Gesù ha proclamato il regno di Dio, che nella storia è stato identificato con tante istituzioni. In realtà, esso è sempre al di là e dimostra, al contrario, che Dio non sostiene alcun potere, ma è piuttosto una Santa Anarchia che «rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili». La comunità alternativa chiamata a realizzare tutto questo, la chiesa, vive in solidarietà con le impurità della vita e le imperfezioni che ogni cammino storico porta con sé.
«Creatore del cielo e della terra»? Parole che sembrano una sfida al tempo della modernità. Eppure, non possiamo farne a meno, per abitare nella fede il mondo, dono prezioso affidato alla nostra cura, ma anche spazio di interrogativi forti per il credente. L'autore offre uno sguardo nuovo su una dimensione della fede cristiana spesso lasciata sotto traccia, ma essenziale in un tempo di crisi socio-ambientale. Si tratta della fede nell'atto creativo del Dio trino e della prospettiva ecologica che a partire da essa dispiega. Il testo esplora le radici bibliche della confessione del Creatore, tra l'uno e l'altro Testamento, per ascoltare poi le voci di alcuni pensatori e autori come Ireneo, Basilio, Agostino, Tommaso, Bonaventura e Calvino, che più hanno contribuito a forgiare la comprensione di questo tema.
In una società sempre più individualistica, nella quale la comunicazione digitale a distanza va soppiantando quella reale "in presenza", è più che mai urgente una rieducazione alle relazioni umane autentiche che passi attraverso la riscoperta dell'empatia come mezzo per fuoriuscire dal proprio isolamento e calarsi nei panni altrui. Il cristianesimo si concentra sulla fede in un Dio empatico che si cala nei nostri panni, assumendo la nostra condizione umana nella persona di Gesù Cristo e facendosi carico dei nostri pesi fino alla morte, per rigenerare le nostre vite e renderci a nostra volta creature empatiche. L'esercizio dell'empatia cristiana richiede la capacità di immedesimarsi nella realtà altrui tramite un ascolto attivo, e la sospensione di giudizi affrettati è un atto di fede che richiede il coraggio d'intraprendere un pellegrinaggio esistenziale verso l'altro. Per mezzo di Gesù Cristo, Dio ci guida nel duplice cammino di fuoriuscita da noi stessi per entrare nella realtà altrui, e di ritorno a noi stessi per accogliere i bisogni esistenziali dell'altro come se fossero i nostri.
«Tutti siamo Giuda», scriveva in una sua meditazione don Primo Mazzolari. Al centro di due saggi, scritti negli anni Trenta e Quaranta del Novecento durante il suo periodo parigino, Bulgakov mette proprio la figura di Giuda. Nei due scritti, che appaiono ora per la prima volta tradotti in italiano, l'autore indaga il mistero di quest'uomo e cerca il senso profondo di ogni sua azione tramite una ricostruzione storica, e al tempo stesso psicologica e teologica, che non accetta l'immagine comune del traditore capace di vendere il Maestro per trenta denari, del ladro e dell'avido. In Giuda lo scrittore russo vede colui che, attraverso la consegna di Cristo, prende parte alla realizzazione di quel regno messianico atteso sulla terra che Gesù stesso, ai suoi occhi, tardava a realizzare. Il suo tradimento troverebbe motivazione in un atto politico, finalizzato a costringere Cristo a rivelarsi per quello che era realmente, come l'instauratore del regno terreno del Messia.
Che cos’è l’uomo? Questa domanda ci affascina e assilla allo stesso tempo. È la domanda di sempre, la domanda delle domande. A essa siamo continuamente riportati, perché di fatto questo interrogativo costituisce la radice di tutto, il senso profondo dell'esistere e del cercare. Non c’è chi possa evitarla o rimandarla all'infinito. Di fronte a risposte incomplete, a riduttivismi e a distorsioni, c’è bisogno di dire che l'uomo vale, c’è bisogno di rimarcare l’altissima vocazione dell'esistenza, c’è bisogno di fissare lo sguardo su Dio e su Cristo, perfettamente uomo e uomo perfetto, c’è bisogno di rinfrescare continuamente la convinzione cristiana che il progetto uomo nella volontà di Dio è ancora più alto di come spesso lo si raffiguri. Questo saggio di antropologia teologica ricorda che è Dio ad aver creato l'uomo e che l'orizzonte è la gloria. I puntuali riferimenti alla Scrittura insieme all'
attenta valutazione dei percorsi storico-teologici sono la solida base che permette poi di ventilare questioni di grande attualità oggi agitate da tante nuove emergenze teoretiche e tecniche. Particolarmente adatto agli studenti, il volume rappresenta uno stimolante motivo di confronto per i lettori appassionati e i cultori della materia (dalla Presentazione di Francesco Testaferri).
Le chiese stanno cercando credibilità in mezzo a una crisi di appartenenza. La crescente dispersione - che minaccia l'idea stessa di comunità - nelle grandi città e nella diaspora richiede legami comunitari e un nuovo linguaggio. Ermanno Genre affronta i luoghi tradizionali della formazione cristiana (predicazione, catechesi, liturgia, spiritualità), offrendo spunti di approfondimento e domande in un contesto ecumenico. Le chiese sono chiamate ad aprirsi e confrontarsi con le sfide della storia e della vita quotidiana.
