«Le due città non sono riconoscibili in questo fluire dei tempi e sono fra di loro commischiate, fino a che non siano separate dall'ultimo giudizio». Con queste parole Agostino consegna alla cultura occidentale la prima proposta, da un punto di vista cristiano, di una visione organica della storia nella quale bene e male - la città di Dio e la città terrena - sono da sempre presenti e profondamente legati. È alla luce della rivelazione trinitaria che sarà possibile rileggere la storia in un'ottica pienamente positiva in cui dall'esperienza del male vinto emergerà l'Amore, lo stesso che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Nel periodo delle invasioni barbariche che sconvolsero l'Impero Romano, le riflessioni dell'Ipponate gettano le basi per costruire una nuova epoca e forniscono una prospettiva epistemologica che diverrà il fondamento di gran parte del pensiero filosofico e teologico. Dal Medioevo al Rinascimento, fino alle incertezze tipiche della contemporaneità indecisa fra postmoderno e dopomoderno: l'eredità di Agostino attraversa i secoli - un'eredità qui esemplificata attraverso Scoto Eriugena, Guglielmo di Saint-Thierry, il Cinquecento spagnolo, Fichte, Rosmini, Scheler, Sciacca, Ricoeur, Chrétien, Marrou e Marion - e offre spunti sempre attuali per riflettere sul rapporto tra Dio e il mondo, tra eternità e tempo.
I processi sociali, culturali, economici e scientifici che agitano il nostro tempo sono sempre processi antropologici che rimandano all'esistenza quotidiana dei miliardi di uomini e donne che, popolando la nostra terra si interrogano, direttamente o meno, sul senso della vita specialmente quando questa viene ferita dalla malattia, fisica, affettiva,mentale, relazionale, ambientale, professionale, giuridica, politica e sociale. La Fondazione Nostra Signora di Guadalupe promuovendo Incontri e Convegni nell'arco di questi ultimi dodici anni ha toccato un po' tutti i temi afferenti il grande campo della Bioetica. Il presente volume può essere così considerato come un'antologia intesa a raccogliere diversi contributi affluiti negli ultimi convegni svolti, per fornire uno spazio capace di accogliere, non solo dibattiti e reazione, ma anche esigenze, sentimenti, vissuti, sensazioni.
Uno dei testi fondativi dell'ontologia trinitaria nell'originale tedesco e con una nuova traduzione alla luce degli sviluppi della ricerca condotta presso l'Istituto Universitario Sophia nell'ultimo decennio.
«Il domenicano padre Innocenzo Colosio, a proposito di santa Angela, ha scritto una parola ardita che io però condivido in pieno: "Angela da Foligno sta alla mistica come Dante Alighieri alla poesia". L'accostamento non ha solo valore formale, come rapporto tra due grandezze, ma anche reale e di contenuto. L'esperienza di Angela da Foligno è una "divina commedia" vissuta (non solo immaginata!). L'insistenza di Angela sull'impossibilità di esprimere in concetti e parole umane le cose da lei viste, richiama l'analoga conclusione del viaggio di Dante. Anche per lui, all'apparire improvviso del fulgore della Trinità, "all'alta fantasia mancò la possa" e gli restò solo il desiderio e la volontà di possedere quel bene» (Dalla Presentazione di Raniero Cantalamessa).
