La vicenda dei preti operai copre un ventennio chiave del "Secolo breve". L'esperienza lavorativa di alcuni sacerdoti italiani - ispirati dai precoci confratelli d'Oltralpe - pone le basi per una nuova teologia laica, guidata dalle stesse azioni di trasformazione storica che, nel corso del "Lungo Sessantotto", hanno investito tutta l'Europa. Il volume intende ricostruire non soltanto una breve esperienza religiosa e anche politica, ma soprattutto la memoria di alcuni protagonisti dell'epoca. Attraverso le interviste a Roberto Fiorini, Luigi Consonni, Beppe Manni, Sandro Vesce, Carlo Carlevaris, Louis Magnin, Luigi Sonnenfeld e Giuseppe Dossetti jr., l'autrice intende creare una sorta di affresco capace di miscelare le azioni, i sentimenti, i ricordi con l'intricato contesto storico degli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Nel 1252 l'inquisitore Pietro da Verona viene assassinato. È questo vero e proprio cold case medievale a rafforzare il potere dell'officium fidei, per cui si arriva ad accusare di eresia perfino alcuni santi. Nel XIV secolo, da Avignone, il papa impiega gli inquisitori per combattere i signori della penisola italiana. A Milano, nel 1437, Bernardino da Siena condanna dal pulpito il maestro d'abaco cittadino dando avvio a una serie di processi in cui i principali testimoni risultano i suoi studenti. Sono solo alcuni frammenti del "Medioevo inquisitoriale" raccontato in questo libro, una vicenda ricostruita attraverso documenti inediti, protagonisti più o meno noti, a partire dal XIII secolo fino alla crociata contro i valdesi del 1488. L'inquisizione medievale si nutre spesso di luoghi comuni che l'autrice si impegna a sfatare, ricostruendo una vicenda dalle origini complesse e dagli esiti talvolta paradossali. Ne emerge un nuovo ritratto del Medioevo e una trama in cui santi, inquisitori e inquisiti si confondono, i frati partecipano alle crociate, le inchieste vengono annullate, gli inquisitori sono santi, i processi escono dagli archivi e circolano nell'Europa del XVII secolo.
La tematica dei cinque sensi diventa propedeutica per la comprensione della nostra storia, in quanto la loro rappresentazione può costituire un tramite per comprendere meglio le disposizioni morali che caratterizzano modalità diverse di approccio al paziente e le loro evoluzioni nel corso del tempo. Si è voluto riflettere a più voci sul possibile ruolo dei sensi come fondamento e base della cura e della pratica clinica stessa. Si è cercato di comprendere quali intrecci e quali riflessi generano nell'arte della cura, lo sguardo, la vista, l'ascolto, le diverse forme del toccare e del contatto corporeo, il gusto e l'olfatto. Parlare dei sensi nella cura è parlare della presenza sensibile e dell'indecifrabilità dell'uomo, che si potrebbe anche considerare come un modo di pensare, in uno stile diverso, la stessa «condition humaine». Qui sta la genesi della storia di questo libro, vale a dire, come un ritorno ai sensi può aprire nuove idee (anzi, questo è troppo limitato al senso della vista!) a nuove percezioni per la riflessione e nuovi significati bioetici. Sembra spiacevole, infatti, che la bioetica di oggi sia una bioetica dei principi e una bioetica delle frontiere (sia ai margini della vita umana, ma anche rispetto alle nuove biotecnologie), piuttosto che una bioetica della vita. Parafrasando Serres, si potrebbe dire che la bioetica odierna «non ha il senso dell'olfatto, e niente gusto». Da ciò l'importanza per l'esercizio della pratica clinica, di una riflessione sui cinque sensi.
