
Svetlana Aleksievic, nota al mondo per i suoi libri sulla seconda guerra mondiale, su Cernobyl?, sulla guerra in Afghanistan, si apre in questa intervista a una dimensione più intima e ci parla dell'amore fra uomo e donna, della ricerca della felicità, del legame che unisce ogni essere vivente, del suo interesse per la gente comune. Con una passione sconfinata per il dettaglio, per i piccoli angoli della storia, Svetlana crea un mosaico di bellezza. Le grandi utopie hanno cancellato interrogazioni più intime e profonde, come ad esempio la domanda sull'amore. Che succede quando l'amore entra nella vita di una persona? È la vita che viene prima di ogni altro pensiero. Perché allora, della vita, si parla così poco?
Luigi Russo, in occasione della commemorazione di Antonio Gramsci a dieci anni dalla sua scomparsa, lamentava come la sua generazione fosse stata tormentata e mutilata quale altra mai. «Falcidiata dalla prima guerra mondiale e poi resa più sottile o captata e svuotata dalla corruzione di un regime dispotico, o vessata e stroncata e dispersa dalle carceri, dall'esilio, dalle malattie e dalle morti; sicché la sorte di essa, assai grave, pesa non soltanto su di noi che ne fummo per ragioni cronologiche partecipi, ma su tutta la vita intellettuale e politica del paese». Si riferiva a Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Carlo e Nello Rosselli, Giacomo Matteotti, lo stesso Gramsci, ma anche ai tanti meno noti che dettero un contributo eroico, sacrifico, accomunati dalla stessa battaglia antifascista. Rappresentarono un discorso che poi riaffiorò come un fiume carsico confluendo nel dialogo interpartitico della Costituente. Furono i maestri e i compagni di coloro che poi cooperarono alla Carta costituzionale. Ricordare il loro contributo morale non significa solo comprendere meglio il "Preludio alla Costituente", ma anche arricchire le generazioni successive. Prefazione di Valdo Spini. Postfazione di Giuliano Amato.
Zygmunt Bauman
Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze
Pensare eticamente, dotarsi di una morale condivisa e condivisibile, è ancora possibile? Con il crollo delle vecchie ideologie e con la conseguente perdita di valori e certezze, su cosa si può fondare, oggi, un’etica? In questo breve e appassionante saggio il celebre filosofo polacco offre la sua convincente risposta. Da una parte dimostra quanto sia ormai vano il tentativo di rivitalizzare le vecchie basi dell’etica – famiglia, comunità, tradizione – e quanto inattuabile quello di esacerbare le antinomie tra un’etica prettamente politica e una economica, tra una morale collettiva e una individuale. Dall’altra, azzarda una soluzione. Viviamo in tempi incerti e mutevoli, caratterizzati da una sorta di privatizzazione globale che spinge a coltivare i propri ristretti interessi nel disinteresse di quelli comuni. Per affrontarli, è necessario riscoprire le connessioni profonde tra gli interessi della comunità e quella dei singoli individui, tra la prosperità delle istituzioni che si occupano del bene comune e quella di milioni di esseri umani sempre più soli e spaesati.
Zygmunt Bauman
(Poznan, 1925 – Leeds, 2017)
Filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, si è formato all’Università di Varsavia e alla London School of Economics. Nel 1968 ha perso la cattedra a Varsavia a causa della ripresa dell’antisemitismo e dei conflitti interni che allora infiammavano la Polonia. Rifugiatosi dapprima in Israele, ha in seguito insegnato Sociologia all’Università di Leeds in Gran Bretagna a partire dal 1971, dove è rimasto sino alla morte (9 gennaio 2017). Si è guadagnato una fama internazionale grazie alle ricerche sui rapporti fra modernità e totalitarismo. Castelvecchi ha pubblicato Scrivere il futuro (2016), Meglio essere felici e La libertà (2017), Le nuove povertà, Gli si diceva… Varsavia 1968, Socialismo. Utopia attiva, La vita in frammenti e Città di paure, città di speranze (2018).