Scritto complesso, compatto e volutamente non sistematico - all'acme della carriera accademica e dell'attività filosofica di Robert Spaemann (1927 - 2018) -, Persone. Sulla differenza tra 'qualcosa' e 'qualcuno' (1996) non è solo un capolavoro del grande pensatore tedesco, ma è innanzitutto una pietra miliare nella filosofia del Novecento sul realismo delle persone. La sua acuta riflessione sa pro-vocare e destare l'uomo di oggi alla 'grande questione' ch'egli da sempre è a se stesso, ponendolo di fronte al senso autentico del suo essere-persona che, dentro i drammi e i rinnegamenti delle persone reali e dentro le traversìe della storia è stato prima obliato dal modo d'esistere dell'uomo moderno, per poi scorrere come fiume carsico nei meandri della travagliata storia della personologia, con un concomitante imporsi, nella forma mentis oggi imperante, della 'dialettica di naturalismo e spiritualismo'. Si offre qui uno studio rigoroso e inedito della filosofia delle persone di Spaemann - miniera ricchissima tutta da scavare -, che prende sul serio la domanda esistenzialmente decisiva sull'enigma della persona, per arrischiare una comprensione della realtà personale che ognuno di noi è, lasciandoci guidare dal 'Socrate tedesco' in un avvincente percorso che raccoglie a piene mani l'eredità e le sfide della tradizione filosofica e restituisce al lettore precisi segnavìa del senso, cioè della vettorialità fondamentale tracciata nell'essere-persona e, resi memori dell'origine e della meta, del senso di marcia a ognuno di noi affidato come compito per divenire le persone uniche che già siamo e sempre più saremo.
Questo libro rende conto di un percorso di ricerca sulle domande di senso seminate nella letteratura contemporanea. Esse riguardano le situazioni critiche in cui, dentro la storia, sono messi a repentaglio alcuni valori inviolabili, come la verità, la libertà, la pace, la giustizia. E, insieme a queste grandi questioni, altre ancora non meno drammatiche, persino tragiche: la malattia per esempio, quella fisica e quella morale, il dolore e la sofferenza che rispettivamente ne derivano, la morte che viene a compierne inesorabilmente le promesse o a portarne a estrema conseguenza le premesse. E inoltre istanze forti al pari e anzi più della morte: soprattutto l'amore. Le questioni radicali qui evidenziate riecheggiano, in particolare, quelle che già s'incontrano nelle sezioni sapienziali della Bibbia, giacché si trovano disseminate in testi letterari che si configurano come riscritture contemporanee delle antiche Scritture. Queste, notava Sergio Quinzio, non esprimono «sublimi ideali disincarnati». Piuttosto danno adito a una narrativa e a una poesia che, scriveva Alda Merini, sono «fenomeno di vita». È ciò che qui viene riscontrato nelle pagine di scrittori come Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia, Luigi Santucci e Guido Ceronetti, David M. Turoldo e Mario Luzi, Margherita Guidacci e Agostino Venanzio Reali, Eugenio Montale e Pier Paolo Pasolini, Diego Fabbri e Angelo Gatti, Eduardo Rebulla e Vincenzo Rabito. Ma anche di teologi come Divo Barsotti e Gerd Theissen e di tanti pensatori moderni e contemporanei, da Blaise Pascal a Hans Blumenberg, passando attraverso Friedrich Nietzsche. E persino di cantautori come Angelo Branduardi e Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.
Osservando l'uomo dal punto di vista teologico-pastorale, è possibile suggerire (nuove) idee all'antropologia teologica? Certamente! Anzitutto perché spetta alla teologia pastorale verificare se un'antropologia si è (o non si è) dimostrata "adeguata" a edificare la presenza e l'azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Poi, perché la legittimità di un'antropologia teologico-pastorale non si fonda sulla rivendicazione del miglior modello antropologico presente sul "mercato" delle religioni. Parlare dell'uomo dal punto di vista teologico-pastorale significa mettere a tema la novità che Dio ha realizzato nella morte e resurrezione del Figlio unigenito del Padre che spalanca l'abisso della carità dentro il quale cresce e si alimenta la vita dell'uomo nuovo chiamato all'amore del "fratello per cui Cristo è morto" (1Cor, 8,11).
Discorsi sul futuro del cristianesimo tenuti dall'autore in vari incontri, conferenze e sinodi.
