore, nei quali l'eroina si smarrisce in una vertigine noir che la conduce oltre i limiti della ragione e della natura. Nella Francia del 1584 la giovane e sensibile Emily St. Aubert, rimasta orfana di entrambi i genitori, viene rinchiusa dalla zia Madame Cheron e dal suo compagno, il perverso zio Montoni, nel tenebroso castello di Udolpho, sugli Appennini. Solo dopo una convulsa serie di avvenimenti agghiaccianti Emily riesce a riacquistare la libertà e a ricongiungersi con il suo innamorato, Valancourt. L'introduzione al romanzo di Viola Papetti, oltre a definire il genere gotico, racconta come la "debole mano" di Ann Radcliffe sia riuscita a trasfigurare il castello di Udolpho in una perfetta e animata macchina del terrore.
“Un romanzo torrenziale e ricco di storie parallele,
che ci restituisce con i suoi margini di mistero
una figura femminile difficile da dimenticare.”
L’espresso
Venezia, fine del Cinquecento. La vita spavalda del pittore Jacomo Robusti detto il Tintoretto, genio ambizioso e anticonformista, tra febbrili battaglie combattute con ogni mezzo per affermare il proprio talento, successi e dolori, inimicizie e tradimenti, capolavori e disillusioni. Accanto a lui, la sua creazione più amata: la figlia illegittima Marietta. Bambina vestita da maschio, poi ragazzina educata alla musica e alla pittura, infine donna libera e artista, Marietta incarna un’immagine indelebile di bellezza, sacrificio e passione assoluta. Trasportandoci nella Venezia del tardo Rinascimento, ricca e fragile, minacciata dalla guerra e dalla peste, e nella vita quotidiana della famiglia di un grande artista, Melania G. Mazzucco ci regala la storia indimenticabile di un padre e di una figlia, diversi da tutti, eppure così vicini.
Due cose non hanno segreti per Nayir ash-Sharqi: il deserto e il Corano. Palestinese, musulmano devoto, lavora da anni come guida tra le dune dell’Arabia Saudita. Ma se il suo sguardo abbraccia sicuro la vastità del deserto, si abbassa pudico di fronte a ogni donna, nel timore di scorgere qualche parte scoperta del corpo femminile, per quanto velato.
Perciò, lo turba non poco il favore che gli chiede il suo amico Othman, figlio di una facoltosa famiglia saudita: cercare sua sorella Nouf, di sedici anni, sparita nel deserto tre giorni prima della celebrazione delle nozze combinate. E poi continuare a indagare discretamente sulla sua morte, dopo che la ragazza è stata ritrovata priva di vita, e con un figlio in grembo. E questo è un compito ancora più difficile, perché le leggi impediscono a Nayir di parlare con le sorelle e le amiche di Nouf, come con tutte le donne non sposate o prive di scorta. Può rivolgere domande solo agli uomini della famiglia, che gli forniscono informazioni parziali e incomplete.
A sondare il punto di vista femminile sarà Katya Hijazi, la fidanzata di Othman, impiegata presso l’ambulatorio di medicina legale e insospettita da alcuni risultati dell’autopsia effettuata su Nouf. Nonché intimamente solidale verso la ragazza, che forse nascondeva un piano per sfuggire al destino impostole dalla famiglia.
Uniti dalla ricerca della verità, Nayir e Katya si ritroveranno a fare da ponte tra le sfere opposte della società saudita: mondo maschile e mondo femminile, rigidamente separati e regolamentati. E Nayir avrà modo di scoprire più da vicino quell’universo da cui la religione lo mette in guardia: fatto di donne che, dietro al velo, ci vedono spesso molto più chiaro degli uomini.
«È che lo sfigato è sfigato per natura. Magari perché è grasso, timido, balbuziente. Io ero sfigato per convinzione. Era accaduto per eccesso di sensibilità, avrebbe detto mia mamma. Ero stato fregato, avrei detto io».
Ironica, ruvida, sincera: è la voce di Lorenzo Baldacci, arrivato a Roma per svoltare e incagliato invece in una folla di personaggi esilaranti. E in Samia, la ragazza che attira gli sguardi di tutti, e per tutti resta un inaccessibile mistero. Quella che risplende per una breve, fulminea stagione.
Con sguardo aspro e comico, di giovanissimo provinciale toscano approdato nella capitale, Lorenzo Baldacci racconta una Roma marginale, vitalissima e mai cosí vera. Pony-pizza, badanti, professori in pensione, professori sfruttati, truffe, subaffitti, periferie e campi rom.
