
«Non è facile stendere una storia della democrazia cristiana, intesa come movimento. Si può stendere la storia della Democrazia Cristiana come partito. Senonché l'idea è anteriore al Partito, per il fatto stesso che è legata al cristianesimo. La democrazia cristiana è in sostanza lo sforzo di tradurre in una convivenza ordinata - in un ordine sociale e politico - i principi etici dell'evangelo» (dalla prefazione). Con queste parole Igino Giordani apre il suo saggio Pionieri cristiani della democrazia. Ma su quali principi si deve fondare una democrazia per potersi dire “cristiana”? Giordani li rintraccia nelle parole stesse del Vangelo: la dignità e la libertà della persona umana, l'amore come vincolo sociale, la solidarietà e l'uguaglianza, l'uso sociale della ricchezza, la dignità del lavoro, il rispetto dell'autorità, la relazione tra Stato e Chiesa. Un testo chiave per conoscere e comprendere gli ideali che hanno guidato l'appassionata avventura politica di Giordani. Un manifesto attualissimo ancora oggi in cui nel dibattito culturale italiano si torna a parlare dell'impegno dei cattolici in politica.
"Chi proibisce ai cristiani lo studio della filosofia e delle scienze proibisce loro anche di essere cristiani." Così scriveva Tommaso Campanella, nell'Apologia di Galileo del 1616, in difesa del principio della libertas philosophandi, predicato specifico e irrinunciabile dell'indagine umana cui non sfuggono né la natura né la religione. E solo un esempio del significato e del valore di quella cultura italiana nella quale si è raccolto quanto di meglio la nostra storia ha generato lungo i secoli moderni. Cultura laica - da non confondere con anticlericale, come spesso è accaduto - nella quale si è espressa una vera e propria concezione del sapere. "Se si vanno a leggere i capisaldi della cultura laica, ci imbattiamo in concetti decisivi come legge, conflitto, eguaglianza, dissimulazione, bisogno, libertà di stampa, opinione pubblica, fino all'argomentazione del rifiuto della tortura e della pena di morte. Princìpi, ieri come oggi, di una sapienza che in Italia ha trovato uno dei suoi luoghi di nascita e di maggiore sviluppo." Una sapienza mondana e civile, che appare in modo luminoso nei testi qui raccolti - da Leon Battista Alberti a Camillo Benso di Cavour, passando, tra gli altri, per Giordano Bruno, Machiavelli, Leopardi, Manzoni - i quali, organizzati tematicamente, affrontano argomenti come la condizione umana, la nascita (e la morte) delle religioni, la loro funzione civile, la critica della Chiesa di Roma e del cristianesimo, la teorizzazione della "libera Chiesa in libero Stato".
Il libro ricostruisce le pratiche educative attuate dal nazionalsocialismo (1933-1945) nella scuola, indagando in particolare metodi e contenuti dell'insegnamento della lingua e della letteratura tedesca. Attraverso una dettagliata analisi delle fonti primarie, si evidenzia la centralità che nella Germania del tempo fu attribuita alla lingua e all'educazione linguistica nel quadro dell'organizzazione politico-culturale del Terzo Reich. Il volume, che muove dal caso del nazionalsocialismo e dai delicati interrogativi storico-politici da esso posti, focalizza l'attenzione sul concetto di educazione e sulla struttura delle istituzioni educative, sui programmi per la scuola e i relativi orientamenti didattici e sul materiale utilizzato, sollevando il problema della centralità del nesso scuola-linguaggio nelle società novecentesche.
Un'aura particolare, ancor oggi viva in virtù della tradizione orale, circonda l'unicità dei combattenti bosniaci inquadrati in reggimenti austro-ungarici dopo l'acquisizione della Bosnia-Erzegovina da parte della monarchia danubiana. Al di là degli elementi "leggendari" e di colore, i Bosniaken, divenuti in breve tempo unità d'élite del multietnico esercito che servirono con ineguagliata lealtà e devozione, si segnalarono per il loro ardimento e per la rara tenacia dimostrata nelle circostanze più difficili e per le gesta compiute sul fronte italiano nel primo conflitto mondiale, distinguendosi in special modo nella guerra di montagna. Questo volume fornisce un apporto inedito alla conoscenza di questi reggimenti - etnicamente i più coesi della k.u.k. Armee - che combatterono nella fase crepuscolare della monarchia bicipite.
Inizialmente visti con estrema diffidenza, gli Ebrei vennero inseriti nell'ir. Esercito multinazionale Austro-ungarico fin dal Settecento. Superando una serie di difficoltà legate alle rigide disposizioni della propria religione, gli Ebrei tuttavia dimostrarono nel tempo un sincero attaccamento ai colori degli Asburgo, fino a compiere veri e propri atti di eroismo e svolgendo carriere di assoluto vertice.
Le operazioni speciali (spionaggio, sabotaggio, infiltrazione, controinformazione ecc...) sono oggetto di studio dell'arte della guerra soprattutto a partire della Seconda guerra mondiale. Questo studio innovativo getta una luce del tutto originale sulla pratica delle operazioni di guerra non convenzionale presenti già nel Medioevo.