
Filosofo del diritto fra i più eminenti del Novecento, Giuseppe Capograssi (1889-1956) è stato un acuto indagatore tanto della crisi del diritto quanto del dramma dell'umanesimo nella stagione dei totalitarismi. Il suo pensiero è ancora attuale in una stagione in cui nuovi demoni si affacciano sugli scenari della storia del mondo.
"'L'histoire de l'éducation dans l'Antiquité', apparsa a Parigi nel 1948 per le Éditions du Seuil, è l'opera centrale di Henri-Irénée Marrou (Marsiglia 1904-Parigi 1977), grande studioso del cristianesimo antico, esperto epigrafista, importante teorico della storiografia, appassionato musicologo, intellettuale impegnato in vari gruppi del cattolicesimo sociale francese. Marrou non poteva pensare di dovere gran parte della sua fama proprio a quest'opera erudita e complessa, ma come talvolta accade per testi che vengono a colmare un vuoto e per autori che costruiscono il proprio oggetto osando dove altri non si sono spinti, la Storia è diventata uno dei suoi scritti più ammirati, letti e tradotti. In Italia è stata pubblicata presto, nel 1950, da "Studium" nella collezione in cui era apparso 'Umanesimo integrale' di J. Maritain e 'Cattolicesimo' di Henri De Lubac, ed ha avuto un'eco significativa anche oltre la cerchia degli specialisti degli studi classici" (dalla Prefazione di Giuseppe Tognon).
"L'appartenere al pensiero immette ogni singolo atto della mente in una sconfinata totalità, dove ogni evento conoscitivo può essere accolto, alla condizione di essere precisato, definito. Non basta: ogni evento mentale deve serbare un rapporto intuitivo con la priorità dell''io penso'. Evidenza di ogni singolo atto e sconfinata apertura confortano la mente nel suo procedere, contribuendo ad accrescerne la suggestione. Nel rapporto con la corporeità, che sembra conferirgli evidenza e certezza, il pensiero conserva una parvenza enigmatica e misteriosa: la certezza di cui si riveste, può trapassare nel suo opposto, il dubbio che tutto minaccia di dissolvere. Singolare strategia, quella del pensiero, della ragione. Compresi nella corporeità, ne condividono la crescita progressiva, ma rimandano ad altro. E in me, la ragione che pensa e argomenta, ma non mi appartiene. È esente dal dubbio che voglia mettere in discussione l'essenza della razionalità. E mi costringe a rispettare illazioni e trasposizioni, che giungono fino a privarmi di quel che presumevo di avere saldamente conquistato. Il pensiero è un compagno di strada, del quale mai si finisce di stupirsi. Dobbiamo a lui la nostra aspirazione alla verità e alla certezza, e intanto alla certezza della verità."
"La vita comune ed a se sufficiente, ed organizzata nell'unità per il meglio dei suoi membri è per gli Elleni lo stato. Ciò che conduce a tale ordinamento è la cittadinanza. L'ordinamento fondamentale dello stato è la costituzione. La sottomissione della attività dell'individuo allo stato è la virtù civile. Lo scopo della costituzione è di svolgere la virtù civile". "Nell'organamento sociale dei singoli membri è possibile la lotta per gli interessi individuali. Lo stato dee rendere impossibile questa lotta. Poiché nella lotta rompesi l'armonia suprema dello stato, che è il suo proprio interesse. Una costituzione che renda impossibile la lotta è una costituzione ottima. Poiché nella Monarchia il principio politico è posto fuori delle classi; in essa trovasi una maggiore garantia contro la lotta dei vani interessi di queste. Al contrario nella Repubblica". "In ogni popolo trovansi i germi di una organizzazione di stato: ma solo in Grecia essi si svolgono per la prima volta. Lo stato rappresenta tutta la vita sociale, l'organismo sociale. L'interesse sociale è l'interesse dello stato. I Greci non distinguono società e stato. Il problema sociale è problema politico".
A questo numero hanno collaborato:
GIUSEPPE DALLA TORRE, rettore emerito, Università LUMSA, Roma.
FABIO PIERANGELI, professore associato di Letteratura italiana, Università Tor Vergata, Roma.
RAFFAELE MANICA, professore associato di Letteratura italiana, Università Tor Vergata, Roma. Dirige Nuovi Argomenti.
SIMONE STANCAMPIANO, docente di Storia della filosofia moderna, Pontificia Università Antonianum, Roma.
DIEGO FERRANTE, dottorando di ricerca in filosofia, Scuola Normale Superiore-Istituto Italiano di Scienze Umane, Pisa.
