
In questo volume - qui presentato in una nuova edizione integralmente rivista - i due maggiori partiti del dopoguerra, Democrazia cristiana e Partito comunista, sono studiati in quanto centri di partecipazione e di educazione politica, luoghi di formazione di grandi passioni collettive, elementi capaci di dinamizzare ima società civile ancora prevalentemente statica, disorientata dalla guerra e dalla fine dell'esperienza fascista. Il loro intenso sforzo propagandistico e l'impegno volto a radicarsi nella società attraverso organizzazioni a carattere economico, assistenziale, culturale, ricreativo, sportivo hanno contribuito alla costruzione di uno spazio politico nazionale e alla creazione, per la prima volta in Italia, di una democrazia a partecipazione di massa. Ma dall'analisi emerge anche come il ruolo svolto da comunisti e cattolici nei primi anni del loro operato abbia sostanzialmente ostacolato lo sviluppo di un'identità nazionale forte, anomalia di cui ancora oggi si misurano gli effetti.
Le fotografie raccolte in questo vero e proprio album furono scattate da due SS tra il maggio e il giugno 1944, in occasione della deportazione massiccia a Birkenau degli ebrei d'Ungheria. Permettono di rappresentare ciò che significò per milioni di persone l'arrivo in questo immenso centro di morte: molti degli uomini, delle donne e dei bambini ritratti nell'Album furono uccisi nelle ore immediatamente successive agli scatti. Oltre alle circostanze della scoperta dell'album, completamente riprodotto con le indicazioni e i testi originali dei due ufficiali nazisti, i testi raccolti descrivono l'organizzazione del campo e in che modo venisse applicata quella "soluzione finale" concepita dai nazisti per condurre a buon fine la loro criminale opera di distruzione. Le foto sono state ritrovate da una detenuta, Lili Jacob, pochi giorni prima della liberazione, che riconobbe se stessa e i fratelli sterminati nel campo. Alcune vennero esibite durante il processo Eichmann a Gerusalemme e in quello di Francoforte, il cosiddetto "Processo Auschwitz".
II Rinascimento è l'età d'oro dei ritratti: non più soltanto i potenti, ma anche personaggi dei ceti medio-alti come mercanti, banchieri e letterati chiedono ai pittori di rappresentare loro stessi, la donna amata o un amico. La popolarità dei ritrattisti è tale che, nella Venezia del Cinquecento, un intellettuale potente e alla moda come l'Aretino si lamenta della concorrenza sleale dei pittori e li accusa di oscurare la fama e il prestigio degli scrittori. Le sue lagnanze hanno il pregio di evocare una storia lunga, fatta di collaborazione e di conflitto, in cui poesia e pittura si confrontano ad armi pari sul terreno comune del ritratto. A cominciare da Petrarca, che dedicò due famosi sonetti al dipinto di Laura firmato dall'amico Simone Martini, per arrivare a Lorenzo de' Medici, Bembo, Della Casa, Castiglione, Tasso, Marino e moltissimi altri, l'epoca rinascimentale offre un illustre parterre di testimonianze dell'attenzione tutta speciale riservata dai poeti all'arte del ritratto, forma pittorica divina perché capace di dar vita all'immagine, di addolcire il dolore dell'assenza, di consolare i bisogni del desiderio. Questo libro offre una significativa scelta di testi poetici dedicati al ritratto, affiancati alle immagini a cui sono legati, fino ai ritratti che compaiono nei frontespizi dei libri. Testi e dipinti vengono inquadrati criticamente nella tradizione poetica e nella stagione pittorica di riferimento e i legami tra loro sono analizzati nella loro complessità.
