A Marì capitano sempre avventure assurde, grottesche, mirabolanti, e ha un vero e proprio talento nel raccontarle. I compagni la ascoltano incantati, salvo poi scoprire ogni volta che si tratta di una balla, che non è vero niente, e allora si sentono presi in giro, si arrabbiano, la guardano con sospetto. Del resto, come ci si può fidare di una bugiarda? Anche Marì non sa spiegarselo: perché esagera sempre? Perché finisce per inventarsi tutte quelle storie? Però alcune cose le sa: le piace osservare, le piace leggere, le piace scrivere e, soprattutto, sa che c'è un grande vuoto nella sua vita, una pena di cui fatica a parlare anche con le persone che ama. Marì la bugiarda non è solo la storia di una ragazzina che deve imparare a gestire il suo dono, ma anche un romanzo sull'elaborazione del dolore, sull'importanza di ascoltare e sul valore delle emozioni autentiche, raccontate e vissute. Età di lettura: da 10 anni.
Libro vincitore del Premio Viareggio Opera Prima 2025
Al suo esordio, Sofia Assante mette a punto una voce narrante ironica e irresistibilmente romantica, che omaggia esplicitamente alcuni grandi narratori americani, da Salinger a Fitzgerald a Dylan, ed è capace di far sorridere e al tempo stesso commuovere. E racconta una storia piena di segreti e sorprese narrative, attraversata da una domanda che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita: possiamo davvero dire di conoscere le persone che abbiamo accanto?
Andrea sta camminando per le strade di New York, in piena notte, quando riceve una telefonata. Riconosce subito la voce di Elettra, anche se non la sente da dieci anni. È lei la ragione per cui è scappato da Roma, la sua città, ed è proprio lei, ora, a chiedergli di tornare... Andrea ed Elettra si sono conosciuti a dodici anni, il giorno in cui lei si è trasferita nel palazzo del centro di Roma in cui Andrea è cresciuto. A parte l'indirizzo di casa, non hanno nulla in comune. Lui è il figlio di un ristoratore schivo e taciturno e d'estate lavora nella trattoria di famiglia, Da Amilcare. Lei fa parte dell'aristocrazia romana e i suoi genitori, gli Alfieri della Scala, sono colti, eleganti e amorevoli. Entrambi appartengono a una Roma che sta tramontando: Elettra a quella della nobiltà che ancora si incontra nelle stanze di Palazzo Borghese; Andrea alla Roma delle taverne del centro, come quella fondata dal nonno, sui cui tavoli giocavano a scopone Fellini, Scola e Monicelli. Sono ancora bambini quando, convinti che nulla potrà dividerli, sognano di morire insieme come Filemone e Bauci, trasformati da Zeus in una quercia e in un tiglio, uniti per il tronco. Ma l'idillio si rompe all'improvviso durante una vacanza nella villa sul lago degli Alfieri: la madre di Elettra viene coinvolta in un incidente d'auto e i due ragazzi trovano per sbaglio una lettera che instilla in loro un dubbio insostenibile. Quel dubbio e il segreto a cui li costringerà li terranno lontani per anni. Fino a questa telefonata, che è destinata a riaprire tutto ciò che era stato bruscamente interrotto e, forse, a regalare una seconda possibilità a quel primo amore mancato.
Elezioni presidenziali del settembre 2027: in un'Italia futuribile (ma verosimile) devastata dal cambiamento climatico, non si presenta a votare quasi nessuno. Il pressoché totale astensionismo dà il via a una valanga di emergenze che si traducono in una crisi della democrazia, apparentemente irreversibile quando il premier eletto dal popolo - leader decisionista di una coalizione di destra - sembra svanire nel nulla. Mentre la magistratura indaga su una misteriosa serie di attentati, l'economia crolla e l'Unione Europea guarda con inorridita preoccupazione all'Italia: la Penisola è vittima di una escalation che la rende una democratura passatista e xenofoba e prendono piede le voci di complotti internazionali. A rovesciare le sorti potrebbe essere l'eroico gesto di un capitano della guardia costiera, immigrato albanese naturalizzato: un uomo d'ordine in crisi di coscienza. Un ritratto ironico della politica italiana, uno specchio deformante delle sue pulsioni più profonde e un lucido avvertimento su ciò che potremmo diventare: questo libro ci spiega che la fantapolitica non è poi così lontana come sembra.
