
Sia il mercato sia lo stato hanno fallito nella loro essenziale missione. Gli stati moderni sono diventati predatori, proteggendo la proprietà piuttosto che promuovendo l'uguaglianza. Il mercato si è arreso a un ethos prossimo a quello che il filosofo francese Michel Foucault definirebbe barbarico. Cambiamenti marginali in politica non saranno sufficienti a porre rimedio all'attuale crisi di fiducia. Ciò che è necessario un "cambio radicale dei paradigmi", un mutamento nei modelli mentali prevalenti e nei comportamenti sociali che da essi derivano. Il fenomeno della generosità, analizzato prendendo le mosse dalle forme esplicite del dono e in maniera comparativa con il fenomeno dello scambio economico, rivela lati inaspettati, che costringono a un riesame dei valori che fanno da baricentro alla società. La generosità, ben lungi dall'essere un fatto soggettivo e limitato alla sfera delle interazioni private, estende la sua sfera d'azione a tutto il tessuto sociale e si pone come forza gravitazionale e innesco di forme di riconoscimento e di riconoscenza, indispensabili affinché la società possa avere luogo. Molto prima delle leggi, che regolano i rapporti tra cittadini, e molto più estesamente dei rapporti economici, che muovono le relazioni tra soggetti dotati d'interesse, la generosità si trova alla base dello stare insieme dei soggetti civili, siano essi persone o istituzioni. La generosità è perciò fenomeno originario che non ha bisogno di altro per essere giustificato.
Un'analisi del destino della "società di mezzo", schiacciata tra Stato e Mercato, svolta da due dei più lucidi interpreti della nostra realtà economica e sociale. Siamo governati da élite che sanno "volare alto", che riescono a inserirsi in complesse trattative internazionali, ma accentuano sempre più la differenza tra ciò che, usando categorie risorgimentali, potremmo chiamare il "primo" e il "secondo popolo". C'è un popolo immerso nella quotidianità e nella fatica del vivere e un altro popolo che "pensa il sentimento del primo" e ne costituisce, quindi, il legittimo sovrano. Oggi ci troviamo in una situazione molto simile a quella che, nel diciannovesimo secolo, vide nascere le nozioni di "società di mezzo", "classe", "comunità". Sono solo cambiati i tempi e il secondo popolo non è più in grado di leggere i desideri o i pensieri del primo e, di conseguenza, lo lascia solo. Dobbiamo ripensare molte cose e accorgerci che cresce il desiderio di una comunità e di quello spazio comune che chiamiamo "società di mezzo". Premessa di Riccardo Bonacina.
La vostra vita è una favola? In tal caso, dovete assolutamente porre fine a questo monotono stato di cose. Dopotutto, non è poi così difficile votarsi all'infelicità! In questa "guida al rovescio" l'autore, anziché suggerire ai lettori cosa fare per migliorare la propria vita, evidenzia gli errori più comuni in cui quasi tutti noi incappiamo e che ci proiettano inesorabilmente verso l'infelicità e l'insoddisfazione. L'autore mette in luce quali sono i meccanismi psicologici più efficaci, e spesso subdoli, perché inconsci che ci fanno progredire a passo serrato verso la catastrofe esistenziale. Non restarne prigionieri è la chiave di volta che aprirà la porta verso una piena serenità interiore, relazioni equilibrate e armoniose, successi privati e professionali, in una parola verso la felicità.
Un'ermeneutica della Divina Commedia che propone la lettura dell'opera a partire dalle categorie metafisiche del cosiddetto Platonismo di Tubinga. Il nucleo fondamentale della proposta concerne la presenza di una scienza del bene e del male, che viene progressivamente acquisita nel corso del viaggio dantesco. Questa scienza - uno dei cardini del pensiero metafisico di Platone - viene sorprendentemente espressa nell'esperienza dantesca in modalità assai simili a quelle del filosofo greco. Da qui la ricerca di un nesso tra i due autori, che non sia esente da una riflessione di stampo ermeneutico e storico sugli influssi della tradizione platonica di Dante.
In questo manuale ricco di saggezza, Robin Sharma offre 101 facili soluzioni ai problemi e alle fatiche dell'esistenza. I rapporti con le persone che ci circondano, il modo di affrontare il lavoro, i ritmi frenetici delle giornate, quello che conta davvero nella vita degli individui, i freni che paure e pigrizia possono esercitare, sono solo alcuni dei temi che l'autore affronta e per i quali offre spunti di riflessione semplici ed efficaci, riuscendo a trasformare i piccoli e grandi nodi della vita in opportunità di crescita personale e di benessere fisico, psicologico e spirituale.