Come si può dare pieno vigore alla parola "grazie"? Secondo Catherine Chalier, accettando una asimmetria di fondo, che non è fatta né di potere né di preferenza. C'è un tempo per i rapporti simmetrici di dare-e-avere (per esempio nella giustizia sociale) e c'è un tempo per i legami in cui non conta ciò che è dovuto, calcolato, negoziato, obbligato o reciproco. In questo secondo caso prevale il dono gratuito, con tutta la sua fragilità e la sua ricchezza. Chalier rinvia all'asimmetria ineffabile che sta all'origine di ogni vita: lì si cela una gratitudine che non cerca né di restituire né di alienare nulla. Lì la gratitudine fa intravedere il "sì" inaugurale della creazione al centro della nostra vita, la bontà originaria che ci sostiene, anche in un mondo pieno di sofferenza e di disperazione. Questa gratitudine non comporta affatto rassegnazione, ma apre le porte al significato profetico del "ringraziare". Non come parola sul futuro, ma come parola che rivela a ciascuno di noi la nostra verità più intima, quella in cui rendiamo grazie. Un testo filosofico e biblico allo stesso tempo, su un tema delicato e qualificante: la riconoscenza
La molteplicità delle religioni solleva una questione difficile e pressante: quale di esse è credibile, quale non è vera, di quale possiamo darci? Le risposte che di solito la teologia cristiana fornisce sono insoddisfacenti: o relativizzano le pretese di verità delle altre religioni o rinunciano alla presunzione di validità del cristianesimo. Altre volte, poi, ignorano la questione della verità, così che tutto diventa vago e ugualmente (in)valido. Sperimentando un nuovo approccio, Gäde mostra invece come il messaggio cristiano permetta di accordare alle altre religioni una verità insuperabile e un carattere salvifico, senza con ciò relativizzare la pretesa veritativa propria della fede cristiana. In forma accessibile, l'autore conduce passo dopo passo verso un'affascinante prospettiva, da lui denominata "interiorismo", e ne illustra i tratti applicandola al caso specifico dell'islam, preso come esempio. È il messaggio cristiano stesso a offrire la chiave per valutare le altre religioni e ad aprirci lo sguardo sulla loro verità.
A partire dal silenzio, sostrato indispensabile per ogni parola autentica ed efficace, l'autore traccia un ispirante percorso in cui la parola di Dio si intreccia con la saggezza espressa da uomini e donne di diverse generazioni e differenti contesti. Da esso potremo trarre spunti utili per avere il coraggio di prendere parola, pronti a darla a chi la chiede e a trasmetterla alle nuove generazioni, sempre attenti e alla ricerca costante della "parola di giustizia".
Che cosa sia morale è evidente, si dice. Se è così, ogni parola in proposito è di troppo. Se ciò nonostante si deve continuamente tornare a parlare di ciò che è evidente, è soltanto perché esso viene continuamente rimesso in discussione. Nel 1981, in una serie di conversazioni alla Radio Bavarese, il filosofo Robert Spaemann (1927-2018) intrattiene gli ascoltatori su alcune delle nozioni più rilevanti per il dibattito etico, da quella di bene e di felicità a quella di destino passando da quelle di valore, giustizia, responsabilità, coscienza e azione buona. Ne risulta un percorso originale e coinvolgente di introduzione alla filosofia morale. L'efficacia del volume nato da quelle conversazioni non dipende soltanto dallo stile informale e diretto, ma, più profondamente, dalla convinzione che l'autore riesce a comunicare dell'importanza decisiva delle questioni etiche per la vita della persona. Il volume, pubblicato in Italia nel 1993 con il titolo Concetti morali fondamentali, ritorna adesso in una traduzione rivista e con una nuova prefazione. Ormai un classico della riflessione morale contemporanea, un aiuto prezioso per chi si avvicina alle questioni fondamentali del dibattito etico.
Vigilio è stato vescovo della città di Tapso, in Bizacena (nell'attuale Tunisia) verso la fine del V secolo, quando la regione era sotto la dominazione dei Vandali, di fede ariana. Il suo Contra Eutychetem è un'opera composta in difesa della cristologia stabilita nel concilio di Calcedonia. La presente monografia, basata sulla recente edizione critica del testo curata dallo stesso autore, propone un'attenta analisi della teologia di Vigilio: ne ricostruisce l'ambiente storico e letterario in cui essa è inserita e ne tratteggia le coordinate di base; quindi, affronta con completezza i temi propri del calcedonismo latino e si interroga su alcuni elementi di superamento di tale visione cristologica per una possibile apertura in chiave neocalcedonese. Il lavoro così condotto vuole aprire una via latina nello studio della cristologia postcalcedonese, mostrando come anche dopo Calcedonia l'Occidente cristiano sia stato in grado di produrre una significativa riflessione teologica.
La teologa Rosanna Virgili ci invita a seguirla in un percorso di antropologia biblica sull'umano nelle sue forme e posture fisiche e affettive. C'è un intimo intreccio tra carne e spirito, corpo e anima, natura e cultura, eros e amore, impossibile da disgiungere. E c'è infine una dimensione preminente dell'umano biblico che è l'esercizio dell'intelligenza e della scienza, l'educazione alla conoscenza e alla sapienza. Sapienza che non manca mai di una parola di promessa, anche di fronte alla desolazione.