Brno dicembre 1970: una donna riceve l'ordinazione presbiterale per mano del vescovo Felix Davídek, nella Chiesa cattolica clandestina della Cecoslovacchia comunista. Ludmila Javorová (nata il 31 gennaio 1932) entra così, rispondendo a un bisogno impellente della comunità ecclesiale e della resistenza civile, in una doppia spirale di silenzio: quella di una Chiesa perseguitata e quella imposta in seguito da quella stessa Chiesa cattolica che, per non mettere in discussione la teologia e la disciplina del sacramento dell'ordine, non solo dichiarò invalida la sua ordinazione, ma tentò in tutti i modi di occultarne la memoria. Questo silenzio fa male a tutti e in primo luogo alla Chiesa stessa: per romperlo si intrecciano le domande di Zden?k Jan?a?ík, prete salesiano, e le risposte di Ludmila, che conserva intatta la consapevolezza del suo ministero e la disarmante dedizione con cui lo vive. Per le stesse ragioni l'intervista, uscita nel 2020 a Praga, viene ora proposta in lingua italiana, perché il silenzio abbia fine e la memoria liberata possa continuare a dare testimonianza e animare la riflessione, alimentando un circolo virtuoso inarrestabile. Il volume, tradotto da Ane?ka ?áková, è qui introdotto da un saggio a firma di Marinella Perroni e Cristina Simonelli, per illustrare al pubblico italiano il quadro storico e la portata teologica dell'esperienza presentata.
In questo breve scritto confluisce tutto il lavorio della ricerca umana e religiosa di Panikkar, forse il lavorio integrale di cuore e mente dell'umanità stessa. La proposta di un Concilio universale permanente e il ruolo che la Chiesa cattolica può/deve svolgere per la sua attuazione è di grande attualità. Una chiesa per il terzo millennio non può più giocare con le carte del passato, rappresentare una dimora comoda per chi accetta irresponsabilmente lo status-quo. «I grandi problemi dell'umanità (fame, guerra, ingiustizia, ordine economico, scienza, tecnologia) sono in fondo questioni umane ultime di vita o morte e quindi religiose. Questo è un compito eminentemente della chiesa, intesa non tanto come chiesa romana né cristiana, quanto come chiesa invisibile sparsa per tutta la terra». Ci dovrebbe però essere qualcuno che convoca tale concilio universale, anche se poi si dovrebbe eclissarsi e lasciarne la dinamica nelle mani dello Spirito. L'incontro «Insieme per domandare la pace» promosso da papa Giovanni Paolo II ad Assisi (27 ottobre 1986), la dichiarazione congiunta sulla fratellanza di papa Francesco e del grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, ad Abu Dhabi (4 febbraio 2019) e il forte e intenso discorso ancora di papa Francesco all'incontro interreligioso di Ur dei Caldei (6 marzo 2021) sono segni profetici di quanto l'oggi dell'umanità chiede alle religioni: «che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra».
Catherine Aubin esplora le malattie dell'anima che diffondono confusione nel corpo e nella mente. Ci accompagna anzitutto a prenderne coscienza, a individuarle con precisione, a dare loro un nome: arroganza e orgoglio, avidità, ingordigia, collera, lussuria, tristezza e scoraggiamento, invidia, accidia e disgusto di sé. Sono alterazioni che disorientano lo slancio interiore della persona o addirittura ne imprigionano il soffio, il dinamismo. Sono erbacce che impediscono ai semi buoni di spuntare che soffocano la crescita. Come estirparle? Questo libro propone di distinguere i sintomi di queste malattie spirituali per tentare di uscire dell'accecamento e divenire quindi uomini e donne che amano, persone radicate nella carità. Riferendosi sempre alla grande tradizione della Chiesa, ma mettendo in campo un approccio rinnovato, Aubin ci invita a discernere più distintamente i moti dello Spirito nel nostro quotidiano. Così da rimetterci in cammino, con gioia: per avanzare verso noi stessi e verso il Signore presente in noi.