È alla sfarzosa incoronazione di Napoleone Bonaparte a Parigi che Juliette Colbert conosce Tancredi di Barolo: è un colpo di fulmine, e pochi anni dopo Juliette diventa Giulia di Barolo, sua moglie, e lo segue nella splendida e terribile Torino della Restaurazione. Nelle prigioni della città sabauda, intanto, è rinchiusa la fiera Angela Agnel, uxoricida: ha accoltellato il marito ubriaco che tentava di abusare della figlia. Donne diverse, vite agli antipodi che il destino si diverte a intrecciare, nel fermento della rivoluzione industriale, delle prime lotte per i diritti dei lavoratori, delle conquiste sociali di cui Giulia di Barolo diventa presto intrepida sostenitrice. C'è tanto da fare, innanzitutto nelle carceri, dove languono prigioniere senza più alcuna speranza di riscatto, ma anche tra i poveri della città che chiedono pane e giustizia. E Giulia trova il tempo per occuparsi anche delle tenute di famiglia nelle Langhe, dove si produce un vinello che, con i nuovi metodi importati dalla Francia, potrebbe diventare un nettare più nobile e corposo. L'aristocrazia torinese si interroga: perché tutta questa frenesia? Forse perché la povera marchesina di Barolo non riesce ad avere un figlio? Magari, se si concentrasse sulla famiglia, le cose cambierebbero? E Giulia è disposta a molto, pur di mettere al mondo il sospirato erede: medicamenti, terapie, persino sortilegi. Ma non è disposta a rinunciare alle sue idee, né al suo amore, né alle sue battaglie. Il sangue delle Langhe scorre in queste pagine avvincenti: nelle vene dei protagonisti, nel frutto dei vigneti, nei crimini che insanguinano i quartieri degradati del popolo e nelle rivoluzioni che si preparano tra i palazzi del potere. E un destino di sangue, traversie e trionfi attende due donne audaci decise a cambiare il loro tempo.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo 1896 - Roma 1957) e Alessandra Wolff-Stomersee (Nizza 1894 - Palermo 1982), due aristocratici visceralmente legati a punti distanti ed appartati della civiltà europea, raccontano, attraverso documenti ed immagini, la propria vita e quella delle loro terre. Le immagini percorrono i mondi scomparsi: la vita di un giovin signore a Palermo e nel feudo agli inizi del secolo; il castello di Stomersee in Lettonia; i balli a Palermo nel 1929, l'anno della crisi americana; l'Europa tra le due guerre. Poi le distruzioni e la rinascita degli affetti nell'"impancarsi", secondo la terminologia di Tomasi di Lampedusa, a maestri della nuova generazione, insieme all'emergere di una straordinaria capacità da parte di Giuseppe Tomasi di trasmettere la propria esperienza vitale nel romanzo italiano più venduto del secolo. Sul finire degli anni Cinquanta un tuffo nell'allora intatto mondo dei "santi" Tomasi a Palma di Montechiaro, un angolo ignoto e affatto suggestivo della temperie controriformista nella lontana Sicilia. In ultimo il male implacabile, che progressivamente traspare nel volto dello scrittore fra il 1956 ed il 1957: una documentazione con cui la fotografia precorre quel che apparirà di lì a poco evidente; le ultime lettere, infine, e la morte del principe.
«Ecco un folle senza Dio che insegue il folle di Dio fino alla fine del mondo». Da questo attacco folgorante prende avvio un libro unico, che nessuno finora aveva avuto l'opportunità di scrivere. Il «folle senza Dio» è uno scrittore ateo e anticlericale, che si definisce laicista militante, mosso dal desiderio di parlare a tu per tu con papa Francesco, il «folle di Dio», come amava definirsi anche il santo di cui ha scelto il nome. Ma oltre che unico, perché mai il Vaticano aveva aperto le sue porte a uno scrittore con tanta generosità, questo è un libro di notevole profondità, il racconto magistrale e personale che scaturisce dalla penna di un grande autore: quasi un thriller su quello che è il più antico mistero della storia dell'umanità. È vero che esiste la vita dopo la morte? Nella forma narrativa che lo ha reso celebre, quella del «romanzo senza finzione», Javier Cercas cerca una risposta alla domanda che nessuno può fare a meno di porsi, fondendo in queste pagine le sue più intime ossessioni con una delle preoccupazioni fondamentali della società contemporanea: il ruolo della spiritualità e della trascendenza nella vita umana, che inevitabilmente si confronta con la religione e con il desiderio di immortalità.
