Tobino, ne "La brace dei Biassoli" (1956), il suo libro più personale e doloroso, rende omaggio alla figura della madre, Maria Biassoli, da poco scomparsa. Come nella "Vita nova" dantesca, lo scrittore muove dal dolore per la perdita di una donna amata assurta ad archetipo di femminilità, snodando poi il racconto, quasi un succedersi di quadri di una sacra rappresentazione, o di stanze di una canzone, tra prosa e poesia, in una continua alternanza tra opposte tensioni emotive e stilistiche. Al centro, la figura di Maria che, tornando a Vezzano, il paese di famiglia incastonato tra monti e fiume, in un entroterra ligure aspro e dolcissimo, sente rinascere le antiche emozioni, la brace rifarsi fiamma; e attorno a lei, i membri della famiglia Biassoli, un formicolare di volti e vicende che spingono l'autore - in un romanzo che a detta di Italo Calvino si presenta come "il più sciolto e limpido nella sua prosa" - a rimeditare "sugli affetti e i legami fra chi vive e chi muore, sul valore e il segno del nostro stare al mondo".
Quando nel 1378, dopo settant’anni di papato ad Avignone, i cardinali francesi elessero il semplice arcivescovo Bartolomeo Prignano al soglio pontificio, ritennero di avere compiuto un piccolo capolavoro. Prignano era italiano, come chiedevano i romani, ma anche un uomo di curia, quindi facilmente manovrabile. Si ingannarono.
Infatti, appena eletto, Urbano VI iniziò un’opera di demolizione del loro strapotere che ben presto li indusse a cercarsi un altro papa, provocando lo Scisma d’Occidente. Inoltre quest’uomo, noto per essere dottissimo e di costumi irreprensibili, si rivelò col tempo un sovrano dispotico, vendicativo e perfino sanguinario. Tra battaglie, assedi, fughe precipitose, intrighi e misteriosi omicidi di cardinali, la sua è la vicenda di un papa eletto per errore, forse non del tutto sano di mente; in lui, tuttavia, uno spirito impetuoso e puro come quello di Caterina da Siena non smise mai di riconoscere il vicario di Cristo sulla terra. Perché dunque ridurre tutto a criteri terreni? Forse non è il modo migliore per giudicare la storia. Lo dimostrano gli anni avventurosi e terribili del pontificato di Urbano VI: il papa che non avrebbe dovuto essere eletto.
I 28 discorsi di S. Agostino sul Natale ed Epifania confermano lo zelo pastorale del vescovo nei confronti del suo gregge. Non solo carità pastorale e zelo si fondono insieme, ma Agostino comunica la passione per la Verità, la ricerca dell’amore e soprattutto l’umiltà nel perseguire l’itinerario verso Dio. Il mistero dell’incarnazione diventa così per il vescovo d’Ippona opportunità pastorale per ri-dire e ri-dare coraggio, speranza e robustezza di fede al popolo di Dio.
La caratteristica prettamente pastorale dei discorsi ne fanno una valida istruzione di taglio catechetico e liturgico insieme, una perla di azione pastorale in cui traspare la sensibilità e la responsabilità del pastore nei confronti del suo gregge.
Teologia e pastorale si fondono insieme in un linguaggio accessibile e comprensibile. Nei discorsi del Natale e dell’Epifania, possiamo scoprire un metodo pastorale che, partendo dal dato teologico – l’incarnazione e la nascita di Cristo, l’Epifania come manifestazione di amore e rendimento di grazie –, ci indirizza alla visione della nostra realtà con gli occhi della fede e del vangelo portandoci all’azione per il bene stesso della Chiesa e della sua autorealizzazione.
I discorsi, perciò, vogliono rinvigorire il dono dell’amore di Dio che si fa carne, si dona e arricchisce l’esperienza umana ravvivandone l’orizzonte di fede e speranza. Ha scritto recentemente Benedetto XVI: “La fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa, che non delude; indica un solido fondamento su cui poter poggiare senza timore la vita; chiede di abbandonarsi con fiducia nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo
Nel Quarto Vangelo, la morte di Gesù è il compimento dell'opera affidata al Figlio dal Padre. Per questo, la croce coincide con la glorificazione del Padre e del Figlio. Il compimento della Scrittura da una parte attesta l'avvenuto compimento dell'opera del Figlio, dall'altra è il codice che apre il lettore all'intelligenza del significato della morte di Gesù, servo sofferente che si offre in sacrificio per generare un popolo nuovo, un popolo di amici di Dio, vittima d'espiazione per i peccati degli uomini, agnello della nuova alleanza nel suo sangue.
Trafitto dal quale sgorga sino alla fine della storia l'acqua dello Spirito. La partecipazione ai frutti del Passaggio pasquale del Verbo-Agnello si realizza per mezzo della fede, mediata dai testimoni.