Una voce fresca e originale, un irriverente romanzo di formazione che è anche la piú classica e struggente delle storie d'amore.
Lorenzo ha 21 anni ed è approdato nella capitale per cercare di prendere finalmente il diploma in un liceo del «calcioinculo», uno di quelli privati in cui paghi e ti promuovono. A Roma si aspettava il «casino serissimo», invece si ritrova a dover sbarcare il lunario facendo il pony-pizza. Con la sua Vespa Primavera si rovina la schiena a ogni buca delle strade romane, e spia le persone, le loro vite, per cercare di afferrare la città, cambiare punti di vista, e finalmente capire. In questa schiera di personaggi indimenticabili, esasperati, commoventi, si imbatte proprio in Samia, e sembra non capirci nulla neppure di lei.
«Quanti vizi i Sapienza, penso, e rabbrividisco all'idea di crescere ed essere costretta ad affrontarli tutti».
Può una bambina - lasciata interi pomeriggi nel ventre sicuro di un cinematografo - arrivare a identificarsi totalmente con Jean Gabin?
Sì, se quella bambina è Goliarda Sapienza. L'attore simbolo di un certo modo di stare al mondo, l'icona anarchica del cinema francese, le calza a pennello. Goliarda bambina, non appena esce dal Cinema Mirone, è Jean Gabin, e scorrazza per i vicoli di Catania traboccanti di vita e di malaffare come Jean per quelli di Algeri. Incontra prostitute filosofe, pupari, la vita pullulante della Civita in tutte le sue forme, comprese quelle magmatiche dei «corpi lunghi di draghi neri scolpiti nella lava sotto i balconi».
E quando rientra a casa, trova un'altra forma di vita altrettanto disordinata e imprendibile: quella della sua famiglia senza fine. Un padre avvocato «amato dai poveri e odiato dai fascisti, ma da tutti rispettato e temuto»; una madre socialista impegnata durante il Ventennio a trasformare il suo appartamento catanese in un focolaio di resistenza e di controcultura; una tribù di fratelli acquisiti, ognuno intento a seguire i suoi sogni, contagiosamente.
Io, Jean Gabin racconta tutto questo raccontando un pugno di giorni. È un tassello di quella che Goliarda Sapienza chiamava «autobiografia della contraddizioni»: l'idea - bellissima ed eccentrica - era quella di tornare a distanza di anni su alcuni momenti della propria vita, per capire cosa combina il tempo con la memoria, e la memoria dentro di noi. Perché il passato non è mai cristallizzato, proprio come la coscienza di chi è troppo vivo per stare fermo.
In Io, Jean Gabin - romanzo postumo e assolutamente inedito - c'è la stessa energia stilistica dell'Arte della gioia, ci sono il piglio, lo slancio, la spavalderia di Modesta bambina: la «carusa tosta» che è divenuta un personaggio indimenticabile della letteratura del Novecento.
L'ex investigatore Louis Kehlweiler, il medievista Marc, l'archeologo Mathias e lo storico della Grande Guerra Lucien amano i bistrot, sono sempre senza una lira ma hanno un talento spiccato per le indagini complicate, soprattutto quando al commissariato brancolano nel buio...
In Chi è morto alzi la mano un faggio è misteriosamente spuntato dal nulla nel giardino della cantante lirica Sophia Siméonidis: potrebbe essere uno scherzo, lo strano regalo di un ammiratore oppure un sinistro presagio.
E quando, in poche settimane, una tranquilla strada di Parigi diverrà teatro di un omicidio ci vorrà molto intuito per riuscire a raccapezzarsi.
In Un po' piú in là sulla destra, Louis Kehlweiler, mentre è in appostamento su una panchina, trova per terra un frammento di osso umano.
Una traccia perduta dentro la città, ormai definitivamente. Eppure Kehlweiler la segue, con i suoi soliti aiutanti. La segue con ostinazione e ossessione fino ad arrivare in un piccolo villaggio della Bretagna...
Infine, in Io sono il Tenebroso la stralunata squadra di improvvisati detective si trova coinvolta nel misterioso caso di due giovani donne uccise a colpi di forbice. La polizia è convinta di essere a un passo dal colpevole, il serial killer pronto a colpire ancora. Ma le cose, come sempre, non hanno mai una faccia sola...
