
Attraverso la rilettura delle Dichiarazione di indipendenza americana, la narrazione veterotestamentaria del sacrificio di Isacco e il saggio di Immanuel Kant sul significato dell'illuminismo, il filosofo Omri Boehm offre una nuova comprensione del principio di universalismo radicale. Ripercorrendo l'appello umanistico dei profeti biblici, del pensiero kantiano e di figure come Abraham Lincoln e Martin Luther King, Boehm costruisce un quadro audace che offre una via d'uscita coraggiosa al dibattito, ormai in stallo, sull'identità. Il razzismo, la schiavitù, l'obbedienza a Dio, il monoteismo etico, i valori dell'occidente, la democrazia e il conflitto israelo-palestinese sono solo alcuni dei temi affrontati in questo volume denso, appassionato e illuminante che spiega in modo chiaro come solo l'universalismo radicato nel concetto di umanità ci consentirà di riconquistare l'obbligo per un principio di giustizia superiore e senza compromessi.
«Come è arrivato Husserl alle sue questioni e alle sue conclusioni? È plausibile la sua idea secondo cui la fenomenologia è il fondamento sul quale bisogna edificare tutta la scienza e tutta la filosofia? E come dobbiamo intendere la sua affermazione secondo cui la fenomenologia è una scienza rigorosa sebbene essa rinunci a una validità esaustiva e definitiva? In che senso essa prosegue nell'impresa che fu inizialmente compiuta dalla scienza e dalla filosofia greca?» Sono le domande alla base di questo saggio, legato a un corso tenuto presso l'Università di Praga nel 1964/1965. Non solo un'esposizione approfondita del pensiero fenomenologico husserliano, ma anche una raccolta di spunti interpretativi decisivi per l'elaborazione della fenomenologia asoggettiva, la proposta teoretica, formulata qualche anno dopo questo lavoro, con cui Jan Patocka intende superare il soggettivismo di Husserl e ripensare la fonte di manifestazione della realtà trascendente come indipendente, tanto dall'oggetto quanto dal soggetto. "Introduzione alla fenomenologia di Husserl" si afferma, perciò, come un libro centrale nel corpus delle opere del filosofo ceco e come uno strumento imprescindibile per orientarsi lungo le strade della fenomenologia patockiana.
"Secondo Gabriel García Márquez, la vita si vive per raccontarla. E secondo Elias Canetti, la vita che si vive per raccontarla sta negli incontri interessanti che la punteggiano. Questo libro è appunto un racconto, o un resoconto, di incontri con persone che valeva la pena incontrare e ascoltare, e che hanno reso la mia vita più piena e degna di essere vissuta." L'intenzione dell'autore, provocatorio e ironico come sempre, è quella di trovare punti di contatto tra le due culture, scientifica e umanistica, per mostrarne la sostanziale unità dietro l'apparente separazione. Il politico Giulio Andreotti, il religioso Dalai Lama, il filosofo Jacques Derrida, l'attore Dario Fo, il matematico John Nash e lo scrittore José Saramago sono solo alcuni dei numerosi personaggi, ventuno dei quali premi Nobel, che con le loro passioni e le loro curiosità insospettate ci mostrano in questo libro, una volta di più, che le divisioni culturali sono spesso, se non sempre, fittizie.
Nel corso della storia, la comparsa e la diffusione su larga scala di tecnologie che hanno contribuito a riplasmare la rappresentazione di sé e del mondo hanno sempre generato paure e previsioni "apocalittiche". È andata così con la scrittura alfabetica, con la fotografia, con il cinema, con la televisione e anche con Internet. Senza eccezione, ogni rivoluzione tecno-scientifica ha partorito profeti di sventura e cantori dei disastri che le "macchine" avrebbero prodotto sugli individui e sulla società. Oggi l'atteggiamento prevalente non è cambiato. Sul banco degli imputati abbiamo il digitale - e in particolare la sua declinazione ritenuta più pericolosa, soprattutto per i giovani: lo smartphone. Disattenzione, ansia, isolamento sociale, sindrome da ritiro sono solo alcuni dei sintomi con cui si tende a diagnosticare la morbosa dipendenza dalla tecnologia più temuta e più utilizzata. C'è chi rimpiange un'umanità perduta e chi invece rincorre "patenti" o divieti. Saranno queste le soluzioni più efficaci? E, ancor prima, sono attendibili le analisi, le argomentazioni e le narrazioni che sembrerebbero legittimare questi rimedi? Gli autori di questo libro partono da qui. Smascherando false ideologie e inutili scorciatoie, fanno il punto sullo stato dell'arte della ricerca neuroscientifica per arrivare a prospettare orizzonti culturali e educativi in grado di fare i conti con le sfide e le criticità che una società digitalizzata inevitabilmente porta con sé.
Nel mondo occidentale odierno molti pensano che i credenti dovrebbero rinunciare alla loro rivendicazione di verità. Che si possa uccidere in nome di Dio l'abbiamo infatti riscoperto con gli atti di terrorismo e le nuove guerre di religione, in Europa e altrove. Ma, se l'esclusivismo, per il quale un'unica religione è vera, porta con sé, inevitabilmente, l'intolleranza religiosa, rendendo la coabitazione impossibile, in che misura invece il pluralismo e il relativismo, così presenti nell'esigenza di laicità, rispettano quello che le credenze religiose veramente sono? Queste domande, così importanti per la nostra vita sociale, sono affrontate per mezzo di una riflessione sulle credenze religiose, la verità, la tolleranza e il problema di sapere se abbiamo tutti lo stesso Dio. Questo libro difende un esclusivismo della verità religiosa che non porta a mettere i non credenti contro i credenti e le religioni le une contro le altre.