È l'estate del 1991, Daniele ha diciassette anni e questa è la sua prima vacanza da solo con gli amici. Due settimane lontano da casa, da vivere al massimo tra spiagge, discoteche, alcol e ragazze. Ma c'è qualcosa con cui non ha fatto i conti: se stesso. È sufficiente un piccolo inconveniente nella notte di Ferragosto perché Daniele decida di abbandonare il gruppo e continuare il viaggio a piedi, da solo, dalla Riviera Romagnola in direzione Roma. Libero dalle distrazioni e dalle recite sociali, offrendosi senza difese alla bellezza della natura, che lo riempie di gioia e tormento al tempo stesso, forse riuscirà a comprendere la ragione dell'inquietudine che da sempre lo punge e lo sollecita. In compagnia di una valigia pesante come un blocco di marmo, Daniele si mette in cammino, costretto a vincere la propria timidezza per chiedere aiuto alle persone che incontra lungo il tragitto: qualcosa da mangiare, un posto in cui trascorrere la notte. Troverà chi è logorato dalla solitudine ma ancora capace di slanci, chi si affaccia su un abisso di follia, sconfitti dalla vita, prepotenti inguaribili. E incontrerà l'amore, negli occhi azzurri di Emma. Ma soprattutto Daniele incontrerà se stesso, in un fitto dialogo silenzioso in cui interpreta e interroga senza sosta ciò che gli accade, con l'urgenza di divorare il mondo che si ha a diciassette anni, di comprendere ogni cosa e, su tutto, noi stessi: misurare le nostre forze, sapere di cosa siamo fatti, cosa può entusiasmarci e cosa spegnerci per sempre. Questo viaggio lo battezzerà infine all'arte più grande di tutte. L'arte dell'incontro. Daniele Mencarelli ha scritto un romanzo vitale, picaresco e intimo, che ha dentro il sole di un'estate in cammino lungo l'Italia e l'energia impaziente dell'adolescenza.
La relazione (pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 2014) appartiene al gruppo di romanzi che Camilleri scrive in un limpido italiano, abbandonando, solo per un momento, il vigatese, la sua lingua d'invenzione e di elezione. Il perché di questa scelta risiede nella materia stessa del romanzo, si tratta di una storia borghese, ambientata nell'Italia contemporanea e non in Sicilia. A Mauro Assante, integerrimo funzionario, viene affidato un incarico delicato: scrivere una relazione sulla Banca Santamaria su cui si allungano le ombre dell'illegalità. In una rovente estate romana, con moglie e figlio al mare, Assante comincia a stendere il suo rapporto, ma si ritrova al centro di impalpabili manovre che paiono volerlo far desistere dal condurre a termine il lavoro. La visita di una bellissima quanto sconosciuta ragazza, strane telefonate, sottili allusioni, lettere anonime precipitano il funzionario in un intrigo in cui rimane fatalmente impigliato. «Mi interessava provare a scardinare tutte le certezze di un uomo come Assante nell'Italia di oggi. Volevo capire come una vita così strutturata, così razionale possa essere sconvolta e scardinata dall'irrazionale». La relazione è insieme thriller, romanzo psicologico, riflessione sul potere, e vi emerge forte la passione di Camilleri per il teatro e la sua inclinazione per i temi civili e politici. Con una nota di Antonio Franchini.
Narnia è uno dei più affascinanti universi della letteratura fantasy moderna, una terra incantata dove creature mitologiche e animali parlanti accompagnano bambini chiamati a trasformarsi in eroi. Attraverso un'analisi dettagliata di simboli e richiami spirituali, questo libro esplora la genesi delle Cronache di Narnia e il ricco immaginario che le sostiene, conducendoci nel cuore del mondo fantastico creato da C.S. Lewis. seguendo le tracce del Leone Aslan, simbolo della grazia e della speranza, Paolo Gulisano svela al lettore i significati allegorici e cristiani che pervadono questa saga indimenticabile, accompagnandolo alla scoperta delle virtù, delle tentazioni e delle prove che i protagonisti affrontano come simbolo del percorso umano.
