
Adriano Ossicini offre in queste pagine una meditata riflessione sulla sua lunga esperienza politica e culturale. Il suo itinerario prende le mosse negli anni in cui il regime fascista cominciava a conoscere il suo lento, ma inesorabile declino. Egli matura, quindi, le sue scelte nel confronto con gli eventi del suo tempo, ma anche nel confronto con personalità di grande rilievo culturale, quali furono, fra gli altri, Giovanni Gentile, Guido Calogero e Don Giuseppe De Luca. Da Calogero, in particolare, egli sembra trovare conferma ai suoi orientamenti, all'idea che la laicità non sia "mancanza di fede, ma il modo di vivere una fede, un orientamento filosofico o ideale in termini non integralistici". La testimonianza ed il percorso politico documentati in queste pagine implicano, anche, un rifiuto delle ideologie, che l'autore interpreta come integralismi e come antitesi all'idea di laicità e di libertà. Egli conclude il suo itinerario sottolineando che la motivazione cristiana a fare politica mantiene ancora oggi un ruolo importante, perché legata ad una grande tradizione filosofica e politica, che si colloca al di sopra dei partiti.
Dall'Unità ad oggi, la storia dei partiti italiani viene qui ripercorsa, nei suoi passaggi fondamentali, attraverso lo svolgimento cronologico delle diverse fasi politiche: dai problemi e le questioni emerse all'indomani dell'unificazione, passando attraverso la crisi del liberalismo e l'avvento dei partiti di massa, superando la soppressione della vita democratica messa in atto dal regime fascista, e arrivando, infine, alla creazione, al consolidamento e alla crisi del sistema dei partiti dell'Italia repubblicana. Un percorso difficile e tortuoso, caratterizzato, dall'irrisolto nodo della creazione di un reale spirito di appartenenza comune. Ripercorrendo questo iter e affrontando una disamina delle interpretazioni e delle metodologie di ricerca storiografica, il volume intende fornire un contributo per un rinnovato dibattito (aperto agli specialisti del settore, nonché al vasto campo di studiosi di scienze sociali) relativo al "caso italiano" e a quei caratteri peculiari che continuano a determinarne l'assoluta specificità nel panorama dei sistemi politici europei.
Figurano in queste pagine gli scritti più significativi di un gruppo di politici e di tecnici, di formazione e di cultura cattoliche, the con ruolo e responsabilità diverse fecero delta questione meridionale un impegno d'onore. Il meridionalismo cattolico nasce tra il 1946 e il 1948 e si muove in una prospettiva completamente diversa rispetto al vecchio meridionalismo. Pasquale Saraceno, Ezio Vanoni, Pietro Campilli, Tommaso Morlino, Leopoldo Rubinacci, innanzitutto, mettevano - secondo una felice definizione di Pasquale Saraceno - «un numero accanto a un probleina», usando anche schemi teorici di tipo economico aggregate al fine di porre il problema della crescita dell'intero sistema economico meridionale, inoltre, ponevano il terra dell' industrializzazione del Mezzogiorno e proponevano la costituzione di uno strumento istituzionale-giuridico o giuridico-finanziario, che avrebbe dovuto nobilitare e convogliare nuove risorse verso il Sud. Il che darà vita alla Cassa per il Mezzogiorno. Erano cattolici provenienti alcuni dalle Università, come Raffaele Ciasca, Ezio Vanoni, Costantino Mortati, altri dal mondo delle professioni, altri dalla milizia politica nella Democrazia Cristiana di De Gasperi. E fu un fiorire di proposte, che venivano fatte nel corso di incontri, convegni, dibattiti e soprattutto negli scritti che essi andavano pubblicando su giornali, riviste, negli atti di Convegni e in lavori monografici, nei quali si Coglie, quasi con monotona ripetizione, l'anelito a riscattare il Mezzogiorno dalla sua secolare arretratezza. A questo gruppo appartiene anche Aldo Moro.
Quando si affronta il tema del Mediterraneo, in primo luogo si deve considerare la sua stessa identità, quale il suo nome suggerisce: di mare posto in mezzo alle terre, che al tempo stesso separa e unisce popoli diversi: crocevia, luogo di incontro, spazio geografico definito dal suo stesso nome, luogo ove si è svolta una parte così rilevante della vicenda storica dell’umanità. Oggi, come già nei secoli passati, il Mediterraneo pone dunque il problema dell’incontro fra culture, civiltà, religioni, e suscita quindi un interrogativo profondo, affrontato in maniera varia e puntuale nei saggi che compongono il volume: è possibile, nella nostra epoca, mantenere al Mediterraneo quel carattere di luogo di incontro tra popoli diversi, ciascuno con la propria cultura, la propria religione, la propria anima, che conservino inalterata la propria identità e tuttavia si confrontino e dialoghino in pace?
La Cattedra “Luigi Sturzo” di Caltagirone incominciò i suoi corsi nel 1983, quando sulla scena interna e internazionale già si profilavano mutamenti assai significativi, mutamenti che mettevano sempre più a nudo le contraddizioni interne a un tipo di sviluppo della società italiana invano denunciate dalla lungimirante analisi di don Sturzo. Fu questo che mosse alcuni esponenti della cultura cattolica italiana, formatisi alla scuola del popolarismo sturziano, ad avvertire la necessità di dar vita a un costante impegno formativo indirizzato a favore delle nuove generazioni, affinché crescessero professionalmente più preparate ai nuovi compiti posti dai mutamenti strutturali nel frattempo sopravvenuti nella società, e al tempo stesso spiritualmente e moralmente formate sugli ideali del cattolicesimo democratico, secondo la grande lezione di don Luigi Sturzo e di quanti si erano formati alla sua scuola.
Con la collaborazione scientifica dell’Istituto Sturzo di Roma e poi in convenzione con la LUMSA, ancora oggi la Cattedra di Caltagirone realizza annualmente corsi per l’approfondimento dei problemi della società contemporanea alla luce del pensiero politico e sociologico di Luigi Sturzo.