
Metafisica: ecco la parola «davanti alla quale ognuno, più o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato» (Hegel). Un fuggire che, a furia di decostruzioni, oltrepassamenti, dichiarazioni di morte o di inesorabile, fatale compimento nelle forme della razionalità scientifica, ha finito col diventare una sorta di habitus del pensiero contemporaneo. E tuttavia, ripercorrendo contropelo le filosofie classiche e i grandi sistemi del razionalismo moderno, così come le più ardite e recenti teorie della scienza, è possibile riscoprire ciò che di quel termine rimane inaudito: la tessitura che collega l'essente in quanto osservabile e determinabile allo s-fondo della sua provenienza e del suo imprevedibile avvenire; la relazione tra la theoría della cosa sotto l'aspetto della sua caducità, nell'ordine di Chronos, e quella che cerca di esprimerla nella sua relazione al Tutto e in tale relazione giunge a considerarla res divina. Nessun 'al di là', nessuna Hinterwelt, o mondo 'dietro' tà physiká, dietro il manifestarsi di Physis. Questo mondo, e il soggetto che intende conoscerlo conoscendo sé stesso, il cui essere-possibile non si arrende al Muro dell'Impossibile, esigono di essere interrogati anche secondo una tale prospettiva. Metafisica concreta, dunque, come Florenskij, scienziato, filosofo e teologo, voleva intitolare l'opera che avrebbe dovuto concludere la sua ricerca. Filosofia e scienza possono in essa ritrovarsi ed esprimere insieme, in forme distinte e inseparabili, l'integrità e inesauribilità della vita dell'essente.
Cosa succede quando ti accorgi che la vita non ti rende più felice? Per quanto puoi fingere di non aver lasciato indietro te stessa? Rebecca se lo domanda spesso, perché è una delle tante donne che ha rinunciato ai suoi sogni per inseguire l'amore e sposare Giacomo. Ma perché continuare a recitare il copione della coppia perfetta, ora che Marco, loro figlio, è cresciuto e sta per trasferirsi in un'altra città? Perché non cercare di riacciuffare i propri desideri? Tommaso, invece, quasi trent'anni prima, aveva conosciuto proprio una Rebecca fatta di slanci e passioni, sicura di sé, che ascoltava musica metal e s'intrufolava nei bar chiusi di notte. Una Rebecca così distante dalla donna che è ora. Il loro è stato solo un amore estivo, poi nascosto in un cassetto. Eppure... A volte non importa quanto ti sei allontanata da te stessa, quanti compromessi hai stretto con la vita e quanti rimpianti ti pesano sul cuore. Non importa se qualche volta hai pensato che non valesse la pena di lottare per tenere viva la luce che hai dentro. Ciò che conta davvero è avere una promessa a cui aggrapparti. Un futuro da inventare. Ovunque io sia. Torno a prendermi.
Con quali occhi guardiamo la realtà? Qual è la relazione tra vedere, conoscere e amare? Un cammino insieme ad alcuni maestri dello sguardo, per cambiare e maturare quella limpidezza che sa cogliere la verità del vivere, di Dio. Una esplorazione verso il non ancora conosciuto, verso uno sguardo triplice - conoscenza della teoria, esperienza, contemplazione - e transdisciplinare.
Siamo sicuri che dire sempre ciò che si pensa ci aiuterà a vivere una vita migliore e a trattare gli altri con rispetto? O forse questo precetto, apparentemente tanto saggio, a volte ha fatto precipitare le nostre vite pubbliche e private? Sincerità e intransigenza vincono su tutto, anche sulla buona relazione con gli altri? Dire quel che si pensa, sempre. È questa regola di autenticità che l'ipocrisia mette in discussione. Ed è anche la ragione per la quale è giudicata in modo negativo, come un fatto di incoerenza intenzionale tra pensieri, parole e comportamenti. Questo fa dell'ipocrita un sabotatore silenzioso dell'ordine morale? Una persona che erode nell'ombra le fondamenta della fiducia? Senza fiducia non c'è società né amicizia né amore. Ma società, amicizia e amore non sono possibili senza una qualche dose di ipocrisia. Nel difficile equilibrismo tra il non fare male agli altri e il non fare male a se stessi, l'ipocrisia allena a pensare in maniera complessa e a stare in relazione con gli altri sul palcoscenico pubblico. A patto che non diventi sistemica e che non tracimi in menzogna e manipolazione.
