
«Principe Enrico: "Dio mi sia testimonio, sono estremamente stanco". Poins: "Siamo a questo? Credevo che la stanchezza non avrebbe osato attaccare uno di così alta nascita". Principe Enrico: "S'è davvero attaccata a me, sia pure che riconoscerlo scolori il volto della mia grandezza.» In questo brano dell'Enrico IV di Shakespeare lo stile sublime e quello realistico si mescolano: la pittura conquisterà questa libertà un poco più tardi, anche se più radicalmente. Ma è solo con i ritratti di Velázquez che vediamo davvero il volto dei principi scolorarsi per la stanchezza. All'inizio del Seicento, la rivoluzione di Caravaggio abbatte la separazione e la gerarchia dei generi, ma non è in Italia che essa produce i suoi massimi risultati: è con Velázquez e con Rembrandt che la verità della pittura attinge vette insuperabili. E questo accade soprattutto nei loro ritratti. Quelli di Velázquez riescono a conciliare un'obiettività da pittura di natura morta con un'inesorabile capacità di inchiodare alla tela l'anima delle persone. Francis Bacon ha scritto che «da tutti i suoi dipinti traspare quell'emozione che Velázquez deve aver provato, persino in quelle bellissime opere dove le figure hanno una meravigliosa struttura e al tempo stesso la colorazione di un Monet. Si avverte sempre il passaggio dell'ombra della vita». In modi misteriosi quest'ombra si proietta sull'arte europea, e nel cuore stesso del più sfarzoso, esteriore mendace ritratto barocco, si insinua come una lama la verità di Velázquez: questo libro ne racconta la storia.
Fabrizio De André si è espresso artisticamente attraverso i brani che ha inciso nei suoi album e cantato durante i suoi concerti. Questo libro nasce dal desiderio di leggere, insieme e di nuovo, quei testi, scritti da Fabrizio De André o insieme ai suoi preziosi collaboratori, per riflettere sui contenuti che ha posto alla sua e nostra attenzione: gli ultimi, gli emarginati, il potere, la libertà, l'anarchia, la guerra, solo per citarne alcuni. In queste pagine sono raccolti più di quaranta brani che si sviluppano seguendo un nuovo percorso, curato dalla Fondazione Fabrizio De André Onlus, in cui le storie, i volti e i sentimenti cantati da Fabrizio De André non ci parlano solo di vite negate e di vite subite, ma anche di riscatto. Ad accompagnare i testi delle canzoni, le introduzioni e le riflessioni con cui De André presentava i brani in scaletta durante i concerti, alcune delle quali inedite o mai proposte in volume. Un libro non solo per gli appassionati del cantautore genovese ma anche per chi, come i più giovani, desidera scoprirlo. Da leggere nel proprio privato o in gruppo, per ascoltarne insieme le parole, come accade dagli anni Sessanta con i suoi dischi. Con una testimonianza di Dori Ghezzi.
Tutti ricordiamo l'immagine di Alan Kurdi, il bambino di tre anni annegato sul finire dell'estate 2015 nel Mar Egeo mentre con la famiglia cercava una nuova vita lontano dalla guerra in Siria. Anche oggi che l'onda emotiva si è calmata e in varie parti del mondo occidentale soffiano venti diversi, ci torna in mente con grande vivezza, fosse pure soltanto nel giorno dell'anniversario, dietro la sollecitazione dei media. Si è radicata saldamente nella nostra memoria. Perché proprio quella piccola foto? Si tratta di un caso di esaltazione mediatica collettiva o di una manifestazione singolarmente intensa dei nostri sentimenti più umani? È solo frutto della cultura della nostra epoca, che segna ogni cosa con lo stigma della velocità e della diffusione, o affonda le sue radici in una storia più antica, iniziata con le prime fotografie alla metà dell'Ottocento? Fausto Colombo, uno dei nostri più importanti sociologi della comunicazione, affronta queste domande non limitandosi a utilizzare gli strumenti scientifici dello studioso, ma mettendosi anche in ascolto delle proprie emozioni di spettatore tra gli altri e cercando l'origine della propria commozione di fronte all'immagine di quello sfortunato bambino. Ecco allora il suo 'diario di viaggio'. La ricostruzione delicata della storia della famiglia di Alan e quella della velocissima diffusione delle immagini attraverso i social, rilanciate e ridisegnate da utenti comuni e da grandi artisti. L'analisi della forza simbolica dell'immagine già agli albori della storia della fotografia, con il suo profondo legame con il tempo e la morte. Il racconto delle storie delle più famose immagini giornalistiche di guerra o sofferenza, diventate icone in grado di segnare la storia, e dei reporter a cui quello scatto spesso ha cambiato la vita. La riflessione sul discorso umanitario e sulla potenza del dolore infantile. Un'indagine nei meccanismi comunicativi e nel sentire umano fino all'ultima domanda: la nostra compassione vincerà la sfida dell'empatia? Sapremo riconoscere nell'immagine di Alan, e attraverso essa nelle altre vittime come lui, un nostro figlio, uno dei nostri piccoli fratelli nella famiglia umana che ci lega tutti in un'unica comunità di destino?