Tutto comincia quando un mercante armeno propone all'Università di Milano di esaminare un papiro di circa 2,5 metri alto 32,5 centimetri. Il documento contiene, oltre a cinque colonne di un testo greco, sul lato recto una mappa geografica, ritratti di volti e disegni di varie parti del corpo umano; sul verso una quarantina di figure animali. Il reperto sarebbe stato rinvenuto dal mercante in una mummia, con altri frammenti di papiro di epoca neroniana. Il reperto è datato alla metà del I secolo d.C. e il testo è identificato come parte della perduta Geografia di Artemidoro di Efeso. Acquistato da una Fondazione, il papiro diventa il cuore di una grande mostra allestita a Torino nel 2006 e l'improvvisa apparizione del papiro suscita clamore nell'ambiente degli studiosi di testi antichi e degli storici dell'arte. Peccato, sostiene Luciano Canfora, che si tratti di un clamoroso falso. Troppe informazioni non combaciano nella teoria delle "tre vite del papiro di Artemidoro" elaborata dagli studiosi: il testo appare di epoca più tarda rispetto alle datazioni ufficiali e l'intero reperto riporta grossolani errori sintattici e di contenuto. Dinanzi a quale prodotto ci troviamo? Uno spezzone di un'opera perduta che riutilizza giustappunto quel poco che già se ne conosceva? O è la creazione di un geniale inventore moderno? Il principale indiziato è Constantinos Simonides, greco di nascita e appassionato di pittura non meno che di geografia antica, falsario di fama nell'Europa ottocentesca.
Odo Marquard è tra gli studiosi del Novecento che hanno riflettuto sulla tribunalizzazione della storia, svelandone i meccanismi. Le sentenze del "tribunale della storia" non possono che essere assolutorie per l'umanità nel suo insieme e in realtà svolgono la funzione di liberare gli uomini dal fardello della colpa, esonerandoli da ogni altra riflessione. Con l'Illuminismo l'uomo ha preso il posto di Dio: questo comporta che anziché accusare Dio del male del mondo e mostrarne le compensazioni, l'uomo si accusa e si assolve di un male ormai suo, trovando le vie di fuga. L'estetica, l'antropologia filosofica e la filosofia della storia diventano cosi strumenti per questo irrinunciabile esonero dell'uomo dal ruolo di accusato per definizione. Il secondo Novecento vede le ricadute e le ombre di questo processo nel concreto lavoro storico, all'ombra del grande spartiacque della Shoah e a valle dei processi di Norimberga. Nell'altro saggio che compone il volume, Alberto Melloni racconta come questa dimensione del tribunale della storia sia entrata sempre più profondamente nella pratica storico-critica della seconda metà del secolo scorso. Insidiata dalla memoria e in lotta con essa, la storia è diventata oggetto di leggi non sue: le leggi penali che sono intervenute laddove la fragilità dell'operazione conoscitiva sembrava debole rispetto al male compiuto. Ma anche le leggi della comunicazione mediatica, che hanno reso l'opinione pubblica presenza ingombrante e ineludibile.
II volume ripercorre le vicende e le dinamiche, i contrasti e le trasformazioni attraverso le quali l'Italia, tra i secoli VI e XI, assunse un aspetto fisico, un'articolazione geopolitica, una fisionomia socio-economica che avrebbe mantenuto per molti secoli a venire. Nella sua ricostruzione, Cammarosano mette in luce i rapporti che intercorrono tra avvenimenti politico-militari e trasformazioni sociali, e illustra le alterne fasi di divisione e ricomposizione che segnarono profondamente la società italiana medievale. Incontro fra tradizione romana e nuova cultura germanica; rapporto gerarchicamente sempre più diseguale tra maschi e femmine; quelli, al contrario in via di riequilibrio, tra padri e figli e tra padroni e servi; quello, decisivo per i destini della civiltà medievale, tra un mondo cristiano in irresistibile ascesa e una tradizione pagana in via di sparizione: sono questi i contrasti fondamentali che consentono di capire il modo in cui l'Italia antica, cuore del mondo romano, si è trasformata e ha partecipato al formarsi dell'Europa medievale.
Nonostante le discriminazioni, le violenze e l'ossessione antisemita di Hitler, l'eliminazione del popolo ebraico non rientrava nei piani iniziali del regime nazista. Con l'invasione della Polonia avvenne la svolta: il tentativo di ridisegnare la mappa demografica dell'Europa orientale basato sulla "pulizia etnica" e sul "terrore caotico" fu sostituito da un vero e proprio programma di sterminio. La Polonia occupata divenne il laboratorio degli esperimenti di politica razziale, dai trasferimenti forzati alle decimazioni nei ghetti. Ma fu soprattutto in seguito alla "guerra di annientamento" contro l'Unione Sovietica, iniziata nell'estate del 1941, che la politica nei confronti degli ebrei assunse le forme aberranti del genocidio. Questo studio ripercorre i trenta mesi che vanno dal settembre 1939 al marzo 1942, nel corso dei quali "il regime nazista si trovò in bilico su uno spartiacque della storia". Allo sterminio degli ebrei d'Europa non si giunse seguendo un piano prestabilito, ma per tentativi ed errori, iniziative e ambizioni personali, arbitrii e lotte per il potere, cui si affiancarono l'efficienza tecnologica, lo zelo di anonimi burocrati e di politici compiacenti, la complicità dei vertici militari. E soprattutto, senza l'abdicazione alle responsabilità individuali, la profezia hitleriana di un'Europa senza ebrei non avrebbe avuto seguito. Un'opera che traccia il percorso compiuto dai vertici del regime e dai tanti cittadini tedeschi "comuni" verso Auschwitz.
