
Solo i "consumatori" della cultura - scrisse Gabriel Marcel nella prefazione all'edizione francese - potrebbero scambiare questo libro per un'ulteriore e ormai tardiva testimonianza sui campi di concentramento. C'è molto di più: avendo vissuto personalmente l'estrema abiezione dei Lager, l'autore insegna che se vivere è sofferenza, sopravvivere è trovare il senso di questa sofferenza. È questa l'esperienza che lo condusse alla scoperta della logoterapia, il trattamento psicoterapeutico che l'ha reso famoso in tutto il mondo. Frankl, credente e ottimista, che a sedici anni interessò Freud, il quale ne pubblicò un saggio sul Giornale internazionale di psicanalisi, con olfatto sano annusa il senso della vita anche là dove lo si nega, e invita a vincere nell'oggi, insieme con il relativismo ideologico assolutista, che è stato il "male del secolo XX", ogni cieco determinismo scientifico-naturale, difendendo la libertà umana in una splendida fenomenologia dell'amore. Di una felicità narrativa quasi insospettabile in uno psichiatra, il libro è stato tradotto in tutto il mondo (oltre 10 milioni di copie vendute) ed è stato dichiarato per quattro volte libro dell'anno dalle università degli Stati Uniti.
Questo libro racconta l'Italia dal 1992 al 2012. Dal crollo del sistema politico-istituzionale della Prima Repubblica si perviene a una "democrazia" nuovamente commissariata dai tecnici (perfetti più nell'emergenza che nell'elaborare soluzioni istituzionali e politiche di fondo) dopo "gravi scandali" spesso pilotati dal circuito mediatico-giudiziario e segnata dall'influenza straniera, con grandi partiti e sindacati che rischiano di sclerotizzarsi in nomenklature. Fra le due date, secondo vari commentatori, ci sarebbero l'ascesa e il declino del populismo berlusconiano e l'irrisolta "questione morale", che si impone a causa della tendenza di fondo all'illegalità della nostra società. Lodovico Festa contrappone a questa analisi semplicistica l'esame delle tendenze (imprenditoriali e operaie, religiose e popolari) che in questo ventennio hanno aperto nuovi spazi per delineare una visione alternativa (sussidiaristica, federalistica, non statalista) a quella oligarchico-élitista e, pur prendendo atto dei gravi limiti delle forze che hanno resistito a un'idea di democrazia subalterna, dei fallimenti della Lega Nord e in larga misura del berlusconismo, ritiene che le radici di questa nuova visione possibile non siano state estirpate e possano favorire la riflessione anche delle parti più riformiste di una sinistra spesso cocciutamente conservatrice.
"Questo libro di Giovanni Fighera entra nel vivo della crisi della modernità, e analizza i fondamenti che l'hanno prodotta e che tuttora ne producono gli sviluppi in modo veramente impressionante": la libertà sciolta dai valori e dalla verità, la parcellizzazione del sapere, il relativismo, l'ideologia scientistico-tecnicistica. "Fighera si fonda soprattutto su testi di poeti e di letterati, che dimostra di conoscere molto bene, citando in modo puntuale molti loro passi particolarmente significativi". Così si esprime Giovanni Reale nella Prefazione, mentre Gianfranco Lauretano nell'Invito alla lettura soggiunge che attraverso un documentato percorso storico (dall'antichità alla contemporaneità) si delinea la "questione che l'autore ritiene fondamentale: senza il Mistero, il mondo è più piccolo e assurdo, soprattutto la parte più interessante del mondo, cioè l'io, la persona". L'uomo, come dimostra la sua storia, soprattutto in questa età post-moderna, non è autosufficiente, non è in grado di salvarsi da solo. Bisogna fondare un nuovo umanesimo, che per Fighera deve riscoprire Dio e riappropriarsi della legge morale universale guardando di nuovo alla ragione umana non più intesa in modo riduttivo. "Questo Tu che ha creato il mondo apre le porte all'amore, vero fulcro della conoscenza, e all'appartenenza a esso, per cui la solitudine che contraddistingue i contemporanei è sconfitta con l'adesione e l'appartenenza alla Verità."
Le crisi dell'economia, della politica e delle istituzioni. L'influenza dei potentati economici e delle oligarchie sugli affari internazionali e nazionali. Il governo Monti e la corsa al Quirinale. Il gigantismo della magistratura e il nanismo delle assemblee elettive. L'attacco senza quartiere alla Lombardia. Questo libro prova a sbrogliare la matassa delle attuali vicende italiane, seguendo un filo rosso che attraversa la Prima e la Seconda Repubblica. E, raccogliendo le migliori esperienze nazionali e lombarde, guarda avanti, verso possibili soluzioni alle difficoltà della nostra democrazia: presidenzialismo, sussidiarietà, federalismo, riforme, dialogo tra partiti, partecipazione popolare alla vita pubblica. Tutto questo con uno scopo preciso: riaffermare il primato di una buona politica e di un buon governo, capaci di riscoprire il loro senso più autentico. Occuparsi delle persone, agire per il bene comune.
