
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
Partendo dagli scritti giovanili per arrivare alle riflessioni mature del carcere, il pensiero di Antonio Gramsci - oggi uno degli autori italiani più tradotti e studiati nel mondo - viene qui messo a confronto con alcuni dei protagonisti della storia nazionale, in "medaglioni" che costituiscono altrettanti tasselli del "mosaico Italia": Dante e Machiavelli, Guicciardini e Foscolo, Garibaldi e Vittorio Emanuele II, De Sanctis e Verdi, Carducci e Pascoli, Croce e Gentile, D'Annunzio e Pirandello, Mussolini e Gobetti... Nel "colloquio" critico con letterati, pensatori, politici, giornalisti di ogni epoca, si conferma l'eccezionale cultura e perspicacia dell'intellettuale sardo, nei cui scritti dimensione storiografica e analisi politica dialogano fecondamente: i ritratti costruiti in questo volume vanno così a compiere una ricognizione della molteplice e multiforme identità di quell'Italia frammentata che da secoli tenta di raggiungere una vera dimensione unitaria.
Questo studio interdisciplinare esamina come la retata nazista degli ebrei a Roma il 16 ottobre 1943, dagli arresti alla deportazione del 18 ottobre, sia stata rappresentata nella letteratura italiana. Attraverso il rapporto triangolare tra storia, memoria e letteratura Mara Josi mostra come 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti (1944), La Storia di Elsa Morante (1974), La parola ebreo di Rosetta Loy (1997) e Portico d’Ottavia 13 di Anna Foa (2013) abbiano operato a livello personale e collettivo: in altre parole, sul lettore e sulla società. Dal dicembre 1944, i testi letterari su questo evento hanno facilitato la comprensione e la commemorazione a livello nazionale e internazionale. Sono stati portatori di consapevolezza storica e canali di memoria; non solo risultati della rievocazione, ma anche ingredienti attivi nel processo di formazione della memoria culturale.
La crisi dello Stato moderno e il trasferimento di alcune sue essenziali funzioni al mercato, da una parte, e alla società civile, dall'altra, hanno forse reso superflua la politica? L'hanno forse ridotta a compiti di mero controllo esteriore e di rispetto delle regole del gioco? Stretta fra l'universalismo dei diritti dell'uomo e il particolarismo delle comunità chiuse, la politica rischia di non trovare più il suo spazio vitale. Eppure proprio l'individualismo e il pluralismo stanno contribuendo a rivitalizzare l'istanza di una dimensione comunitaria dell'operare politico. Sono proprio le identità individuali e collettive a richiedere, non solo per la loro protezione e per il loro sviluppo, ma per la loro stessa costituzione un riconoscimento politico. Più che mai l'individuo ha bisogno, per elaborare e realizzare i propri progetti di vita, di un contesto pubblico che coltivi e renda accessibili una grande varietà di beni. Ciò vuol dire che per ben costruire la propria identità personale bisogna cooperare con gli altri nel mantenere aperto e vitale tutto l'orizzonte del bene umano. La tesi che sostiene quest'indagine è che non vi può essere politica come attività se non v'è politica come comunità, essendo questa il luogo dove si realizza l'autentica e piena fioritura della persona umana. In tal modo la politica, non più semplicisticamente identificata con gli apparati istituzionali, può ritrovare in un contesto democratico il suo senso morale.
La Tecnica delle Griglie di Repertorio costituisce uno strumento per lo studio del mondo psicologico dell'individuo e per l'analisi delle relazioni interpersonali interne ed esterne alla famiglia, che ha avuto vasta diffusione in vari campi della psicologia, dalla psicologia sociale a quella evolutiva, dall'ambito clinico a quello del lavoro. Il volume presenta un'agile e approfondita panoramica sulle griglie e illustra un nuovo software, denominato in italiano programma "Griglia", che consente di effettuare analisi statistiche delle griglie stesse fino a oggi inedite. Viene altresì descritto un caso concreto di applicazione del programma in campo clinico.
Marco Polo è una delle figure più note del Medioevo e uno dei pochi viaggiatori dell’epoca a essersi spinto fino in estremo oriente. Mercante e avventuriero, ma anche molto più di questo: è un ‘cronista estero’, il primo viaggiatore europeo a descrivere con l’autorità del testimone oculare, a un pubblico pieno di stupore, gli spazi affascinanti del lontano oriente. Là, fra il 1271 e il 1295, trascorse quasi venticinque anni a servizio del Gran Khan Cubilai, svolgendo importanti funzioni amministrative alla corte di Khanbalik (l’odierna Pechino) e percorrendo quasi tutta l’Asia meridionale come inviato e ambasciatore del Kahn. Eppure, forse mai alcuna notizia della sua straordinaria vicenda ci sarebbe giunta se, poco dopo il suo ritorno a Venezia, egli non avesse partecipato a una battaglia contro i genovesi durante la quale venne fatto prigioniero. Proprio in carcere conobbe il pisano Rustichello, compilatore di opere cavalleresche, a sua volta detenuto, e dalla collaborazione tra i due nacque la fortunata narrazione degli anni cinesi di Marco: Le divisament dou monde, meglio noto come Il Milione. Tradotto già all’epoca di Marco Polo in latino, in francese, in dialetto toscano e veneziano e, prima della fine del XV secolo, in quasi tutte le lingue, il libro continuò a godere nel tempo di enorme fortuna in ambienti assai diversi e per finalità disparate. Ma se per il lettore medievale l’orizzonte era la meta del viaggio, l’Asia, con i suoi misteri e le sue prodigiose ricchezze, il quadro oggi pare capovolto e ad attirarci non è tanto l’itinerario percorso quanto la figura del viaggiatore. E tuttavia essa resta sfuggente ed elusiva, appena accennata dalla narrazione che poco lascia trapelare del suo autore. A ciò contribuisce la singolare genesi del testo con i problemi a essa legati: gli interrogativi sulla verità storica del racconto, le divergenze tra le diverse redazioni. Il Marco Polo mercante dei manoscritti toscani convive con il ‘cavalier cortese’ delle varianti franco-italiane e costui con l’autore ‘istruttivo’ della versione latina, il cui testo serviva all’elevazione spirituale. Impossibile decidere quale tra questi sia il ‘vero’ Marco Polo e, forse, sembra concludere il saggio di Marina Münkler, inutile. Egli esiste e affascina chi gli si accosta anzitutto come mito: il figlio di una famiglia di mercanti veneziani capace di diventare la figura ricca e multiforme che a tutt’oggi conosciamo.
