
«La protagonista del racconto è un oggetto e la sua identità consiste soltanto nell'essere un materiale. Non capisce concetti come la consistenza, la temperatura o lo scorrere del tempo. Per questo guarda gli uomini e si stupisce della voce, di ciò che è leggero, della capacità creativa, ma anche delle lacrime, degli abbracci, della vergogna, di tutto ciò che chiamiamo "emozioni". Di che materia sono fatti gli uomini? Di voce. Siamo parola, musica e canto».
Due brevi testi di Antoine de Saint-Exupéry, il grande narratore e avitore francese autore del bestseller Il piccolo principe. Avevano poco da dirsi, ma spesso li si vedeva camminare a lavoro ultimato, mentre guardavano in silenzio i fiori, il giardino, il cielo e gli alberi.
Giuda Iscariota e Maria Maddalena nella parole di uno degli autori più amati di sempre, Gibran. Giuda venne nella mia casa la vigilia di Pasqua; bussò con forza alla mia porta. E quando entrò lo guardai: aveva il viso terreo.
«È quasi sempre difficile, se non impossibile, sapere come e soprattutto quando le cose hanno avuto inizio, ma lui lo sapeva, al minuto, addirittura al secondo. Ci pensava di continuo, con la stessa cupezza, la stessa rabbia di un uomo nel pieno delle forze che all'improvviso scopre di essere minato da una malattia subdola. In che modo gli si era insinuata in testa quell'idea? Non si trattava di germi, infatti, ma di un'idea. Anche un'idea può presentarsi come una macchiolina da nulla alla quale sulle prime non prestiamo attenzione. Poi cominciamo a sbirciarla ogni tanto. Abbiamo l'impressione che cresca, che si allarghi. Ci sforziamo di farla sparire, ed è un po' come se ci grattassimo un foruncolo: continua a ingrandirsi, sempre più rapidamente, finché un giorno siamo costretti ad andare dal medico. Solo che di medici, per il suo caso, non ce n'erano».
Venticinque anni, bello come un Cristo e convinto che l'unica via per sopravvivere nel mondo sia un odio esercitato con calma e raziocinio, Marcello Croce è a capo di un movimento di estrema destra che annovera picchiatori, fanatici, ma anche teorici e figure dai tratti quasi metafisici - tutte accomunate dal fatto che, per loro, vivere è come trovarsi in guerra. Grazie anche alla connivenza con certi rappresentanti politici e alla condiscendenza con cui l'opinione pubblica, ormai, guarda a molti fenomeni legati al neofascismo, Croce porta avanti la sua idea di sovversione e, nel frattempo, frequenta Silvia, una donna della borghesia romana con la quale instaura un gioco di potere che li porterà alla perdizione. La vicenda è ricostruita da un narratore misteriosamente attratto da Marcello e curioso di capire che cosa muova coloro che, oggi, credono in un'idea superata e violenta e la vogliono attuare. Ma c'è di più. La storia di Silvia e della sua caduta era già stata raccontata nello splendido romanzo, rimasto allo stato grezzo, che Goffredo Parise scrisse alla fine degli anni Settanta, "L'odore del sangue". "Il Continente bianco" ne riprende temi e motivi, e sposta la vicenda ai giorni nostri, conservando nel rapporto morboso tra Silvia e Marcello la metafora potente del fascino che certe idee hanno esercitato, ed esercitano, sulla borghesia italiana. Andrea Tarabbia, autore di "Madrigale senza suono", scrive un romanzo sul potere, a volte funesto, che abbiamo sugli altri e ci regala un ritratto di un gruppo di persone - e forse di un Paese - che danzano sull'abisso.
È solo un triangolo di terra delimitato dal fiume Adda, lo si può abbracciare con uno sguardo. Ma, nel 1877, agli occhi di Cristoforo Crespi rappresenta il futuro. Lui, figlio di un tengitt, di un tintore, lì farà sorgere un cotonificio all'avanguardia e, soprattutto, un villaggio per gli operai come mai si è visto in Italia, con la sua chiesa, la sua scuola, case accoglienti con giardino. Si giocherà tutto quello che ha, Cristoforo, per realizzare quel sogno. I soldi, la reputazione e anche il rapporto col fratello Benigno, ammaliato dalle sirene della nobiltà di Milano e dal prestigio di possedere un giornale. Per Cristoforo, invece, ciò che conta è produrre qualcosa di concreto e cambiare in meglio la vita dei suoi operai. E la vita della giovane Emilia cambia il giorno in cui si trasferisce nel nuovo villaggio. Figlia di uno dei più fedeli operai dei Crespi, e con una madre tormentata da cupe premonizioni del futuro, Emilia è spettatrice della creazione di un mondo autosufficiente al di qua del fiume, e la sua esistenza, nel corso degli anni, si legherà ineluttabilmente a quella degli altri abitanti di Crespi d'Adda. Come la famiglia Malberti, l'anima nera del villaggio, o gli Agazzi, idealisti e ribelli. Con loro, Emilia vive i piccoli e grandi stravolgimenti di quel microcosmo e affronta le tempeste della Storia: i moti per il pane del 1898, la prima guerra mondiale, le sollevazioni operaie... Tuttavia il destino farà incrociare la sua strada anche con quella di Silvio Crespi, erede dell'azienda e della visione del padre Cristoforo. Nonostante l'abisso sociale che li divide, tra i due s'instaura un rapporto speciale che resisterà nel tempo, e sarà Emilia il sostegno di Silvio nel momento in cui i Crespi - forse diventati troppo ricchi, troppo orgogliosi, troppo arroganti - rischieranno di perdere tutto. Fino all'avvento del fascismo, quando il villaggio Crespi, come il resto del Paese, non sarà più lo stesso. Il racconto appassionato dell'intreccio di destini tra imprenditori visionari e coraggiosi e famiglie operaie: speranze, drammi, vendette e amori in un grandioso ed emozionante affresco storico.