Matteo Salvini ha reinventato la Lega, portandola dal 3% al 30% in pochi anni. La sua ascesa, da consigliere comunale a figura di punta del governo e dell'area sovranista europea, ha a che fare con diversi fattori. La personalità e lo stile di comunicazione diretto e disintermediato; una strategia mediatica costruita con cura, che tiene insieme social network, televisione e presenza sul territorio; l'insistenza su pochi temi-chiave molto sentiti dagli elettori italiani al tempo del populismo, come immigrazione, Europa, pensioni. Ma chi è, davvero, Matteo Salvini? Come funziona la sua macchina della comunicazione? Qual è il profilo del "nuovo elettore" leghista? Con interviste a Marco Damilano, Matthew Goodwin e Luca Morisi.
L'ultimo secolo ha visto cambiamenti epocali: la trasformazione della società di classe in società di massa, l'accentuarsi del legame fra scienza e tecnologia, le guerre mondiali, i sistemi totalitari, l'accelerazione digitale. Riattualizzando la visione della modernità offerta da Max Weber, Heller riflette sul nostro tempo e in particolare sul concetto di verità nella sfera politica. Cosa consideriamo vero? Quanto pesa l'interpretazione sulle nostre posture politiche? In che modo la verità politica si distingue dal vero in altre sfere del mondo moderno? Ma cos'è, poi, in fondo, la verità? Questo breve saggio ci sorprenderà con la spiazzante posizione della filosofia rispetto a tali interrogativi.
Oggi che l'avversione per l'insicurezza si va sempre più concentrando su una categoria selezionata di estranei (quella dell'immigrato, del nomade, del senza fissa dimora, delle persone di etnia diversa) nella speranza, priva di fondamento, che il loro allontanamento risolva i problemi della contingenza e instauri l'ideale di regolarità a lungo sognato, le parole di questo testo suonano più che mai attuali. Bauman ci invita a riflettere sullo scarto che costituisce gli altri come estranei. Nel comportamento degli estranei c'è sempre un elemento di sorpresa e di imprevedibilità. Questo scarto è un territorio fortemente ambivalente: al contempo luogo di pericolo e di libertà, di attrazione e repulsione che si sorreggono e si nutrono a vicenda, si coniugano nel bene e nel male.
La religione può rappresentare una fonte di energia per chi lotta in favore dei diritti umani? La teologia può offrire un contributo positivo ai movimenti sociali? Boaventura de Sousa Santos scandaglia il mondo in cui viviamo, pervaso da fondamentalismi religiosi di varia provenienza, e cerca di capire quale rapporto fruttuoso possa crearsi fra le teologie politiche oggi imperanti a varie latitudini del pianeta e le battaglie sociali di chi lotta per la dignità degli esseri umani. Come queste pagine tentano di dimostrare, solo una concezione contro-egemonica dei diritti umani può essere all'altezza di una simile sfida.
Convinto che nessuna inchiesta possa essere più feconda di una domanda sulla gioia, Lorenzo Gobbi ci accompagna a esplorarne i significati lasciando che siano Hölderlin, Leopardi, Gottfried Benn, Marianne Moore, Marcel Proust, Katherine Mansfield, Spinoza, Rainer Maria Rilke, Etty Hillesum e altri, a illuminarci la via. Ne nasce un breve, chiaro e denso saggio che indaga le espressioni letterarie e linguistiche della gioia senza trascurare l’inscindibile connessione con il dolore, con il desiderio e con il divenire – nel quale, alla fine, la gioia si proietta sotto il segno della gratitudine per colorare di sé la concretezza del quotidiano anche nel lutto e nella sofferenza.
Lorenzo Gobbi
Ha pubblicato alcuni libri di poesia ora raccolti in La gioia è un turbine di quiete (2014), i romanzi Emily e il vento (Castelvecchi, 2017) e Stella dei volti (Castelvecchi, 2018) e diversi saggi, tra cui L’albero coricato. L’intimità, il tempo e il desiderio: il Cantico dei cantici di Marc Chagall (Castelvecchi, 2016). Ha tradotto opere di Rainer Maria Rilke (tra cui Vita di Maria, 2000; Il libro d’ore, 2008; Lettere a un giovane, 2015) e di altri autori (tra cui Etty Hillesum, Il bene quotidiano. Breviario dagli scritti, 2014). Nel 2012, l’Accademia Mondiale della Poesia dell’Unesco gli ha conferito il Premio “Catullo” per la sua attività di traduttore.