PAOLA DALLA TORRE, professore a contratto di Cinema, immagini e linguaggi, Università Tor Vergata, Roma.
DANIELA DE LISO, ricercatrice confermata di Letteratura italiana, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi “Federico II”, Napoli.
CECILIA OLIVA, dottoranda di ricerca, Dipartimento di Studi Umanistici, Università Tor Vergata, Roma, con un progetto di ricerca sui manoscritti di Elsa Morante.
EMILIO GATTICO, professore associato di Psicologia dello sviluppo ed Epistemologia Genetica, Università di Bergamo.
RAFFAELLA SABRA PALMISANO, collabora con la cattedra di Filosofia Morale dell’Università degli Studi di Trieste.
GIACOMO SCALZI, direttore editoriale del Giornale di Brescia.
CLADIA VILLA, professore ordinario di Filologia medioevale e umanistica, Università di Bergamo e Scuola Normale Superiore, Pisa.
MARI K. NIEMI, senior researcher, Università di Turku (Finlandia) e, in virtù delle sue ricerche sul sistema politico britannico, è attualmente visiting scholar all’Università di Strathclyde, Glasgow (Scozia).
FRANCESCO LEONELLI, dottorando di ricerca in Storia dell’arte, Università “Roma Tre”.
Si tratta del più completo lavoro che concerne l'Epistemologia Genetica e che insieme a "Biologie et Connaissance" rappresenta le posizioni che Jean Piaget ha assunto nei confronti del problema della costruzione delle conoscenze. Gli scritti piagetiani riportati in questo lavoro sono parte di una vasta opera di 1345 pagine, nella quale hanno scritto alcuni tra i più illustri rappresentanti di varie discipline: dal premio nobel per la fisica Louis de Broglie a Seymour Papert, da Jean-Blaise Grize a Pierre Greco e molti altri studiosi del periodo compreso tra il 1950 ed il 1970. Le pagine di Piaget rappresentano un ottimo raccordo tra le varie forme di conoscenza discusse ed allo stesso tempo propongono un metodo per realizzare un modo nuovo di intendere la conoscenza, fondandola sulle nozioni di complessità, costruzione e dialettica. Da questo punto di vista il presente lavoro, dato alle stampe nel 1967, si rivela ancor oggi di una sorprendente attualità, fornendo suggerimenti ed interessanti ipotesi di lavoro.
"Vale la pena di apprezzare la tenacia letteraria dimostrata da [...] narratori cristiani i quali, anche quando la società letteraria li snobbava, si sentivano in pace con loro stessi nel voler scrivere bene e nel raccontare degli umili e degli sconfitti o di grandi figure esemplari della Chiesa. I grandi passaggi civili e religiosi dell'Italia repubblicana in cui vissero dal fascismo alla democrazia, dalla ricostruzione al consumismo, dal papato ieratico di Pio XII alla collegialità del Concilio Vaticano II - non furono fatti banali tanto è vero che continuano ad emanare, come brace sotto la cenere, un calore che scalda ancora la nostra storia. Leggere di scrittori italiani non dogmatici, ma nemmeno eretici, che insieme ai classici della letteratura praticavano i Vangeli, la patristica e gli autori francesi, le riunioni di partito e le redazioni o le chiese, vuol dire rivivere un'esperienza collettiva che oggi, nel settantesimo della Repubblica, appare ancora autentica. E questo libro di Nigro può essere letto come la mappa di una geografia letteraria che non risponde ai canoni di una scienza astratta ma a quelli della vita". (dalla premessa di Giuseppe Tognon)
"Le pagine che seguono sono state scritte, nel tempo, sotto la sollecitazione di eventi della quotidianità, che hanno indotto a rapide riflessioni. Si tratta di valutazioni su problematiche di volta in volta emergenti nella vita sociale e nel dibattito pubblico, che sono state affrontate alla luce di quella dottrina sociale della Chiesa, la quale costituisce un fattore di illuminazione nella considerazione razionale delle questioni che si pongono nella società contemporanea e nell'agire conseguente. L'origine dei brevi articoli qui raccolti, dà ragione della loro varietà e rapsodicità. Ma il lettore attento potrà sempre trarre dalla eterogeneità dei temi trattati il sottile filo conduttore che, nonostante tutto, li tiene insieme. Esso è dato dalla prospettiva di una 'vita buona' dell'uomo e della società cui, nonostante tutto, è sempre dato sperare e per la quale vale la pena lottare." (dalla presentazione)
Il libro si occupa della traduzione dal latino mettendo al centro dell'indagine la 'decodifica' o 'comprensione' del testo, ovvero la prima fase della traduzione, che ha sempre goduto di scarsa, per non dire nulla, attenzione nei testi di didattica dedicati all'argomento, ma che rappresenta invece per lo studente il momento più delicato. Il docente di latino troverà nel volume un valido strumento per farsi guida dei discenti alle prime armi nell'individuazione della gerarchia degli elementi sia nella frase singola che nella multipla composta e complessa. Il percorso di decodifica viene presentato in modo dettagliato e con particolare attenzione alle informazioni che lo studente deve acquisire da un uso corretto del vocabolario nella sezione 'Laboratorio di decodifica', il cui esito trova utile sintesi nella rappresentazione grafica. Basato sul modello di descrizione della lingua di matrice funziona-lista, applicato al latino da Emanuela Andreoni Fontecedro e da lei riformulato come tecnica di traduzione, il libro contiene una proposta organica di didattica della traduzione, compatibile con qualunque manuale di morfosintassi, e con ricca esemplificazione - fornita rigorosamente con frasi d'autore - illustra il meccanismo per cui gli stessi elementi nominali presenti in una frase singola arrivano ad "ampliarsi" fino a generare a loro volta una frase multipla. Completa il volume una sezione dedicata alla seconda fase della traduzione, con riflessioni che richiamano l'attenzione sulla competenza linguistica e culturale necessaria per la 'ricodifica'.