"Arco di luminara" e "L'ultima provincia" sono per Luisa Adorno «i libri degli anni felici coi figli bambini, poi ragazzi, i suoceri, le antiche, familiari domestiche, quelli in cui scopro la Sicilia e la sicilianità di cui comincio col ridere e finisco con l'amare, riamata». Il protagonista è ancora una volta il suocero, il prefetto Vincenzo Adorno, uomo d'altri tempi che ormai in pensione si è trasferito con la moglie - la Prefettessa - e la fedele Concetta nella casa del figlio a Roma. La convivenza delle due famiglie, l'incontro-scontro tra i vecchi e i giovani, viene raccontato con vivacità e ironia in quella limpida lingua pisana, veloce e precisa, che fa della Adorno una scrittrice inimitabile. Un affresco di serena borghesia del dopoguerra, un lessico familiare che si compone di quadri e memorie collettive; e poi le estati alle pendici dell'Etna, il luogo dell'anima del prefetto, un fazzoletto di terra con la vigna e la casetta in pietra lavica, i riti familiari, le luminarie. Ma sono anche gli anni della vecchiaia e della nostalgia, il tramonto di un'epoca e l'ombra della morte che inevitabilmente si allunga.
«Delle tre cantiche il Purgatorio è quella che più facilmente possiamo sentire nostra. Perché nostra, quotidiana, è la domanda drammatica da cui tutto il cammino del Purgatorio muove: si può ricominciare? Il male c'è, è innegabile, a volte sembra invincibile, per quanto ci sforziamo, ci ricadiamo sempre; ma davvero è l'ultima parola? Si può sperare di raggiungere il bene? Di tornare "puri e disposti a salire a le stelle"?» (Franco Nembrini)
«Credo che qui si nasconda il dono più grande di Dante che noi non possiamo assolutamente trascurare, perché ne va della nostra felicità. Dante scrive il Paradiso per aprirlo dentro di lui e dentro chi avrà la pazienza e il coraggio di seguirlo: di muoversi con lui. In paradiso non ci si va, ci si sta, solo se lo si vuole accogliere, o meglio liberare, dentro di sé.» (Alessandro D'Avenia)
Il professor Albus Silente sa che il potente mago oscuro Gellert Grindelwald ha intenzione di prendere il controllo del mondo magico, ma non può fermarlo da solo. Per questo, toccherà al Magizoologo Newt Scamander guidare un'intrepida squadra di maghi, streghe e un coraggioso pasticciere Babbano in una pericolosa missione, in cui incontreranno animali vecchi e nuovi e si scontreranno con i seguaci, sempre più numerosi, di Grindelwald. Ma con una posta in gioco così alta, per quanto ancora Silente potrà rimanere in disparte? La sceneggiatura ufficiale di "Animali Fantastici. I Segreti di Silente" completa perfettamente l'esperienza del film, e invita i lettori a esplorare ogni scena del copione scritto da J.K. Rowling e Steve Kloves. Sono inclusi contenuti speciali inediti e contributi di David Yates, David Heyman, Jude Law, Eddie Redmayne, Colleen Atwood e molti altri. Età di lettura: da 9 anni.
1185. Sulla via del ritorno dal pellegrinaggio alla Mecca, Ibn Jubayr, letterato musulmano di Spagna, scampato al naufragio dopo un periglioso viaggio per mare, approda in Sicilia, dove soggiornerà per oltre tre mesi prima di potersi imbarcare di nuovo per raggiungere la sua terra, al-Andalus. La più grande isola del Mediterraneo, a lungo provincia di Bisanzio, poi per circa duecento anni sotto dominio musulmano, da più di un secolo è governata dai cristiani Normanni. Palermo è la capitale del loro regno. Una terra di cui diffidare. Eppure, ciò che Ibn Jubayr vede contrasta in tutto con le sue aspettative. Degli eunuchi sono i grandi del regno, il personale di palazzo parla fluentemente l'arabo, le donne cristiane, il giorno di Natale, vanno in chiesa parate a festa come donne musulmane, e molto altro - verrà a scoprire via via - si nasconde dietro le apparenze. Piene di meraviglia, ma anche di inquietudine, timori e silenziosi interrogativi, le pagine del Viaggio in Sicilia riescono a trasportarci nel mondo mentale di un viaggiatore musulmano del XII secolo che, catapultato suo malgrado in una realtà estranea e nemica - ma dalle sembianze così sorprendentemente familiari -, cerca di darle un senso.
«Un nuovo commento alla Divina Commedia senza nessuna pretesa specialistica, nato dall'amicizia con un gruppo di ragazzi che ha accettato la sfida di un dialogo tra il Sommo Poeta e la loro vita di ogni giorno, con le sue ferite e le sue domande. Un commento che, arricchito dalle formidabili immagini di Gabriele Dell'Otto, spero possa contribuire allo scopo che Dante stesso si era prefissato scrivendo la Commedia: "allontanare i viventi in questa vita dallo stato di miseria e condurli allo stato di felicità". Tutti, indipendentemente dall'età, dalla professione, dal grado di studi.» (Franco Nembrini)