Isolina ha salvato il suo matrimonio la notte in cui ha piantato una falce nel fianco di suo marito. Benedetta era la più bella della spiaggia, ma piuttosto che diventare Miss Cuore di Panna ha preferito darsi alle droghe pesanti. Con Gilda i funerali diventavano feste di compleanno. Azzurra a scuola aveva il Sostegno, ma era lei a non sostenere la banalità degli altri. Poi Irene, la migliore amica dei bambini piccoli e dei mostri giganti. E Violetta, troppo impetuosa per il suo fisico massiccio, che trasformava ogni abbraccio in una frattura. Anime intense e fiammeggianti, riunite in una sola, clamorosa famiglia. Non di quelle rigide, basate sul sangue, ma più libera e ariosa, tenuta insieme dalla colla calda dell'amore. Sono le zie e le nonne di Fabio, che questa settimana compie cinquant'anni, anche se nessuno ci crede e lui meno di tutti. Allora queste donne magnifiche vengono a trovarlo. Vengono nei suoi sogni, perché sono morte. Ma se c'è una cosa che gli hanno insegnato è che i sogni non sono la fine della realtà, come la morte non è la fine della vita. In realtà gli hanno insegnato molto altro, solo che Fabio era troppo piccolo per apprezzarlo. Tutto preso a seguire i suoi zii marinai e avventurieri, grandi maestri di vita "maschia" quando lui un maschio cercava di diventare. Adesso però è un tempo diverso, e tornano da lui le diverse lezioni delle zie. Silenziose e insieme così forti, sagge e folli, divampano nelle sue notti. Ognuna un sogno, un ricordo e una scoperta, una stella trascurata che torna a luccicare. Ma perché tornano tutte adesso, a una settimana da un compleanno che lo stranisce? Vogliono solo salutarlo, o c'è qualcosa di più importante che deve sapere, qualcosa che deve fare per conto dell'Aldilà? Con la sua voce unica e inconfondibile, Fabio Genovesi torna in Versilia per raccontarci delle sue maestre. Sua madre, sua nonna, le sue zie e le loro amiche, donne che non hanno scalato l'Everest o scoperto la penicillina, ma hanno saputo disegnare portenti che la Storia non ha registrato perché le manca la sensibilità. Donne che nelle loro vite ingarbugliate non hanno fatto grandi cose, ma hanno fatto cose grandi. E non smettono adesso che sono morte: eccole tornare nei sogni quando c'è bisogno di loro. Perché niente finisce morendo, niente sognando: tutto è sempre vero, e sempre vivo. Brucia e scintilla in queste magnifiche maestre, nelle lezioni che ci donano, e dentro di noi.
Chi è davvero 'o Nasone, accusato di rapina a mano armata, associazione a delinquere, associazione mafiosa, 182 omicidi commessi e commissionati? Se lo chiede la scrittrice a cui il giornale dà l'incarico di intervistare proprio lui, il superboss. A lei che di criminalità non sa niente, che si è sempre occupata di adolescenti, tutt'al più cantanti, attrici, gente dello spettacolo. Il loro è l'incontro di due mondi lontanissimi che tali devono rimanere, almeno nelle intenzioni della protagonista. Eppure, quando lui inizia a parlare, qualcosa cambia. Quest'uomo spietato che alleva colombi e crede negli ufo comincia a interessarla. Non tanto quando si sofferma sulle cronache di furti, sparatorie e vendette, piuttosto per la nostalgia che vibra nei racconti delle donne incontrate e perdute, degli amici morti ammazzati, degli affetti famigliari. Quando insomma, pur non rinnegando il proprio passato, il boss si mostra vulnerabile. Il dubbio: forse la sta manipolando? È sul piano dei rapporti affettivi che boss e scrittrice si incontrano: nelle ferite di genitori incerti, forse sbagliati. Nel mistero dei figli con cui non sanno più comunicare e che temono di aver perso per sempre. Il confronto tra loro, pur sempre carico di diffidenza, si trasforma allora in un viaggio tra ricordi, confessioni, fraintendimenti e proiezioni, ma soprattutto rivelazioni su figli che non sono quello che loro credono. Così, quando la protagonista si trova a cercare le tracce del figlio di Misso nelle strade di Napoli, capisce di cercare qualcun altro: sua figlia che le sta sfuggendo.
Bo ha ottantanove anni e la sua solitudine viene interrotta soltanto dalle visite degli assistenti domiciliari che si prendono cura di lui. Per il resto, non c’è molto che abbia sapore. Nemmeno i pasticcini alla panna montata che il figlio Hans si ostina a comprare e mettergli nel frigo. Bo è arrabbiato con il suo corpo che non obbedisce più, con le sue braccia un tempo forti che ora non riescono a fare più nulla, con le sue dita gonfie che non sanno più nemmeno aprire il barattolo che contiene lo scialle preferito di sua moglie Fredrika. Lo scialle che conserva ancora il suo profumo. È l’unica cosa che gli è rimasta di lei, da quando è stata trasferita in una casa di cura a Östersund, da quando Fredrika non riconosce più nessuno e lui non riconosce più la donna dietro i lineamenti di sua moglie. Ma, soprattutto, Bo è arrabbiato con Hans che vuole portargli via Sixten, il suo cane, perché si è convinto che un quasi novantenne non sia in grado di prendersene cura. E adesso non c’è più Fredrika a addolcire le parole aspre tra padre e figlio. Il vuoto lasciato dalla compagna di una vita e la preoccupazione di perdere l’affetto di Sixten, che ancora lo tiene nel mondo, trascinano Bo in un vortice di emozioni. Lo sospingono a ripercorrere la sua esistenza, a definire felici quei momenti in cui semplicemente non ci accadeva nulla, ad ammettere il suo modo imperfetto di amare gli altri. Delicato e potente, questo ritratto dell’ultima età della vita, protagonista invisibile della ma nostra epoca, è un romanzo sovversivo che ci riguarda, tutti, e rimarrà con noi.