
“Dietro il silenzio delle vittime si nasconde la paura. Dietro i loro sguardi si nasconde la sofferenza quotidiana. Dietro questo silenzio si nasconde il dolore di ogni singola persona.
Dietro il silenzio dei carnefici si nasconde la paura, diversa da quella che provano le vittime, poiché dietro il loro silenzio si nasconde il timore per la verità e la giustizia. Ho visto i traumi dei carnefici. Al solo pensiero, ne provo vergogna. Come vittima, non so se ho il diritto di commuovermi per la loro sofferenza, di cui sono gli unici responsabili.” Yolande Mukagasana
“Una parte della popolazione rwandese è stata privata della propria umanità. Non si trattava di uno dei tanti massacri. C’era stato un genocidio. Si parla di 500 mila, 800 mila, un milione di vittime… Era venuto il momento di restituire ai rwandesi la loro umanità, e cioè di ricomporre i volti del terzo genocidio del secolo scorso.
Per gli uomini, donne e bambini che siamo andati a trovare, sia vittime che carnefici, il tempo si era fermato. La parola aveva quindi ancora la sua immediatezza. Mentre loro si confidavano a Yolande, io e la mia Hasselblad, era come se non esistessimo. È grazie a lei, alla sua presenza di sopravvissuta, che sono riuscito a mettermi di fronte al genocidio; lei mi ha invitato a sentire le profonde ferite della disperazione, la sofferenza di ogni istante, il dolore di aver perso tutto ciò che si amava, il senso di colpa per essere rimasto in vita. Una miriade di sentimenti che non avrei mai captato, senza la sua presenza. I ritratti che presento sono dei volti che parlano del loro vissuto di ieri e di oggi.” Alain Kazinierakis
Le più recenti letture storiografiche e critiche hanno restituito il volto di un Settecento sfaccettato e poliedrico, difficilmente riducibile a facili schematismi interpretativi.
Il superamento dello schema della decadenza dei primi decenni, la restituzione della specificità dell’età teresiana nei suoi complessi processi di trasformazione sociale e politica, il rinnovato rapporto fra la Chiesa e la società affiancano altre questioni fondamentali quali, sul piano della storia delle idee, l’equilibrio fra le istanze della ragione e il ‘vero di passione’, fra morale e cultura, fra il classicismo e le sue declinazioni moderne. Il teatro è a sua volta sottoposto a spinte di rimodellizzazione in ogni sua espressione: sul piano delle poetiche così come nelle sue concrete espressioni il Settecento è il secolo del trionfo del dramma in musica e del teatro professionistico tanto quanto del teatro aristocratico, che trova nella villa di delizia il proprio correlativo spaziale. In questo orizzonte la città di Milano, e più estesamente la Lombardia austriaca, si presentano come luoghi di intensa vita intellettuale, di scambi, di fermento e di ricezione della sfida illuministica, di incrocio fra Parigi e Vienna, di riassetto organizzativo e sociale.
Di tali questioni si fa carico il presente volume che, accanto ad alcuni profili che delineano le coordinate storiche della Milano teresiana, propone un ampio ventaglio di saggi che illuminano i contesti di produzione delle pratiche teatrali, cerimoniali e rituali: la città come spazio simbolico della festa ancora vitale, le confraternite, i collegi, le accademie, i salotti aristocratici e le ville, i nuovi edifici teatrali.
Annamaria Cascetta insegna Storia del teatro e dello spettacolo presso l’Università Cattolica di Milano. È autrice di saggi e volumi tra cui le monografie su G. Testori (Milano 1983 e 1995, premio I.D.I «Silvio D’Amico»), su S. Beckett (Il tragico e l’umorismo, 2000) e La passione dell’uomo. Voci dal teatro europeo del Novecento, 2006. È curatrice del volume Ingresso a teatro (2003). Fra i libri pubblicati o curati per Vita e Pensiero: Teatri d’arte fra le due guerre a Milano (1979), La Tragedia inattuale (1988), Sulle orme dell’antico (1991), La scena della gloria (1995), La prova del Nove. Scritture per la scena e temi epocali nel secondo Novecento (2005). È Accademico e membro del Comitato esecutivo dell’Accademia di San Carlo della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Dirige con A. Barsotti la collana bilingue «Canone teatrale europeo/Canon of European Drama» che ha avviato con Sei personaggi in cerca d’autore.