Si entra nella sfera pubblica ogni qualvolta usciamo di casa, a piedi, o in auto o con i mezzi pubblici, per raggiungere il luogo di lavoro o di incontro con amici e conoscenti, sedi di istituzioni politiche, amministrative, culturali, di volontariato, comunità di fede religiosa. Entriamo nella sfera pubblica, in maniera del tutto diversa, anche ogni qualvolta usiamo il nostro smartphone o computer per navigare o essere presenti sui social. Tutte queste azioni pubbliche pongono tanti questioni e dubbi etici. Questo saggio cerca di rispondere ad alcuni di essi, delineando un percorso di etica pubblica, ossia una riflessione su come ci comportiamo nelle reti di relazioni che frequentiamo e quali principi etici ci aiutano a risolvere piccoli e grandi dilemmi. Si tratta di scoprire se l'etica pubblica stanca, annoia o infastidisce; oppure se l'etica pubblica si è "stancata" di essere trascurata o maltrattata.
La filosofia sociale del linguaggio nasce con tre obiettivi primari: indagare gli usi del linguaggio in contesti 'non ideali', strategici e asimmetrici; chiarire il ruolo del linguaggio nella costruzione della realtà sociale; ridefinire termini di rilevanza socio-politica per costruire strumenti efficaci per il contrasto a discriminazioni e ingiustizie sociali e per l'esercizio di una cittadinanza critica, attiva e responsabile. Le autrici, usando esempi reali tratti dalla vita politica italiana e internazionale, dalla cronaca, dal linguaggio dei social media e delle serie TV, analizzano i dispositivi linguistici e le strategie comunicative che influenzano la realtà sociale e politica e individuano gli strumenti per contrastarne il potenziale dannoso.
Questo studio non intende proporre un confronto diretto tra Heidegger e Bultmann, ma si concentra sull'evidenziare come, nonostante le loro differenze spirituali e metodologiche, entrambi convergano nell'indagine di una realtà fondamentale: la Verità. Filosofia e teologia, interpretate attraverso l'approccio fenomenologico, emergono come prospettive complementari e interdipendenti, due volti della stessa medaglia metafisica. Mentre la filosofia è chiamata a esplorare le profondità della Verità, la teologia vi dimora, dedicandosi a comprenderne l'essenza. Questa Verità, che si manifesta in modi plurali e paradossali, si rivela intrinsecamente eterogenea. Da tale eterogeneità, il volume sviluppa un'analisi dei concetti di negazione e contraddizione, culminando nell'idea di una inventio contradictionis. In questa prospettiva, la riflessione heideggeriana si configura come una "contraddittorietà priva di contraddizione" e una "negatività priva di negazione", offrendo un nuovo significato al rapporto tra essere, verità e negazione.
Moore ha il merito di aver inaugurato la riflessione etica di impostazione analitica con la pubblicazione dei Principia Ethica nel 1903. Questa raccolta, curata da Sergio Cremaschi e Massimo Reichlin, comprende scritti mai tradotti e due inediti che valorizzano aspetti meno noti della figura di Moore, permettendo, da una parte, di risalire alle correnti di pensiero e ai dibattiti da cui prese avvio l'etica esposta nei Principia e, dall'altra, evidenziando come anni dopo Moore corregga le proprie tesi giovanili. In questo quadro resterà comunque ferma la legittimità dell'opzione religiosa come risultato di un atto di fede non giustificato da prove, sullo stesso piano dell'opzione ateista, dato l'esito agnostico di ogni indagine sull'esistenza di Dio. Un classico dell'etica contemporanea.
«Antonio Damasio è un pensatore profondo e uno scrittore raffinato ... "L'errore di Cartesio" è un'esplorazione affascinante della biologia della ragione e del suo legame inscindibile con le emozioni». (Oliver Sacks)
Come abbiamo imparato a distinguere il bene dal male? Siamo sempre stati capaci di farlo? E lo saremo ancora, nel mondo a venire? Di certo la morale esiste da molto prima che si parlasse di Dio, di religione o di filosofia. Agli albori dell'umanità, quando i nostri antenati scesero dagli alberi, sotto la pressione di fattori ambientali, la moralità emerge come fondamento di una cooperazione tanto precaria quanto essenziale alla sopravvivenza della specie. Hanno Sauer offre al lettore una 'genealogia' della morale che si muove tra paleontologia e genetica, psicologia e scienze cognitive, filosofia ed evoluzionismo. Le tappe di questo percorso marcano le principali trasformazioni morali nella storia dell'umanità, arrivando fino ai giorni nostri.
Grazie alle biografie laerziane, è stata conservata una incredibile quantità di notizie sulla storia della filosofia e della cultura antica, dai primi filosofi a Socrate, Platone e Aristotele, fino alle maggiori scuole dell'antichità, la stoica, la scettica, l'epicurea. In molti casi, infatti, solo grazie a Diogene Laerzio si sono potuti conoscere vita e pensiero di alcuni fra i maggiori pensatori dell'antichità. La curiosità per la notizia, il gusto per l'aneddoto, l'instancabile desiderio di ricostruire e tramandare per ogni fatto tutte le versioni conosciute, costituiscono motivo di piacevole lettura dell'opera laerziana, non solo per gli studiosi ma per tutti. La vita, le opere, le dottrine dei filosofi, spesso corredate da ampie citazioni dei testi originali, in un classico che resta un'autorevole via d'accesso alla lettura e alla conoscenza della filosofia greca.