È ancora possibile essere "padre" in Occidente, dopo 40 anni spesi a definirlo superfluo e a cancellarne la presenza (come nelle leggi sull'aborto), o a renderla facoltativa (in quelle sul matrimonio e l'educazione dei figli)? Secondo l'autore sì. Perché oltre al padre naturale, riconosciuto e bistrattato a seconda degli interessi del potere, è sempre presente in noi la forza psicologica del Padre, immagine archetipica, "risorsa personale cui l'essere umano da sempre si rivolge con il pensiero e il sentimento quando la sua libertà è in pericolo". La mancanza di libertà è per Claudio Risé all'origine della coazione a ripetere e quindi della malattia psichica, dalla quale l'energia di vita del Padre guarisce e libera. Egli è "il luogo dell'altrove" che aiuta il figlio a crescere in autonomia, donandogli un amore aperto al trascendente. "Un libro coraggioso", rileva il filosofo Pietro Barcellona nella Prefazione, "perché non solo propone la centralità della figura paterna nella formazione della persona libera da ogni coazione a ripetere, ma anche perché in controluce fornisce una diagnosi impietosa delle condizioni mentali, individuali e collettive della nostra epoca, ...in cui i giovani abitano una terra di nessuno dove non ci sono più leggi né princìpi perché è venuta meno la riferibilità dei comportamenti a modelli normativi umani maschili e femminili che possono strutturare processi di trasformazione oltre il puro stadio pulsionale".
"Garibaldi seguì negli anni la vicenda Calabresi con passione civile e rigore di cronista, ne fece una battaglia di principio e di verità storica. Anche grazie a testimonianze come la sua, a Calabresi fu data dal presidente Ciampi, con trentadue anni di ritardo, la medaglia d'oro al valor civile. Un riconoscimento postumo, assai postumo, che si insinuava come una piccola parentesi nel fiume di parole, interventi, pressioni per la grazia a Sofri e Bompressi. Nell'immaginario collettivo del Paese, i martiri erano diventati loro, non Calabresi. La vicenda Calabresi resta una ferita profonda nella storia civile ma anche culturale del nostro Paese. Non possiamo dimenticare che si mobilitarono contro di lui, in un famigerato manifesto, i quattro quinti della cultura e dell'intellighentia italiana. Ottocento firmatari, l'intero establishment culturale, accademico, editoriale e giornalistico italiano, tuttora in auge, si schierarono contro di lui, lo squalificarono, lo delegittimarono. Garibaldi ripercorre in modo appassionato e incalzante, attento ai dettagli e alle sfumature, la vicenda Calabresi, preceduta dal caso Pinelli - che Garibaldi tratta col rispetto che merita - e dal caso Valpreda, con rimandi alla vicenda Tortora e al sequestro Sossi, per poi tuffarsi in quel tunnel misterioso delle stragi senza volto e senza mandante che restano come un macigno sulla coscienza civile e nella memoria divisa del nostro Paese". (Dalla Prefazione di Marcello Veneziani)
I ragazzi hanno sempre cercato l'avventura. Si sono arrampicati sugli alberi, hanno giocato alla guerra, hanno amato la competizione. Eppure, la cultura di oggi rifiuta l'immaginario che ha sempre caratterizzato l'identità maschile. I risultati di una società senza padri e con adolescenti dalla personalità incerta sono sotto gli occhi di tutti. Meg Meeker, dopo "Papà sei tu il mio eroe", dedicato ai papà con figlie adolescenti, esplora il mondo degli adolescenti maschi, offrendo una miniera di consigli per aiutarli a crescere in una fase decisiva della loro vita. Il suo saggio ha la freschezza di un racconto: con aneddoti illuminanti è una guida per rendere più facile il la voro più difficile: diventare buoni genitori.