Giovanna Zanlonghi ha conseguito il dottorato di ricerca in Teoria e storia della rappresentazione drammatica. Si è occupata del teatro italiano del Seicento, in particolare del teatro gesuitico in età moderna. Ha pubblicato numerosi saggi, tra cui La tragedia fra ludus e festa (1993) e il volume Teatri di formazione (Vita e Pensiero, Milano 2002). Sul versante settecentesco, ha curato lavori miscellanei (Tradizione e traduzioni, 2004; Immagini dello spazio e spazio della rappresentazione, 2005) e ha pubblicato vari saggi. Nel settore contemporaneistico, è autrice o curatrice di studi sul teatro di regia italiano, sul teatro di Robert Wilson, nonché sul teatro in contesti aziendali (Il teatro al lavoro, 2005).
In un'epoca come la nostra, che vede il ritorno di espressioni che apparivano ormai consegnate ai libri di storia come le "guerre di religione", gli "Stati canaglia", le "centrali internazionali del terrore", gli "attacchi preventivi" e il conseguente moltiplicarsi dei più disparati fronti di guerra in ogni parte del mondo, ha senso interrogarsi con più determinazione sul nostro passato chiedendo consiglio a quanti, prima di noi, hanno personalmente conosciuto il disastro delle ideologie e dei conflitti armati. Mario Rigoni Stern e Hermann Heidegger hanno vissuto da protagonisti uno dei momenti decisivi della seconda guerra mondiale: la campagna di Russia, la ritirata e la sconfitta dell'Asse. La loro voce si mescola a quella di altri reduci, soldati qualunque travolti dalle dimensioni epiche della tragedia che stavano vivendo, per riportarci in presa diretta nel pieno della storia. Storie vere che raccontate da testimoni profondamente diversi per cultura, formazione e sensibilità hanno prodotto memorie "non condivise" pur combattendo sullo stesso fronte contro lo stesso nemico. Questo libro ci parla dunque della memoria, di come debba essere coltivata e tramandata, ma anche della sua complessità. Il lettore potrà ascoltare il rumore dei passi nella neve sia di "grandi solitari" che ha imparato ad amare in racconti e romanzi, sia di uomini semplici travolti da eventi destinati a segnare la storia umana.
L'Inquisizione fu una delle armi più potenti e controverse impiegate dalla Chiesa per eliminare l'eresia e salvaguardare l'unità dei fedeli cattolici. Anche se in epoca medievale giudici della fede delegati dai papi furono già attivi in Boemia, in Francia e in Italia, l'Inquisizione spagnola - istituita nel 1478 sotto la regina Isabella I, e soppressa nel 1834 da Isabella II - ha lasciato un segno indelebile nella storia della civiltà occidentale. Sulla base di aggiornate ricerche il volume traccia una nuova, equilibrata storia di questa istituzione, di cui ci mostra un'immagine non scontata. Al di là del mito negativo l'Inquisizione spagnola non fu solo uno strumento di repressione e di controllo ideologico, ma svolse anche un ruolo nel rafforzare i legami tra lo Stato e la Chiesa di Roma e nell'uniformare e disciplinare il comportamento dei fedeli di una terra in cui avevano convissuto ebrei, mori e cristiani.
La storia dell'Impero di Bisanzio fu in buona parte la storia di Costantinopoli e della sua corte. Per più di mille anni, fra il IV e il XV secolo, i sovrani della Roma d'Oriente furono l'incarnazione di un'autorità assoluta che si riteneva voluta da Dio e superiore a ogni altra. Alla figura dell'imperatore bizantino si legò così con una sfarzosa ritualità che coinvolgeva in primis l'imperatrice e poi tutta la corte, e che esprimeva in forma visiva l'omaggio dovuto a chi era ritenuto contemporaneamente l'erede dei cesari romani e il sovrano deil mondo cristiano. Ma com'era veramente la vita di un imperatore bizantino? Il volume ci mette in contatto con la complessa scenografia del cerimoniale (gerarchie, uniformi, feste, titoli) di cui vengono accuratamente ricostruiti i significati, connessi in particolare con la concezione del potere e i sistemi di successione.
Una storia dell'Altra Europa: quella degli scandinavi e degli abitanti dei mari ghiacciati del Nord, dei germani e degli slavi delle foreste del Centro, delle genti che vivevano, a Oriente, nelle immense distese fino agli Urali. Quei popoli, chiamati genericamente e con disprezzo "barbari", lontani dalla Grecia, da Roma e dalla Chiesa cristiana. Una nuova interpretazione delle origini dell'Europa, attraverso la ricostruzione di quel mondo ancora poco conosciuto. Quel mondo fa parte a tutti gli effetti delle radici dell'Europa odierna. L'autore mette assieme fonti e testimonianze di popoli diversi e scritte in tempi diversi (qualora le accomuni una situazione antropologica simile). Ne risulta un quadro di società tradizionali, nelle quali il singolo era trattato come un elemento del gruppo, non venivano distinti il sacro e il profano, e le istituzioni del culto pagano erano strettamente legate alle istituzioni politiche della comunità tribale. Il cristianesimo fu l'inizio della fine del mondo dei barbari, ma quel mondo non scomparve senza tracce. La sua eredità, oggi in differenti gradi in diversi paesi, rimane un importante indicatore dell'eterogeneità delle culture europee.