Marina Münkler, nata nel 1960, laureata in filosofia, ha studiato germanistica, filosofia, scienza del teatro; lavora come traduttrice e critica letteraria ed è docente alla Humboldt-Universität di Berlino.
Il ventunesimo secolo si apre nel segno di un auspicio, ossia che quanto è stato in precedenza non voluto, o dimenticato o negato, acquisti d'ora in poi l'importanza che merita. In altri termini, s'impone che la famiglia, nella sua duplice variante di preparazione dei giovani ad essa e degli adulti sposati alla vita matrimoniale e domestica, diventi un obiettivo fondamentale dell'educazione degli adulti. I quattro punti indicati da J. Delors, imparare a conoscere, a fare, a vivere insieme, ad essere, da lui reputati i cardini dell'educazione nell'intero arco della vita, acquistano un significato speciale anche per la pedagogia della famiglia. C'è da augurarsi che gli adulti diventino fautori di un nuovo costume, siano affiancati dalle forze vive della comunità, abbiano intuizioni lungimiranti quanto ai contenuti e ai metodi, alle prospettive e alle innovazioni.
Norberto Galli, ordinario di Pedagogia generale nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del bimensile «Pedagogia e Vita» dell'Editrice La Scuola di Brescia, ha dedicato parte dei suoi studi ai problemi dell'adolescenza, della giovinezza, della famiglia. Circa quest'ultima, oltre a saggi e articoli apparsi in vari periodici, ha pubblicato le seguenti opere: Educazione familiare e società, Brescia, La Scuola, 1965; Problemi attuali di pedagogia familiare, Brescia, La Scuola, 1972; Nuovi problemi di pedagogia familiare, Brescia, La Scuola, 1974; Educazione dei giovani alla famiglia, Milano, Vita e Pensiero, 1981; Pedagogia dello sviluppo umano, Brescia, La Scuola, 1984; Vogliamo educare i nostri figli (a cura di), Milano, Vita e Pensiero, 1985; Educazione dei coniugi alla famiglia, Milano, Vita e Pensiero, 1986; La famiglia e l'educazione alla salute (a cura di), Milano, Vita e Pensiero, 1988; Educazione familiare e società complessa, Milano, Vita e Pensiero, 1991; Educazione dei giovarli alla vita matrimoniale e familiare, Milano, Vita e Pensiero, 1993; Educazione familiare alle soglie del terzo millennio, Brescia, La Scuola, 1997.
Multietnicità e multiculturalismo sono due termini ormai entrati a far parte del linguaggio comune. A fronte di tale diffuso utilizzo, tuttavia, si riscontrano sia notevoli incertezze, confusioni e ambiguità in merito al loro significato, sia valutazioni contrastanti. Questo saggio si propone il duplice scopo di chiarificare tali concetti e soprattutto di affrontare i problemi posti dalle società multietniche. L’etnicità costituisce infatti una dimensione rilevante del nostro vivere associato contemporaneo e presenta significative connessioni con altri importanti fenomeni quali il processo di globalizzazione, l’intensificazione delle migrazioni internazionali, la crescita dei contatti tra culture diverse. Se le società multietniche presentano configurazioni multiple, anche il multiculturalismo, inteso quale strategia politica di gestione delle relazioni interetniche, si declina in rapporto a una molteplicità di espressioni differenti, alcune delle quali manifestano l’influenza di un radicale relativismo culturale o di spinte neo-comunitariste esasperate. Il volume si sofferma in particolare sui diversi tipi di multiculturalismo che pongono la questione del riconoscimento dei diritti collettivi delle minoranze. Tale riconoscimento, a giudizio dell’Autore, deve in ogni caso assicurare il primato dei diritti umani fondamentali necessari per la costruzione di una equilibrata società multietnica.
Vincenzo Cesareo è ordinario di Sociologia all’Università Cattolica e direttore della rivista «Studi di Sociologia». È autore di numerosi lavori aventi per oggetto il mutamento socio-culturale, la socializzazione, il sistema formativo, il processo di globalizzazione. Presso Vita e Pensiero ha pubblicato il volume Sociologia. Teorie e problemi (1993).