«Ho tredici anni e tredici tra fratelli e sorelle. Mi chiamo Diana, un nome da principessa, perché mia madre era rimasta affascinata dal matrimonio di Lady D trasmesso alla tv. Degli inglesi che lavoravano per la Croce Rossa a Kabul hanno trovato irresistibile la dissonanza tra un nome rivestito degli ori della Corona e la mia condizione di piccola fiammiferaia. Ma io non voglio fare della mia vita un simbolo. Non voglio diventare la portavoce delle piccole miserabili afgane. Io lotto ogni giorno per diventare la donna che vorrei essere, e non per vedermi ridotta a un semplice nome.
La mia vita è dura, ma dopotutto sono stata più fortunata di mia sorella maggiore che, per 2.000 dollari, a tredici anni è stata data in sposa a un uomo molto più anziano. Io sono ancora libera, anche se ho perso per strada qualche illusione. In fondo, cos’è la vita se non una lotta costante tra ciò che sono, ciò che vorrei essere e ciò che non sarò mai? In questo però sono avvantaggiata. Essere donne in Afghanistan è più facile. Non devi far altro che accettare quel che sei, tutt’al più dolerti di ciò che non sarai. A noi non è concessa la fase intermedia, quella di avere i mezzi per realizzare i propri sogni. E oggi non è diverso da ieri.
Ma io mi rifiuto di darmi per vinta. È per questo che ho accettato di scrivere la mia storia: per sfidare il destino e mettere alla prova il mio coraggio.»
Mentre fra mille luminarie si festeggia l'arrivo del '900, Amos, giovane banchiere ebreo di una cittadina piemontese, fa a se stesso una promessa per il nuovo secolo: diventare qualcuno e mettere su una solida famiglia patriarcale. Il destino però lo costringerà a giocare con altre carte. L'irrefrenabile passione per Teresa, una contadina cristiana del luogo, lo metterà di fronte all'ostracismo della comunità ebraica. Ma Teresa non vuole che il suo uomo debba soffrire per causa sua. Nell'amore fideistico e assoluto che prova per lui ingloba anche la sua religione: vuole a tutti i costi diventare ebrea. La storia di questa donna originale e commovente si snoda fino al terribile 1938 delle leggi razziali fasciste, attraverso la ricostruzione avvincente delle vicende familiari, dei cambiamenti politici e di costume dell'Italia.
Stepan è un giovane compositore che ha saputo conquistare fama e prestigio alla corte dello zar. Ma il successo scatena invidie e rancori. Accusato di complotto, braccalo dalla polizia segreta, Stepan è costretto ad abbandonare la sua tenuta di Terra Nera... e la sua unica alleata: Natalia. Il destino di Stepan è segnato e il suo esilio si trasforma ben presto in una fuga disperata. Età di lettura: da 12 anni.
Chiara è stata un’attrice, bellissima e spregiudicata. Ha avuto tutto dalla vita. Tranne l’amore di sua figlia Sofia. Quella che ha più amato, il frutto della sua passione più sofferta. Ma Sofia l’amore non sa cosa sia. Forte e ambiziosa, ha un aspetto insignificante e un carattere d’acciaio. Odia sua madre e la vuole distruggere con un libro. Si chiama Diario straordinario, ed è un assoluto bestseller. Nelle sue pagine, dure come pietre, Sofia ha messo alla berlina le scelte di Chiara, accusandola di essere un’arrivista, un’arrampicatrice senza scrupoli, una donna che ha pensato sempre e solo a sé stessa. L’ha fatta a brandelli. Si è vendicata.
Ma i sentimenti non hanno una sola faccia. Lo sanno bene le sorelle di Sofia: Benedetta, dolce e concreta, e la piccola Emma, il folletto di casa.
Per Chiara è venuto il momento di fare i conti con i segreti e le bugie della sua vita. Non le resta altro che imboccare quella strada di verità che non ha mai avuto il coraggio di percorrere. Perché adesso la realtà non è più un palcoscenico. Ora Chiara non può più recitare.
Dalla vincitrice del Premio Bancarella 2003, un romanzo che tocca il cuore della vita di ogni donna: il rapporto tra madre e figlia. Solo attraverso gli sguardi incrociati di Chiara, Sofia, Benedetta ed Emma riusciremo a capire quanto sono complessi e ricchi i rapporti familiari. Solo attraverso il confronto tra le loro storie, così magicamente intrecciate, l’amore sospeso che c’è tra loro potrà finalmente trovare pace.