Fino a non molto tempo fa, che la stirpe merovingia si fosse estinta nel 755 d.C., che il Graal non fosse altro che un calice e che Gesù Cristo fosse solo il figlio di Dio erano ritenute certezze. Tuttavia, da almeno vent'anni, attraverso le loro opere più o meno romanzate, molti autori si sono sbizzarriti per indurre un numero sempre crescente di lettori a ripensare il corso della Storia, a ripartire dalle sue fondamenta. Ora, due autorevoli storici del Medioevo riprendono in considerazione i temi più inquietanti e controversi del dibattito, esaminandoli da un punto di vista puramente storico, attraverso documenti oggettivi e fonti antiche. "Figli del Sangue Reale" è una ricerca inedita che con rigore risponde ai quesiti più scomodi che la letteratura di consumo e altri mezzi di comunicazione di massa, come il cinema, hanno reso popolari. Carlos Cagigal e Alfredo Kos spiegano le origini e i diversi significati del Santo Graal, ripercorrendo le tracce dei mitici Merovingi, i leggendari re franchi dalla folta chioma, custodi di un segreto millenario. E mostrano, infine, gli obiettivi occulti che la leggenda, promossa da poteri secolari, ha per troppo tempo lasciato in ombra. Conclusioni originali e sorprendenti su un tema sempre attuale.
Nel secolo che vide frantumarsi l'unità religiosa d'Europa, il capriccio e la determinazione di un sovrano furono sufficienti, in un rapido volo d'anni, a sganciare l'Inghilterra dal suo passato e dalla sua fede secolare.
I molteplici quadri di questo dramma sono riproposti dall'autrice con una narrazione limpida e partecipata, che delinea con precisione un'epoca di intrighi e nobiltà , di luce e sangue. Di fronte alle spettrale imponenza di Enrico si succedono figure di uomini cinici e di persecutori (Thomas Cromwell e Thomas Cranmer ne furono esempi tra i tanti), così come di martiri e santi, tra cui primeggiano i nomi di Thomas More, Cancelliere del re stesso, e dell'indomito cardinale John Fisher.
Questa nuova indagine su Enrico VIII esamina gli sconvolgimenti che l'Inghilterra, impoverita e insanguinata nonché percorsa da inquietudini sociali, dovette d'improvviso affrontare, soffermandosi in particolare sul periodo del «terrore enriciano», troppo spesso silenziato dalla storiografia.
Nel riproporre la cronistoria dello scisma anglicano, l'autrice cerca di rispondere a quesiti tuttora aperti: «Davvero Enrico, oltre a voler risolvere le sue questioni matrimoniali, assecondò il desiderio d'indipendenza religiosa dei suoi sudditi? Quale fu, in realtà , l'impatto sul popolo? E quale il ruolo della propaganda? Quanti e quali furono perseguitati? Davvero il ripudio del papato creò, a lungo termine, le premesse per la tanto celebrata politica di tolleranza religiosa?».
Sono interrogativi che gettano ombre sull'esaltazione di un momento storico in cui molti ravvisano l'aurora dell'uomo europeo secolarizzato (pp. 256).
Elisabetta Sala insegna lingua, letteratura e storia inglese nei licei statali e da anni si occupa del periodo rinascimentale. Questa è la sua prima pubblicazione.
Pubblicata per la prima volta nel 1977, la Guida alla storia romana di Guido Clemente ha formato generazioni di studenti e studiosi di antichità, ma soprattutto ha conquistato, con il suo stile narrativo fluido e scorrevole, tantissimi lettori "profani" appassionandoli alla materia. In questa nuova edizione completamente rivista l'autore affronta da diverse angolature l'evoluzione della società romana, tenendo conto dei più recenti indirizzi storiografici e affrontando in primo luogo la questione della documentazione disponibile. Molto spazio è dato agli elementi non "classici" che hanno contribuito alla formazione della civiltà latina, dalla componente italica arcaica a quella orientale, fino al variegato mondo delle province. L'intera civiltà romana, gli eventi, le strutture sociali ci appaiono così come un mondo composito, multiforme, non più monolitico, capace di offrire ancora oggi molte suggestioni per la riflessione politica e per la formazione culturale senza farci tuttavia cadere nell'abusato mito della presunta "perennità" del mondo e dei valori classici.