
Una delle voci più alte della poesia del Novecento, eppure sono state indagate più le migliaia di lettere inviate, le decine di suoi viaggi, i tanti incontri intellettuali e sentimentali, che la fluviale produzione poetica. Chi fu davvero questo omino praghese che scrisse sempre in tedesco (e in francese dall’ultimo rifugio svizzero)? Perché viene etichettato come mistico, anche se dal suo Dio e dai suoi angeli ebbe solo conflitti e ansie? Troppi editori l’hanno proposto come decadente, senza ampliarne la reale conoscenza. Lo scavo stesso delle enigmatiche Elegie ha finito per limitarne l’impatto. Raffinato, ma mai crepuscolare, certamente la prima guerra mondiale ne segnò per sempre scelte e ispirazione. Questa antologia di 60 poesie vuole aiutare a costruire un nuovo rapporto col lettore. Non è solo cronologica, ma per temi anche sorprendenti: Amanti, Angeli, Creature, Il dolore di Dio, Persona e altri. Accanto a due testi sulla filosofia/psicologia di Rilke e sulla sua tumultuosa vita, presentiamo qui anche nove delle decine di Rime di Michelangelo Buonarroti tradotte per proprio esercizio da Rilke, nonché una splendida sua versione de L’Infinito di Giacomo Leopardi.
Le "Elegie Duinesi", composte fra il 1912 e il 1922, condensano il travagliato passaggio tra la fine dei grandi imperi europei e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dando voce al sentimento di crisi che si accompagnò a quel tempo di profonda trasformazione. Il nuovo secolo, nelle parole di Rainer Maria Rilke, appare sin da subito lacerato fra due dimensioni della vita individuale: l'esperienza della realtà esterna, sempre più invadente e alienante, e lo «spazio interiore del mondo», nel quale ritrovare quel raro e pacificante senso di infinito. Ma è proprio nella condizione di straniamento che Rilke evoca la missione dei poeti, «api dell'Invisibile» che trasportano e salvano, nel linguaggio poetico, tutte quelle forme di vita minacciate dalla caducità e dall'estinzione. L'opera fondamentale di Rilke è qui presentata in una nuova traduzione.
Le "Lettere a un giovane poeta" sono un manifesto della creazione artistica. Eppure pochi finora si sono interrogati sulla personalità del destinatario delle celebri missive di Rilke: Franz Xaver Kappus, uno studente ventenne che nelle pause tra le lezioni divora i libri di Rilke e un giorno decide di contattarlo. Il rapporto tra i due è al centro di questa edizione delle "Lettere a un giovane poeta", in cui, dopo anni di oblio, sono presentate al lettore le risposte di Kappus. L'aspirante poeta affida allo scrittore le prime prove poetiche e i segreti della sua anima, cui il maestro risponde con sincerità, talvolta fermezza, impegno e affetto. Per fare arte è necessario sentire un'urgenza assoluta, l'«ineludibile risposta a una chiamata», come la definisce Valerio Magrelli nella prefazione. Le "Lettere a un giovane poeta" si trasformano così in una conversazione a due, un dialogo, un botta e risposta tra mentore e allievo in cui si intrecciano arte e vita; perché, scrive Rilke, «l'arte è solo una maniera di vivere, e ci si può preparare a essa vivendo».
Un libro di piccolo formato con testo a fronte.
Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera "centrale" nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. Il Dio delle Storie è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto, un Dio che vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli. Ma non è mai vera "assenza", tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e "sfondo" delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece "sfondo" onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita. Presentazione di Peter Girardi.
Il racconto, tratto dalla raccolta «Le storie del buon Dio», evoca suggestioni che probabilmente risalgono al più lungo dei soggiorni veneziani del poeta (1907), anche se la vicenda è ambientata nel ghetto di Venezia nel Settecento. I protagonisti sono il vecchio orafo ebreo Melchisedek, che si propone di raggiungere il cielo in un modo singolare, e la più giovane delle sue nipoti, Esther, che concepisce un bambino in modo poetico e misterioso.Nota di lettura di Riccardo Calimani.
Queste pagine sono un dono di amicizia: sono invito a diventare lucidi e svegli, a scoprire e vivere la propria originalità. Esse testimoniano la possibilità reale di non cadere nella superficialità. infatti, "tutto è importante". Tocca a noi aprire gli occhi e gli orecchi e renderci sensibili al mondo, per coglierne la bellezza e la preziosità.
dalla "Prefazione" di Enzo Bianchi
Rilke, come Kafka e Werfel, apparteneva a quella generazione di scrittori praghesi che si esprimeva in lingua tedesca. La sua poesia rappresenta senza dubbio il vertice più alto raggiunto dalla poesia di lingua tedesca nel Novecento – un po’ come è accaduto per la narrativa con uno scrittore come Franz Kafka. Rilke tuttavia, diversamente da Kafka, fu un grande e instancabile viaggiatore, dalla Russia all’Italia e alla Spagna e, soprattutto, alla Francia, paese al quale fu molto legato e che certamente influì in maniera determinante sullo sviluppo della sua poesia. Scritte in francese, queste “poesie francesi” furono composte dal 1924 al 1926, per lo più nei periodi di ricovero per l’aggravarsi della malattia che l’avrebbe di lì a poco condotto a una morte ancora precoce – aveva infatti da poco superato i cinquant’anni. Eppure queste poesie sono tutto fuor che il lamento di un uomo disperato; al contrario, respira in esse un alito leggero e nostalgico verso la vita e le sue forme, quasi un riposo dello sguardo sulle cose del mondo.
Narrate ai grandi perché le ripetano ai bambini, come recita il sottotitolo, le "Storie del buon Dio" furono scritte tra il 10 e il 21 novembre 1899 e pubblicate l'anno successivo in occasione del Natale. Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera 'centrale' nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. "Il Dio delle Storie" scrive Sabrina Mori Carmignani nella prefazione" è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto", un dio che "vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli". Ma non è mai vera 'assenza', tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e 'sfondo' delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece 'sfondo' onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita.
"Questo è il Natale, avvertire dentro di sé, una volta all'anno, questa aspettativa, questo fermo diritto che niente può deludere. Sentire che in fondo i nostri più grandi desideri, se solo apriamo a loro il nostro cuore, non possono non essere esauditi. Questi sono, carissima mamma, i miei pensieri di Natale per te...". (Rainer Maria Rilke)