La cultura, come l'insieme dei codici comportamentali condivisi, è in qualche modo determinata dai tradizionali generi, maschile e femminile, assegnati alla nascita, oppure è da considerarsi svincolata dal sesso cromosomico? Esiste una linea di confine tra il "naturale" e il "culturale", oppure il naturale è riducibile al culturale? La sessualità ha una meta spontaneamente eterosessuale, oppure l'eterosessualità è da considerarsi una tra le molte espressioni della sessualità? L'individuo è un essere da liberare dalla propria designazione culturale, come sostiene l'ideologia gender, oppure è da educare affinché si appropri del suo vero sé? Queste sono alcune domande affrontate in questo libro, il quale si presenta con alcune particolarità. Il pensiero dell'autore, pur anticipato nel titolo del volume, si sviluppa, tuttavia, senza chiusure e preconcetti, ma riflettendo su ogni singolo aspetto delle varie tematiche affrontate, coinvolgendo il lettore nelle diverse e varie letture dei fenomeni analizzati. Due sono le particolarità del libro, la prima è che l'autore, in quanto possiede una formazione psicologica, si pone non da un punto di vista ideologico, ma dal punto di vista del bambino, del suo sviluppo e del suo benessere; la seconda è data dall'intento di accrescere la consapevolezza nel lettore circa le grandi trasformazioni in atto nelle nostre società occidentali, e i possibili pericoli di un'educazione che considera ininfluente la biologia nell'organizzazione della sessualità degli individui.
L'importanza trasversale che le tecnologie digitali hanno raggiunto all'interno dei diversi livelli di organizzazione sociale non è andata del tutto ad intaccare o destabilizzare forme e modelli di comunicazione in essi ormai consolidati. Accanto alle innovazioni introdotte dai digitai media, forme e modelli della comunicazione di tipo più tradizionale e mainstream mantengono una loro validità euristica. Ciò nella misura in cui essi si rivelano coerenti all'organizzazione sociale all'interno della quale trovano spazio di espressione. I saggi raccolti nel volume si sviluppano attorno a tra aree di interesse: la comunicazione, l'interculturalità e le organizzazioni complesse, individuando diversi ambiti di osservazione. In ciascuno di essi si analizzano le opportunità e le insidie connesse all'applicazione di strategie comunicative che fanno da ponte tra il vecchio e il nuovo, evidenziando come potenzialità e criticità possono essere comprese e analizzate solo se adeguatamente contestualizzate. L'idea attorno a cui convergono le riflessioni degli autori è quella della necessità di competenze comunicative di tipo specialistico, rispettose delle istanze che ciascuno degli ambiti presi in esame solleva e capaci di leggere ed intercettare i mutamenti a cui i diversi livelli di organizzazione sociale oggi sono chiamati a far fronte.
La necessità di tornare a formulare le esigenze etiche anche nel campo economico ha richiesto la rimessa in discussione della relazione tra etica ed economia. Un contributo significativo teso a conferire alla visione della «ricchezza» e dello «sviluppo» una declinazione antropologica ed etica è certamente quello di Amartya K. Sen, economista indiano, premio Nobel per l'economia nel 1998. Il confronto con la visione di Amartya K. Sen intende contribuire alla elaborazione di una proposta teorica in grado di rendere conto della prospettiva dello sviluppo umano sulla base di principi non esclusivamente economici.