Diventare tutti un po' più poveri, mangiare meno carne, viaggiare meno, smettere di essere quello che siamo: occidentali e consumisti. È quanto ci viene richiesto dalla religione ecologista, il nuovo oppio dei popoli dell'Occidente post-cristiano. Siamo tutti peccatori ambientali e dobbiamo cercare la salvezza nella Sostenibilità. Dio non è morto, come scrisse Nietzsche. È diventato verde. Il comunismo esaltava il proletariato, l'ambientalismo esalta l'ecosistema, ma il mostro da combattere è sempre lo stesso: l'Occidente liberale e capitalista. Giulio Meotti racconta l'altra faccia dell'ecologia, convertita ormai nella religione laica dell'ecologismo. Introduzione di Robert Redeker.
Questo volume nasce dall'intuizione di alcuni sacerdoti, ordinati da mons. Domenico D'Ambrosio, di riunire di riunire in un unico testo, se non tutte, almeno la maggior parte delle omelie e delle riflessioni che l'Arcivescovo ha pronunciato o ha scritto nel corso del suo lungo fecondo ministero episcopale, iniziato nel 1990 nella diocesi di Termoli-Larino e terminato nel 2017 nell'arcidiocesi metropolitana di Lecce. (dalla Prefazione)
È lungo l'elenco delle contraddizioni che emergono da questa grande inchiesta sul Movimento dei Focolari, una realtà ecclesiale per molti aspetti sconosciuta, nonostante conti due milioni di aderenti in tutto il mondo. Fondato nel 1943 da Chiara Lubich, una figura controversa ma avviata verso la canonizzazione, il Movimento è attivo oggi, a livello internazionale, negli ambiti della formazione, della cultura e della politica - con scuole, gruppi editoriali, istituti di ricerca - e soprattutto opera in campo economico con le attività delle cittadelle, veri centri produttivi, e attraverso migliaia di cooperative e imprese collegate alla rete dell'Economia di Comunione. Un'organizzazione laicale potente, che ha validi sostegni nella Chiesa. Ma che, da qualche anno, è oggetto di severe contestazioni: un folto gruppo di ex appartenenti, in Italia e in altri Paesi, denuncia fenomeni di manipolazione psicologica, sfruttamento del lavoro, censure. Ferruccio Pinotti, che ha studiato a lungo le derive integraliste delle associazioni cattoliche internazionali, ha raccolto in questo libro una documentazione sul mondo dei Focolari e una serie di interviste esclusive di testimoni, ex focolarini, teologi ed esperti: il risultato è un reportage arricchito da un dossier inedito, che dà voce a drammatiche esperienze esistenziali e osserva dall'interno l'ambiente del Movimento, facendone emergere le problematiche e illuminandone i punti oscuri.
L'omelia domenicale da tempo è in crisi. Tutto ciò ci parla dello stato attuale della situazione della Chiesa cattolica, specialmente tra i giovani e le donne. Molti non vedono la comunità cristiana predicare un Vangelo libero da incrostazioni clericali e di potere. E stanno sulla soglia. Rosario Giuè, a partire da questa situazione, prova a scrivere le sue omelie con il segreto desiderio che tanti uomini e tante donne possano sentirsi sorpresi dal Vangelo senza sentirsi, per questo, alienati dal proprio tempo così inedito. Una volta si diceva: «Dimmi in che chiesa credi e ti dirò che omelia fai». Oggi si potrebbe aggiungere: «Dimmi in che società credi e ti dirò che omelia fai». L'omelia sottintende una visione di società. Non si può essere neutrali. L'interpretazione dei Vangeli è sempre un atto "politico". Sottolineare o tacere alcune sfumature di un testo, è sempre una scelta "politica" e non soltanto teologica o esegetica. La comprensione del Vangelo che contiene questo volume, in ogni caso, è sempre laica, mai con tentazioni clericali. Perché nella finitezza, secondo Giuè, vediamo un riflesso del volto di Dio. E ciò nella consapevolezza che senza il soffio dello Spirito ogni parola rimane "lettera" morta e incapace di muovere il cuore verso il futuro sognato e condiviso.