Il volume si ispira a una concezione della storia intesa come intersezione permanente di processi e di eventi in una dimensione mondiale. Questa dimensione globale non ha una natura solo economica o commerciale. Fino alla prima guerra mondiale, gli stati europei si sono proiettati nel mondo nella presunzione di dominarlo. La guerra, con l'intervento degli Stati Uniti e la rivoluzione russa, e il ventennio fra le due guerre sono stati la stagione del declino della potenza degli stati nazionali europei. Il passaggio della guerra da conflitto europeo a conflitto mondiale nel 1941, ha determinato la marginalità dei paesi europei, la fine dei loro imperi, il dominio delle due superpotenze eurasiatica e americana e il tentativo di altri continenti di affermarsi come soggetti autonomi. La dissoluzione della superpotenza eurasiatica nel 1991 ha aperto una stagione che vede l'oscillazione fra l'aspirazione all'egemonia unilaterale americana e la crescita di soggetti internazionali destinati a imporre il governo multilaterale del mondo. Una storia del mondo scandita da quattro date: il 1870 con la conclusione dei Risorgimenti nazionali e l'ultima stagione del colonialismo europeo; il 1917 che segna la prima drastica interruzione dell'isolazionismo americano e getta le basi della nascita dell'URSS; il 1941 che precostituisce il dominio mondiale delle due superpotenze e il 1991 che apre la stagione della multilateralità come unica via di gestione delle relazioni intercontinentali.
1944. Due ebrei slovacchi in fuga da Auschwitz portano con se' appunti dettagliati di quello che hanno visto. Era la prima prova concreta dell'esistenza dei Lager. Con saggio introduttivo di Alberto Melloni.
La storia degli ebrei russi è stata, rispetto a quella delle altre comunità ebraiche presenti in Europa, la più ricca di sfumature, suggestioni e contraddizioni, in quanto caratterizzata da intense fiammate di partecipazione rivoluzionaria alla vita politica e culturale dalla quale abitualmente erano esclusi. Confinati nei villaggi della cosiddetta "zona di residenza", una sorta di enorme ghetto a cielo aperto che si estendeva dall'Ucraina alla Lituania, gli ebrei vissero per secoli in condizione di isolamento, con una propria lingua e una propria fede, fino a raggiungere, all'inizio del XX secolo, la considerevole cifra di 5 milioni di individui. Di fronte al diffondersi dell'antisemitismo, fomentato dal regime zarista, e la tolleranza nei confronti di pogrom sempre più cruenti, gli ebrei non solo andarono a ingrossare le file dei maggiori gruppi politici d'opposizione, ma fondarono un proprio partito, il Bund, che per primo in Russia difese energicamente gli interessi e i diritti di larghe masse di diseredati. Poi si avverò la previsione di un cinico ministro zarista: un terzo degli ebrei russi emigrò in America, un terzo morì sui campi di battaglia della Grande Guerra e un terzo finì per assimilarsi, gettandosi nelle fauci del leone sovietico. Il libro ripercorre le tappe fondamentali dell'ancora poco noto itinerario degli ebrei in Russia e nell'Unione Sovietica, e rivisita il dibattito sulla "questione ebraica" in seno al marxismo, da Marx ed Engels a Kautsky e Lenin.
La storia di una bambina che, dai té danzanti di Francoforte, si ritrova rinchiusa nel ghetto di Kosvo prima di finire nel campo di concentramento di Stutthof. Una storia vera, di affetto e devozione. La prova d'amore di una figlia ragazzina, che nella grande tragedia dell'olocausto rifiuta di salvarsi per non abbandonare la madre, perché sa che solo da quel legame forte e profondo, indispensabile per entrambe, potrà attingere la forza per continuare a sperare anche quando, nuda e rasata, si vedrà spinta verso la bocca di un forno crematorio.