Cosa significa fare oggi filosofia analitica della religione? Eleonore Stump in questo libro cerca di recuperare il senso profondo del contributo che Tommaso d'Aquino ha dato al nostro pensiero su Dio, avviando una discussione sulla dottrina degli attributi divini: eternità, semplicità e immutabilità. Rivolgendosi a tutti coloro che sono interessati alla verità delle cose, indipendentemente dalla loro posizione religiosa, cerca un'alleanza innovativa - considerata la diffidenza continentale verso un approccio razionale e metafisico e l'antitetica predilezione anglosassone verso la formulazione di "nuovi teismi" - tra le risorse filosofiche del cristianesimo e le sue tradizioni spirituali e bibliche. Il teismo classico ha oggi molto da dire: è ancora necessario scegliere tra il Dio della Bibbia e il Dio di (certi) filosofi.
L'economia ha ancora bisogno della filosofia? Se i rapporti tra le due discipline sono diventati sempre più rarefatti, Nussbaum è convinta che la seconda sia per la prima un prezioso alleato: il metodo, le argomentazioni e le opzioni fornite dalla storia della filosofia sono in grado di garantire all'economia fondamenta più solide, maggiore rigore e creatività. Il contributo filosofico è necessario per salvaguardare l'equità sociale e per tutelare nell'azione economica l'incommensurabilità delle singole persone e il benessere individuale, oltre che quello totale della società. Senza una comprensione adeguata della natura umana, del nesso tra ragione e sentimenti, del ruolo che l'etica e l'altruismo giocano nella scelta dei fini, oltre che nella determinazione dei mezzi, l'agire economico, per quanto coerente al suo interno, rischia di essere carente nei confronti della realtà. Una realtà complessa, sfuggente e organica che, per quanto difficile da trattare, rappresenta la cornice e il motore dell'economia. I filosofi mettono alla prova le fondamenta dell'edificio economico, non perché esso ceda, ma per evitare che a collassare possano essere l'ambiente e l'uomo che in esso si muove, ignaro di se stesso.
In Italia (e altrove) il pensiero etico-politico, antropologico ed estetico di J. Maritain ha lasciato un segno ed è tuttora presente. Diversamente è accaduto per la sua poderosa ricerca teoretica, rimasta un tesoro nascosto, dove si collocano metafisica, ontologia, gnoseologia, integrazione tra i saperi, filosofia della natura. La svolta postmetafisica di larga parte della filosofia novecentesca ha rotto ogni ponte con la grande tradizione della filosofia dell'essere. Consapevole di questo esito, Maritain sostiene che il ciclo dell'autofondazione della filosofia moderna uscita dal cogito, si è chiuso con uno scacco irrimediabile. È necessaria una nuova partenza speculativa. Il volume esplora i nuclei primari del suo pensiero metafisico per mostrarne le virtualità e le potenzialità inespresse. Smitizzando il refrain sul nesso tra metafisica e violenza, ed esaminando le omissioni dell'odierna postmetafisica e del suo angusto antropocentrismo, si rilancia un pensiero cosmico-realista che illumina la posizione dell'uomo nell'essere e la sua apertura all'Infinito.
Octavius è un'apologia del cristianesimo in lingua latina. È l'unica opera pervenuta di Minucio Felice, avvocato di origine africana operante a Roma fra II e III sec. d.C., quando i cristiani rappresentano ancora una novità agli occhi del mondo pagano. La forma è quella del dialogo ciceroniano: tre amici - il narratore, Minucio stesso; il cristiano Ottavio; e il pagano Cecilio - camminano sul lido di Ostia parlando del senso dell'esistenza. La buona novella portata da Ottavio giunge inaspettata e in quanto tale inizialmente anche incomprensibile: è come pioggia nel deserto.