Le tre parole “mistero, presenza, segno” che originano il contenuto di queste pagine hanno il sapore conciliare, non solo per la contemporaneità di alcune con quello storico evento, ma soprattutto perché ci offrono una panoramica eloquente del pensiero e del sentire turoldiano a riguardo della chiesa. Sono infatti espressione di idee intuite profeticamente e frequentate con passione e speranza da Turoldo insieme ai tanti che le hanno soffertamente e coraggiosamente anticipate.
I testi qui raccolti, riproposti per la lettura sotto l’espressivo titolo «mia chiesa» intendono dare testimonianza dell’appassionato amore che padre David ha nutrito per la chiesa, il cui mistero ispirava i suoi interventi, il desiderio che ne auspicava una presenza storica più rispondente alla sua natura e la speranza che splendesse come segno visibile di unità, di pace e di giustizia.
Un sussidio per sostenere percorsi di pastorale familiare, a partire da Maria di Nazaret, prima e perfetta discepola di Cristo. Al cammino delle coppie di sposi e delle famiglie, Maria suggerisce, motivazioni e modalità per una fedeltà gioiosa alla loro vocazione-missione nella Chiesa e nella società.
Il testo offre spunti per la formazione, la preghiera, il confronto. Dopo una breve presentazione degli elementi mariani di Amoris laetitia, seguono due lectio su brani del Vangelo, incentrati sulla figura di Giuseppe in rapporto a Gesù e a Maria, e sulle Nozze di Cana; e ancora, suggerimenti per valorizzare le celebrazioni liturgiche e la preghiera del rosario; in ne, sono indicate piste di lavoro per incontri di coppie e di famiglie.
Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera "centrale" nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. Il Dio delle Storie è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto, un Dio che vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli. Ma non è mai vera "assenza", tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e "sfondo" delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece "sfondo" onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita. Presentazione di Peter Girardi.
In questo lavoro, pubblicato al culmine della maturità intellettuale e dell'impegno in campo pedagogico, Maria Montessori analizza le caratteristiche psicologiche che contraddistinguono il periodo evolutivo che va dalla seconda infanzia all'adolescenza sino alle soglie della maturità e alla frequenza universitaria, individuando risposte educative e didattiche pertinenti con le specifiche esigenze cognitive, emozionali e sociali emergenti in queste particolari fasi evolutive. Dalle sue riflessioni emergono un quadro psicologico di grande interesse e attualità, indicazioni didattiche chiare e coerenti, nonché una proposta curricolare e organizzativa di scuola secondaria centrata su una preparazione culturale "ampia, profonda, completa", attenta alla esigenza prioritaria di fornire ai giovani condizioni concrete per la costruzione della propria identità sociale e personale. Ne emerge un modello di scuola che pone al centro dell'attenzione i bisogni dell'adolescente, un soggetto da cui dipende il futuro dell'umanità, come sottolinea l'autrice, ma che si trova ad attraversare una fase di "cambiamento radicale nella sua persona" che richiede un "cambiamento radicale nella sua educazione".
Con uno stile elegante e asciutto, il testo ci regala un irripetibile viaggio dentro il mondo delle nostre comunità ecclesiali. Ne mette in risalto le mille luci, ma non ne nasconde le numerose ombre. Riesce con garbo a segnalare ancora le tante potenzialità sopite e a distinguere con spirito critico ciò che è vivo e ciò che non lo è più nella prassi pastorale ordinaria.
Dall'ascolto della vita della gente, dei loro problemi e delle loro attese, il libro diventa, pagina dopo pagina, eco dell'antico e sempre nuovo invito a prendere il largo dentro la storia che oggi tocca vivere ai credenti. Una frizzante e intelligente riflessione sull'omelia viene offerta, da ultimo, alla meditazione di tanti sacerdoti, settimanalmente alle prese con il loro centrale ministero di annunciatori della Parola.
Le memorie di un collezionista d'arte, casuale ma colto e fantasioso. Cosa ha spinto questa ricerca durata una vita? La passione. Motore immobile comune ad artisti e collezionisti. Quasi tutti gli autori sono stati prima di tutto amici e compagni di viaggio in quei primi anni del dopoguerra, avventurosi, fertili e pieni di futuro. Pittori e scultori si mischiano a registi, attori scrittori, e critici. Mario Verdone racconta l'avventura intellettuale che, parallelamente a quella per il cinema e il teatro, ha intessuto tutta la sua esistenza. Ma sentiamo l'autore: Questa non è vera "memoria"o diario". Sono soltanto degli appunti, con inevitabili riflessioni e ripetizioni. L'autore di questo scritto non si è mai considerato un vero e proprio collezionista.