È l'alba del XVI secolo.L'Italia è divisa in una miriade di regni litigiosi e incapaci di opporsi alle mire delle grandi potenze. Tra quelle corti soggette ai capricci della guerra si aggira un personaggio bizzarro e affascinante, che sembra uscito dalla penna di uno scrittore. È un pittore e scultore che come nessun altro riesce a catturare l'anima di ciò che raffigura. È un inventore in grado di concepire monumenti di prodigiosa bellezza, architetture così ardite da superare ogni immaginazione, macchine belliche che sembrano provenire da un futuro lontano. È uno scienziato che di ogni fenomeno dell'universo vuole indagare i meccanismi profondi: il moto dei pianeti, dell'aria e dell'acqua, il volo degli uccelli, il corpo umano. Quasi non esiste disciplina in cui non dimostri una maestria senza pari. Si chiama Leonardo da Vinci. Intorno al suo nome fioriranno leggende, miti, storie fantastiche. Eppure, sono ancora molti gli enigmi e le zone d'ombra nella sua biografia. Servirebbe una macchina del tempo o lo sguardo di un testimone oculare, per poter finalmente risolvere il rompicapo di colui che da secoli rappresenta, nell'immaginario comune dell'umanità, l'incarnazione del Rinascimento. Il libro che avete in mano è esattamente questo. Attraverso le memorie - immaginarie, ma scrupolosamente documentate - di Francesco Melzi, che del maestro fu per anni amico e allievo prediletto, Massimo Polidoro ci conduce in un incredibile viaggio nella turbolenta Europa di cinquecento anni fa. Cammineremo accanto a Leonardo, seguiremo gli stupefacenti sviluppi del suo ingegno, lo ammireremo nell'attimo irripetibile della creazione delle sue opere immortali, e ascolteremo dalla sua viva voce i pensieri e le intuizioni del più grande talento universale della storia. Prefazione di Piero Angela.
"Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa di inafferrabile" ha scritto Marc Chagall, artista che ha assimilato tre culture - ebraica, russa e occidentale - che in questa raccolta producono una grande suggestione legata al tempo del Natale e della maternità. Una sezione è dedicata alle illustrazioni della Bibbia, che esercitò sempre un grande fascino su di lui. Esse rivelano un'interpretazione straordinariamente "umanista" delle scritture anche grazie all'originalissimo uso cromatico, perché "tutti i colori sono gli amici dei loro vicini e gli amanti dei loro opposti".
I mille anni del processo di cristianizzazione serba sono un capitolo significativo nella storia dell'evangelizzazione degli slavi.
In particolar modo il Medioevo ha rappresentato il momento in cui l'identità serba ha sviluppato i suoi fondamenti politici, sociali, filosofici e artistici.
Fondamenti che non hanno perso forza anche dopo la conquista ottomana della fine del xiv secolo e che hanno nutrito nei secoli la coscienza collettiva del popolo serbo e la lotta per una cultura serba indipendente.
I grandi monasteri, i dipinti, le miniature nati in questo periodo, che si collegano allo sviluppo del linguaggio, della letteratura e delle arti minori, sono tra gli esempi più vivi e tangibili dell'impronta di societas cristiana lasciata sull'Europa dall'Adriatico fino agli Urali.
Il più amato dei nostri cantautori, artista che ha profondamente inciso nel costume e nella cultura italiana, figura ancora centrale a vent'anni dalla sua scomparsa (11 gennaio 1999) Fabrizio De André ha rispecchiato con i suoi dischi un pezzo di società e di storia del nostro paese, ha raccontato l'avventura umana dei più umili, ha fotografato il nostro tempo, ne ha espresso gli ideali e le sfumature della vita quotidiana con esemplare capacità di sintesi, spirito di denuncia e un'efficacia poetica tale da raccogliere i massimi riconoscimenti pubblici, di mercato, dei colleghi e degli addetti ai lavori. La produzione di De André è disseminata di capolavori, dalle crude ballate degli anni Sessanta fino alle composizioni più audaci e impegnative, come gli album Le nuvole e Anime salve, passando per l'affresco Creuza de ma, indicato tra i più importanti dischi di world music in assoluto. Nell'ampia letteratura che ne abbraccia la storia, "Amico Faber" si inserisce con la scelta originale, e mai proposta prima, di coinvolgere e chiamare a testimonianza centotrenta amici, collaboratori, partner di musica e non solo: figure note o del tutto sconosciute alle cronache che lo hanno accompagnato nella lunga parabola artistica o nei più significativi passaggi della sua esistenza. Il lavoro lascia affiorare aneddoti, rivelazioni, momenti d'intimità che mettono a fuoco il messaggio e definiscono l'uomo: un viaggio che va dalla Genova degli esordi agli ultimi giorni, inseguendo la trama dei ricordi, dei pensieri, delle tracce più autentiche di un artista immenso, colonna sonora di ogni generazione. Con un'intervista autografa, rilasciata all'autore nel 1985. Prefazione di Wim Wenders.