L'Occidente ha due radici: il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana. Per quanto dischiudano orizzonti completamente diversi, entrambi descrivono un mondo dotato di ordine e stabilità. Ma noi viviamo nell'età della tecnica. È finito l'incanto del mondo tipico degli antichi. È finito anche il disincanto dei moderni, che ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine. La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona. L'etica, come forma dell'agire in vista di fini, celebra la sua impotenza. Il mondo è ora regolato dal fare come pura produzione di risultati. L'unica etica possibile, scrive Umberto Galimberti, è quella del viandante. A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt'altro che un'anarchica erranza, si fa carico dell'assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l'intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l'amore, la verità, la salvezza. Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell'unica condizione comune all'umanità: come l'Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera. Oggi l'uomo sa di non essere al centro. L'etica del viandante si oppone all'etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L'umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro. Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura. Così ci guida Galimberti: "L'etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora".
L'etica della dignità, utilizzata da Triki per rispondere alla sfida della presente mondializzazione, si propone di sostituire a una politica fondata sulla formazione di individui asociali una politica basata invece sulla convivialità, che diventa produzione di felicità e struttura fondamentale dell'esistenza democratica contro ogni tendenza all'«ipercapitalismo». L'etica della dignità serve a condividere un desiderio filosofico comune: passare dall'individualismo ad una condizione di solidarietà, libertà e uguaglianza per costruire una cultura universale di giustizia sociale.
Evitando gli scogli della lettura ideologica dei filosofi, o, all'opposto, della mera riproduzione fotografica di alcune tesi di ciascuno di essi, questa Storia della filosofia si caratterizza per tre ragioni. Essa fa sorgere il pensiero dei singoli filosofi dal dialogo con le altre voci culturali, ivi comprese molte minori, non sempre adeguatamente considerate da opere analoghe; espone in modo serrato, eliminando decisamente ogni inessenzialità; si pone così, ad un tempo, come rigorosa esposizione ed interpretazione. Una storia della filosofia diventata un modello per la chiarezza e l'essenzialità nell'esposizione, il rigore nel riferimento costante alle fonti, la capacità di mettere a confronto il pensiero dei filosofi con le altre espressioni culturali della loro epoca. In questo volume, lo sviluppo del pensiero filosofico dell'età contemporanea, dal primo Ottocento alle grandi scuole del Novecento.
Dj Fabo, Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Federico Carboni e tanti altri: puntualmente la cronaca e il grande lavoro degli attivisti arrivano a svegliarci dal torpore, ricordandoci l'urgenza di un tema ancora tabù in Italia, quello dell'eutanasia e del suicidio assistito. Per quanto i singoli casi emblematici catturino sul momento l'interesse del pubblico e degli studiosi, è difficile che il dibattito porti a una visione profonda e complessiva delle tematiche del fine vita. Anche perché la frontiera del discorso si sposta di continuo, includendo tematiche controverse ma estremamente attuali: per esempio, le questioni connesse alla stanchezza di vivere degli anziani e alle loro sofferenze, generate non solo da patologie di matrice fisica, ma anche vicissitudini di tipo esistenziale. Giovanni Fornero, filosofo ed esperto di questioni bioetiche, si immerge filosoficamente nel tema dell'autodisponibilità esistenziale: la facoltà di un individuo di disporre della propria vita comprende o meno anche Il diritto di andarsene? E fino a dove questo diritto può spingersi? A ben vedere, sono interrogativi di fondo della filosofia, che interessarono pensatori di tutte le epoche, da Seneca, difensore della possibilità di optare per la morte, a Hume - che in Sul suicidio riprese la dottrina di Seneca contrapponendosi alla tradizionale tesi di Kant secondo cui «ciascuno è tenuto a conservare se stesso». La riappropriazione completa della propria esistenza, e quindi anche della morte, fu poi teorizzata da Nietzsche: «Muori al momento giusto: così insegna Zarathustra». Muovendosi non solo su un piano etico e bioetico, ma anche giuridico e biogiuridico, "Il diritto di andarsene" ricostruisce il complesso dibattito sul tema in una ricerca interdisciplinare e documentata, e allo stesso tempo di grande chiarezza divulgativa. Nel dialogo tra etica e diritto, Fornero dimostra come alla base delle norme giuridiche che regolano la nostra società ci siano spesso principi filosofici, in un'idea della filosofia come attività intellettuale che deve occuparsi non solo del presente, ma anche e soprattutto del futuro. Prefazione di Marco Cappato.