"Come ci si prepara a morire?". La domanda frontale che ha segnato ogni poeta, dalle inquietudini di Gilgamesh alle folgorazioni di Ungaretti, stigmatizza anche questo poema di Roberto Gabellini, dedicato all'"ultima marcia" del tenente Charles Péguy, fulminato alla testa dei suoi soldati il 5 settembre 1914. Il ritmo incalzante, la felicità delle immagini, la nitidezza della scrittura, fanno rivivere gli snodi esistenziali e artistici dell'autore del Mistero della carità di Giovanna d'Arco, nonché la sua vocazione da "irregolare" e la sua fede "ritrovata". Ma dalle arcate dei versi di Gabellini riemerge anche "il mondo di ieri": l'invasione della Francia, le tradotte dei soldati, quei sogni di gloria presto affondati nei fanghi delle trincee e della "terra di nessuno". "L'ultima marcia del tenente Péguy" è senz'altro un'opera coraggiosa, uno scavo sul senso della vita e sul mistero del dolore, che può essere capovolto d'improvviso dalla forza spiazzante della Grazia. Il testo, frutto anche di un lavoro di ricerca su fonti francesi mai tradotte in italiano, viene a colmare la lacuna, nella bibliografia italiana, sulla partecipazione di Charles Péguy alla prima guerra mondiale e sulla sua morte.
Come i dieci precedenti volumi (2004-2013), "Scegliere un film 2014" è uno strumento sia per genitori che vogliono scegliere un film da godere in famiglia, sia per chi organizza cineforum, soprattutto in contesti educativi (scuole, gruppi giovanili, associazioni...). Ma anche gli studiosi, i professionisti dell'audiovisivo e i semplici appassionati potranno trovare uno sguardo acuto, intelligente e originale per comprendere a fondo i film analizzati. Il volume raccoglie infatti i circa 190 titoli considerati più significativi fra quelli usciti da giugno 2011 a maggio 2012. Le recensioni, firmate da giovani e brillanti professionisti dei media (sceneggiatori, story editors, studiosi), privilegiano la componente narrativa: il tipo di storia raccontata, i personaggi e i valori di cui si fa portatrice, con una valutazione che tiene in primo piano le componenti etico-antropologiche del film. Per rendere la consultazione più rapida e immediata, a ogni film è stato attribuito un voto in stelline, da una a cinque. Il voto non è per cinefili, ma per un pubblico di persone "normali", ed è il frutto di un giudizio complessivo che tiene conto dei pregi estetici, ma soprattutto contenutistici.
La conoscenza è forse la più straordinaria avventura dell'uomo. Per questo "Sui banchi di scuola" è un libro controcorrente, certamente lontano dal disfattismo a cui siamo abituati. L'autore, un giovane insegnante ricco di entusiasmo (ma anche di esperienza), si lascia attraversare dalle "urgenze" dei giovani cercando per loro risposte profonde, non dettate dal "pensiero unico". Per Giovanni Fighera, la scuola non è solo un luogo di trasmissione di informazioni, ma una realtà in cui il ragazzo può scoprire i propri talenti per metterli al servizio di tutti. Perché ciò avvenga, però, è indispensabile che si rimetta al centro la persona e che si riscopra "come" e "che cosa" studiare.
Paola Versari, psicologa e psicoterapeuta, sviluppa in queste pagine un'analisi dei falsi miti del nostro tempo, che fluttua tra esaltazioni dell'individualismo e derive nel relativismo. Si addentra così nella realtà, ora nel mondo luccicante dello spettacolo, della tv e della moda, avvicinandone i protagonisti, ora nelle strade e nella vita della sua città, Roma. Nell'incontro diretto anche con la gente più comune, l'autrice svela amorevolmente di ciascuno il vuoto interiore, che si cela sotto le maschere beffardamente sorridenti che la moderna società del l'apparire e del progresso si sforza ancora di imporre. Ma una volta scoperchiate le desolanti profondità dell'io, l'autrice si dà cura di offrire una risposta alla crisi contemporanea, che prima di essere economica, politica, sociale... è in radice crisi spirituale, umana, antropologica. Lo fa riproponendo il metodo della Logoterapia e mostrando la vita stessa del suo inventore, lo psicologo austriaco Viktor E. Frankl, noto in tutto il mondo per essere riuscito a superare positivamente la tragedia del campo di concentramento nazista, da cui scampò trovandosi solo, avendo perso tutti i famigliari a lui più cari.
Un insegnante appassionato può cambiare il mondo, anche se deve fare i conti con ragazzi problematici e famiglie disgregate. E, soprattutto, può riaccendere quella speranza che sembra ormai bandita dalla nostra società sempre in crisi. È questo l'insegnamento di Pierluigi Bartolomei, che dopo "I ragazzi di via Sandri" ritorna con una nuova vivacissima "galleria" di storie autentiche raccontando la sfida dell'educatore, alle prese ogni giorno con i chiaruscuri della vita come delle sue domande frontali.