Una vicenda criminale che non smette di porre interrogativi inquietanti e le cui propaggini arrivano fino ad oggi, come svelato dall'inchiesta Mafia Capitale sulla nuova cupola capeggiata da Massimo Carminati. È la storia della banda della Magliana, un gruppo nato alla fine degli anni Settanta e composto agli inizi da malavitosi di borgata, figli maledetti del popolo e della miseria ma scaltri abbastanza per mettersi al servizio di poteri occulti, della mafia e delle frange eversive che miravano a destabilizzare il Paese. Scritto con il ritmo narrativo del romanzo e con una rigorosa aderenza ai fatti, Mai ci fu pietà ripercorre le tappe di un sodalizio che ancora ai nostri giorni occupa un posto di rilievo nell'olimpo della malavita imprenditoriale. Angela Camuso, che ha attinto per il suo lavoro a centinaia di documenti giudiziari, compresi quelli di Mafia Capitale, fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante di delitti e misteri: dall'omicidio del giornalista Mino Pecorelli al sequestro Moro, dal rapimento di Emanuela Orlandi alla misteriosa morte, nel 2012, di Angelo Angelotti, il bandito che tradì Renatino De Pedis.
Gli anni 1989-1991 sono stati, per tutti i popoli dell'Europa orientale, anni di liberazione dal dominio sovietico e dal suo indottrinamento ideologico. Tuttavia, come insegna Hannah Arendt, liberazione non significa ancora libertà, e il proliferare contemporaneo delle destre xenofobe nei Paesi dell'Est Europa lo dimostra. Ágnes Heller ci narra il caso ungherese, raccontando l'ascesa di Viktor Orbán e con essa i due cambiamenti di sistema che si sono susseguiti nel suo Paese d'origine: il primo, dalla dittatura alla democrazia liberale; il secondo, dalla democrazia liberale alla tirannia. Un libro in cui la filosofa ungherese, anche mettendo a rischio la propria vita, denuncia frontalmente una feroce tirannia che l'Occidente finge di non vedere.
Ripercorrendo la storia della costruzione comunitaria europea e gli ideali che l'hanno ispirata, Nadia Urbinati affronta lo snodo decisivo davanti al quale si trova oggi l'Unione. L'avanzata dei populismi minaccia e nello stesso tempo porta alla luce il declino della rappresentanza nelle democrazie europee, specchio di una società sempre più disgregata e priva di quei grandi soggetti politici, i partiti, che ne avevano nel bene e nel male distinto la vicenda. Di questa storia è parte integrante la sinistra che sembra disorientata e incapace di cogliere i nuovi bisogni che arrivano dal basso, prigioniera dei suoi errori e vittima di mutamenti, sociali ed economici, planetari. E tuttavia mai come ora abbiamo bisogno della sinistra per arginare lo strapotere del capitale finanziario e rilanciare una nuova idea continentale, per passare da un'Europa dei vincoli a un'Europa realmente democratica.
Le deportazioni naziste dell'infanzia e la complicità degli ungheresi, le fucilazioni degli ebrei lungo il Danubio, la morte dell'amatissimo padre ad Auschwitz, gli amici dell'Isola Margherita. Un'infanzia che decide, "per caso", il destino di una grande filosofa. Al cuore del suo percorso esistenziale e intellettuale, l'incontro con György Lukacs e la nascita della Scuola di Budapest, con il suo vivace corredo di amicizie e intrighi amorosi. La vocazione filosofica e il marcato spirito d'indipendenza di Ágnes Heller si accompagnano a un radicale impegno politico che la catapulta negli snodi cruciali del Ventesimo secolo: la Rivoluzione del 1956, il Sessantotto, la caduta del Muro nel 1989, il passaggio alla democrazia liberale, fino all'attuale tirannia di Orbán in Ungheria. Heller racconta l'emigrazione in Australia nel 1977, cui seguono i febbrili anni newyorkesi, dal 1986 al 2007, caratterizzati da una vita culturale in fermento: teatri, concerti, viaggi, incontri con intellettuali di tutto il mondo. In questo caleidoscopio di esperienze sfilano i più grandi nomi del pensiero novecentesco, da Foucault a Derrida, da Adorno a Löwenthal, da Jonas a Habermas, da Taubes a Bauman. Una vita intensa, movimentata, trascorsa in una costante e coraggiosa ricerca della libertà.