Nel 1946 Churchill annunciò che una "cortina di ferro" era calata sull'Europa orientale. Già l'anno seguente poteva dirsi iniziata la Guerra fredda, che sarebbe durata più di quarant'anni. In quel clima lo scrittore Steinbeck e l'amico fotografo Robert Capa decisero di partire insieme per un viaggio alla scoperta di quel nemico così poco conosciuto. Ne emerse un resoconto onesto e privo di ideologia sulla vita quotidiana di un popolo che non poteva essere più lontano dall'American way of life. Le pagine del diario e le fotografie che raccontano la vita a Mosca, Kiev, Stalingrado e nella Georgia sono il distillato di un viaggio straordinario e un documento storico unico di un'epoca, salutato dal New York Times come "superbo".
La storia dell'arte può essere raccontata da tanti punti di vista: attraverso le tecniche, i movimenti, le committenze, i linguaggi o gli stili. Questo libro sceglie un'altra strada. Ci invita a compiere un viaggio nel tempo, dall'antichità ad oggi, per scoprire come gli artisti hanno rappresentato le emozioni, quelle che si annidano nei nostri stati d'animo più ineffabili e affascinanti. Lo storico dell'arte Costantino D'Orazio ci guida tra capolavori famosi e opere meno note per accompagnarci alla scoperta del desiderio, del delirio, del tormento, dello stupore, del dubbio e dell'allegria. Sentimenti che l'umanità ha avvertito e considerato in maniera sempre diversa nel corso dei secoli. Dai reperti dell'antica Grecia ai capolavori del Rinascimento, dalle invenzioni del Barocco alle rivoluzioni del Romanticismo, fino alle provocazioni del Novecento, l'arte ha attinto alle emozioni delle donne e degli uomini creando simboli e personaggi per raccontarle. Eros per il desiderio, Prometeo per il tormento, Medusa per il delirio, Maddalena per lo stupore, Polimnia per il dubbio e i putti per l'allegria, sono solo alcune delle figure che svelano il tumulto di emozioni contenuto in queste pagine.
Una mostra d'arte, come un libro, è forse il miglior modo per farsi portare in un luogo inesplorato e nuovo, per fare un passo verso risposte grandi e piccole, per sentirci persone migliori.
Una mostra è l'insieme delle vie che essa è in grado di aprire nella mente del visitatore, e se ben fatta non si limita a una fruizione passiva che faccia dire «ho visto i girasoli di Van Gogh», ma «guardando i girasoli di Van Gogh ho scoperto una cosa nuova». In "Mirabilia" questa scoperta riguarda il sorprendente mondo delle piante svelato nelle opere di Dürer, Degas, Hokusai, Rivera, Duchamp, Warhol, Banksy e molti altri, dalle dinamiche ecologiche all'archeobotanica, dal sapore dei pomodori fino alle "vertical farms" e alle rivoluzionarie frontiere della ricerca.
Rembrandt aveva appena 22 anni quando dipinse, su un piccolo pannello di legno di una quarantina di centimetri di lato, l'incontro di Gesù con i due discepoli a Emmaus. Era il 1628 e da allora egli tornerà più volte a illustrare quella scena, in disegni, incisioni e altri dipinti: una vera ossessione, in parte condivisa dai più grandi artisti dell'età rinascimentale e barocca (da Caravaggio a Rubens, Tiziano, Tintoretto, Veronese...). Proprio quel piccolo dipinto giovanile, oggi al Museo Jacquemart-André di Parigi, smuove la curiosità di Max Milner verso la sfida lanciata all'immaginario pittorico dal brano evangelico. Come può un'immagine 'fissa' dar conto di un'atmosfera che è allo stesso tempo familiare (una cena condivisa) e folgorante (la rivelazione del Cristo risorto)? Come tenere insieme la luce malinconica del «giorno che volge al declino» e l'accecante sparizione divina? Come fissare quel fremito di instabilità che riflette le reazioni dei discepoli nel passare dall'incredulità alla fede? E non si tratta solo di una sfida 'tecnica', di virtuosismo nel tradurre un racconto verbale in racconto visuale. L'incontro di Emmaus interroga i pittori circa la rappresentazione di un mistero che svela una vicinanza laddove si pensava un'assenza, e fa capire che bisogna rinunciare a ciò che si crede di vedere per accedere a una verità che salva. Milner ci mostra qui le diverse scelte dei grandi artisti, giocate nei cambi di luce e di postura, perfino nei dettagli più minuti (la sedia rovesciata, il tovagliolo che cade, il coltello in equilibrio...). Per tornare, infine, alla geniale soluzione del giovane Rembrandt, con l'impatto mozzafiato del controluce, che rende il Cristo a un tempo potente e labile, definito ed enigmatico. Presenza e, insieme, promessa: il che è, precisamente, la sfida dell'arte.