Dice l'Eterno Spirito: "Io ero quando nulla era ed Io sarò quando rimarrà unicamente il Cielo. Io sono l'ispiratore della creazione dell'uomo al quale fu donato il mondo per sua delizia, il mondo in cui, dagli oceani alle stelle, dalle vette alpine agli steli, è il mio sigillo. Io sarò che porro sulle labbra dell'ultimo uomo la suprema invocazione: "Vieni, Signore Gesù".
Il sacrificio è interminabile. Scorre come un fiume carsico. A volte si inabissa, altre volte ritorna con irruenza in superfice, generando riflessioni e dibattiti. In alcuni casi essi nascono all'interno della teologia o degli studi delle religioni comparate o della psicoanalisi, nell'ambito della riflessione filosofica o della più stringente attualità che spinge puntualmente a evocare di fronte a eventi straordinariamente drammatici e violenti un linguaggio sacrificale. Il presente volume, frutto di una riflessione iniziata all'interno del settore di Teologia dell'esperienza religiosa nel contesto del Mediterraneo, è un lavoro a più voci (tra gli altri J.-P. Hernandez, A. Nugnes, C. Torcivia), che tendono a convergere progressivamente intorno a una prospettiva comune secondo cui il linguaggio sacrificale ha il suo valore insostituibile per la teologia solo se veicolo di donazione gratuita e incondizionata sia nella morte di Cristo sia nella vita dei cristiani.
La ricerca del volto di Gesù Cristo costituisce oggi una sfida decisiva per i credenti. Questo libro, sorto dall'esperienza di insegnamento e di collaborazione tra docenti dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana «S. Caterina da Siena», intende offrire materiali di studio introduttivo sulla figura di Gesù Cristo con un taglio storico-teologico. Attenzione particolare è posta su aspetti fondamentali per lo studio della cristologia, soprattutto nell'ampia sezione storico- biblica e di analisi delle cristologie del Nuovo Testamento. La parte relativa al periodo patristico presenta i processi di formulazione del dogma e i dibattiti che accompagnarono questi secoli inserendoli nel quadro storico e culturale. Lo sguardo all'elaborazione delle grandi sintesi medievali e agli sviluppi della cristologia e soteriologia nella storia sfocia nell'attenzione ad alcune proposte di teologhe e teologi contemporanei. Radicamento biblico, sensibilità storica, apertura ecumenica e attenzione ai contesti sono le linee che hanno guidato il lavoro quale invito ad una ricerca continua del volto di Cristo per una fede pensata e vissuta in modo consapevole nel tempo. Tutto questo anche in risposta all'auspicio di papa Francesco: «Sogno Facoltà teologiche dove si viva la convivialità delle differenze, dove si pratichi una teologia del dialogo e dell'accoglienza; dove si sperimenti il modello del poliedro del sapere teologico in luogo di una sfera statica e disincarnata. Dove la ricerca teologica sia in grado di promuovere un impegnativo ma avvincente processo di inculturazione».
Perché il privilegio di Legazia Apostolica, dopo la morte del pontefice che l'ha concesso è stato sempre oggetto di aspri rapporti e polemiche tra papato e regno di Sicilia? Il rapporto dei Normanni con il papato ha influito sul modo d'intendere la Chiesa in Sicilia? Cosa muoveva i siciliani alla difesa per quasi otto secoli di questo antico istituto giuridico? Come mai il governo italiano ha cercato, nonostante un vivace dibattito parlamentare, di rinunciare alla Legazia Apostolica in Sicilia? Quali nuovi principi ispiratori muovevano i parlamentari a favore di un cambio di rotta che segnò uno spartiacque di portata storica nei rapporti tra Stato e Chiesa? A tutte queste domande Giovanni Mazzeppi ha cercato di rispondere con il desiderio di mettere in evidenza la storia della Legazia Apostolica in Sicilia, con un particolare riferimento al dibattito parlamentare che ha permesso la promulgazione della Legge n. 214 del 1871 del Regno d'Italia, meglio conosciuta come "Legge delle Guarentigie" che di fatto ha sancito la rinuncia al Governo italiano alla Legazia Apostolica in Sicilia.