Per Martin Seligman, il fondatore della psicologia positiva - la teoria che rivoluziona molti dei risultati della psicologia tradizionale -, è possibile insegnare (già a scuola) che cos'è il benessere e capire scientificamente che cosa rende felici le persone. Incentrata attorno a cinque capisaldi l'emozione positiva, il coinvolgimento, il significato, la realizzazione, i buoni rapporti -, la felicità è un obiettivo alla portata di tutti, purché si apprendano e si mettano in pratica i comportamenti corretti, verso gli altri e, innanzitutto, verso sé stessi. Attraverso semplici esercizi e test divertenti, sperimentati con successo negli ambiti più diversi, da quello militare a quello commerciale, da quello medico a quello scolastico - e anche grazie al racconto di numerosi casi reali -, il lettore scoprirà le proprie attitudini e abilità, così come le proprie carenze e i propri blocchi, compiendo così il primo passo verso il flourishing e il superamento dei vincoli imposti dalla società. A dieci anni da "La costruzione della felicità", Seligman propone qui l'esposizione della sua teoria sulle straordinarie possibilità insite nella natura dell'uomo.
La presente monografia su Stefano D’Arrigo (1919-1992) è dedicata ai suoi due grandi e ancora troppo misconosciuti romanzi, Horcynus Orca (1975) e Cima delle nobildonne (1985), che insieme delineano una visione della letteratura di rara potenza filosofica e mitopoietica.
Entrare in Horcynus Orca, scrive Marco Trainito, «è davvero come entrare nel labirinto del Minotauro, perché le infinite svolte narrative e gli snervanti indugi sintattico-espressivi non sono che un’iniziazione all’incontro col Mostro protagonista, che farà la sua prima apparizione esattamente nel cuore dell’opera e da quel momento accompagnerà il lettore in un viaggio di ritorno allucinante che è l’uscita non più dal labirinto del testo, ma dalla vita tout court: quella di ’Ndrja Cambrìa, quella della Storia, quella del Mondo, e quella dell’Orca stessa, la cui morte è simbolo e correlato oggettivo del “finimondo” esistenziale, storico e cosmico annunciato dal romanzo». Ecco perché la prima parte del volume, costituita da un saggio puntuale e accessibile su Horcynus Orca, si configura per il lettore come vero e proprio filo di Arianna per immergersi nell’abisso di senso che si cela dentro il misterioso e particolarmente arduo romanzo.
La seconda parte del volume presenta una lettura attualizzata di Cima delle nobildonne, il secondo e ancor meno noto romanzo di D’Arrigo, alla luce del recente dibattito sulle radici dell’Europa e dell’Occidente. Con una stringente argomentazione a sostegno della colta cavalcata lungo taluni snodi cruciali dell’immaginario occidentale, Marco Trainito cerca di mostrare come il romanzo aiuti a comprendere laicamente la ricca e complessa stratificazione storico-culturale della nostra identità, che alcuni fondamentalisti nostrani (teocon, teodem, atei devoti e/o neoguelfi) vorrebbero semplificare, mutilare e tradire in nome di una presunta essenza ebraico-cristiana della civiltà occidentale.
In occasione dei 500 anni dalla morte della Regina Caterina Cornaro, questa biografia ne rievoca la vita avventurosa. Caterina Cornaro, la bionda nobile sposa veneziana, bella, pura e ricca, sbarcò a Cipro nel 1472, e divenne il personaggio più eclatante del Medio Oriente. Venezia le impose di tornare in patria per l’impossibilità di sostenere da lontano il suo regno. Caterina accettò e creò in Asolo un’isola felice, ricca di arte, di studi di pace. Dobbiamo a questa sua dedizione uno di centri più fiorenti di istruzione umanistica. Questa biografia narra soprattutto dello scontro tra il cuore e la ragione di Stato, tra l’amore e la “politica”.
Giulia Farnese fu una delle donne più belle e più potenti del suo tempo. Fu la vera artefice della fortuna dei Farnese che, per mezzo del suo ascendente su Alessandro VI Borgia, da piccoli aristocratici di provincia diventarono una delle più grandi famiglie italiane del Rinascimento. Proprio per questo fu ricordata con gli appellativi di «Venere papale» e «Sposa di Cristo», ma nell'ultimo periodo della sua vita diventò «Illustrissima domina», un'abile imprenditrice e amministratrice dei suoi beni, dotata di un grande senso di carità e di protezione verso le donne del suo feudo di Carbognano. In occasione del cinquecentesimo anniversario della sua morte, l'autore ha voluto ricordare la sua vera storia, aggiornata agli ultimi studi e arricchita di capitoli inediti, dalla quale emergono chiaramente il suo processo di «purificazione» e di riscatto, i suoi sentimenti più intimi e la sua forte carica spirituale.